Cantone della Confederazione dal 1815, il cui nome ufficiale è Repubblica e Cantone di Ginevra, succedette alla Signoria e Repubblica di Ginevra (1534-1798). Il territorio dell'attuale cantone (45 comuni nel 2005) comprende una parte dell'antico principato vescovile di Ginevra (la città e i suoi dintorni, le castellanie o mandements di Jussy e Peney), i possedimenti del priorato di S. Vittore e del capitolo cattedrale e, dal 1815 e 1816, le communes réunies, cedute dalla Francia e dal regno di Sardegna al nuovo cantone. Dal 1798 al 1813 Ginevra fece parte del Dipartimento francese del Lemano. La lingua ufficiale è il francese. In francese Genève, in tedesco Genf, in romancio Genevra. Il capoluogo è Ginevra.
Stemma del canton Ginevra, versione del 1984
[…]
Carta oro-idrografica del canton Ginevra con le principali località
[…]
Il cantone di Ginevra è situato all'estremità sud occidentale del Lemano in un avvallamento attraversato dal Rodano e dall'Arve. Il bacino ginevrino è delimitato a nord dal Giura, a est dal lago e dalle Voirons, a sud dal massiccio del Salève e a ovest dal Mont Vuache e dalla chiusa valliva di Fort de l'Ecluse; i confini cantonali non seguono tuttavia questa frontiera «naturale» e sono essenzialmente di natura politica. Cantone di frontiera, Ginevra ha 103 km di confine in comune con la Francia (Dipartimenti Ain e Alta Savoia), mentre quello con la Svizzera (canton Vaud) misura solo 4,5 km. Con un'estensione pari a soli 282 km2 circa, la superficie del cantone coincide di fatto con l'agglomerato urbano ginevrino.
Struttura dell'utilizzo del suolo nel canton Ginevra
Superficie (1992)
282,2 km2
Foresta / Superficie boscata
38,8 km2
13,8%
Superficie agricola utile
117,2 km2
41,5%
Superficie con insediamenti
85,3 km2
30,2%
Superficie improduttiva
40,9 km2
14,5%
Struttura dell'utilizzo del suolo nel canton Ginevra - Statistica della superficie
Struttura demografica ed economica del canton Ginevra
Anno
1850
1880a
1900
1950
1970
2000
Abitanti
64 146
99 712
132 609
202 918
331 599
413 673
Percentuale rispetto alla popolazione totale svizzera
2,7%
3,5%
4,0%
4,3%
5,3%
5,7%
Lingua
francese
86 414
109 741
157 372
216 775
313 485
tedesco
11 500
13 343
27 575
36 226
16 259
italiano
2 199
7 345
10 759
36 274
15 191
romancio
50
89
218
304
229
altre
1 432
2 091
6 994
42 020
68 509
Religione, confessione
protestanti
34 212
48 359
62 400
102 625
125 769
72 138
cattolicib
29 764
51 557
67 162
85 856
177 067
163 197
cattolico-cristiani
1 298
876
610
altri
170
1 679
3 047
13 139
27 887
177 728
di cui della comunità ebraica
170
662
1 119
2 897
4 321
4 356
di cui delle comunità islamiche
1 436
17 762
di cui senza confessionec
11 370
93 634
Nazionalità
svizzeri
49 004
63 688
79 965
167 726
219 780
256 179
stranieri
15 142
36 024
52 644
35 192
111 819
157 494
Anno
1905
1939
1965
1995
2001
Occupati nel cantone
settore primario
8 901
7 477
2 936
3 157d
2 968d
settore secondario
26 444
32 424
59 305
41 010
39 261
settore terziario
22 314
30 203
83 088
181 503
196 763
Anno
1965
1975
1985
1995
2001
Percentuale rispetto al reddito nazionale svizzero
6,4%
6,7%
7,4%
6,3%
6,2%
a Abitanti e nazionalità: popolazione residente; lingua e religione: popolazione «presente».
b Compresi i cattolico-cristiani nel 1880 e nel 1900; dal 1950 cattolico-romani.
c Non appartenenti ad alcuna confessione o altra comunità religiosa.
d Censimenti delle aziende agricole 1996 e 2000.
Struttura demografica ed economica del canton Ginevra - Censimenti federali; Historische Statistik der Schweiz; Ufficio federale di statistica
Autrice/Autore:
Jean Terrier
Traduzione:
Chiara Orelli Vassere
Analogamente al resto del territorio svizzero, anche la Preistoria del canton Ginevra è stata ampiamente influenzata dall'azione dei ghiacciai, che hanno impedito qualsiasi insediamento umano durante la maggior parte del Paleolitico superiore e in generale hanno cancellato le tracce di insediamenti più antichi. Le prime testimonianze che attestano la presenza di cacciatori (caccia) nella regione sono le stazioni maddaleniane di Veyrier, scoperte nel 1833 e situate in territorio oggi francese (Etrembières). Questi siti occupano un vasto promontorio, allo stato attuale in gran parte distrutto dallo sfruttamento delle cave poste ai piedi del massiccio del Salève. Si tratta di un'area in cui sono disseminati numerosi blocchi rocciosi provocati dallo smottamento delle falesie e che offrirono riparo ai primi accampamenti di cacciatori di renne, installatisi nella zona attorno al 13'000 a.C. Il gruppo di Veyrier, del tardo Maddaleniano, è celebre per le sue punte di zagaglia in corno di renna, le raffigurazioni di animali e gli utensili litici.
Per i millenni successivi non vi sono ritrovamenti archeologici nel cantone. Solo con la colonizzazione di Saint-Gervais (comune Ginevra), attorno al 4000 a.C., compaiono le prime tracce archeologiche che attestano la presenza di una comunità di agricoltori e allevatori (agricoltura, allevamento), in probabile relazione con i loro vicini a sud, nella valle del Rodano.
Dall'inizio del quarto millennio, le numerose stazioni palafitticole conservate permettono di avere una visione chiara del popolamento della regione rivierasca, mentre a tutt'oggi non ha potuto essere studiata alcuna testimonianza di insediamento o di sepoltura sulla terraferma. A Corsier-Port, villaggio attribuito al Neolitico medio, l'analisi scientifica ha messo in rilievo uno strato archeologico ben conservato e databile, grazie alla dendrocronologia, al 3856 a.C. L'analisi delle vestigia ha permesso di ricostruire il quadro di una popolazione di agricoltori che coltivavano il grano (farro, farro piccolo), l'orzo e il miglio, praticavano l'allevamento di bovini, suini, ovini e capre, la caccia, la pesca e l'economia di raccolta. La civiltà cui fanno riferimento gli oggetti rinvenuti nel sito è molto vicina al Cortaillod classico.
Il Neolitico recente è di più difficile individuazione, dato che questo periodo è attestato soprattutto da ritrovamenti di materiale litico lavorato nella silice o in ofioliti. Numerose stazioni lacustri hanno fornito questo tipo di utensili; tra di esse, la stazione di Anières, in cui è stata rinvenuta una serie di pali datati del terzo millennio a.C. All'epoca, gli influssi culturali provenivano probabilmente dal Giura francese, dalla val d'Isère o dalla parte inferiore della valle del Rodano.
Il Bronzo antico è attestato da ritrovamenti effettuati in diversi siti la cui datazione non ha ancora potuto essere precisata, a differenza dell'ultima fase di occupazione delle rive lacustri, attribuibile al Bronzo finale. Quest'ultima tappa rappresenta il momento di massima estensione del tipo insediativo litorale; la maggior parte dei siti di precedente datazione furono nuovamente occupati proprio durante questo periodo, che si estende dall'XI al IX secolo a.C. La densità del popolamento di allora è messa in evidenza dall'abbondanza del materiale archeologico venuto alla luce nel XIX secolo e attualmente conservato nelle collezioni dei musei. Il ritrovamento in località Parc de La Grange (comune Ginevra) di un edificio della medesima epoca, costruito sulla terraferma e situato nei pressi dell'antica riva, ricorda l'esistenza di siti su terraferma complementari alle stazioni litorali. Queste ultime furono abbandonate definitivamente nel IX secolo; la datazione più tarda viene dal sito di Collonge-Bellerive, dove i pali utilizzati per le costruzioni provenivano da alberi abbattuti nell'880 a.C.
Le vestigia protostoriche al di fuori della città attuale (dove si trovava l'oppidum di Genua) sono molto rare. Solo la scoperta di un campo trincerato associato a un tumulo, datato all'800-600 a.C., suggerisce l'esistenza di un rifugio localizzabile nel bosco di Versoix. La scoperta al centro del villaggio di Vandœuvres di un focolare risalente al periodo tra il 550 e il 400 a.C. è un'ulteriore testimonianza di un insediamento umano. Vanno infine menzionati alcuni oggetti provenienti dalle sepolture di La Tène antica e media rinvenuti a Corsier, Meyrin o Chêne-Bourg; si tratta di materiali che appartengono alla civiltà dei Celti da cui derivarono le popolazioni degli Elvezi e degli Allobrogi che abitavano il territorio ginevrino quando questo venne integrato nell'Impero romano.
Epoca galloromana
Autrice/Autore:
Jean Terrier
Traduzione:
Chiara Orelli Vassere
Nel 122-121 a.C. la riva sinistra del Rodano venne unita alla provincia romana della Gallia transalpina, che sotto Augusto prese il nome di Gallia Narbonensis. Da allora il Rodano segnò il confine tra le tribù degli Allobrogi, caduti sotto la dominazione romana, e il territorio degli Elvezi, che si estendeva a nord dell'arco lemanico. La collina su cui sorge oggi la cattedrale di S. Pietro reca le prime tracce di presenza umana e corrisponde all'antico oppidum di Genua.
