Il regno di F. si costituì nel 987, quando Ugo Capeto fu eletto re dei Franchi. I Merovingi e i Carolingi l'avevano preceduto sul trono (Impero dei Franchi). Il territorio del regno (inizialmente compreso tra Parigi e Orléans) fu ampliato nel corso dei sec.: per la definizione dei confini con l'odierna Svizzera fu determinante il recupero dei territori borgognoni (ducato di Borgogna) nel 1477, l'annessione del Pays de Gex (1601), dell'Alsazia (1648), della Franca Contea (1678) e la cessione della Savoia da parte del Piemonte nel 1860. I re di F. furono i principali alleati della Conf. fino alla Rivoluzione (Alleanze, Servizio mercenario, Ambasciatori, Residente di Francia). Le strette relazioni tra i due Paesi hanno potuto proseguire nonostante i numerosi cambiamenti di regime dalla Prima alla Quinta Repubblica (XIX e XX sec.).
Dal Medioevo al 1601
Una frontiera comune
Il 17.1.1601 la F. e la Savoia stipularono il trattato di Lione. Da un lato il duca ottenne Saluzzo, ma d'altra parte fu obbligato a cedere tutti i possedimenti sulla riva destra del Rodano (Bresse, Bugey, Valromey, Pays de Gex) a Enrico IV. Per la prima volta il regno di Francia possedeva tra Ginevra e Vaud (Versoix) alcuni chilometri di frontiera in comune con la Conf. Tale trattato ebbe altre importanti conseguenze politiche e strategiche per il futuro della Svizzera. Ginevra era completamente circondata dai territori savoiardi, ciò che indusse nel dicembre del 1602 il duca di Savoia Carlo Emanuele a tentare un colpo di mano per impadronirsi della città (Escalade). Costituiva un elemento importante anche il fatto che la strada attraverso la Savoia e la Franca Contea, utilizzata dalle truppe spagnole per recarsi da Milano ai Paesi Bassi in rivolta, era praticamente interrotta. Gli Asburgo erano di conseguenza sempre più interessati a disporre di un diritto di passaggio attraverso i passi del Vallese e dei Grigioni oppure per il San Gottardo, ciò che fu avvertito come una minaccia per la Svizzera durante i 50 anni successivi.
La vicinanza tardiva con il regno di F. spiega, almeno in parte, perché solo dalla metà del XV sec. si stabilirono tra i due Paesi relazioni politiche e militari più strette. La fine del secolare conflitto tra F. e Inghilterra (1453) assunse un ruolo decisivo, poiché permise alla politica franc. di orientarsi prevalentemente verso i confini orientali del regno e di esercitare a lunga scadenza un'importante influenza sulla Conf.
Religione e Chiesa
In ambito ecclesiastico e religioso le relazioni tra la F. e i territori dell'attuale Svizzera risalgono a un'epoca ben più lontana. Dal X sec. furono successivamente fondati in F. tre importanti ordini riformatori: i Cluniacensi (909/910), i Cistercensi (1098) e i Premonstratensi (1120). Tutti e tre si estesero al di là del Giura e si diffusero in Svizzera poco dopo la loro nascita; i cistercensi e i premonstratensi giunsero fin nella Svizzera orientale e nei Grigioni. Il declino dei premonstratensi iniziò già nel XIV sec., mentre quello dei cluniacensi si verificò alla fine del XV sec.: solo i cistercensi riuscirono ad affermarsi più a lungo. Oltre alla vita religiosa, gli ordini riformatori caratterizzarono la vita sociale ed economica presso le loro sedi in modo altrettanto duraturo.
Nelle diocesi sviz. l'influsso franc. sembra sia stato poco presente. Fino al termine del ME soltanto quattro Francesi, in periodi difficili per la Chiesa, rivestirono la carica di vescovo. Il quarto papa avignonese Clemente VI poco dopo la sua elezione nominò nel 1342 Geoffroy de Vairols, proveniente dal sud della F., come vescovo di Losanna (1342-47); egli non risiedette però mai nella città. Durante il Grande scisma d'Occidente (1378-1417) un altro papa di Avignone, Clemente VII, nominò un secondo Francese a Losanna nella persona di Guillaume de Menthonay (1394-1406). Si intendeva così impedire il ritorno della diocesi nel campo del papa romano Bonifacio IX, dopo gli smacchi subiti a Basilea, Costanza, Sion e Coira. Ancora per ragioni politiche nel periodo del Concilio di Costanza (1414-18) e del ristabilimento dell'unità della Chiesa avvenne la nomina dei due vescovi franc. di Ginevra: Jean de Rochetaillée (1418-22) e Jean Courtecuisse (1422-23). Quest'ultimo aveva assunto un ruolo particolarmente rilevante al servizio di re Carlo VI ed è probabilmente per questo motivo che Enrico V, rivale inglese di Carlo sul trono di F., e il suo alleato Filippo il Buono di Borgogna avevano imposto il trasferimento del vescovo da Parigi a Ginevra.
Nel ME anche l'architettura e le arti figurative dipendevano dall'ambito ecclesiastico e religioso. Infatti diocesi e conventi determinavano in gran parte la scelta dello stile, dei modelli a cui fare riferimento e perfino dei maestri costruttori. La diffusione dello stile romanico franc. è dovuta soprattutto a Cluny. Predominante in Svizzera fino al XVI sec., lo stile gotico nacque in F., da dove durante l'ultimo quarto del XII sec. si diffuse nella Svizzera occidentale come dimostra l'esempio della cattedrale di Losanna (metà XII - metà XIII sec.).
Studenti svizzeri in Francia
Delle tre Univ. fondate prima del 1200 o discendenti da scuole più antiche, ossia Parigi, Bologna e Oxford, le prime due furono frequentate fin dall'inizio da studenti provenienti dalla Svizzera. Soprattutto per ragioni finanziarie, in origine si trattava essenzialmente di ecclesiastici e nobili, dato che gli studi, in particolare nelle tre facoltà superiori di teol., diritto e medicina, erano lunghi e costosi. Ancora all'inizio del XV sec. il finanziamento era in gran parte assicurato mediante l'attribuzione di prebende ai maestri e agli allievi. Prima del XIV sec. praticamente nessun laico né borghese frequentava le Univ.
Gli studenti di tutta la Svizzera furono attratti oltre che dalle Univ. it., anche da quelle franc. (soprattutto da Parigi). Tra la fine del XIII e l'inizio del XIV sec. molti Svizzeri si recarono presso le nuove Univ. di Avignone, Montpellierorvieto e Tolosa, in seguito anche a Orléans e Angers. Questo fenomeno è in relazione al trasferimento della sede papale ad Avignone. Tale sviluppo non fu per nulla lineare e ciascuna Univ. fu soggetta a una specifica congiuntura determinata da guerre, epidemie, mutamenti di dottrina e dalla rinomanza dei professori.
Studenti svizzeri di medicina a Montpellier nel XVI secolo
Luogo di origine | Numero di studenti |
---|---|
Basilea | 24 |
Ginevra | 15 |
Zurigo | 5 |
Augst | 4 |
San Gallo | 4 |
Winterthur | 3 |
Berna | 2 |
Friburgo | 2 |
Sciaffusa | 2 |
Sion | 2 |
Resto del Vallese | 2 |
Buchs SG | 1 |
Chavorney | 1 |
Coira | 1 |
Diessenhofen | 1 |
Losanna | 1 |
Neuchâtel | 1 |
Rorschach | 1 |
La diffusione della scrittura in ambito giur. e amministrativo, nonché l'introduzione del notariato contribuirono ad accrescere il numero di studenti sviz. Avignone e Orléans assunsero un ruolo importante grazie al mos gallicus docendi, una nuova modalità per l'insegnamento del diritto. Le due o tre dozzine di studenti sviz. che ogni anno erano iscritti alle Univ. franc. studiavano principalmente presso la facoltà di artes (una sorta di formazione propedeutica); seguivano poi alcuni giuristi e qualche teologo o medico. La fondazione delle prime Univ. nel Sacro Romano Impero (Praga nel 1347, Vienna nel 1365) e il Grande scisma (1378-1417) segnarono un importante punto di svolta. La fondazione dell'Univ. di Heidelberg (1385), seguita da quella di Colonia, fu la conseguenza dell'abbandono di Parigi da parte della maggioranza di maestri e allievi originari delle diocesi ted. e sviz. rimaste fedeli a Roma. È probabile che la maggior parte degli studenti sviz. germanofoni frequentassero da allora le Univ. del Sacro Romano Impero (per esempio Zwingli studiò a Vienna). Al contrario tutti gli studenti sviz. che conseguirono ad Avignone un titolo acc. tra il 1378 e il 1410 provenivano dalla parte francofona del Paese. Si constata anche che i primi professori dell'Univ. di Basilea (fondata nel 1460) provenivano da Parigi. Alcuni vi ritornarono e contribuirono all'introduzione della stampa in F. Durante la seconda metà del XV sec. le Univ. franc., in particolare Parigi e Orléans, dove Calvino studiò con numerosi Svizzeri, diedero un notevole contributo alla diffusione dell'Umanesimo tra il Lemano e il lago di Costanza.
Le relazioni economiche
Ben prima che ci fossero relazioni politiche, con la F. si erano sviluppati rapporti economici già a partire dall'avvento del commercio intern., spec. tra il Mediterraneo e l'Europa nordoccidentale. Le fiere della Champagne stimolarono in particolare l'economia delle regioni della Svizzera occidentale, attraverso cui passavano i traffici tra l'Italia da un lato e la F. settentrionale, i Paesi Bassi e l'Inghilterra dall'altro. Durante il periodo aureo delle fiere, le merci provenienti dalla Lombardia transitavano sul passo del Gran San Bernardo, passavano attraverso il Paese di Vaud, superavano il Giura a Jougne e raggiungevano infine la Champagne. Il Sempione fu utilizzato dalla metà del XIII fino a metà del XIV sec. Prima del 1350 cominciò il declino delle fiere della Champagne, che vennero progressivamente sostituite da quelle di Ginevra. Tale processo si concluse alla fine del sec. e il traffico attraverso i passi vallesani si orientò verso Ginevra. Per la Svizzera e le sue relazioni con la F., l'asse est-ovest (Polonia-Spagna, lago di Costanza-Lemano) acquisì allora un'importanza notevole. La politica volta a favorire le fiere di Lione, promossa dai re Carlo VII e Luigi XI, di fatto non cambiò la situazione, anche quando quest'ultimo dichiarò formalmente guerra alle fiere di Ginevra (1463). Tuttavia fu accelerato il declino del Gran San Bernardo e del Sempione come vie del commercio intern., a vantaggio dei passi savoiardi quali il Moncenisio.
Per quanto riguarda gli scambi commerciali l'esportazione verso la F. di prodotti dell'allevamento e dell'economia lattiera, allora fondamentali per la Svizzera, fu poco rilevante fino al XVII sec., ancora meno importante di altri prodotti del suolo (un po' di legname veniva trasportato lungo il Reno nel XV sec.). In senso inverso, prima del XVI sec. la Svizzera si procurava in F. solo una quantità ridotta di derrate alimentari (per esempio cereali). Al più tardi dall'inizio del XIV sec. acquisì una certa importanza l'esportazione di sale marino franc. verso Ginevra e il Vallese, a cui si aggiunsero diversi prodotti mediterranei (olio d'oliva, riso, pesce di mare essiccato e agrumi). La bilancia commerciale era ancora più favorevole alla F., se vengono considerate determinate materie prime come il ferro o coloranti o, all'inizio del XV sec., la lana provenzale per la produzione di tessuti friburghesi. I prodotti artigianali risultavano predominanti negli scambi tra i due Paesi. Dalla metà del XIV al primo terzo del XV sec. è possibile annoverare tra i prodotti sviz. i panni di lana friburghesi e probabilmente il cuoio. Dalla fine del XIII sec. le esportazioni di tele di lino provenienti dalla regione del lago di Costanza furono certamente più durature e importanti. Tele e panni venivano spediti via Lione e Marsiglia fino in Spagna, o verso altre destinazioni sul Mediterraneo. La Svizzera importava dalla F. soprattutto prodotti tessili (panni e in seguito seta), oltre ad articoli in metallo e sapone.
Anche prodotti della Germania meridionale e dell'Europa dell'est (chincaglieria da Norimberga, cera o pellicce dalla Russia) transitavano attraverso la Svizzera fino in F. Attraverso la F. la Svizzera si procurava invece derrate alimentari (come lo zafferano) provenienti dalle regioni occidentali del Mediterraneo o dalla penisola iberica. Singoli mercanti o soc. come la Compagnia Diesbach-Watt (bernese e sangallese) o la Compagnia di Ravensburg (con una partecipazione sviz.) assunsero un ruolo importante nelle relazioni economiche tra i due Paesi.
Gli inizi di un'alleanza secolare
Sul piano militare e ben presto anche su quello politico la Conf. e la F. entrarono in contatto per la prima volta durante le tregue della guerra dei Cent'anni. Bande di soldati mercenari disoccupati invasero la Svizzera nordoccidentale nel 1375-76 (Gugler) e di nuovo nel 1444, quando gli Armagnacchi comandati dal delfino Luigi, alleato degli Asburgo, annientarono un contingente di ca. 1500 soldati conf. nella battaglia di San Giacomo sulla Birsa. Impressionato dalla combattività dei soldati sviz., nello stesso anno il delfino concluse con i cant. la pace di Ensisheim e cercò in seguito di rinsaldare i legami (trattati del 1452-53, 1463 e 1470). Fin dall'inizio fu infatti sua intenzione avere i cant. come alleati contro il duca di Borgogna. L'alleanza militare vera e propria fu stipulata nel 1474-75 (guerre di Borgogna). Dopo la vittoria riportata su Carlo il Temerario, la F. ridusse i mercenari assoldati; il nuovo accordo con Carlo VIII era poco più di un trattato di amicizia (1484). Mentre i cant. si sforzavano di non perdere il controllo sul reclutamento di mercenari, la F. cercava soprattutto di ridurre i costi dell'alleanza.
Fu necessario attendere fino al 1495 prima che i Conf. potessero negoziare un trattato più vantaggioso. Nel frattempo Carlo VIII aveva tentato invano di imporre le sue pretese sul regno di Napoli e aveva avuto modo di convincersi del valore dei mercenari sviz. Il nuovo trattato fu in gran parte analogo a quello del 1474-75. Un contenuto simile caratterizzò anche quello stipulato nel 1499 con Luigi XII, il successore di Carlo. I Conf. accettarono l'alleanza poiché necessitavano dell'aiuto finanziario della F. per condurre la guerra di Svevia. Fu già chiaro allora che le pretese del re sul ducato di Milano rischiavano di entrare in conflitto con la volontà dei cant., spec. della Svizzera centrale, di espandersi nella medesima direzione (guerre d' Italia). Solo controvoglia Luigi XII in qualità di duca di Milano riconobbe l'annessione di Bellinzona da parte degli Svizzeri (trattato di Arona del 1503); il trattato del 1499 non fu più rinnovato una volta scaduto il termine di dieci anni. I Conf. si rivoltarono a quel punto contro i loro ex alleati, cacciandoli dalla Lombardia e assegnando il ducato a Massimiliano Sforza, sul quale imposero il loro protettorato (1512). Avevano però sopravvalutato le proprie forze: le risorse insufficienti, la mancanza di un potere centrale, gli interessi dei cant. in gran parte divergenti e l'indisciplina delle truppe portarono verso una catastrofe. Tali manchevolezze si erano già manifestate durante la spedizione di Digione (1513). L'attitudine dei Conf. fu altrettanto dubbia quando il nuovo re Francesco I avviò nel 1515 la riconquista di Milano. I comandanti delle truppe sviz. non riuscirono a trovare un'intesa comune e con il trattato di Gallarate cedettero il ducato di Milano per un milione di scudi contro la volontà della Dieta fed. Pertanto una parte delle truppe si ritirò, mentre quelle rimaste subirono nella battaglia di Marignano una cocente sconfitta. Dopo un breve sussulto d'orgoglio, gli Svizzeri ristabilirono l'alleanza con la F., che rimase in vigore fino alla caduta dell'ancien régime e influenzò notevolmente la politica del Paese.
Eccezionalmente favorevole per i vinti, la Pace perpetua conclusa il 29.11.1516 con i 13 cant. comprendeva per la prima volta anche tutti i loro alleati. Il trattato di pace costituiva anche un trattato di amicizia e di non aggressione; inoltre rinnovava e precisava tutti i privilegi fino ad allora accordati ai Conf. Dopo lunghe discussioni i cant. decisero di rinunciare a gran parte dell'ingente indennità di guerra, in cambio del dominio sui baliaggi it. e sulla Valtellina, territori conquistati nel 1512.
Non da ultimo a causa del pericolo di rimanere circondati dai territori asburgici sotto Carlo V, una nuova alleanza fu conclusa nel 1521 sul modello di quelle del 1474-75 e del 1499. Limitata nel tempo, fu rinnovata con poche modifiche (nel 1549, 1564 e 1582), ogni volta però dopo difficili negoziati.
La Riforma fu una delle cause dei dissidi. Già nel 1521, la diffusione della nuova confessione indusse Zurigo ad abbandonare l'alleanza, vista la condanna del servizio mercenario da parte di Zwingli. Per la stessa ragione Berna lasciò l'alleanza nel 1529 rientrandovi solo nel 1582/83. Mentre Francesco I occupava la Savoia (1536), Berna, seguita da Friburgo e dal Vallese, si impadronì del Paese di Vaud e dello Chablais, territori che unitamente a Ginevra furono messi al riparo da un'eventuale conquista franc. Visto che solo una minoranza dei cant. aderì alla nuova fede, che tra l'altro si stava diffondendo anche in F., gli Svizzeri delle due confessioni furono tentati di venire in aiuto ai rispettivi correligionari, anche per mezzo delle armi, soprattutto durante le guerre di religione (1561-98). Proprio la monarchia franc. aveva bisogno di mercenari sviz. fedeli al re per evitare di essere intaccata dalle fazioni confessionali in lotta (ritirata di Meaux del 1567). Il re aveva pertanto tutto l'interesse a non inimicarsi nessuna fazione in Svizzera e a impedire che vi scoppiasse una guerra civile. Occorre anche prendere in considerazione il fatto che la divisione ebbe in F. delle conseguenze sulla politica estera, per esempio sulla rivalità con gli Asburgo di Spagna. Il trattato per proteggere Ginevra concluso nel 1579 con Berna e Soletta dal re catt. Enrico III è in tal senso indicativo.
Con la Riforma, la Svizzera influenzò per la prima volta la vita religiosa franc. Le nuove Univ. prot. di Losanna (1537) e Ginevra (1559) assunsero un ruolo non indifferente con l'attività di riformatori come Giovanni Calvino e Teodoro di Beza. La crescente emigrazione per motivi religiosi di rifugiati franc. (Rifugiati per fede) dalla fine degli anni 1530-40 contribuì a consolidare la nuova fede nella Svizzera romanda e a rafforzare l'economia dei cant. rif. Nonostante la divisione religiosa, gli studenti sviz. delle due confessioni continuarono a frequentare le Univ. franc. I prot. vi furono infatti sempre ammessi potendo godere della libertà di culto e di coscienza. Per sostenere un confronto ad armi pari in termini di propaganda con il collegio Elvetico di Milano, la corona franc. riceveva annualmente due stipendiati da ciascun cant., dal Vallese e dalle Tre Leghe.
La guerra civile provocò soprattutto un progressivo deterioramento delle finanze franc.: i debiti nei confronti della Svizzera (cant. e privati) non cessarono di aumentare. In tale contesto il Vallese ribadì l'esigenza di difendere i privilegi relativi all'approvvigionamento di sale marino franc., privilegi minacciati dalla guerra e dal rincaro. Il tentativo franc. di vendere il sale al di fuori della Svizzera per riuscire a far fronte ai debiti fallì. Problemi analoghi si verificarono nel difendere la libertà di commercio e in particolare alcuni privilegi alle fiere di Lione, importanti soprattutto per l'industria delle tele della Svizzera orientale. Per eludere tali richieste, i negoziatori franc. cercavano di prolungare la durata dell'alleanza in occasione di ogni suo rinnovo.
Dopo la pacificazione interna (editto di Nantes) ed esterna del regno (trattato di Vervins) nel 1598, Enrico IV non riuscì a rinnovare l'alleanza con la Svizzera (scaduta nel 1597); lo attendevano difficili trattative, tanto più che a causa della sua conversione sia i cant. catt. sia quelli rif. erano diffidenti.
XVII e XVIII secolo
Le relazioni politiche dal 1601 al 1789
Il difficile rinnovo dell'alleanza
Dal 1600 Nicolas Brulart, ambasciatore di Enrico IV, si attivò per rinnovare l'alleanza del 1582. Prima di tutto dovette garantire ai cant. il rimborso dell'enorme debito di 36 milioni di lire provocato dal ritardo nel pagamento del soldo e delle pensioni. Malgrado gli sforzi della Spagna per salvaguardare la propria influenza, dodici cant. e i rispettivi alleati firmarono l'alleanza nel gennaio del 1602. Il testo fu corredato da numerosi annessi, uno dei quali assicurava a Berna il controllo sul Paese di Vaud (ottobre 1602). Zurigo si unì nel 1614.
Il trattato era innovativo su diversi punti. La sua validità, precedentemente limitata ad alcuni anni, risultava prolungata. Il trattato sarebbe rimasto in vigore fino a otto anni dopo la morte del successore del re (il futuro Luigi XIII), ciò che avrebbe dovuto garantire una certa stabilità. Includeva anche i territori della Bresse, del Bugey e del Gex, acquisiti in virtù del trattato di Lione (1601); fissava le modalità per il pagamento del debito e accordava la libertà di accesso ai passaggi alpini, inclusi quelli dei Grigioni.
Dopo la morte di Enrico IV (1610), il cui regno era stato caratterizzato da strette relazioni con la Svizzera, la F. perse influenza a causa della reggenza e delle tensioni interne. La Spagna fu pertanto nelle condizioni di accrescere il proprio ascendente sui cant. catt. (la loro alleanza fu rinnovata nel 1634, includendo la protezione della Franca Contea) e sui Grigioni (l'alleanza con il governatore di Milano fu siglata nel 1639). Durante la guerra dei Trent'anni, la F. dispiegò truppe nella Franca Contea (dal 1635); quelle guidate da Bernardo di Sassonia-Weimar compirono delle incursioni nel vescovado di Basilea. La crescente indignazione dei cant. è spiegabile dal modo in cui vennero trattati i reggimenti sviz. durante la Fronda: il soldo era versato a scadenze molto irregolari, spesso con diversi anni di ritardo. Nel 1649, 3000 Svizzeri furono licenziati senza essere pagati e senza che il debito venisse loro riconosciuto. Tuttavia, malgrado i motivi di risentimento, l'ostilità di Mazarino e la perdita di autorità della monarchia, i reggimenti rimasero fedeli al giovane Luigi XIV: paradossalmente era proprio l'entità del debito a costringere gli Svizzeri a restare al servizio della F. In occasione dei negoziati per la pace di Vestfalia, i cant. ottennero il sostegno della F. (e della Svezia) affinché un art. riconoscesse la loro indipendenza dall'Impero.