È difficile valutare la densità di insediamento nel territorio della campagna ginevrina a quest'epoca; tuttavia, essa sembra essere stata assai elevata se si guarda al materiale ceramico risalente al periodo finale dell'epoca di La Tène e rinvenuto in numerosi siti distribuiti su entrambe le rive del Rodano (ceramica). In alcuni casi, solo alcuni frammenti di recipienti rivelano una presenza umana; a Vandœuvres, Meinier o al Parc de La Grange un elevato numero di strutture cave – fossati, buchi di pali, canali – testimonia invece la volontà di strutturare lo spazio, poi occupato da costruzioni in legno e terra. Le tombe risalenti a questo periodo sono rare e non è stata portata alla luce nessuna necropoli.
Nel 58 a.C. Cesare e le sue legioni arrivarono a Ginevra per demolire il ponte sul Rodano e fortificare la riva sinistra del fiume. Nel corso delle indagini effettuate in anni recenti non sono emerse tracce che facciano riferimento a questo apparato difensivo lungo il fiume; nessuna informazione complementare sull'episodio è giunta dagli strati archeologici studiati nel centro storico. Ginevra era all'epoca un vicus che continuava a fare parte, sul piano amministrativo, della provincia della Gallia transalpina e che dipendeva, dal 31 a.C., dalla colonia di Vienne(Colonia Iulia Vienna). La riva destra era invece ormai sottoposta all'autorità della nuova colonia di Nyon, la Colonia Iulia Equestris, fondata da Cesare o da uno dei suoi luogotenenti tra il 46 e il 44 a.C.
A partire dal regno di Tiberio (14-37 d.C.) la presenza romana è riconoscibile nell'architettura degli edifici sia della città sia della campagna (romanizzazione). La città antica era a quell'epoca attorniata da grandi proprietà terriere; le villae, ad esempio al Parc de La Grange o a Vandœuvres, erano edificate in muratura secondo programmi costruttivi derivanti direttamente dalla tradizione mediterranea. Queste costruzioni erano distribuite lungo le strade che partivano dal centro cittadino e si dirigevano verso Nyon, Thonon, Annecy, Vienne o Lione, per citare solo le arterie principali. La densità particolarmente elevata degli insediamenti rurali nella regione ginevrina si spiega con la forza di attrazione esercitata dal suo agglomerato, che beneficiava di una posizione privilegiata essendo situato su un asse commerciale che univa il nord dell'Europa al Mediterraneo. Un acquedotto (un suo troncone è stato rinvenuto sul territorio del comune di Thônex) forniva l'acqua alla città.
I primi due secoli dell'era cristiana furono un periodo di relativa stabilità, caratterizzato dalla manutenzione regolare delle costruzioni realizzate in precedenza. Il III secolo, contraddistinto da gravi disordini politici e sociali e dai danni derivanti dalle incursioni degli Alemanni nell'Altopiano svizzero, si concluse nonostante ciò con un periodo favorevole allo sviluppo della regione. Il vicus fu infatti elevato al rango di città (civitas Genavensium) probabilmente nell'ultimo terzo del III secolo, ottenendo di conseguenza uno statuto privilegiato nella riorganizzazione dell'Impero secondo l'impronta riformatrice di Diocleziano (tetrarchia). Nei secoli successivi diversi grandi possedimenti terrieri (ad esempio le villae di Parc de La Grange e di Vandœuvres) furono toccati da cambiamenti più importanti. Si realizzarono inoltre nuovi insediamenti a maggiore distanza dalla città, come a Satigny, dove venne creata una villa tardoantica, e a Sézegnin, dove venne avviata una struttura agricola su un terreno fino ad allora incolto, ciò che attesta lo sfruttamento di nuovi territori avvenuto nel corso del IV secolo.
Dalla fine del IV secolo il cristianesimo segnò in modo incisivo la città. Ginevra fu elevata al rango di città episcopale (cristianizzazione): una promozione che sottolineò ancora una volta la posizione privilegiata della città sullo scacchiere politico. Secondo alcuni autori, la città fu così posta alla testa di una vasta diocesi che inglobava non solo l'antica colonia di Nyon, ma anche quella degli Elvezi (diocesi di Ginevra). Questa circoscrizione amministrativa potrebbe corrispondere alla Sapaudia, in cui nel 443 si stabilirono i Burgundi.
Alto Medioevo
Autrice/Autore:
Jean Terrier
Traduzione:
Chiara Orelli Vassere
Nel 443 Ginevra divenne la prima capitale del regno dei Burgundi. Questo prestigioso statuto produsse certamente nelle istituzioni locali importanti cambiamenti che comportarono, tra l'altro, la realizzazione di un imponente programma architettonico al centro della città episcopale. Per quanto riguarda invece l'evoluzione della popolazione, lo scavo delle necropoli coeve non ha messo in evidenza alcun apporto significativo di nuove popolazioni per questo periodo: di fatto, solo alcuni teschi deformati intenzionalmente potrebbero essere attribuiti a usanze legate all'arrivo dei Burgundi.
Nelle campagne, le strutture create durante l'alto Impero mostrano tracce di occupazione contemporanea; le costruzioni tradizionali, su pali in legno, sostituirono progressivamente l'architettura in muratura nell'abitato rurale. Le vestigia lasciate da questo tipo di costruzione sono particolarmente fragili e molto difficili da portare alla luce; i pochi ritrovamenti effettuati in questo specifico campo hanno perciò permesso una visione solo parziale della realtà. La situazione è diversa per le chiese rurali distribuite sul territorio cantonale, molte delle quali sono state studiate. Tra l'importante serie di edifici religiosi oggetto di scavi (ad esempio a Commugny e Satigny), solo nel caso di Vandœuvres e di Saint-Julien-en-Genevois (comune alla frontiera con l'Alta Savoia) si è in presenza di una fase così antica per cui un primo santuario cristiano è attestato già dal V secolo.
Necropoli del basso Impero a Sézegnin (comune di Avusy), in uso fino al VII secolo. Fotografia di Jean Baptiste Sevette, 1976 (Service cantonal d'archéologie Genève).
A partire dal 534 e fino alla fine del IX secolo Ginevra fu posta sotto la dominazione dei Franchi, dapprima con la dinastia dei Merovingi, poi con quella dei Carolingi. I documenti scritti e che riguardano la storia locale sono rarissimi per quest'epoca, conosciuta soprattutto grazie all'archeologia. Come era avvenuto in precedenza con l'insediamento dei Burgundi, anche la conquista da parte dei Franchi non fu all'origine di un ingresso massiccio di nuove popolazioni sul territorio ginevrino; pochi oggetti appartenenti a questa cultura sono stati ritrovati nelle tombe dell'epoca e unicamente la tradizione di seppellire i morti in tombe a lastre di molassa potrebbe essere ricondotta a un'innovazione dei Franchi. Lo studio dell'evoluzione del cimitero di Sézegnin, nella campagna ginevrina, ha mostrato come la popolazione sia rimasta stabile in ogni caso fino all'VIII secolo.
A partire dal VI secolo la cristianizzazione dello spazio rurale si rafforzò attraverso la fondazione di nuove chiese funerarie. Benché sia prematuro fare riferimento a un tessuto parrocchiale per un periodo così remoto, non si può misconoscere la presenza di numerosi luoghi di culto che rivelano la volontà delle comunità di riunirsi in centri religiosi intimamente legati alle pratiche funerarie cristiane. Occorrerà tuttavia attendere la seconda ondata di costruzione di chiese, a partire dal IX-X secolo, per vedere realizzata in forma praticamente definitiva la rete parrocchiale medievale che diede la sua impronta al paesaggio rurale (parrocchia). Le necropoli isolate nelle campagne vennero abbandonate a vantaggio dei cimiteri raccolti attorno alle chiese, che divennero il centro dei villaggi. Gli insediamenti sparsi posti lungo gli assi di comunicazione diedero invece origine alle numerose frazioni caratteristiche della campagna ginevrina.
Nell'888 Ginevra fu integrata nel secondo regno di Borgogna, dopo lo smembramento dell'Impero costituito da Carlomagno circa un secolo prima. L'ultimo re di Borgogna morì nel 1032 e lasciò i suoi possedimenti a Corrado II, imperatore del Sacro Romano Impero. Da allora Ginevra dipese dalla nuova potenza. Dato che il sovrano imperiale era distante, furono di fatto i signori locali che si contesero il potere reale: il vescovo sulla città e alcuni signori laici sulla campagna. Dall'XI secolo la famiglia dei conti di Ginevra ebbe un ruolo di primo piano in questa lotta per il potere durante la quale vennero costruiti i primi siti fortificati medievali nella forma di colline artificiali di terra riportata (motte) poste in località strategiche.
La storia politica dal Medioevo alla fine del XVIII secolo
Da quando si hanno a disposizione fonti scritte, vale a dire dall'XI secolo, è possibile rilevare come i villaggi della regione ginevrina siano appartenuti a diversi signori, i più importanti dei quali furono i conti di Ginevra, i signori de Gex, i de Faucigny, i conti di Maurienne-Savoia, il vescovo di Ginevra, il capitolo di S. Pietro e alcuni monasteri, in particolare il priorato cluniacense di S. Vittore.