Un vicino inquietante
L'ambasciatore Jean de La Barde, a Soletta dal 1648, fu incaricato di negoziare il rinnovo dell'alleanza, scaduta nel 1651. La conclusione dell'intesa fu ritardata fino al 1663, visto che la situazione in Svizzera (guerra dei Contadini, prima guerra di Villmergen), l'enorme entità del debito e il ritardo nel pagamento del soldo e delle pensioni rendevano alcuni cant. molto scettici. L'introduzione in F. di misure discriminatorie nei confronti dei loro mercanti costrinse però tali cant. a cedere. Firmata a Soletta il 24.9.1663 e giurata solennemente in novembre a Parigi, l'alleanza rappresentò una vittoria eclatante per la diplomazia franc. Luigi XIV ottenne la rinuncia degli Svizzeri alla neutralità della Franca Contea e impose loro l'obbligo di difendere l'Alsazia. Agli Svizzeri fu assicurato il rimborso dei loro crediti e il mantenimento dei loro privilegi militari e commerciali. Ma dovettero presto ricredersi: i loro privilegi doganali vennero contestati, fu pagata solo una parte degli arretrati, fu prorogato il promesso versamento annuo di 400'000 lire, vennero reclutate delle "compagnie libere" a soldo ridotto e i reggimenti sviz. furono impiegati contro l'Olanda.
Il motivo di maggiore inquietudine fu però la politica territoriale del re lungo i confini orientali. L'occupazione della Franca Contea (provvisoria nel 1668, definitiva nel 1674), la cui neutralità era stata legata fin dal XVI sec. a quella dei cant., fu percepita da questi ultimi come una minaccia per la loro indipendenza. Alcune concessioni, come la riduzione del prezzo del sale della Franca Contea, placarono però i timori. L'occupazione di Strasburgo (1681), alleata di Berna e Zurigo, della bassa Alsazia e di Montbéliard completò l'accerchiamento della Svizzera. La costruzione della fortezza di Huningue, alle porte di Basilea (1679-81), suscitò ulteriori risentimenti nei confronti del re. Tutte queste conquiste furono possibili solo grazie alla non ingerenza dei Conf.
L'inquietudine si trasformò in ostilità quando nel 1685 il re revocò l'editto di Nantes. Questi avvenimenti allontanarono Neuchâtel dall'influenza franc.; nel 1707 Berna si oppose con ogni mezzo all'insediamento nel principato di un sovrano franc. e catt. Quando il re di Prussia Federico I fu proclamato principe di Neuchâtel, Luigi XIV non lo riconobbe e concentrò alcune truppe nella Franca Contea. Non diede però seguito alle minacce: in piena guerra di successione spagnola non poteva permettersi un dissidio con i cant. rif., i cui reggimenti gli erano in quel momento indispensabili.
La Francia come potenza mediatrice
La seconda guerra di Villmergen (1712) mutò gli equilibri della Conf. a favore dei cant. rif. I cant. della Svizzera centrale, spogliati dei loro diritti sui baliaggi di Baden e dei Freie Ämter, contestarono la pace di Aarau e si rivolsero al re di F. per recuperare i territori persi. Non fu possibile rinnovare l'alleanza del 1663 a causa delle divisioni tra i cant. Nel 1715 l'ambasciatore Charles-François de Vintimille du Luc firmò un'alleanza con i soli cant. catt. (Trücklibund). Concepita come punto di partenza per un'alleanza più ampia, l'intesa si rivelò però un ostacolo alla ripresa dei negoziati. Per 60 anni gli ambasciatori di Soletta cercarono inutilmente di riallacciare il dialogo con l'insieme dei tredici cant., visto che le divisioni sorte nella Conf. non erano nell'interesse della F.
Nel corso del XVIII sec. le relazioni tra F. e Svizzera furono turbate da diversi episodi. Durante i disordini di Zugo, la fazione dei "duri" denunciò l'alleanza franc. (Harten- und Lindenhandel); il re escluse pertanto Zugo dal trattato del 1715. La riorganizzazione del servizio mercenario in F. (1764) suscitò malcontento a Svitto. Il clan al potere stracciò il trattato del 1715 e di conseguenza Etienne François de Choiseul licenziò le truppe svittesi nel 1765. Il progetto di costruzione di un porto e di una piazzaforte a Versoix, presentato già da Richelieu (1629), in seguito ripreso (1706 e 1732) e finalmente avviato nel 1769, provocò vive reazioni a Ginevra e Berna, che temevano la possibile interruzione del collegamento tra le due città ad opera della F. L'impresa fu però abbandonata quando Choiseul cadde in disgrazia nel 1770. Jean Gravier de Vergennes, nuovo ministro degli esteri, prese le distanze da Vienna e cercò di riallacciare i legami con gli antichi alleati (1774). Inquieti per la sorte della Polonia e la politica aggressiva di Giuseppe II, i Conf. si mostrarono sensibili all'apertura. L'alleanza tra F. e Svizzera fu rinnovata il 28.5.1777 e firmata dai tredici cant. e alcuni alleati (l'abate e la città di San Gallo, il Vallese, Mulhouse e Bienne), ma non da Neuchâtel e Ginevra, che vennero tenute in disparte.
Questo trattato, uno dei maggiori successi della diplomazia di Luigi XVI, fece del Corpo elvetico uno Stato capace di assicurare la difesa del proprio territorio; la Neutralità armata divenne un principio essenziale dell'alleanza. I Conf. ottennero alcuni vantaggi concreti: la protezione di una grande potenza, garantita per 50 anni, il reclutamento delle truppe, l'acquisto di sale a basso prezzo, alcuni privilegi commerciali e un contributo finanziario non indifferente. L'ambasciata di Soletta si presentava come un'istituzione originale: grazie ai suoi contatti, l'ambasciatore era un osservatore attento della vita politica dei cant. Gli Svizzeri manifestarono il desiderio di avere anch'essi un rappresentante a Versailles. Furono accontentati alla fine del XVIII sec., quando Jacques Necker fu nominato incaricato d'affari di Ginevra a Parigi, missione che gli permise di accedere ufficialmente alla corte.
Relazioni economiche e culturali
Relazioni economiche
Nel 1775 le Leghe sviz. pesavano per 800'000 lire sul bilancio del ministero degli affari esteri, incluse le spese di ambasciata. Dal XV sec. i diplomatici franc. avevano investito forti somme per assicurarsi il favore dei Conf., guadagnandosi in tal modo la fedeltà delle fam. influenti. Dopo il 1723 i cant. rif. non ottennero più alcun finanziamento. Queste Pensioni erano ripartite in sei categorie e destinate a usi diversi. L'indigenza cronica delle finanze reali costrinse i monarchi a chiedere in prestito grosse somme alla Svizzera, che dal XVI sec. divenne un importante Mercato dei capitali. Nel 1601 il debito ammontava a 11,623 milioni di scudi d'oro.
Dal 1674, quando Luigi XIV ebbe il controllo sulle saline di Salins, la F. offrì agli Svizzeri il Sale prodotto dalla Franca Contea a un prezzo molto basso, utilizzando questa derrata come arma economica. Si trattava del cosiddetto sale di alleanza, mentre il sale detto "di commercio", venduto a un prezzo più elevato, era fornito sulla base di contratti con i produttori agricoli. Nel 1787 la F. fornì 38'080 q (di 100 lire ciascuna) di sale della Franca Contea e 59'266 q di sale provenienti dalla Lorena.
In base a statistiche molto approssimative, le esportazioni della Svizzera verso la F. (spec. prodotti tessili) furono di volume assai limitato durante il XVII e il primo terzo del XVIII sec. Non superavano le 300'000 lire, mentre le importazioni oscillavano tra 1,5 e 6 milioni. Le esportazioni registrarono in seguito una brusca impennata in coincidenza con la crescita dell'economia elvetica. Nel 1782 i prodotti tessili costituivano l'80% delle vendite sviz., seguiti dai formaggi il cui valore superava il milione di lire. Le esportazioni franc. in Svizzera erano più diversificate; il settore tessile (51%) comprendeva numerosi articoli di lusso. Lo sviluppo relativamente rapido degli scambi tra i due Paesi si spiega anche con l'attività di imprese sviz. insediate a Bordeaux, Nantes, Parigi e soprattutto a Lione, dove nel 1777 se ne contavano 67 (per esempio i Biedermann o i Zollikofer).
La revoca dell'editto di Nantes (1685) provocò nei cant. rif. il più massiccio afflusso di pop. mai registrato: verosimilmente alcune decine di migliaia di persone. I cant. erano determinati a rimanere unicamente un territorio di transito per i rifugiati; solo una minoranza vi trovò definitivamente asilo, fondò nuove industrie (per esempio quella delle indiane) e diede nuovo slancio alla vita intellettuale. L'Emigrazione sviz. era costituita in maggioranza da mercenari. La maggior parte delle reclute proveniva dall'Altopiano, era catt. e di estrazione contadina. In tempo di guerra gli effettivi aumentavano considerevolmente: nel 1692 (guerra della Lega di Augusta) 37'220 uomini prestarono servizio nella fanteria franc., mentre nel 1745 (guerra di successione austriaca) furono 22'620. Si trattava in genere di un'emigrazione temporanea; un certo numero di soldati catt. scelsero la F. come domicilio, spesso come domestici o portinai (suisses de porte).
Relazioni culturali
Nel XVII e XVIII sec. le relazioni culturali franco-sviz. furono largamente dominate dalla F. e dal classicismo. Come altrove in Europa si costruirono delle "piccole Versailles" (L'Isle, Crans-près-Céligny, Hauteville a Saint-Légier). Numerosi architetti franc. lavorarono in Svizzera (Joseph Abeille, Pierre-François Paris, Jean-François Blondel, François Franque e altri). Artisti (come i pittori Johann Melchior Wyrsch e Louis-Auguste Brun) e artigiani sviz. (ebanisti, medaglisti, orologiai come Ferdinand Berthoud e Abraham-Louis Bréguet) fecero carriera e si perfezionarono a Versailles e a Parigi, a volte anche in provincia. L'ingegnere Jean-Rodolphe Perronet fondò e diresse l'Ecole des Ponts et chaussées.
Nel XVII sec. l'influenza sulla letteratura fu ridotta, visto che il teatro fu bandito dalle città rif. fino al XVIII sec. inoltrato; tuttavia le opere classiche erano lette dal pubblico colto. La frivolezza e il brio franc. furono criticati da Beat Ludwig von Muralt nelle sue Lettres sur les Anglais et les Français (1725), che ebbero ampia eco nella Svizzera ted. Nel XVIII sec. la presenza di Voltaire a Ginevra, Losanna e Ferney pose la Svizzera romanda al centro di una rete di scambi intellettuali. Il franc. era parlato dalle classi dirigenti svizzeroted., soprattutto a Berna, dove in questa lingua veniva pubblicata la Gazette de Berne. In Svizzera l'Encyclopédie reclutò alcuni autori (Rousseau, il giurista Jean-Jacques Burlamaqui, il medico Théodore Tronchin, il pastore Jean-Antoine-Noé Polier de Bottens) ed ebbe numerosi lettori. Un'edizione rielaborata nel formato in-quarto fu stampata dalla Soc. tipografica di Neuchâtel, una in-ottavo a Berna e Losanna, mentre l'Encyclopédie d'Yverdon rielaborò l'opera in un'ottica meno antireligiosa.
L'Acc. delle scienze annoverava i Bernoulli tra i suoi membri. Gli scambi univ. proseguirono nella direzione Svizzera-F., anche se in modo meno intenso: Montpellier continuò a formare i medici e la Sorbona accolse qualche teologo. I Francesi si fecero invece rari presso le Acc. rif. Per non suscitare il malcontento del re, Berna tollerò l'apertura a Losanna (1729) di un seminario franc. destinato a formare i pastori dell'Eglise du Désert, a condizione che operasse con discrezione.
Se la Svizzera, come il resto dell'Europa, guardava verso Parigi e Versailles, i Francesi scoprirono le Alpi e la natura con Albrecht von Haller, Rousseau e Horace Bénédict de Saussure. A Versailles, Maria Antonietta e Madame Elisabeth si dotarono di latterie modello con vaccai sviz.
L'epoca delle rivoluzioni: dal 1789 al 1848
Le relazioni politiche
Dal 1789 al 1798
Di fronte agli avvenimenti che scossero la F. (Rivoluzione francese), le autorità sviz. si preoccuparono prima di tutto di mantenere la calma. Esse presero misure per proteggere i propri sudditi dalle seduzioni della propaganda rivoluzionaria e dagli intrighi del Club helvétique di Parigi. L'indebolimento del potere monarchico appariva ai ceti dirigenti dei cant. come un pericoloso precedente. Erano inoltre preoccupati per la sorte delle truppe sviz., la cui fedeltà al re ne faceva un bersaglio per l'odio dei repubblicani. Vietarono agli ufficiali di prestare il nuovo giuramento e protestarono contro il pagamento del soldo con gli assegnati. Si rifiutarono di concedere ai soldati ammutinati del reggimento di Châteauvieux l'amnistia richiesta dalla F. e si sentirono pesantemente offesi quando gli ammutinati furono accolti dall'Assemblea nazionale (agosto 1790).
L'alleanza tra F. e Conf. era sul punto di rompersi, quando giunse a Baden l'ambasciatore François de Barthélemy. La missione si annunciava delicata, ma grazie alla sua abilità diplomatica fu in grado di guadagnarsi la stima degli Svizzeri. Nonostante la rottura delle relazioni diplomatiche e il licenziamento dei reggimenti sviz. il 20.8.1792, Barthélemy rimase in carica fino al 1797 impegnandosi a mantenere i contatti tra i due Paesi. Il massacro delle Tuileries provocò emozioni tanto intense che molti meditarono atti di rappresaglia contro la F. Sui sentimenti dell'opinione pubblica sviz. nei confronti della Repubblica pesava la perdita del servizio mercenario, l'interruzione del commercio, la sospensione delle pensioni, della fornitura di sale e cereali dalla Borgogna e dall'Alsazia nonché l'annessione della parte settentrionale del principato vescovile di Basilea. Alcuni orologiai neocastellani accettarono tuttavia la proposta della Convenzione di stabilirsi a Besançon (1794).
Malgrado la repulsione e il timore che gli sconvolgimenti franc. suscitavano presso i governanti, verso il 1793-94 le relazioni si intensificarono, dato che la F. faceva ricorso ai cant. per massicci acquisti di prodotti di utilità bellica. Dopo la conclusione della pace di Basilea (1795), Parigi esercitò una pressione sempre più forte perché i cant. procedessero all'espulsione degli Emigrés, alla cui prima ondata migratoria (1792), composta di nobili e preti refrattari, fecero seguito i borghesi messi in fuga dal Terrore (1794). La tensione crebbe quando Jean-François Reubell, ostile alla Svizzera, assunse il controllo della diplomazia del Direttorio e Bonaparte divenne signore della Repubblica Cisalpina. Quest'ultimo incorporò la Valtellina alla Repubblica Cisalpina e si interessò alla costruzione di una strada sul Sempione. La neutralità elvetica non era più negli interessi della F.: con il sostegno di Peter Ochs e Frédéric-César de La Harpe il Direttorio decise pertanto di invadere la Svizzera alla fine del 1797 (Invasione francese).
Dal 1798 al 1815
Dopo la capitolazione di Berna (5.3.1798), la Svizzera passò sotto il dominio franc. La F. impose una Costituzione che instaurava uno Stato unitario e centralizzato (Repubblica elvetica). Inoltre annesse la parte meridionale del principato vescovile di Basilea (1797), come pure Mulhouse e Ginevra (1798); pose sotto il suo controllo il Vallese, divenuto indipendente nel 1802, e occupò Neuchâtel nel 1806. La Costituzione elvetica introdusse principi e riforme che caratterizzarono la vita politica sviz. fino al 1848 e in parte fino ai nostri giorni: sovranità popolare, separazione dei poteri, sistema giudiziario gerarchico con possibilità di ricorso, soppressione dei regimi signorili e dei diritti feudali, proclamazione delle libertà di stampa, di riunione, di commercio e di industria, abolizione delle corporazioni, sviluppo della pubblica istruzione, istituzione di un esercito nazionale.
Il regime fu però screditato dai pesanti disagi che accompagnarono l'occupazione militare. Commissari, ufficiali e soldati misero in atto uno sfruttamento sistematico del Paese: confische di beni pubblici e privati, requisizioni di guerra in natura e in denaro, saccheggio degli arsenali, sostentamento delle truppe. La sovranità sviz. fu indebolita da alcune misure politiche. Parigi impose un trattato di alleanza offensiva e difensiva (agosto 1798), malgrado l'opposizione dei membri del Direttorio e gli interventi diplomatici di Peter Josef Zeltner e Gottlieb Abraham von Jenner, inviati sviz. a Parigi.
Grazie a questa alleanza, tra i due Paesi si ristabilirono relazioni diplomatiche normali. Le speranze di concludere un trattato commerciale e di ottenere la fine dell'occupazione militare furono tuttavia deluse. Invece di diminuire, la pressione degli eserciti stranieri si fece schiacciante quando la Svizzera divenne teatro di azioni militari durante la seconda guerra di coalizione (1799) e dovette soddisfare il sostentamento di 72'000 uomini (guerre di Coalizione). Benché l'inverno 1799-1800 portò una certa distensione, l'occupazione militare continuava a pesare sul Paese. Bonaparte decise di ritirare le truppe nell'estate del 1802. Nello stesso anno ottenne anche l'indipendenza del Vallese e l'incorporazione della valle di Dappes al territorio franc.
Con il pretesto che gli Svizzeri erano incapaci di intendersi sull'organizzazione dello Stato, Napoleone impose loro l'atto di Mediazione (febbraio 1803), accolto con favore, perché ristabiliva l'ordine interno e la neutralità. La Svizzera continuava però a sottostare agli ordini del Mediatore, che richiedeva regolarmente contingenti di truppe e fissava restrizioni al commercio. Una capitolazione militare conferiva alla F. il diritto di reclutare 16'000 uomini e un'alleanza difensiva permetteva di arruolarne altri 8000. Il reclutamento di queste truppe mise il governo in grandi difficoltà e fu all'origine di aspre tensioni con l'imperatore. Anche se non ebbe solo effetti negativi sull'economia sviz., il Blocco continentale provocò una profonda crisi nella Svizzera orientale, soprattutto per l'industria del cotone (1811-12). A questi motivi di preoccupazione e di malcontento si aggiunse nel 1810 l'annessione della Repubblica del Vallese e l'occupazione del Ticino.
Dal 1815 al 1848
Dopo la caduta dell'Impero, la F. fu tenuta a restituire le sue conquiste (congresso di Vienna). Al congresso di Parigi si discusse del tracciato delle frontiere comuni (pace di Parigi). Il pomo della discordia fu l'accerchiamento di Ginevra. La F. rifiutò di cedere il Pays de Gex (salvo Versoix e alcuni comuni), che divenne un territorio che godeva di speciali esenzioni (Zone franche). Durante la Restaurazione i legami tra la monarchia e i cant. furono riallacciati grazie alla conclusione di capitolazioni concernenti sei reggimenti, per un totale di 12'000 uomini (1816). Il servizio estero aveva però cessato di rappresentare una necessità economica per gli Svizzeri ed era divenuto molto impopolare in F. I Conf. speravano quindi di ottenere in compenso il ripristino della libertà di commercio. Non se ne fece però nulla e un lungo conflitto doganale incrinò i rapporti tra le due nazioni. Ai protezionisti si contrapponevano le forze politiche desiderose di ristabilire l'influenza della F. nei cant. per mezzo di un accordo commerciale.
Dopo la Rivoluzione di luglio (1830), il nuovo re Luigi Filippo accrebbe l'indignazione degli Svizzeri licenziando i loro reggimenti (1831). Parallelamente il nuovo spirito del 1830 favorì l'instaurazione della democrazia liberale in numerosi cant. (Rigenerazione). Questi sviluppi e la concessione del diritto d'Asilo suscitarono numerose proteste e minacce da parte delle grandi potenze. Se la F. sostenne la Conf. in seguito alla spedizione di Savoia (1834), tramata da Mazzini mentre si trovava in territorio sviz., dopo il 1835 i governi Thiers e Molé adottarono una politica molto aggressiva, intervenendo anche nella politica interna dei cant. (affare Conseil). Nel 1838 il caso del principe Luigi Napoleone fece degenerare la situazione a tal punto che alcuni cant. presero delle misure sul piano militare e la Dieta fed. nominò un generale. La crisi rientrò in seguito alla partenza volontaria dalla Svizzera di Luigi Napoleone.
Il rafforzamento del movimento radicale dopo il 1845 e la prospettiva di una revisione del Patto fed. suscitarono la diffidenza di Parigi. Il ministro François Guizot prese in considerazione un intervento diplomatico delle potenze. Durante la guerra del Sonderbund, opinione pubblica, stampa e Camera dei deputati lo dissuasero però da un'azione militare e i repubblicani franc. accolsero con entusiasmo il trionfo del radicalismo elvetico. Il ritorno della pace rese vane le pretese di Parigi di imporre la propria mediazione ai cant. Con l'arrivo di Alphonse Lamartine al ministero degli affari esteri (febbraio 1848) e la proclamazione della Seconda Repubblica, tra i due Paesi si stabilì un clima di cordialità che permise alla Svizzera di redigere in piena libertà la nuova Costituzione. Il rafforzamento del potere centrale irritò tuttavia la F., che soprattutto non apprezzava l'intervento del governo fed. in ambito economico e l'organizzazione delle dogane fed.
Economia e società dal 1789 al 1848
Economia
L'isolamento della F. in Europa durante le guerre rivoluzionarie e napoleoniche e le difficoltà di approvvigionamento che ne derivarono costituirono un'opportunità per i commercianti sviz. Nel 1793-94, rifornirono gli eserciti con riso e cereali importati dall'Austria, cavalli e animali da macello, scarpe, panni nonché armi e polvere da sparo. Grazie alla ripresa delle esportazioni franc., nell'anno V (1796-97) gli scambi raggiunsero un totale di 90 milioni di frs.; la Svizzera costituiva allora il maggiore importatore di prodotti franc. L'alto livello delle importazioni, dovuto a fattori eccezionali, subì però un crollo dopo il 1798. L'occupazione della Svizzera da parte dell'esercito franc. causò un duro colpo all'economia. I trattati commerciali rimasero allo stato di promesse; la legge del 10 brumaio dell'anno V (31.10.1796) stabilì un protezionismo rigoroso. Il blocco continentale (decreto di Berlino del novembre 1806) segnò la fine dell'esportazione di tele di cotone. Dall'anno VII (1798-99) al 1806, le esportazioni sviz. oscillarono tra 17 e 28 milioni di frs. Nel 1814 scesero però a 4 milioni in seguito alle restrizioni doganali legate al blocco e soprattutto al decreto di Trianon (1810). Dal 1813 le esportazioni franc. si risollevarono accentuando il divario con le importazioni.