Oltre che della città di Ginevra e dei suoi sobborghi, dal XII secolo il vescovo fu signore anche delle terre presto denominate castellanie (mandements). Due di esse, quelle di Peney e di Jussy, sono situate nell'attuale cantone di Ginevra, la terza, quella di Thiez (o territorio di Sallaz, a est di Annemasse) si trova invece nell'odierno Dipartimento francese dell'Alta Savoia. Diversi di questi beni erano appartenuti in precedenza a vari conventi (S. Giovanni, priorato di Satigny, abbazia di Nantua) e in origine furono amministrati da visdomini. Il vescovo Aymon de Grandson (1215-1260) riorganizzò la mensa vescovile e fece costruire le fortezze di Thiez, Peney e Jussy, affidandole a castellani incaricati sia della loro difesa sia dell'amministrazione della castellania.
Grazie a consistenti donazioni dei re di Borgogna, di alcuni vescovi e di alcuni signori laici, in particolare dei conti di Ginevra, S. Vittore fu uno dei più ricchi signori del bacino ginevrino. Tra il 1260 e il 1304 i conti riconobbero al priorato tutti i diritti signorili (a eccezione dell'alta giustizia) su 20 villaggi situati tra il Mont-de-Sion, l'Arve, il Rodano e il massiccio del Salève. Il priorato deteneva inoltre i diritti di patronato su 35 chiese parrocchiali della diocesi di Ginevra. Il capitolo cattedrale era anch'esso un importante signore feudale: nel 1295, il conte di Ginevra gli riconobbe la signoria su 24 villaggi nello Chablais, nel Genevois e nel Pays de Gex, sempre eccettuata l'alta giustizia. Il capitolo aveva inoltre il diritto di patronato su 34 parrocchiali e il diritto di percepire benefici da una cinquantina di parrocchie. Nel corso del XV secolo il duca di Savoia, subentrato ai conti di Ginevra, ridimensionò progressivamente i diritti delle due istituzioni, levando loro alcune entrate e attribuendosi il diritto di grazia e di alta giustizia.
Gli abitanti della campagna, sudditi del vescovo, al capitolo o al priorato di S. Vittore, non beneficiavano dei diritti accordati agli abitanti della città con la carta di franchigia del 1387. I regolamenti di polizia promulgati nel 1469 dal vescovo Gianluigi di Savoia per gli abitanti dei mandements non possono infatti essere definiti come carte di franchigia; le loro istituzioni comunitarie erano ridotte ad alcune associazioni di parrocchie. I territori soggetti a S. Vittore seguivano gli usi giuridici (coutume) della contea di Ginevra (consuetudini). Tuttavia, dalla metà del XIV secolo in alcuni villaggi del priorato vi furono comunità di abitanti che si definivano soprattutto per le corvée da prestare in comune nella riserva signorile, in cambio di un bosco o un terreno da pascolo (diritto di libero pascolo) o da ghiandatico. Le condizioni dei contadini sono descritte nei registri feudali o negli inventari di beni: alcuni erano servi della gleba (hommes-liges) e tenuti al pagamento di un censo; altri erano uomini liberi e pure tenuti al medesimo pagamento; altri ancora erano liberi senza vincoli censuari. Nei territori soggetti al vescovo, i doveri militari degli uni e degli altri erano descritti nei dettagli: nel mandement di Peney, ad esempio, ogni fuoco doveva fornire un uomo, chiamato client e munito del suo equipaggiamento militare, a semplice richiesta del castellano; a sue spese doveva poi fornire soldati per la milizia all'interno della castellania, mentre quella che operava all'esterno era a carico del vescovo. Gli abitanti dei villaggi dovevano assicurare la protezione della fortezza e del borgo; a Jussy solo gli abitanti che erano sottoposti al pagamento della taglia erano tenuti a partecipare ai lavori di fortificazione, in particolare erigendo palizzate davanti ai fossati.
Nei villaggi che dipendevano dal capitolo o da S. Vittore, i diritti di giustizia erano divisi tra il signore ecclesiastico e il conte di Ginevra: mentre il primo aveva il diritto di pronunciare il giudizio e di condannare a morte o alla mutilazione, era il secondo, cioè un principe laico, che per ragioni canoniche doveva dare esecuzione alle condanne. Ciò gli conferiva di fatto un diritto di grazia, che si trasformò poi in diritto di giudicare in appello. Questa situazione si mantenne inalterata anche dopo la Riforma e la secolarizzazione dei beni di queste signorie a vantaggio della città di Ginevra, che però non ebbe, su questi territori rimasti molto frammentati, che i diritti di bassa giustizia, mentre quelli di alta giustizia e di giudizio in appello furono appannaggio della città di Berna e poi (dopo il 1564/1567) del duca di Savoia.
Pagina iniziale di un documento di riconoscimento di proprietà in favore del capitolo cattedrale di S. Pietro, 1497 (Archives d'Etat de Genève, Titres et droits Ca 33).[…]
Anche la situazione militare di questi villaggi fu all'origine di contestazioni. Nel 1295 e 1336, ad esempio, due trattati tra il conte di Ginevra e il capitolo precisarono il concetto di «difesa comune della patria». Nonostante l'alta e la bassa giustizia su questi villaggi appartenessero al capitolo, il conte aveva il diritto di arruolare truppe all'interno della contea per difendere le sue fortezze se i villaggi erano assediati da un signore; nei villaggi del priorato di S. Vittore, invece, secondo un accordo del 1302 tra il priore e il conte, solo il primo aveva diritto di arruolare soldati a cavallo per difendere i propri possedimenti.
Dopo il trattato di comborghesia con Berna e Friburgo (1526), che emancipò i Ginevrini dal vescovo, ma soprattutto dopo la cosiddetta guerra del Cucchiaio (1530, confraternita del Cucchiaio) e la liberazione (gennaio-febbraio 1536) della città assediata dai partigiani del vescovo e dei duchi di Savoia grazie all'intervento delle truppe bernesi, i villaggi nei dintorni di Ginevra passarono nelle mani della città. La Repubblica (o Signoria) di Ginevra succedette al vescovo Pierre de La Baume, che abbandonò la città ancora prima dell'adozione della Riforma da parte del Consiglio. La Signoria creò delle castellanie negli antichi mandements vescovili, ad esempio a Gaillard, fino ad allora proprietà del duca di Savoia, e nei villaggi che dipendevano da S. Vittore e dal capitolo, imponendovi la Riforma e scontrandosi per questa ragione con una forte opposizione politica e religiosa di Berna, che si era annessa una parte dei possedimenti di Carlo III di Savoia.
Nella primavera del 1536, il territorio che forma l'attuale cantone era dunque diviso tra la Signoria di Ginevra e Berna, che aveva conquistato il Pays de Gex e una piccola parte del Genevois e che cercava senza successo di ottenere il riconoscimento della sua sovranità sulla città. Ginevra dovette comunque cedere a Berna il mandement di Gaillard e la signoria di Bellerive, sottoscrivendo il 7 agosto 1536 un trattato detto perpetuo e rinnovando la comborghesia del 1526. Le relazioni tra Ginevra e Berna rimasero tese, dal momento che le due città si contendevano i diritti di giurisdizione sulle terre del priorato di S. Vittore e del capitolo di S. Pietro. Un primo trattato, concluso nel 1539 e fortemente sfavorevole a Ginevra, portò a una grave crisi interna (Articulans). La questione fu regolata nel 1544 con il recesso di Basilea, che confermò a Ginevra i diritti d'uso e quelli di bassa giustizia sui territori in questione. Nel 1538 Berna cedette a Ginevra Le Petit-Saconnex e alcune altre terre che permisero di estendere la periferia della città sulla riva destra del lago e verso Cologny e Chêne (Chêne-Bougeries, Chêne-Bourg). Questa periferia e il sobborgo di Saint-Gervais, il solo a non essere raso al suolo nel 1530 per ragioni di sicurezza, costituiscono la zona detta dei beni liberi (les Franchises). Nel 1539 Ginevra dovette rinunciare al mandement di Thiez a favore della Francia, che a sua volta lo restituì ai Nemours, ramo cadetto dei Savoia. Il territorio della Signoria si compose da allora e fino ai trattati del 1749 e del 1754 della città, delle Franchises, dei mandements e dei diritti di giurisdizione sui territori di S. Vittore e del capitolo.
Partenza delle truppe zurighesi inviate nel 1586 per la difesa di Ginevra. Disegno a penna acquerellato incollato in uno dei 24 volumi manoscritti della cronaca del canonicoJohann Jakob Wick (Zentralbibliothek Zürich, Handschriftenabteilung, Wickiana, Ms. F 34, fol. 239r).
[…]
Attaccato contemporaneamente da Berna e dalla Francia, il duca Carlo III di Savoia aveva perso nel 1536 la quasi totalità dei suoi Stati. Fu solo nel 1559, con i trattati di Cateau-Cambrésis, che suo figlio Emanuele Filiberto ottenne la restituzione di parte dei suoi possedimenti. Con il trattato di Losanna (1564) Berna restituì il Pays de Gex e i villaggi del Genevois, operazione portata a termine nel 1567. La Signoria si trovò nuovamente accerchiata dalla casa Savoia, ma Emanuele Filiberto si concentrò sulla modernizzazione dei suoi Stati e rinunciò ad attaccare Ginevra. Nel 1570 gli scambi economici tra Ginevra e il territori del duca furono facilitati dalla firma di un accordo, il cosiddetto modus vivendi, e nel 1579 Berna ottenne dal re di Francia Enrico III e da Soletta un trattato di protezione che garantiva la sicurezza di Ginevra (trattato di Soletta). Fallirono invece diversi tentativi ginevrini di entrare a far parte della Confederazione come cantone: da un lato Berna rivendicò a lungo di essere la sola protettrice dell'alleato; dall'altro i cantoni cattolici vi si opposero con fermezza dopo la loro alleanza con il duca di Savoia e con la Spagna.