Con la Restaurazione i Conf. sperarono di beneficiare nuovamente di un trattamento di favore. La F. della Restaurazione e della Monarchia di luglio moltiplicò invece tasse, divieti e ostacoli amministrativi. I proprietari terrieri e di manifatture non intendevano rinunciare alla protezione doganale. Tredici cant. e mezzo firmarono un concordato di ritorsione (1822) per costringere la F. ad aprire le frontiere. Ma tale provvedimento fallì, perché i Conf. non furono in grado di mettersi d'accordo su una politica commerciale comune. Le stoffe di seta e di cotone, il bestiame e i formaggi erano vietati o pesantemente tassati. Fino al 1850 le esportazioni franc. e sviz. aumentarono parallelamente. La F. esportò in Svizzera prodotti per un valore di 30 milioni l'anno dal 1827 al 1836 e per 42 milioni l'anno nel periodo 1837-47. Negli stessi intervalli la Svizzera esportò per 13, risp. 23 milioni l'anno.
Relazioni culturali
Gli anni della Rivoluzione furono caratterizzati dall'accettazione o dal rifiuto dei nuovi ideali. Se Mirabeau si circondò di ginevrini (come Etienne Clavière ed Etienne Dumont), altri loro compatrioti dal 1796 diedero alle stampe la Bibliothèque britannique che contestava i principi del 1789. Dopo il 1803 scrittori e filosofi franc., sviz. e ted. si ritrovarono presso Madame de Staël a Coppet, uniti dall'opposizione a Napoleone. Benjamin Constant difese le idee liberali prima nel Tribunato, in seguito nella Camera dei deputati.
I contatti si moltiplicarono dopo il 1815 e soprattutto dopo il 1830. Alexandre Vinet, Juste Olivier e Charles Secrétan collaborarono alla rivista prot. parigina Le Semeur (1831-50); Charles-Augustin Sainte-Beuve insegnò un semestre all'Acc. di Losanna (1837-38). Mentre nasceva la letteratura romanda, alcuni autori (Rodolphe Töpffer) si opposero, in nome della moralità dell'arte, al "romanzo industriale" di un Hugo o di un Balzac. Se nel XVIII sec. la F. aveva letto la Nuova Eloisa, in quegli anni leggeva ormai il Robinson sviz. di Johann Rudolf Wyss (1813), tradotto dalla vodese Isabelle de Montolieu (1816). Corsi di letteratura franc. furono creati nelle Acc. di Ginevra e Losanna. Augustin-Pyramus de Candolle divenne supplente al Collège de France. La capitolazione militare firmata nel 1803 riservava agli Svizzeri 20 posti alla scuola politecnica. Diverse decine di giovani, provenienti spec. dalla Romandia, poterono usufruirne, prima della fondazione del Politecnico fed. Occorre anche menz. l'influenza del diritto franc. (Codice civile) sulla Codificazione dei cant. romandi.
Alcuni Svizzeri, tra i quali i pittori su smalto di Ginevra Abraham Constantin e Jean-François Soiron, lavorarono a Sèvres o per la corte imperiale, come lo scultore solettese Urs Pankraz Eggenschwiler o il neocastellano Léopold Robert, collaboratore di Jacques-Louis David. James Pradier e John-Etienne Chaponnière crearono dei bassorilievi per l'Arco di Trionfo (1834). La maggior parte degli artisti sviz. portavano a termine parte della loro formazione a Parigi.
Dal 1848 al 1914
Le relazioni politiche
Luigi Napoleone Bonaparte, pres. della Seconda Repubblica (1848-52) e imperatore con il nome di Napoleone III (1852-70), aveva mantenuto dai tempi del suo soggiorno in Svizzera, oltre alla cittadinanza, rapporti di amicizia con numerosi Conf.; Johann Konrad Kern per esempio, ministro sviz. a Parigi, era uno dei suoi uomini di fiducia. L'imperatore favorì le buone relazioni tra i due Paesi e difese l'indipendenza sviz. sul piano intern. Tale intesa fu però messa in discussione da alcuni problemi, come i rifugiati politici giunti nel 1848 e nel 1852.
Molti rifugiati resero eccellenti servizi alla scienza e all'industria sviz. L'asilo che veniva loro offerto irritava però il governo franc., che si lamentava dei pamphlet stampati in Svizzera contro Napoleone III. Nei primi anni del Secondo Impero, Napoleone III cercò di contrastare il radicalismo e di incoraggiare gli elementi conservatori nella Conf. Offrì la sua mediazione nell'affare di Neuchâtel (1856), ma concesse alla Svizzera solo un ampliamento della zona doganale nell'affare della Savoia (1860).
Nonostante i disagi che ne derivarono, la Svizzera prese l'iniziativa di negoziare un trattato commerciale sul modello dell'accordo franco-inglese del 1860. Richiese l'abolizione dei divieti all'importazione e un alleggerimento dei dazi. La F. pose alcune condizioni politiche, come la piena libertà di domicilio e di commercio per gli ebrei. Con il trattato del 1864 la Svizzera entrò a far parte del gruppo di Paesi liberoscambisti.
Durante la guerra Franco-prussiana del 1870-71, la Svizzera prese delle misure per impedire che il proprio territorio fosse utilizzato come campo di battaglia. L'opinione pubblica franc., che della Svizzera sapeva in generale poco e la considerava un semplice luogo di villeggiatura, fu molto impressionata dall'accoglienza riservata all'esercito di Bourbaki (1871).
Alla fine del XIX sec., la F. era il solo Paese a disporre di un'ambasciata a Berna con un effettivo di cinque o sei persone; altrettante ne contava la missione Svizzera a Parigi. La rappresentanza consolare franc. si riduceva a Ginevra, Zurigo e Basilea. La Svizzera disponeva da otto a dieci consoli nella F. metropolitana. Fino alla termine del sec. la Conf. diede l'impressione di disertare la scena politica intern. L'attività diplomatica era ridotta e gli interessi economici prevalevano sulla "grande politica". La diplomazia della Terza Repubblica non intervenne quasi più negli affari interni della Conf.: si preoccupava soprattutto di evitare azioni che potessero alienarle le simpatie sviz. e di non lasciare il campo completamente libero all'influenza ted.
Tale discrezione portò a un allentamento delle relazioni bilaterali, che si concentrarono essenzialmente su questioni commerciali, doganali, ferroviarie e finanziarie. In entrambi i Paesi le linee ferroviarie appartenevano a compagnie private e nel XIX sec. i governi quasi non intervennero nelle trattative relative ai tracciati. In un primo tempo i magnati della finanza franc. manifestarono un grande interesse per la rete sviz., consapevoli della sua importanza per il traffico intraeuropeo; le fam. Rothschild e Pereire fondarono o rilevarono diverse compagnie. La compagnia Franco-Suisse fu istituita per collegare la linea Parigi-Lione alla rete elvetica passando dal Giura, attraverso Pontarlier e Les Verrières. Ma con il declino dell'Impero, la rete ferroviaria elvetica uscì dall'orbita franc. e si rivolse verso i collegamenti ted., it. e la linea del Gottardo, malgrado le reiterate iniziative da parte di alcuni ambienti franc. (ma non del governo) di coinvolgere la Svizzera nella costruzione della linea del Sempione per contrastare l'influenza ted.
Le vie d'accesso dalla F. alla Svizzera furono all'origine di numerosi progetti e annose controversie: il tracciato avrebbe dovuto passare per il Mont-d'Or, con sbocco a Losanna, o attraverso La Faucille per giungere a Ginevra? Queste vie di accesso a ovest del Sempione avrebbero reso superfluo il Lötschberg. La compagnia Parigi-Lione-Marsiglia e quella del Giura-Sempione nel 1899 trovarono un'intesa per costruire la linea Frasne-Vallorbe, che fu però realizzata solo nel 1915. Nel 1906 la Francia riorientò la sua politica dei trasporti promuovendo la linea Delle-Lötschberg-Sempione per isolare il Gottardo e convogliare il traffico inglese, belga e olandese diretto verso sud. Per rendere la linea più rapida, Parigi reclamò la costruzione della galleria Moutier-Grenchen. Inaugurata nel 1913, la tratta Frutigen-Briga fu affidata a ingegneri franc. e finanziata da capitali franc. Quando il Consiglio fed. decise di nazionalizzare le ferrovie (1898), fu necessario ricorrere a prestiti per permetterne il riscatto e per finanziare la costruzione di nuove linee. Il Quai d'Orsay non pose condizioni politiche e 835 milioni di frs. di prestiti furono quotati alla borsa di Parigi. Dal 1906 gli intensi flussi finanziari tra i due Paesi costituirono un fattore di avvicinamento. I depositi franc. nelle banche elvetiche favorirono lo sviluppo di industrie in Svizzera e indirettamente anche in F.
Sul piano politico-militare la reciproca diffidenza caratterizzò le relazioni fin verso il 1910. Gli Svizzeri temevano la violazione della neutralità da parte della F. in caso di guerra franco-ted. D'altro canto la F. dubitava che l'esercito sviz. fosse determinato a battersi contro le truppe ted. nella regione di Basilea. Tali ambiguità furono tuttavia progressivamente chiarite e alla vigilia della guerra i dubbi erano ormai fugati. Un segno di svolta fu l'accordo dell'aprile 1914 sull'approvvigionamento della Conf.: in caso di guerra le autorità franc. avrebbero garantito la fornitura di cereali provenienti dai porti sull'Atlantico. La visita in Svizzera del presidente Armand Fallières (agosto 1910) si inserì anch'essa in questa politica di riavvicinamento.
Relazioni economiche
Grazie a una congiuntura favorevole, durante il Secondo Impero le esportazioni franc. verso la Svizzera progredirono rapidamente: da 51 milioni di frs. nel 1854 passarono a 263 milioni nel 1868. L'aumento proseguì fino al 1873, poi esse conobbero una battuta d'arresto che durò più di 20 anni. Il trattato del 1864 diede un forte impulso alle esportazioni sviz. in F.: da 60 milioni (1862-64), la cifra raddoppiò nel periodo tra il 1866 e il 1869 (secondo fonti statistiche franc.). I tessuti di seta e cotone, fino ad allora vietati, furono ammessi senza alcun dazio o sottoposti a dazi minimi. Nonostante questi progressi, la bilancia commerciale divenne sempre più deficitaria per la Svizzera. Le materie prime occupavano il primo posto tra le esportazioni franc. (dal 40% al 48%), mentre i manufatti costituivano la principale merce di esportazione sviz. (64% nel 1905).