L'ingresso sulla scena di Carlo Emanuele di Savoia, nel 1580, segnò la fine della tregua. Il nuovo duca era infatti intenzionato a riconquistare Ginevra, per ragioni sia politiche sia religiose. Un tentativo di assedio, fallito nel 1582, fece guadagnare a Ginevra, nel 1584, un nuovo alleato, Zurigo; la comborghesia con Berna si estese di fatto a un'alleanza a tre. Carlo Emanuele decise allora di ricorrere al blocco. Minacciata nella sua sopravvivenza, la Signoria si decise per la guerra dopo avere ottenuto l'appoggio di Berna, preoccupata dalla congiura d'Isbrand Daux, e quello della Francia. Dopo qualche iniziale successo nell'aprile del 1589 della coalizione bernese-ginevrina, il duca riportò la situazione a suo vantaggio nel corso dell'autunno, ma venne poi richiamato su altri fronti (guerre della Lega in Francia). Presto appoggiata dalla Francia, Ginevra si impegnò in una serie di scaramucce (ad esempio la conquista del forte di Versoix nel 1590) fino alla firma di una tregua nel 1593. La guerra franco-savoiarda, che si iscriveva nel conflitto che opponeva la Francia alla Spagna, si concluse nel 1601 con il trattato di Lione. Ginevra non riuscì a ottenere il Pays de Gex, che aveva occupato e amministrato in nome del re di Francia dal 1590 al 1601, per l'opposizione del re di Spagna e del papa, i quali non volevano che un territorio da ricondurre nei loro disegni al cattolicesimo rimanesse nelle mani di un «nido di eresia». Solo i villaggi di Aire-la-Ville, Chancy e Avully ottennero nel 1604 lo statuto di terre del priorato di S. Vittore (con sovranità limitata di Ginevra).
Raffigurazione dell'Escalade (1602). Disegno a penna acquerellato realizzato da un artista sconosciuto (Zentralbibliothek Zürich, Graphische Sammlung und Fotoarchiv).
[…]
Nel dicembre del 1602 Carlo Emanuele, che non aveva rinunciato ai suoi piani, lanciò a sorpresa un attacco contro la città, l'Escalade. La sconfitta del duca fu completa e, nella primavera del 1603, i Ginevrini ripresero le ostilità. Per scongiurare la minaccia di una nuova guerra su scala europea, il papa fece pressioni su Carlo Emanuele. I negoziati sfociarono nel luglio del 1603 nel trattato di Saint-Julien (pace di Saint-Julien), che riconosceva implicitamente l'indipendenza e la sovranità di Ginevra e richiamava in vigore il modus vivendi del 1570.
Malgrado questi accordi, non furono eliminati né l'intrico di diritti signorili e fiscali né la dispersione dei possedimenti ginevrini, vere e proprie enclave in territori savoiardi e francesi e di conseguenza esposte al rischio di vedersi tagliato il legame con la città, dalla quale erano dipendenti sia dal profilo economico sia da quello giuridico. Nel XVIII secolo alcuni scambi di territori e di giurisdizioni con la Francia e con il regno di Sardegna, che era succeduto al ducato di Savoia, migliorarono in parte la situazione nel mandement di Peney (trattato di Parigi del 15 agosto 1749), in quello di Jussy e in una parte della Champagne (trattato di Torino del 30 maggio 1754). Fu tuttavia soltanto dopo il periodo francese (1798-1814) che Ginevra riuscì ad acquisire, al termine di lunghe trattative svoltesi nel quadro del congresso di Vienna tra le potenze alleate e la Francia, una continuità territoriale con la Confederazione svizzera e un territorio unitario, dai confini chiaramente delimitati e sul quale poteva esercitare una piena sovranità.
Miniatura nel Livre des Franchises (raccolta di carte di franchigia) del 1451 (Archives d'Etat de Genève, Ms hist. 22).[…]
Con l'adozione della Riforma nel 1536, Ginevra compì una rivoluzione religiosa ma anche politica, dal momento che ciò significò l'emancipazione dal potere spirituale e temporale del vescovo e la trasformazione in una repubblica riformata indipendente e sovrana. Analogamente alle altre leggi che la ressero durante tutto l'ancien régime, anche le ordinanze sugli uffici e gli ufficiali (detti anche editti politici, 1543; sottoposte a revisione nel 1568) confermarono le istituzioni politiche che già esistevano (Consiglio generale, syndics, Consiglio dei Sessanta – in precedenza Consiglio dei Cinquanta –, Piccolo Consiglio e Consiglio dei Duecento), stabilendo le attribuzioni dei magistrati e le modalità della loro elezione; esse furono però profondamente segnate anche dalle idee di Calvino.
Il sistema politico di Ginevra durante l'ancien régime
[…]
Limitando subito i poteri del Consiglio generale a vantaggio dei due Consigli ristretti (Piccolo Consiglio e Consiglio dei Duecento), gli editti del 1543 favorirono le tendenze oligarchiche di queste istituzioni (aristocratizzazione), il cui rafforzamento proseguì senza interruzioni durante tutto l'ancien régime: di fatto, se è vero che era il Consiglio generale a eleggere i quattro syndics, il presidente della Corte di giustizia (o luogotenente di giustizia) e i suoi assessori (o uditori) e il procuratore generale, e a pronunciarsi in ultima istanza su ogni nuova legge o decisione importante, ciò avveniva sempre su proposta del Piccolo Consiglio e del Consiglio dei Duecento. Inoltre, dopo il 1570 lo stesso Consiglio generale fu esautorato da ogni competenza in materia di aumento o di creazione di imposte come misura d'urgenza in una situazione di crisi.
In materia di giustizia, le Corti locali, le castellanie, furono progressivamente sempre meno autonome rispetto al Piccolo Consiglio, che emetteva le sentenze in caso di crimini gravi. Dalla metà del XVI secolo gli abitanti delle campagne furono emarginati da queste Corti a vantaggio degli abitanti della città. Solo poche signorie vassalle della Repubblica durarono fino alla Rivoluzione: si trattò dei feudi di Châteauvieux e Confignon, di Le Crest a Jussy (fino al 1770), di Château des Bois (o terra dei Turettini) a Satigny e di Bessinge.
Distribuzione delle Camere e delle cariche nel 1752 (Archives d'Etat de Genève, RC 1752).[…]
Dopo un XVII secolo caratterizzato da un clima politico relativamente calmo, il secolo successivo conobbe invece diversi contrasti politici (rivoluzioni ginevrine), che provocarono l'intervento di mediazione delle potenze legate a Ginevra da trattati di comborghesia e alleate (Berna, Zurigo, Francia, Piemonte-Sardegna) e si conclusero con la condanna o l'esilio di numerosi oppositori al governo conservatore. Dall'affare Pierre Fatio (1707), ai disordini del 1734-1738 e all'affare Rousseau e al suo seguito (1762-1770), fino alla rivoluzione mancata del 1782, la «borghesia» – rispettivamente i Représentants nella seconda parte del secolo – impiegò le sue energie per ottenere una riforma del sistema di elezione (voto segreto, limitazione dei membri di una medesima famiglia nei Consigli), per ristabilire le prerogative del Consiglio generale e per combattere l'inamovibilità dei Consiglieri. Nonostante il parziale raggiungimento degli obiettivi, l'editto di pacificazione del 21 novembre 1782, imposto con le armi e attraverso la mediazione della monarchia francese e dei governi patrizi di Berna e Zurigo, abolì la maggior parte delle conquiste in materia di competenze del Consiglio generale e di possibilità di rinnovo dei Consigli ristretti e delle magistrature.
Famiglie di syndics di Ginevra del XVIII secolo
Famiglia
Numero di syndics nel XVIII sec.
Accesso alla cittadinanza
Prima presenza nel Gran Consiglio
Prima presenza nel Piccolo Consiglio
Primo accesso alla carica di syndic
Pictet
6
1474
1559
1575
XVI sec.
Rilliet
6
1484
prima della Riforma
1590
XVII sec.
Lullin
5
XIV sec.
prima della Riforma
prima della Riforma
prima della Riforma
Du Pan
4
1488
prima della Riforma
1541
XVI sec.
Trembley
4
1555
1561
1631
XVII sec.
De Grenus
4
1620
1632
1655
XVII sec.
Fatio
4
1647
1658
1705
XVIII sec.
De Chapeaurouge
3
1468
prima della Riforma
prima della Riforma
prima della Riforma
Gallatin
3
1510
prima della Riforma
1562
XVII sec.
Le Fort
3
1565
1603
1642
XVII sec.
Turrettini
3
1627
1628
1696
XVIII sec.
Lect
2
1473
prima della Riforma
prima della Riforma
XVI sec.
Naville
2
1506
1709
1773
XVIII sec.
Favre
2
1508
prima della Riforma
prima della Riforma
XVI sec.
Rigot
2
1509
1544
1551
XVI sec.