L'avvento della Terza Repubblica rafforzò la corrente protezionista. Le tariffe doganali furono progressivamente aumentate. Per la Svizzera la situazione si aggravò dopo il 1890. La F. denunciò i trattati commerciali e introdusse una doppia tariffa: quella massima fu applicata agli Stati con i quali non era legata da convenzioni, mentre quella minima fissò un limite alle concessioni che il governo poteva accordare in cambio di una tariffa convenzionale. La Svizzera non accettò la tariffa minima che avrebbe ridotto di un terzo le sue vendite in F. Alcuni ministri accettarono di negoziare un accordo commerciale, ma la Camera dei deputati lo bocciò senza neppure discuterlo (1892). Prese allora il via una guerra doganale; la Svizzera applicò tariffe elevate alle merci franc., che furono boicottate dalla pop. I Tedeschi approfittarono di questa rottura e nel 1893 l'imperatore Guglielmo II fu ricevuto in Svizzera. Le vendite franc. diminuirono del 46,5% in cinque anni. Dal punto di vista economico e politico sia Parigi sia Berna avevano interesse a porre fine alla crisi. Pertanto i negoziati ripresero e sfociarono in un'intesa sotto forma di uno scambio di note diplomatiche (1895). Le esportazioni della F. progredirono in modo spettacolare: 200 milioni di frs. nel 1898, 300 dopo il trattato del 1906 e quasi 400 sei anni più tardi. Per la Svizzera la ripresa fu più lenta; dopo il 1900 le esportazioni superavano di poco i 100 milioni e raggiunsero una media di 130 milioni tra il 1907 e il 1913. Il valore delle esportazioni franc. era allora tre volte superiore a quello delle importazioni dalla Svizzera.
Nel 1906 la Svizzera adottò una nuova tariffa più protezionista e fu quindi necessario rinegoziare l'accordo del 1895. La discussione fu lunga e appassionata. Nel 1909 la commissione franc. delle dogane propose una tariffa che avrebbe colpito pesantemente i tessuti di seta e l'orologeria ma che infine non venne applicata. Il governo si preoccupò infatti di non urtare la Conf. per evitare una guerra doganale e di non alienarsi le simpatie di cui la F. godeva in Svizzera.
Migrazioni
La pop. sviz. residente in F. continuò ad aumentare durante la seconda metà del XIX sec. Da 23'000 ab. nel 1850, giunse a 48'800 nel 1870, di cui 12'400 vivevano a Parigi; il 24% degli Svizzeri residenti all'estero vivevano allora in F. Nel 1880 erano 73'000 (28%), di cui 20'800 a Parigi (8%) e, nel 1900, 87'000, di cui 12'000 in Alsazia.
I Francesi residenti in Svizzera erano 30'000 nel 1850, cioè il 42% della pop. straniera, e 62'000 nel 1870, cifra che rimase stabile fino alla fine del sec. Nel 1910 erano 80'600. Dopo essere stati per lungo tempo la più consistente comunità straniera, furono superati dai Tedeschi dal 1880, e poi dagli Italiani dal 1900. Più del 70% abitavano in Svizzera romanda, 35'000 a Ginevra.
Relazioni culturali
Parigi fu un polo di attrazione sia per la letteratura sia per la pittura. Gli autori romandi per emergere dovevano pubblicare a Parigi e alcuni di loro vi si stabilirono definitivamente, come Edouard Rod. Gli editori Attinger e Payot aprirono una succursale nella capitale franc. alla vigilia della prima guerra mondiale. Ma la Svizzera romanda della Bibliothèque universelle rifiutò per ragioni morali il romanzo naturalista. Gli artisti e in particolare i pittori (Cuno Amiet) continuarono a frequentare l'Acc. di belle arti o gli atelier franc. (Acc. Julian); a volte erano loro stessi a dirigerli, come Charles Gleyre che come allievi ebbe diversi Svizzeri (Albert Anker), ma anche Renoir, Sisley e Monet. Théophile Alexandre Steinlen, Eugène Grasset, Félix Vallotton e Eugène Burnand divennero celebri in F., soprattutto nell'ambito dell'illustrazione e della cartellonistica. Marcello scolpì una Pizia per il Palais Garnier. Le fam. sviz. di collezionisti d'arte, Bühler, Hahnloser e Reinhart acquistarono a Parigi i loro primi quadri (spec. gruppo dei nabis e impressionisti).
L'influenza franc. in Svizzera si manifestò tramite alcuni rifugiati politici che fondarono riviste o furono attivi nell'insegnamento (Ferdinand Buisson a Neuchâtel). Ai repubblicani e agli esiliati della Comune parigina (il più celebre fu il pittore Courbet) succedettero gli insegnanti congregazionalisti allontanati dalle leggi di Combes; alcuni di loro insegnarono a Friburgo. Anche se l'Univ. franc. fu poco accogliente nei confronti degli stranieri (la nazionalità franc. era obbligatoria), il sinologo Edouard Chavannes fu nominato al Collège de France. Pochi furono gli studenti franc. iscritti nelle Univ. elvetiche. In proporzione erano più numerosi i giovani sviz. che frequentavano un semestre in F., anche se era assai più diffuso il soggiorno in Germania.
Un altro punto d'incontro fu il protestantesimo. Numerosi pastori esercitarono il loro ministero nelle Chiese libere franc., insegnarono nelle scuole private, collaborarono a riviste, si impegnarono nella Soc. delle missioni di Parigi e si interessarono ai problemi sociali (i Pressensé, i Gasparin, i Monod).
XX secolo
Dal 1914 al 1945
Relazioni politiche
Il 4.8.1914 la Svizzera trasmise a tutti i belligeranti una dichiarazione di neutralità, che la F. riconobbe il 9 agosto. Sul piano militare, nel 1914 gli Svizzeri concentrarono alcune truppe nel Giura per impedire il passaggio dei Francesi. Nel 1915 e nel 1917 la F. prese in considerazione l'invasione della Svizzera (piano H), mentre nel 1916 Francesi e Svizzeri discussero un'alleanza difensiva in caso di violazione della neutralità da parte della Germania.
Malgrado il miglioramento delle relazioni alla vigilia della guerra, la questione delle zone franche alimentò un disagio che fu ulteriormente aggravato dalla germanofilia di buona parte dell'élite politica e militare elvetica e dalle voci su una possibile violazione della neutralità da parte della F. in caso di conflitto. Le autorità fed. cercarono di difendere la neutralità sviz. imponendo dal 1915 una rigida Censura e incoraggiarono le manifestazioni dello spirito elvetista per salvaguardare l'unità interna del Paese (Nuova società elvetica). Le divergenze di opinione crearono però un vero e proprio fossato morale tra le regioni linguistiche. I Romandi accusavano gli Svizzeri ted. di collusione con la Germania, mentre ai primi veniva rimproverata un'eccessiva francofilia. Queste visioni contrapposte diedero luogo a una demonizzazione reciproca attraverso gli organi di stampa e furono alimentate da alcuni episodi eclatanti (affare dei Colonnelli nel 1916).
La F. non vide di buon occhio la politica mediatrice venata di germanofilia promossa dalle autorità sviz. che, influenzata dal ministro a Parigi Charles Lardy, tendeva a sottovalutare la coesione e la determinazione franc. Berna attese che la vittoria alleata fosse evidente per riaccostarsi al suo vicino occidentale sul piano politico-militare, perseguendo in tal modo anche i propri interessi economici. Il fossato morale fu allargato ancor più dalle attività della propaganda straniera presente in Svizzera. Da parte franc. l'azione avvenne in un primo tempo attraverso canali privati, comitati laici o religiosi coordinati dal ministero degli affari esteri e sostenuti dal centinaio di soc. franc. presenti in Svizzera nel 1915, di cui una buona metà si trovava a Ginevra. Dal 1916 la Maison de la Presse française e il suo ufficio di Berna si sostituirono ai circuiti propagandistici animati fino a quel momento da uomini d'affari o intellettuali come Guy de Pourtalès e diffusero articoli nella stampa sviz., distribuirono opuscoli e volantini e aprirono librerie (per esempio a Zurigo). Parallelamente, una parte importante dell'intellighenzia franc. della sinistra pacifista si radunò in Svizzera romanda attorno a Romain Rolland e Jacques Rivière.
Dopo la guerra, le tensioni franco-sviz. si incentrarono dal 1919 attorno a due temi: la questione della libera navigazione sul Reno e il sistema delle zone franche dell'Alta Savoia e del Pays de Gex. Negoziatori alla Conferenza di pace, William Emmanuel Rappard e Gustave Ador invocarono gli ideali liberali e internazionalisti allora in voga per difendere l'accesso sviz. al mare attraverso il Reno e contrastare il progetto franc. di creazione di un canale laterale al fiume; l'ostinazione diplomatica elvetica, che si fondava sul rispetto delle convenzioni intern., costrinse la F. a scendere a patti. Riguardo le zone franche, la Svizzera intendeva barattare la rinuncia alla neutralità militare dell'Alta Savoia (abolita il 16.3.1928) con il mantenimento delle zone franche della regione ginevrina. La F. guidata dai governi di Georges Clemenceau e Raymond Poincaré era invece determinata a eliminare quelli che considerava relitti dei trattati del 1815. La disputa attraversò fasi successive di intesa e di compromesso, ma anche di viva tensione (blocco commerciale, soppressione unilaterale delle zone franche da parte della F. nel novembre 1923), per poi risolversi finalmente davanti alla Corte intern. di giustizia dell'Aia (7.6.1932), dove prevalsero le tesi sviz.
Nel clima di riconciliazione europea che fece da sfondo agli accordi di Locarno (1925), la Svizzera si confrontò con gli ideali pacifisti di Aristide Briand. La controversa realizzazione del futurista Padiglione sviz. della Città univ. di Parigi da parte di Le Corbusier (1933) fu vista come un simbolo di questo spirito di riconciliazione dei popoli attraverso l'incontro delle culture. La Svizzera vide indebolirsi la posizione della F. con la presa di potere di Hitler e la crescente importanza dell'Asse Roma-Berlino. Inquieta, si ripiegò su se stessa, anche se continuò a cercare una maggiore cooperazione militare con il vicino (colloqui a livello di Stato maggiore generale). L'arrivo al potere del Fronte popolare (1936-38) fu accolto con diffidenza: i resoconti critici del ginevrino Alphonse Dunant, ministro sviz. a Parigi dall'estate 1917, riflettevano il carattere sempre più anticomunista dell'opinione pubblica, influenzata dai seguaci dell'Action française che dominavano ideologicamente il campo intellettuale romando tra le due guerre. La polarizzazione politica che accompagnò lo scoppio della guerra di Spagna (1936), quindi il degrado del clima sociale oltre confine, fecero addirittura pensare a un'evacuazione della colonia sviz. in F. Questi timori, uniti a un sentimento di decadenza ampiamente strumentalizzato da chi, spec. in Svizzera romanda, desiderava vedere la F. risollevarsi secondo un modello fascista o autoritario, non ebbero però effetti importanti sul normale corso delle relazioni franco-sviz.
La Svizzera proclamò la mobilitazione parziale il 28.8.1939, seguita dalla mobilitazione generale del primo settembre; una seconda mobilitazione generale fu decretata nel maggio del 1940. Dall'estate del 1939 si intensificarono le negoziazioni segrete tra gli Stati maggiori franc. e sviz. per prevenire un'invasione della Svizzera da parte delle truppe del Reich. Elaborati in fretta e scoperti dai Tedeschi a La Charité-sur-Loire durante la campagna di F. (maggio-giugno 1940), questi piani mostrarono i loro limiti sia sul piano strategico sia su quello politico. Quando ca. 20 anni più tardi furono rivelati pubblicamente, si verificò un'importante crisi di fiducia in Svizzera. All'epoca dei fatti invece, l'opinione pubblica, soprattutto quella romanda, dovette incassare il colpo della sconfitta franc. La disillusione fu forte, tanto più che fino a quel momento la maggioranza era convinta della superiorità militare franc. Questo trauma e una cultura politica rispettosa dell'ordine costituito, a volte apertamente ispirata al pensiero di Charles Maurras, indussero la maggioranza dell'opinione pubblica e la Svizzera ufficiale, primo fra tutti il Consigliere fed. vodese Marcel Pilet-Golaz, ad approvare la politica di rinascita nazionale imposta dal governo di Vichy, almeno fino alla svolta del novembre del 1942. Soltanto allora il vassallaggio di Vichy nei confronti di Berlino divenne evidente agli occhi di tutti, anche se l'opinione pubblica non si convertì per questo al gollismo, ma fino al termine del 1943 continuò a preferire il patriottismo di un Henri Giraud. Rappresentante della Svizzera a Vichy fino all'estate del 1944, Walter Stucki vi difese anche gli interessi di altri Paesi e intrattenne relazioni privilegiate con il maresciallo Henri-Philippe Pétain, al quale agevolò il transito da Sigmaringen in F. attraverso la Svizzera (primavera del 1945). La Conf. si mostrò poco sollecita nel riconoscere il governo provvisorio della Repubblica franc.: nel giugno del 1944 l'ambasciatore collaborazionista Paul Morand era ancora ricevuto a Berna e la Svizzera attese la fine di ottobre per compiere questo passo, quasi due mesi dopo la rottura delle relazioni ufficiali con la F. di Vichy. Alla luce di questi fatti, l'attività della resistenza intellettuale che orbitava in Svizzera attorno all'Azione di resistenza nazionale, agli ambienti di sinistra della rivista Traits o a personalità cristiane vicine ai Cahiers du Rhône non sembra aver avuto grande influenza sulle sfere politico-diplomatiche.
Economia
Durante la prima guerra mondiale la Svizzera fu confrontata con la profonda diffidenza della F. che la sospettava di parteggiare per le potenze centrali. Numerose imprese elvetiche (Suchard, Maggi, Hoffmann-La Roche, Nestlé, fabbrica di conserve Lenzburg, Aluminium-Industrie AG) furono accusate di riesportare in Germania prodotti fabbricati grazie alle materie prime fornite dalla F. La fondazione della Società svizzera per la sorveglianza economica (SSS) (giugno 1915) stemperò le tensioni. Anche se entrambe le parti introdussero dei contingenti, l'enorme domanda di armi assicurò a numerose imprese sviz. importanti commesse. Le esportazioni passarono da 141,2 milioni di frs. (1914) a 467 milioni (1918). La bilancia commerciale si spostò nettamente a favore della Svizzera: mentre nel 1913 aveva ancora registrato un saldo negativo di oltre 206 milioni di frs., nel 1916 realizzò un saldo positivo di oltre 160 milioni e nel 1918 di oltre 180 milioni, senza contare il commercio clandestino.
La fine della guerra non portò a un rasserenamento delle relazioni economiche tra i due Paesi, anche se la Svizzera tornò ad essere il miglior cliente della F. Quest'ultima forniva materie prime (40% del totale delle proprie esportazioni), manufatti (40%) e derrate alimentari (20%), mentre acquistava dalla Svizzera manufatti (macchine, orologeria, prodotti chimici) per ca. il 75% del totale; il resto consisteva nella riesportazione di materie prime e di prodotti agricoli. Questa struttura aveva basi fragili, visto lo stato di perenne incertezza che regnava allora nel mondo economico. La vittoria del Cartello delle sinistre (1924) e la debolezza del franco franc. incoraggiarono la fuga di capitali franc. verso la Svizzera. Il movimento assunse proporzioni importanti che si confermarono nel 1936 con l'arrivo al potere del Fronte popolare.
La F. reagì con una politica protezionista che peggiorò i rapporti con la Svizzera. Per ben due volte denunciò il trattato commerciale del 1929 che avrebbe dovuto migliorare il clima venutosi a creare dopo la fine della guerra. Il suo ruolo di Paese esportatore le impedì ogni volta di realizzare le proprie intenzioni. La Svizzera reagì alla situazione di stallo con una politica commerciale e finanziaria molto dirigista verso l'estero: incoraggiò l'autarchia e limitò il commercio con la F. La diminuzione degli scambi commerciali fu chiaramente percepibile. Negli anni 1930-40 le importazioni franc. diminuirono della metà, mentre le esportazioni sviz. superarono di poco i 100 milioni di frs.
Dalla dichiarazione di guerra del settembre 1939 all'armistizio del giugno del 1940, le autorità franc. ebbero il timore che la Svizzera potesse prestarsi nuovamente al doppio gioco che avevano denunciato durante la prima guerra mondiale. Decisero quindi di proseguire le relazioni economiche con la Svizzera, a condizione che quest'ultima non riesportasse merci provenienti dalla F. verso Paesi nemici (War Trade Agreement del 25.4.1940). L'armistizio del giugno del 1940 ostacolò il normale corso degli scambi. Il loro volume si ridusse considerevolmente e l'accordo del 6.10.1942 non riuscì a contenerne il crollo. Tra il 1940 e il 1944 le esportazioni sviz. passarono da 112,1 milioni di frs. a 23,1 milioni e le importazioni dalla F. da 138,9 milioni a 28,2 milioni. Il commercio estero tra i due Paesi subì le conseguenze dell'aumento dei prelievi fiscali ted. in F. Preoccupata di fronte al rischio di insolvenza, la Svizzera decise di limitare le proprie esportazioni verso la F. con dei contingenti in maniera da riequilibrare la bilancia commerciale.
La Svizzera avviò negoziati con i gollisti a partire dal loro arrivo al potere nell'Africa del nord (all'inizio del 1943) per interessi diplomatici e per assicurarsi gli scambi commerciali con le colonie franc. I primi effetti della liberazione si fecero sentire nell'agosto del 1944, quando il governo provvisorio annunciò la rottura dell'accordo di clearing del novembre 1940. Si trattava di ridefinire l'insieme dei rapporti economici con la Svizzera che vide in questo atto il primo segnale di un ritorno a un ordine liberale.
Movimenti migratori
Le due guerre mondiali segnarono un cambiamento importante. Lo scoppio della prima guerra mondiale interruppe brutalmente l'ondata migratoria avviata dallo sviluppo economico dei decenni precedenti, ma generò al tempo stesso nuovi spostamenti. La neutralità proclamata dalla Svizzera provocò in particolare un afflusso di prigionieri franc. presi a carico dalla Croce Rossa e dall'ufficio per il rimpatrio dei prigionieri creato a Berna nel settembre 1914. Fino al termine del 1916 furono accolti in Svizzera ca. 8000-10'000 internati franc., in seguito altri 12'000-15'000. Ca. 10'000 prigionieri di guerra malati furono internati in un centinaio di campi, situati per lo più nell'arco alpino. Molti frequentarono corsi univ. che permisero loro di conseguire una formazione scientifica e di stringere contatti i cui effetti si sarebbero fatti sentire per tutto il sec.
Le incertezze del periodo tra le due guerre e le misure protezionistiche non favorirono la mobilità. Le variazioni congiunturali determinarono l'intensità degli scambi. Nel 1928 il numero degli Svizzeri residenti in F. raggiunse un massimo di 144'300 persone, per poi diminuire negli anni 1930-40 fino a un minimo di 95'300 persone nel 1938. La presenza franc. in Svizzera seguì la stessa evoluzione.
La seconda guerra mondiale produsse conseguenze identiche alla prima. Se l'afflusso degli internati franc. compensò i ritorni volontari, i rifugiati civili si aggiunsero rapidamente ai militari, che predominavano all'inizio della guerra. Quasi 30'000 soldati franc. furono internati tra il giugno del 1940 e il gennaio del 1941 e con loro ca. 7500 civili il cui arrivo suscitò le simpatie della pop., che si organizzò in comitati di accoglienza. Seguirono altre ondate di rifugiati, in particolare ebrei che fuggivano le persecuzioni (estate del 1942), persone originarie dell'Alsazia e della Lorena che cercavano di sottrarsi al servizio di lavoro obbligatorio (dal 1943), disertori o combattenti desiderosi di unirsi alla resistenza. Dal settembre del 1944 alla fine della guerra furono oltre 11'000 e costituirono un quarto del totale dei rifugiati. Il numero degli Svizzeri residenti in F., continuò invece a calare e si stabilizzò attorno a 80'000.
Relazioni culturali
I due conflitti mondiali costrinsero numerosi artisti e scrittori sviz. a far rientro in patria, a volte in maniera definitiva (come il cantante Gilles). In tempo di pace Parigi rimase invece per molti luogo di formazione o di lavoro (Hans Arp e sua moglie Sophie Taeuber-Arp, Alberto Giacometti).
In ambito letterario, la Revue de Genève (1920-30) riunì alcune tra le firme franc. più prestigiose, come Maurice Barrès, Marcel Proust, François Mauriac, Henry de Montherlant, Jean Giraudoux. Contrariamente alle generazioni precedenti, gli scrittori romandi rivendicarono un'identità propria rispetto alla F., anche dal punto di vista linguistico (Charles-Ferdinand Ramuz). Sul piano ideale, fece proseliti il neotomismo (il futuro cardinale Charles Journet); il personalismo e la corrente che si ispirava a Charles Maurras caratterizzarono il primo dopoguerra.
Alcuni Francesi insegnarono letteratura franc., ma anche medicina e scienze naturali nelle Univ. sviz. La facoltà di diritto di Losanna offrì una specializzazione in diritto franc. a partire dall'inizio del XX sec. Storici e archeologi si formarono talvolta nelle grandi scuole franc., come l'Ecole des chartes. Walther von Wartburg, cittadino solettese, dal 1922 diresse il Französisches Etymologisches Wörterbuch.
Dal 1945
Politica
Spazio neutrale propizio ai movimenti incrociati e alle lotte interne tra sostenitori di Vichy e resistenza, la Svizzera, prima accerchiata dall'Asse, poi prigioniera del suo attendismo, infine sottoposta alla pressione crescente degli Alleati, faticò a ristabilire la fiducia con la F. vittoriosa. Presente in Svizzera già dal 1942 grazie all'Ass. dei conferenzieri di lingua franc., il nuovo addetto culturale franc. Henri Guillemin si sforzò, unitamente all'ambasciatore gollista Henri Hoppenot, di neutralizzare i numerosi partigiani di Vichy che avevano trovato rifugio oltre confine. Da parte svizzera, l'azione di avvicinamento fu condotta da Carl Jacob Burckhardt, amico del nuovo capo della diplomazia sviz. Max Petitpierre, che abbandonò a malincuore la presidenza del CICR per assumere l'incarico di ministro plenipotenziario a Parigi a partire dall'estate 1945. Tra i delicati dossier da affrontare, vi furono l'epurazione dei collaborazionisti sviz. attivi in F. e le pendenze finanziarie legate all'internamento dei rifugiati. La politica restrittiva in materia d'asilo adottata dalla Svizzera in effetti non era consistita solo nel respingere numerosi rifugiati franc. e nell'ostacolare le attività in loro favore del Comitato franc. di liberazione nazionale, ma anche in un estremo rigore nel calcolo delle spese sostenute per l'internamento dei profughi franc.
Il Dip. politico fed. cercò di trasmettere al vicino franc. l'immagine di una Svizzera quale modello della democrazia, dal titolo di un'opera di André Siegfried (La Suisse démocratie-témoin, 1948). Sottolineò inoltre le affinità culturali nominando Bernard Barbey addetto stampa a Parigi nell'ottobre del 1945. Incaricato di controbilanciare la mancanza di attivismo di Pro Helvetia all'estero, Barbey si sforzò di dar seguito ai contatti culturali che durante il conflitto si erano intensificati nel settore editoriale, tra riviste o con lo scambio di conferenzieri. Successore di Burckhardt, Peter Anton von Salis assunse l'incarico dal 1949 al 1956. Assistette perplesso all'alternanza dei governi durante la Quarta Repubblica, si inquietò per lo spazio occupato dai comunisti nella vita politico-culturale franc. e avvertì subito il carattere inesorabile del processo di decolonizzazione appena avviato. Fu tenuto anche ad occuparsi dei casi frequenti e problematici di cittadini sviz. minorenni che si arruolavano nella Legione straniera. Le relazioni di vicinato si svilupparono con il regolamento delle questioni finanziarie e doganali e permisero una maggiore cooperazione nell'ambito delle comunicazioni ferroviarie e aeree (trattato sull'aeroporto di Basilea-Mulhouse nel 1949, convenzione sull'aeroporto di Ginevra nel 1956).