Mestrezat
2
1524
1570
1590
XVII sec.
Sarasin
2
1555
1562
1603
XVII sec.
Sales
2
1581
1658
1734
XVIII sec.
Buisson
2
1609
1624
1656
XVII sec.
Sartoris
2
1610
1688
1704
XVIII sec.
Bonet
2
1617
1618
1721
XVIII sec.
Calandrini
2
1634
1635
1728
XVIII sec.
Bonnet
2
1645
1665
1705
XVIII sec.
Famiglie di syndics di Ginevra del XVIII secolo - Favet, Grégoire: Les syndics de Genève au XVIIIe siècle, 1998, pp. 66 -67
Nello stesso XVIII secolo fu evidente come il Consiglio generale non rappresentasse più realmente la popolazione ginevrina. Le persecuzioni religiose del XVI (guerre di religione) e XVII secolo (revoca dell'editto di Nantes) avevano infatti avuto come conseguenza lo stabilirsi in città di numerosi rifugiati per fede francesi e italiani, che con il passare del tempo non riuscirono più a ottenere la cittadinanza (borghesia) e furono costretti a mantenere lo statuto di semplici domiciliati o habitants; con i loro successori, i natifs, finirono per costituire la maggior parte della popolazione. Al pari dei Représentants ispirati da Jean-Jacques Rousseau, che lottarono per il riconoscimento dei diritti inerenti al loro statuto di cittadini, anche i natifs diedero presto voce alle loro rivendicazioni. Essi cercarono dapprima di partecipare ai benefici derivanti dai privilegi economici riservati alla cittadinanza (borghesia) e poi, con il sostegno di Voltaire, contestarono la fondatezza delle discriminazioni politiche e sociali di cui erano vittime. Gli editti del 1770 e del 1782 provvidero in effetti all'attenuazione di queste ultime e consentirono addirittura qualche progresso in materia di giustizia penale e di diritto feudale, ma significarono nello stesso tempo un inasprimento della politica dei Négatifs, partigiani dello status quo (bando dei natifs e dei Représentants, soppressione dei circoli, limitazione della libertà di stampa, ampliamento della guarnigione militare).
Il duro inverno del 1788-1789 e le sommosse provocate da un enorme aumento del prezzo del pane fecero temere al governo l'insorgere di disordini ancora più gravi: l'editto del 10 febbraio 1789 autorizzò il rientro degli esiliati del 1782 e annullò diverse misure impopolari adottate nello stesso anno. La riconciliazione ebbe tuttavia breve durata. Su pressione di nuove rivendicazioni dei natifs, ai quali si erano aggiunti gli abitanti dei territori soggetti delle campagne, il governo avviò un vasto ma inutile tentativo di riforma delle istituzioni e delle leggi (editto e codice Du Roveray, 1791). Incoraggiati dalla Francia rivoluzionaria (Rivoluzione francese) – le cui truppe avevano conquistato la Savoia, divenuta un Dipartimento francese nel settembre del 1792 –, gli oppositori al governo aristocratico riuscirono a unirsi e a prendere possesso della città nel dicembre del 1792. Un primo decreto che stabiliva l'uguaglianza tra citoyens, bourgeois, natifs, habitants e abitanti dei territori soggetti mise fine all'ancien régime; il 28 dicembre 1792 fu proclamato la deposizione del Piccolo Consiglio e la creazione di due Comitati provvisori incaricati di sostituirlo (Egaliseurs). I moderati furono presto sopraffatti da alcuni club rivoluzionari, i cui membri più estremisti imposero la violenza e alcune misure radicali, in particolare l'obbligo al giuramento civico nel 1793, i due tribunali rivoluzionari nell'estate del 1794 per giudicare i «nemici del popolo», e più tardi l'imposta patrimoniale straordinaria che colpì duramente gli aristocratici. Nel frattempo, la Costituzione del 5 febbraio 1794 aveva introdotto per la prima volta la separazione dei poteri, la sovranità popolare e la democrazia diretta. Il 15 aprile 1798 Ginevra venne però occupata dalle truppe francesi e costretta a chiedere l'annessione alla Francia.
Particolare del piano catastale del villaggio di Dardagny, realizzato daMayer(padre) nel 1809 (Archives d'Etat de Genève, Cadastre E2, section D).
[…]
L'agricoltura ginevrina durante l'ancien régime può essere descritta come un sistema di piccole e medie proprietà che praticavano lo sfruttamento diretto e la diversificazione delle colture. Campi seminati a grano (cerealicoltura), pascoli per il bestiame e vigneti (viticoltura) si dividevano la maggior parte dei terreni disponibili; nelle aree a ridosso della città prevalevano invece frutteti (frutticoltura) e orti (orticoltura), i cui prodotti erano destinati all'approvvigionamento dei mercati di Ginevra. Nel XVIII secolo i proprietari adattarono la produzione all'evoluzione dei prezzi e ridussero di conseguenza le superfici destinate alla viticoltura, aumentando nel contempo quelle seminate a grano e per l'allevamento, più redditizie. Nonostante ciò e in ragione delle dimensioni ridotte del suo territorio, Ginevra non riuscì mai a ricavare dalla produzione agricola delle sue campagne quantitativi sufficienti a coprire i bisogni della sua popolazione e dovette importare cereali; in genere ciò avveniva dalle regioni vicine della Savoia e della Francia, ma a volte anche da più lontano. Dal 1628 l'importazione di cereali fu affidata alla Camera del grano. Se si eccettuano la canapa e la lana prodotte (e tessute) dai contadini per il proprio fabbisogno, alcuni gelsi piantati sporadicamente per l'allevamento di bachi da seta e l'ottenimento di scorze destinate ai conciatori, Ginevra non sviluppò alcuna coltura industriale (piante industriali) che potesse servire alle sue attività manifatturiere (lino, guaranza, robbia).
Veduta su Ginevra e le sue campagne da Beau-Séjour alla fine del XVIII secolo. Acquerello realizzato daChristian Gottlieb Geissler (Bibliothèque de Genève, Archives A. & G. Zimmermann).
[…]
Città sede di fiere e piazza finanziaria durante il Medioevo, Ginevra si dedicò soprattutto al commercio; la sua produzione artigianale, di dimensioni modeste, fu destinata in primo luogo al mercato locale e regionale. L'arrivo dei rifugiati per fede dopo il 1550 mutò radicalmente il ventaglio delle sue attività manifatturiere: mentre i mestieri legati alla lavorazione del cuoio, del metallo, del legno e all'edilizia mantennero una relativa importanza, in particolare grazie all'aumento della popolazione, quelli legati al commercio locale e regionale furono soppiantati dalle attività legate all'industria tessile (filati, tessuti e nastri di seta, stoffe in lana), alla stampa tipografica, all'oreficeria e all'orologeria, i cui prodotti erano destinati all'esportazione. La nuova classe di mercanti-fabbricanti diversificava spesso la propria attività tra il commercio e la produzione di libri, drappi in lana e seterie (seta). Coinvolti in lunghi processi di fabbricazione, basati sul Verlagssystem, cui assicuravano i finanziamenti necessari, questi imprenditori davano lavoro di volta in volta ai diversi artigiani specializzati, fino al 1798 organizzati in associazioni (o confraternite) di mestiere (corporazioni).
Nel corso del XVII e XVIII secolo, il settore tessile conobbe importanti cambiamenti. La lavorazione della seta si concentrò nella fabbricazione di fili, galloni e ricami d'oro (trafilatura del metallo) e nella lavorazione a maglia meccanica delle calze, mentre gli artigiani del settore delle drapperie si specializzarono nella rifinitura delle stoffe di importazione, effettuandone la tintura (tintoria) e la cimatura (o l'arricciatura). Alla fine dell'ancien régime, la lavorazione delle indiane, stampate manualmente tra il 1690 e il 1830 in numerose fabbriche situate alla periferia della città, costituiva, insieme alla Fabrique, che comprendeva ormai l'orologeria, l'oreficeria, la gioielleria e numerose altre attività che vi erano collegate, il settore più dinamico dell'economia ginevrina. Grazie al loro apporto di competenze tecniche, di capitali e di una consistente manodopera (in particolare femminile e infantile), i rifugiati ebbero un ruolo di primo piano nello sviluppo di questi settori di attività, anche se i cittadini locali si riservarono a lungo alcuni mestieri e professioni prestigiosi e se le associazioni di mestiere non sempre seppero adattarsi alle innovazioni proposte.
Una manifattura di indiane nella rada ginevrina. Disegno realizzato daNicolas Pérignon,inciso all'acquaforte daFrançois-Denis Néee raffigurato nell'opera Tableaux topographiques, pittoresques [...] de la Suisse (1780-1788) del barone Beat Fidel Zurlauben (Bibliothèque de Genève).[…]
Le conoscenze delle reti degli scambi e delle banche internazionali da parte dei mercanti francesi e italiani permisero ai Ginevrini di conquistare una posizione invidiabile nel grande commercio (d'impresa) e nell'«internazionale ugonotta». Grazie agli investimenti in Francia, in Inghilterra e in Olanda e al finanziamento di società marittime o a larga diffusione (società commerciali) – per esempio nel commercio di indiane e del cotone –, essi riuscirono a costituire importanti fortune. Per alcuni di loro, tuttavia, le speculazioni finanziarie si conclusero con clamorose bancarotte, soprattutto quando si lanciarono nella sottoscrizione massiccia di titoli di prestito di Stati esteri (rendite vitalizie, lotterie, tontines, cioè forme di risparmio e credito rotativo su base mutualistica, billets solidaires, cioè una sorta di assegno di solidarietà), trascinando con sé una parte della popolazione professionalmente attiva della città. Dalla fine degli anni 1780, il protezionismo europeo, i disordini e le guerre rivoluzionarie (Rivoluzione francese), il crollo degli assegnati (cioè dei titoli emessi dal governo rivoluzionario francese), il prezzo troppo elevato delle materie prime e delle derrate alimentari si affiancarono all'implosione di tutto il sistema vitalizio, alla chiusura dei mercati esteri e ai fallimenti a catena nel far cadere il mondo dei banchieri, dei commercianti e degli artigiani ginevrini in una crisi dalla quale emersero soltanto diversi decenni più tardi.
I drammatici rischi congiunturali propri di questa epoca non possono tuttavia nascondere le componenti strutturali della fragilità che caratterizzò la brillante economia ginevrina del XVIII secolo. Essa dipendeva innanzitutto da una manodopera quasi esclusivamente cittadina, dunque costosa, per quanto i salari fossero vistosamente stagnanti nel XVIII secolo; allo stesso modo, era fortemente legata a mercati lontani – e dunque a politiche doganali straniere – per le materie prime e per lo smercio della sua produzione. Inoltre, i suoi metalli preziosi e i suoi capitali furono progressivamente trasferiti all'estero, attratti da giochi speculativi. Infine, per influsso delle locali associazioni di mestiere, ebbe la tendenza a privilegiare le innovazioni volte a uno sviluppo qualitativo dei prodotti e del profitto dei fabbricanti piuttosto che a un'accresciuta produttività. I prodotti finirono con l'essere in generale troppo costosi e di conseguenza invendibili o esposti alla concorrenza estera.
I dati relativi alla popolazione dell'attuale canton Ginevra sono conosciuti solo a partire dal XV secolo; i rilevamenti effettuati in occasione delle visite pastorali nella diocesi di Ginevra per i periodi precedenti sono infatti andati perduti. Il mandement di Jussy contava 60 fuochi nel 1412-1413, 64 nel 1481-1482 e 60 nel 1516-1518; quello di Peney, per i medesimi anni, rispettivamente 74, 61 e 68 fuochi (Satigny non compreso), Céligny 18, 11 e 14. Nel 1516-1518 (le visite precedenti offrono dati troppo lacunosi per essere utilizzati), nei territori che formarono in seguito le communes réunies le parrocchie che facevano parte del Pays de Gex contavano in totale 166 fuochi, quelle che facevano parte della Savoia 585. La popolazione della campagna ginevrina agli inizi del XVI secolo può pertanto essere stimata attorno ai 1000 fuochi o poco più, corrispondenti a circa 4000-5000 abitanti.
Per la città di Ginevra, le stime parlano di 4000 abitanti nel 1300, 2000 nel 1359, 4000 nel 1407 e 9400 nel 1464, con un'espansione ampiamente determinata dallo sviluppo economico. Le misure adottate dal re di Francia nel 1462 a danno delle fiere ginevrine contribuirono a porre fine a questa crescita. Fino all'arrivo dei rifugiati francesi e italiani (attorno al 1550), quando Ginevra raggiunse circa 13'100 abitanti, la città si trovò pertanto in una situazione difficile. Grazie alle nuove reti di produzione attivate da questi esiliati, la seconda metà del XVI secolo fu in un primo momento caratterizzata da un vistoso aumento degli abitanti (circa 17'300 nel 1580), subito seguito da una nuova flessione (14'400 abitanti nel 1590) determinata da epidemie di peste, carestie e conflitti militari di portata locale e internazionale. Dopo un periodo particolarmente favorevole a cavallo del secolo, il XVII secolo fu segnato, a partire dalla peste del 1615-1616, da una netta diminuzione della popolazione di Ginevra, che si trovò ad avere attorno al 1650 praticamente lo stesso numero di abitanti che aveva prima dell'arrivo dei rifugiati nel XVI secolo (circa 12'700 abitanti). Traendo beneficio dalla ripresa dell'economia e dall'arrivo di numerosi rifugiati ugonotti della seconda ondata migratoria prima e dopo la revoca dell'editto di Nantes (17'500 abitanti nel 1700), la città conobbe poi una progressiva crescita demografica (27'400 abitanti nel 1790) fino alla vigilia della rivoluzione del 1792 (rivoluzioni ginevrine). I periodi rivoluzionario e poi dell'occupazione francese, caratterizzati da una recessione economica determinata dai conflitti e dai rivolgimenti politici internazionali, furono contraddistinti da un'ulteriore diminuzione del volume della popolazione (24'500 abitanti nel 1800), poi da una sua stagnazione, prima che prendesse il via la spettacolare crescita demografica del XIX secolo.
La place Saint-Gervais e la rue de Coutance, sulla riva destra del Rodano. Acquerello diChristian Gottlieb Geissler, realizzato alla fine del XVIII secolo (Bibliothèque de Genève, Archives A. & G. Zimmermann).
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Dopo la distruzione, poco prima della Riforma e per ragioni di sicurezza, dei sobborghi, e durante praticamente tutto l'ancien régime, la maggior parte della popolazione ginevrina risiedette all'interno delle fortificazioni. L'insediamento dei rifugiati nel XVI e nel XVII secolo avvenne dunque in condizioni difficili; diverse costruzioni dovettero essere elevate in altezza per accogliere i nuovi abitanti e gli spazi non edificati, ancora coltivati o utilizzati per la pastura del bestiame minuto vennero sacrificati alla costruzione di nuovi immobili e di edifici destinati ad attività manifatturiere (officine artigiane, mulini, superfici per l'asciugatura dei tessuti). Sotto la pressione demografica, dalla fine del XVII secolo e in parallelo al mantenimento o addirittura potenziamento del sistema delle fortificazioni (1717-1727), i sobborghi cominciarono di nuovo lentamente a svilupparsi a Plainpalais, Les Eaux-Vives, Le Pâquis, e poi in direzione di Châtelaine e di Le Petit-Saconnex.
Si sa che nel XVIII secolo la campagna (mandements) era densamente popolata di contadini e di artigiani (tra cui un buon numero di fabbricanti di orologi), con circa 100 abitanti per km². I cittadini proprietari dei terreni, spesso appassionati di agronomia, vi soggiornavano per determinati periodi al fine di assicurare la corretta gestione delle coltivazioni e la sorveglianza sui raccolti. Distribuita in alcuni villaggi e frazioni della Signoria, la popolazione rurale è tuttavia poco conosciuta prima della fine dell'ancien régime; nel 1797-1798 corrispondeva a 4432 persone (400 in meno di quella che abitava la zona detta dei beni liberi, o Franchises).
Ricostruzione di una casa borghese del XVIII secolo. Olio su tela realizzato nel 1879 daChristophe François von Ziegler (Musée d'art et d'histoire Genève, no inv. HM 0026).
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Nella misura in cui poterono facilmente ottenere la cittadinanza (borghesia), entrare a far parte del Consiglio generale e addirittura dei Consigli ristretti, i rifugiati del XVI secolo riuscirono a integrarsi nella società ginevrina e a esercitarvi numerose funzioni. Nel XVII secolo, la situazione degli ugonotti in fuga dalla Francia dopo la revoca dell'editto di Nantes era molto diversa. Il prezzo da pagare per acquisire la cittadinanza era divenuto sempre più proibitivo e tale conquista non garantiva più l'immediato accesso a tutte le cariche cittadine; lo statuto degli habitants era infine notevolmente peggiorato. L'equilibrio tra le diverse categorie sociali si modificò dunque notevolmente tra questo periodo e il secolo successivo: accanto al gruppo ormai molto chiuso dei citoyens e dei bourgeois, che godevano di tutti i diritti politici e di privilegi economici, si svilupparono le due classi, presto assai numerose, degli habitants – stranieri cui era concesso di risiedere e lavorare in città – e dei loro figli e discendenti nati a Ginevra, i natifs. Formate soprattutto da artigiani dei mestieri legati all'orologeria e che operavano nelle basse professioni, ma anche da intellettuali impegnati, pastori e maestri dei mestieri legati alla Fabrique, queste due ultime categorie furono particolarmente intraprendenti e dinamiche, se si considera anche che né gli uni né gli altri godevano di alcun diritto politico e che le loro attività economiche erano gravate da numerosi impedimenti e tasse legati alla loro condizione di non cittadini. Generalmente meno ricchi e meno istruiti di bourgeois e citoyens, solo eccezionalmente habitants e natifs ebbero accesso alle funzioni, agli onori, alle professioni e ai mestieri prestigiosi e remunerativi. Dopo i disordini del 1782, lo statuto di habitant venne accordato molto raramente dal governo conservatore, allarmato dall'accresciuta forza di questi esclusi dal potere. Fu allora che comparve la categoria dei domiciliés: rigorosamente sorvegliati dalla Camera degli stranieri, in genere celibi e «utili» alla manifattura locale, essi beneficiavano di un permesso di soggiorno temporaneo, rinnovabile ma non trasmissibile ai discendenti.