Il ritorno al potere di Charles de Gaulle e l'avvento della Quinta Repubblica non ebbe grande influenza sugli affari correnti, che proseguirono sotto il segno dell'intesa e del reciproco sviluppo economico, ma fu determinante per le grandi scelte di politica estera. Le reticenze franc. sullo sviluppo di una grande zona di libero scambio (novembre 1958), quindi il veto gollista all'adesione della Gran Bretagna al Mercato comune (gennaio 1963) incoraggiarono la prudente Svizzera a preferire la via dell'Associazione europea di libero scambio (AELS) piuttosto che perseguire la strada dell'integrazione europea (Unione europea). L'accelerazione della decolonizzazione permise alla Conf. di operare come mediatore nel conflitto algerino (preparazione degli accordi di Evian nel 1962). Sul piano interno, l'eccessivo timore di un sostegno franc. al separatismo giurassiano che dal 1965 cercava appoggi intern. frenò a lungo la partecipazione della Svizzera agli incontri della Francofonia organizzati dal 1970. La vistosa assenza del pres. della Conf., Hans Peter Tschudi, alle esequie del generale de Gaulle (1970) fu solo parzialmente compensata dalla presenza del presidente Ernst Brugger ai funerali di Georges Pompidou (1974). Essa fu l'espressione di un certo raffreddamento delle relazioni durante un decennio segnato dalle tensioni legate alla scelta di un nuovo aereo da combattimento (affare Mirage) e da una crisi acuta legata al problema dell'evasione fiscale (1980).
Conflitti di competenze tra cant. e Conf. apparvero anche con la cooperazione regionale transfrontaliera che si sviluppò lungo l'arco giurassiano e con i primi problemi di vicinato concernenti l'ecologia (inquinamento delle acque del Reno e del Lemano, minaccia nucleare a Crey-Malville).
L'arrivo al potere della sinistra nel 1981 inquietò la maggioranza borghese e gli ambienti economici sviz., tanto più che le questioni legate al segreto bancario e all'evasione fiscale rappresentavano un ostacolo per le relazioni bilaterali. Nel 1985 si giunse a un modus vivendi che nel maggio 1998 sfociò in un accordo di cooperazione di polizia, giudiziaria e doganale. Il clima si era nel frattempo disteso con la visita ufficiale di François Mitterrand in Svizzera (aprile 1983), la prima dal 1910, seguita da quella di Jacques Chirac (1998) e con l'intensificarsi degli scambi culturali grazie all'apertura da parte di Pro Helvetia del Centro culturale sviz. di Parigi (hôtel Poussepin, 1985). I contatti ufficiali tra i due Paesi si sono da allora focalizzati sulla questione dell'integrazione europea e delle relative ripercussioni bilaterali su trasporti, ambiente e cooperazione transfrontaliera. In materia di sicurezza i due Paesi hanno organizzato delle manovre comuni.
Economia
Il ritorno alla pace non si tradusse immediatamente in un ritorno alla prosperità. Anche se tornarono ad aumentare, gli scambi con la F. soffrirono fino all'inizio degli anni 1950-60 per il riadattamento dell'economia alla normalità. Per aiutare la ricostruzione della F., la Svizzera accordò il 22.3.1945 un credito di 250 milioni di frs., al quale ne sarebbero seguiti altri. Risparmiata dalla guerra, la Svizzera fu in grado di riprendere rapidamente le esportazioni di macchine e di prodotti chimici. La firma nel 1947 dell'Accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio (GATT) inaugurò una fase di liberalizzazione che produsse i suoi effetti sul commercio franco-sviz. negli anni 1950-60.
Lo sviluppo senza precedenti del secondo dopoguerra aumentò ulteriormente gli scambi commerciali; le importazioni dalla F. continuarono a prevalere sulle esportazioni sviz. L'istituzione del Mercato comune (1957) non modificò in sostanza le relazioni tra i due Paesi. Nel 1964 la F. divenne il secondo fornitore (dietro la Germania) con il 14,9% dell'insieme delle importazioni sviz. e il quarto acquirente con l'8,7%. Riferita al totale del commercio estero, la percentuale della F. nell'insieme delle importazioni della Svizzera tuttavia diminuì. Stimata al 10,2% nel 1953, passò al 7,6% nel 1970 malgrado un aumento di quasi 3000 milioni di frs. Grazie all'introduzione del Mercato comune, la F. dispose di un migliore accesso ai mercati europei. La medesima tendenza si verificò anche per quanto concerne le esportazioni sviz. verso la F., a causa della concorrenza dei membri del Mercato comune. Per sostenere le proprie esportazioni, la Svizzera partecipò con 26,2 milioni di frs. all'intervento intern. per risollevare la situazione economica della F., che all'inizio del 1958 si trovava sull'orlo della bancarotta.
La crisi strutturale degli anni 1970-80 e dell'inizio degli anni 1990-2000, invertì queste tendenze. L'aumento delle esportazioni sviz. risultò soprattutto dalla forte espansione dei prodotti farmaceutici e, in misura minore, del settore delle macchine. Negli anni 1990-2000 si è aggiunta la ripresa delle esportazioni orologiere, che dopo 20 anni di crisi registrarono un balzo spettacolare. L'attrattività della piazza finanziaria sviz. ebbe pure un forte impatto su numerosi risparmiatori e investitori franc. L'arrivo della sinistra al potere nel 1981 incoraggiò in particolare il trasferimento di fortune nel "paradiso fiscale" elvetico.
La Svizzera è rimasta un cliente di primo piano per la F. Riferita all'insieme delle importazioni sviz., la percentuale è passata dal 7,6% nel 1970 all'11,1% nel 1990, per poi stabilizzarsi a poco più del 10% dal 1997 (10,2% nel 2000 e 10,8% nel 2003). I prodotti agricoli assicuravano nel 1990 il 12,3% delle vendite totali, mentre i prodotti manufatti o semi-manufatti (veicoli e prodotti chimici), in calo tra 1970 e 1990, si sono risollevati negli anni successivi. Il rifiuto della Svizzera di entrare nell'Unione europea non ha danneggiato le relazioni commerciali con uno dei suoi membri più importanti.
Dal 1945 il quadro istituzionale si è notevolmente rafforzato. Oltre all'azione della Camera di commercio sviz. in F. e della Camera economica Francia-Svizzera, già attive tra le due guerre, le iniziative furono favorite sul piano diplomatico grazie alle collaborazioni transfrontaliere in materia di ricerca e sviluppo avviate principalmente negli anni 1980-90. I progetti europei sviluppati nel quadro di COST (Cooperazione europea nel campo della ricerca scientifica e tecnica), dell'Agenzia spaziale europea e le convenzioni di cooperazione regionale (Comunità di lavoro del Giura nel 1985, Interreg dal 1990) hanno rafforzato le relazioni economiche e scientifiche tra i due Paesi e favorito la creazione di imprese franco-sviz. e la collaborazione tra Univ. In questa prospettiva, l'incremento delle partecipazioni franc. o sviz. in soc. dell'altro Paese ha seguito logiche economiche e finanziarie che rispondono essenzialmente agli effetti della mondializzazione.
Movimenti migratori
La ripresa economica del dopoguerra rimise in moto le correnti migratorie interrotte dal conflitto mondiale. In cifre assolute il numero di Svizzeri domiciliati in F. diminuì sensibilmente: 70'000 persone nel 1950, 32'000 nel 1970 e 25'000 nel 1980; l'evoluzione successiva oscillò attorno a questa cifra. Tale erosione fu compensata dall'aumento delle persone titolari della doppia nazionalità: 56'000 vivevano in F. nel 1966, oltre 100'000 dopo il 1990. Questo status giur. stabilizzò la pop., meno propensa a rientrare in Svizzera durante gli scompensi congiunturali del 1973 e degli anni 1980-90. Ciò rispecchia l'aumento degli scambi, che hanno portato a un maggiore numero di matrimoni misti. I figli nati da queste unioni hanno anch'essi reclamato uno statuto giur. che potesse a suo tempo rivelarsi vantaggioso sul piano professionale.
Il numero dei Francesi residenti in Svizzera seguì un'evoluzione più contrastata. L'aumento fu continuo durante il periodo di alta congiuntura (più di 30'000 persone all'inizio degli anni 1960-70, quasi 54'000 nel 1973). Dopo un periodo di stabilizzazione negli anni 1980-90 (ca. 47'000 persone), la crescita è ripresa a partire dal 1990. Nel 2000 si contavano ca. 61'000 Francesi in Svizzera. Sul piano economico, il reclutamento di Frontalieri a partire dagli anni 1960-70 ha assicurato a numerose imprese sviz. una manodopera qualificata e relativamente a buon mercato. Tra il 1978 e il 2000, il numero di frontalieri franc. è raddoppiato, passando da poco meno di 38'000 a oltre 79'000. Se Ginevra attrae un numero importante di quadri, impiegati soprattutto nei servizi, nelle organizzazioni intern. e nelle imprese multinazionali, l'arco giurassiano richiama un flusso importante di lavoratori attivi nelle imprese orologiere e metallurgiche dei cant. Neuchâtel, Vaud e Giura, mentre l'industria chimica basilese occupa lavoratori provenienti dall'Alsazia. I vantaggi salariali di cui beneficiava questa manodopera hanno suscitato numerose recriminazioni sia in Svizzera sia in F. Diversi trattati bilaterali hanno definito lo statuto giur. e fiscale dei frontalieri, in particolare gli accordi del 1958 e del 1983.
Relazioni culturali
Dalla fondazione di Pro Helvetia, le relazioni culturali si sono ampiamente istituzionalizzate. Gli scambi univ. sono stati regolati a livello bilaterale, e poi europeo (programma Erasmus dal 2001). I professori sviz. che insegnano negli atenei franc. senza essere naturalizzati sono un'eccezione (Jean Ziegler alla Sorbona, Denis Knoepfler al Collège de France). L'Alliance française, fondata nel 1883 a Parigi, contava nel 2004 dieci gruppi in Svizzera (corsi di franc., conferenze, ecc.).
Più che in passato la F. si è aperta alle letterature straniere: Friedrich Dürrenmatt, Max Frisch, Paul Nizon e Fritz Zorn sono stati tradotti in franc. e Jacques Chessex ha ricevuto nel 1973 il premio Goncourt. I dizionari linguistici registrano anche i termini di uso regionale. Esistono diverse collaborazioni in ambito televisivo. Nell'architettura e nelle belle arti i nomi di Le Corbusier, Eva Aeppli, Jean Tinguely, Daniel Spörri e Bernard Tschumi hanno acquisito fama oltre confine. In senso inverso, Jean Nouvel è stato chiamato a Lucerna (Centro culturale e congressuale, 1999) e ha lavorato per Expo.02 (monolite di Morat).
Malgrado i legami secolari tra i due Paesi, la Svizzera rimane per la F. un Paese complesso, a volte incomprensibile (le sue istituzioni e il multiculturalismo), criticato per il segreto bancario e schernito per le sue stupefacenti particolarità.
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