Gli abitanti delle campagne, soggetti alla Signoria, erano anch'essi privi dei diritti politici. Alcuni di loro riuscirono ad acquisire una certa autonomia aderendo alle comunità di villaggio (molte delle quali risalivano al Medioevo) poste sotto la giurisdizione e la sorveglianza dei castellani, ufficiali di giustizia eletti dal Consiglio dei Duecento. Il procuratore, che era posto alla guida di questi comuni, esercitava però unicamente funzioni amministrative. A confronto con i semplici habitants, gli abitanti di queste comunità di villaggio godevano di una posizione di privilegio; tuttavia, nel XVIII secolo la tutela esercitata dalla città divenne molto pesante. Guidati dall'avvocato Jacques de Grenus, dal 1790 anche gli abitanti dei territori soggetti rivendicarono l'uguaglianza politica.
Spesso sollecitati a vendere in città il prodotto del loro lavoro, i contadini che vivevano nelle enclavi territoriali ginevrine erano penalizzati dal dover attraversare un territorio non ginevrino, francese o savoiardo. Essi dovevano procurarsi le autorizzazioni di transito e dei certificati che attestassero l'origine delle derrate trasportate; erano inoltre esposti ad aggressioni e a confische. Lo smercio del vino di loro produzione era severamente regolamentato ed era loro vietato il commercio del sale.
La rivoluzione del dicembre 1792 proclamò l'uguaglianza politica e civile di tutte le categorie della popolazione, uguaglianza poi confermata dalla Costituzione del 5 febbraio 1794. Da allora in città come in campagna non vi furono che «cittadini» (concetto che nell'accezione dell'epoca non comprendeva i non protestanti e le donne) e stranieri, questi ultimi sottoposti a una politica di accoglienza molto restrittiva.
La città di Ginevra era sede vescovile, contava diverse parrocchie e comprendeva numerosi conventi; la campagna era invece meno riccamente dotata (priorato dei benedettini di Satigny, abbazia femminile delle cistercensi a Bellerive). I cluniacensi e in particolare il priorato di S. Vittore contribuirono a rafforzare e a strutturare la chiesa e la vita parrocchiale nelle campagne. Tra il 1093 e il 1099, il vescovo Guy de Faucigny confermò all'abbazia di Cluny la proprietà di una serie di chiese parrocchiali filiali di S. Vittore; alcune divennero priorati, come Draillant, Bonneguête e Vaulx (tutte nell'attuale Dipartimento Alta Savoia). Nel bacino ginevrino, campagne e vallate alpine furono caratterizzate nel XII secolo da una forte espansione del monachesimo: certosini, cistercensi e canonici di S. Agostino vi trovarono l'ambiente adatto alla loro vocazione contemplativa, anche se nessuno dei loro conventi si trovava nel territorio del futuro canton Ginevra.
Le prime tracce delle nuove idee comparvero a Ginevra nel 1521, all'interno del gruppo costituitosi attorno al medico Heinrich Cornelius, detto Agrippa von Nettesheim, lettore di Erasmo e di Jacques Lefèvre d'Etaples. Commercianti tedeschi diffusero la dottrina luterana, che venne adottata da alcuni loro omologhi ginevrini a partire dal 1525. Nel 1532, Guillaume Farel, protetto da Berna, tenne per la prima volta le sue prediche a Ginevra; nonostante un avvio difficile, si creò in città una prima comunità evangelica. La prima celebrazione pubblica del culto riformato si tenne nel 1533; dal 1534 i riformati passarono all'offensiva (risse con i cattolici, spoliazione di chiese e conventi). Una grande parte della popolazione aderì da allora alla Riforma. Il vuoto venutosi a creare con la sospensione della messa, decisa nell'agosto del 1535 dal Consiglio dei Duecento, e la partenza del vescovo Pierre de La Baume (già nell'agosto 1533), poi di numerosi preti, canonici e monaci, permise ai riformatori, tra cui Farel e Antoine Froment, di predicare ormai liberamente la nuova fede. Gli abitanti di Ginevra, riuniti nel Consiglio generale, affermarono solennemente il 21 maggio 1536 la loro volontà di vivere secondo la legge evangelica e la «parola di Dio»; lo fecero forti anche del sostegno militare di Berna, che aveva appena conquistato il Paese di Vaud, il Pays de Gex e lo Chablais.
Giovanni Calvino mentre tiene una lezione all'Auditorio. Disegno a penna realizzato daJacques Bourgoin,1560 ca. (Bibliothèque de Genève; fotografia François Martin).
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Qualche mese più tardi, Giovanni Calvino, di passaggio a Ginevra, vi venne trattenuto da Farel; il suo definitivo trasferimento a Ginevra risale però solo al 1541, anno in cui redasse le Ordinanze ecclesiastiche, che a loro volta traevano ispirazione dalle Istituzioni della religione cristiana, pubblicate nel 1536. Adottate dal Consiglio generale il 20 novembre 1541, le ordinanze organizzarono la vita della Chiesa istituendo un ministero articolato in quattro uffici, destinati ai pastori, ai dottori, agli anziani e ai diaconi. La Compagnie des pasteurs riuniva l'insieme dei pastori della città e della campagna e trattava questioni di dottrina e relative alle relazioni con le autorità civili e le Chiese estere. I dottori erano incaricati della formazione al ministero e alle funzioni civili; il Collège e l'Accademia vennero creati nel 1559 in questa funzione (Università di Ginevra), mentre scuole di base dispensavano ai ragazzi (soprattutto ai maschi) i primi insegnamenti. Creata nel 1736, la Società dei catecumeni permise di raggiungere un tasso di alfabetizzazione particolarmente elevato nei diversi strati della popolazione. Gli anziani formavano il concistoro, composto da pastori e da laici, incaricato di sorvegliare il comportamento dei fedeli e di stabilire le ammende dovute in caso di indisciplina. Questa sorta di tribunale dei costumi e di tribunale matrimoniale poteva tuttavia pronunciare unicamente pene di natura ecclesiastica, quali la sospensione dalla partecipazione alla Cena; nei casi in cui era prevista una sanzione penale, il colpevole era deferito al Piccolo Consiglio. I compiti dei diaconi (gestione delle elemosine e cura degli ammalati) corrispondevano a quelli degli amministratori dell'ospedale generale, fondato nel novembre del 1535 attraverso l'accorpamento di tutti gli antichi ospedali medievali.
Calvino e i riformatori resero presto Ginevra il centro del protestantesimo; da qui l'appellativo di «Roma protestante» associato dal XVI secolo alla città.
Si è rimproverato a Calvino di avere attribuito un potere eccessivo alla Chiesa e ai pastori; occorre tuttavia rilevare come questi ultimi non facessero parte dei Consigli. Accorto giureconsulto, Calvino voleva mantenere un equilibrio tra autorità ecclesiastica e potere politico. Per questa ragione i preavvisi e le sanzioni del Concistoro erano certo importanti, ma era al Piccolo Consiglio che competeva la sentenza definitiva, sia che si trattasse di questioni giudiziarie sia che si trattasse invece di questioni matrimoniali. Se, quando ancora erano vivi Calvino e il suo successore, Teodoro di Beza, i delegati della Compagnie des pasteurs poterono influenzare in alcuni casi, attraverso le loro rimostranze al Consiglio, la politica del governo, questo tipo di intervento ebbe sempre meno peso nei secoli successivi. Nel corso del XVIII secolo, i membri del Consiglio tendevano addirittura a prendere decisioni di ordine ecclesiastico o matrimoniale senza consultare il Concistoro; la sua autorità venne sempre più contestata, sia dai conservatori sia dai seguaci di Voltaire e di Rousseau, tanto che dopo la rivoluzione del 1792 il nuovo regime gli tolse una parte delle competenze.
Le leggi suntuarie (1558), che miravano a limitare il consumo senza pregiudicare le gerarchie sociali, pur non essendo una creazione originale del calvinismo ebbero un ruolo importante nel controllo del «lusso» da parte del Concistoro e poi della Camera della Riforma, laica, creata nel 1646. Le leggi suntuarieregolamentavano in maniera puntuale e minuziosa il modo di vestirsi, l'uso di gioielli, il lutto, i banchetti per le nozze e per il battesimo, ma anche il mobilio e gli oggetti decorativi di valore. Riconfermate fino alla fine dell'ancien régime, esse furono curiosamente difese sia dall'aristocrazia al potere sia dai fautori di una società maggiormente egualitaria.
In questo dipinto, l'artistaJean Huberraffigura se stesso mentre esegue un ritratto di Voltaire. Pastello realizzato attorno al 1773 (Musée historique de Lausanne).
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Su un piano culturale più generale, i diversi organismi di controllo sui costumi, i consumi e la vita quotidiana non favorirono lo sviluppo delle diverse forme di espressione artistica. Fu essenzialmente come artigiani, incisori, miniaturisti o pittori su smalto che i Ginevrini esercitarono il loro talento artistico nei campi dell'orologeria, oreficeria e gioielleria. Solo alla fine dell'ancien régime, in un clima più favorevole all'espressione pittorica, diversi artisti del luogo, in genere formati all'estero e sostenuti da mecenati locali appassionati d'arte, poterono acquisire una certa notorietà; si trattò, tra gli altri, di Jean-Etienne Liotard, Jean-Pierre Saint-Ours, Marc-Théodore Bourrit, Pierre-Louis De la Rive, Wolfgang-Adam Töpffer, Firmin Massot e Jacques-Laurent Agasse.
Anche per quanto riguarda gli spettacoli la Riforma segnò una rottura radicale con le forme di divertimento praticate dalla popolazione nel Medioevo; nel XVI secolo il teatro si limitò a temi religiosi e politici, mettendo in scena personaggi biblici o allegorici, soprattutto immaginari, in occasione della conclusione di trattati di comborghesia. Fu soltanto nella seconda metà del XVIII secolo, all'epoca delle pièce scritte da Voltaire e rappresentate nella cerchia dei suoi ammiratori e nel solco del dibattito attorno al teatro che oppose gli enciclopedisti e Rousseau, che i Ginevrini poterono assistere a vere rappresentazioni teatrali. Tuttavia, il Théâtre de Neuve, costruito dopo la mancata rivoluzione del 1782 per intrattenere le truppe forestiere e sostituire i circoli ormai proibiti, finì con l'essere più uno strumento utile a mantenere tranquilla una popolazione ritenuta troppo irrequieta che un mezzo per familiarizzarla con la cultura e le lettere. Con ciò, divenne di fatto proprio quel teatro criticato da Rousseau, che gli avrebbe preferito feste civili che non distraessero il popolo dal suo dovere ma che lo rafforzassero nelle proprie convinzioni.
Le Café du Théâtre. Disegno a penna acquerellato realizzato daWolfgang-Adam Töpffer, 1798 (Cabinet d'arts graphiques des Musées d'art et d'histoire Genève, no inv. 1922-0003).
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Sullo sfondo di questi avvenimenti, la stampa tipografica ginevrina, già rinomata alla fine del XV secolo e resa più dinamica dopo la Riforma dall'arrivo di librai rifugiati francesi e italiani, ebbe un ruolo di primissimo piano nella diffusione, spesso clandestina, delle idee riformatrici. Molto presto essa diversificò la sua produzione pubblicando edizioni di testi classici greci e latini e di testi di storia, geografia, medicina e diritto. Per tenere testa alla concorrenza di Lione, le case ginevrine affiancarono all'attività di editori quella di distributori di opere straniere destinate ai principali mercati dell'Europa occidentale. Dopo il fecondo periodo della pubblicazione dell'Encyclopédie, dei giornali olandesi e delle opere di Montesquieu, Rousseau, Voltaire e dell'abate Raynal, l'editoria ginevrina cedette il posto, attorno al 1780, alla vendita libraria (case editrici). Le poche tipografie ancora attive si concentrarono da allora nella pubblicazione di testi scolastici e di periodici, di cui il più celebre fu, alla fine del secolo, la Bibliothèque britannique, ma riuscirono a ricavare qualche beneficio anche dall'intensa attività di stampa di opuscoli che accompagnò i disordini politici della fine dell'ancien régime e il confronto di idee che oppose Représentants e natifs al governo conservatore.
I territori savoiardi e francesi, future communes réunies
I territori perduti dal duca di Savoia nel 1536 furono soggetti a Berna fino alla loro restituzione nel 1567. Un balivo bernese, in carica per sei anni, risiedeva nel castello di Gex, nella commenda di Compesières per il baliaggio di Ternier e a Gaillard. In genere Berna rispettò gli antichi diritti e fece riferimento alle cosiddette communages (comunità degli abitanti). Dopo il 1567, la giustizia dipese in numerosi villaggi dai signori locali; i ricorsi in appello erano trattati a Chambéry, dal Senato di Savoia. Nel 1760 un editto istituì in tutte le parrocchie un Consiglio della comunità, con alla testa un syndic. L'autonomia comunale era maggiore in questi villaggi, soggetti al re di Sardegna e uniti allo Chablais o al Genevois, che nei comuni rurali soggetti alla Signoria. Alla fine del XVIII secolo la monarchia sabauda creò la nuova città di Carouge, che nelle sue intenzioni doveva fare concorrenza a Ginevra.
Il Pays de Gex, divenuto francese nel 1601, fu da questa data baliaggio della Borgogna, a sua volta Pays d'états. Assemblee pubbliche del baliaggio conferirono ai rappresentanti delle comunità rurali alcuni diritti, in particolare quello di votare le retribuzioni dei magistrati e dei funzionari.
I sette comuni del Pays de Gex che divennero ginevrini nel 1815 contavano 357 fuochi nel 1550, di cui 68 nella piccola città di Versoix, cioè circa 1500 abitanti; quando furono uniti alla Svizzera, gli abitanti salirono a 3350. I comuni savoiardi ceduti dal regno di Piemonte-Sardegna contavano nel 1816 12'700 abitanti.
Nel 1536 Ginevra e Berna introdussero la Riforma nei territori conquistati, entrambe secondo la propria concezione del ruolo della Chiesa e della liturgia. La Chiesa bernese era organizzata in classi; nella regione di Ginevra vi erano la classe di Ginevra, quella di Gex (13 parrocchie, tra cui Le Grand-Saconnex e Versoix) e quella di Ternier. I parrocchiani erano sottoposti al controllo di un Concistoro locale, a sua volta subordinato al Concistoro supremo di Berna. Dopo il 1544 Ginevra recuperò 14 parrocchie degli ex territori del priorato di S. Vittore e del capitolo.
Con il trattato di Losanna del 1564, Berna ottenne dal duca di Savoia la tolleranza del culto riformato nei territori restituiti. Carlo Emanuele limitò nel 1589 i luoghi di culto, mantenendone uno a Ternier e due a Gex. La pace di Vervins (1598) significò per il duca la restituzione incondizionata dei baliaggi. Il ritorno al cattolicesimo, avviato negli anni 1590 dal futuro santo Francesco di Sales, si sviluppò nello Chablais grazie ai missionari cappuccini. Nel Pays de Gex, Ginevra riorganizzò, attraverso la Compagnie des pasteurs, le parrocchie riformate nel 1590. L'editto di Nantes (1598) fu applicato a questo baliaggio dal 1601; i protestanti dovettero da allora convivere con i cattolici e restituire loro chiese, cimiteri, case parrocchiali e introiti. Essi rimasero tuttavia maggioritari fino al 1662, quando Luigi XIV proibì il culto riformato e fece demolire o chiudere i loro edifici religiosi, a eccezione di quelli di Sergy e di Ferney. Il processo di reintroduzione del cattolicesimo si concluse nel 1685 con la revoca dell'editto di Nantes; i protestanti si convertirono o dovettero emigrare.
Da ultimo, la Signoria dovette accondiscendere, volente o nolente, al fatto che il residente di Francia, la cui sede era permanente dal 1679, celebrasse la messa nella sua residenza ginevrina.
Modello per la Repubblica di Ginevra. Olio su pannello diJean-Pierre Saint-Ours (Musée d'art et d'histoire Genève, no inv. 1985-0240).
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Temuta e osteggiata dalla maggioranza, salutata invece con favore da alcuni sostenitori dell'unione con la Grande Nazione nella cerchia del residente di Francia Félix Desportes, l'annessione francese divenne effettiva con il trattato di unione del 26 aprile 1798. Essa fu preceduta da una lunga serie di incidenti diplomatici e di misure vessatorie alle frontiere, dall'isolamento progressivo della città all'interno di un territorio via via conquistato dal Direttorio e dall'occupazione militare della città. Nell'agosto del 1798, Ginevra divenne capoluogo del Dipartimento del Lemano, ruolo che avrebbe conservato per 15 anni; incorporata alle strutture politiche della Francia, ne condivise da allora gli sviluppi, in particolare nel 1799, al momento del passaggio dal Direttorio al Consolato – con Bonaparte come Primo Console –, e nel 1804, con la proclamazione dell'Impero.
Per alcuni aspetti il trattato di unione era parzialmente favorevole ai Ginevrini. Grazie alla Società economica e alla Società di mutuo soccorso, essi mantennero la sorveglianza sulle proprietà del comune, vale a dire su un certo numero di beni immobiliari e di istituzioni, tra cui la Chiesa e i suoi templi, il Collège e l'Accademia, la Camera del grano, la Cassa di sconto, di risparmio e di deposito e l'ospedale generale. Essi furono inoltre esentati dal dover prestare alloggio ai soldati presso i privati cittadini e dalla coscrizione per la guerra in corso, ciò che spostò all'indomani della pace di Amiens del 1802 la prima chiamata di coscritti ginevrini. La città dovette tuttavia cedere alla Francia i suoi arsenali, l'artiglieria, le munizioni e soprattutto le fortificazioni, dichiarati «beni nazionali». Infine, la «riunione» alla Repubblica francese rese i Ginevrini cittadini della Francia.
Oltre all'ex territorio ginevrino, il Dipartimento del Lemano comprendeva il Pays de Gex, le cime del Giura fino alla valle della Valserine, le regioni dello Chablais, del Faucigny e del nord del Genevois, ed era diviso in tre distretti (successivamente circoscrizioni o arrondissements), quello di Ginevra (con dieci cantoni) e quelli di Thonon e di Bonneville (quattro e nove cantoni). La città e il suo territorio costituivano un solo cantone; considerata alla stregua di un comune, per 15 anni ebbe una sua propria amministrazione. Capoluogo, più tardi prefettura del Dipartimento e quindi residenza del prefetto e sede dei suoi uffici, Ginevra era dotata di un tribunale civile e criminale, di un tribunale di commercio, di una zecca e di un ufficio del bollo e registro. Il tribunale d'appello in materia civile e commerciale si trovava a Lione. Dopo l'annessione Ginevra venne retta dapprima dalle leggi rivoluzionarie francesi, poi, come il resto dell'Impero, fu sottoposta al Codice civile francese (1804), al Codice di commercio (dal 1808) e al Codice penale del 1810 (dal 1811), il che determinò alcune modifiche nella sua organizzazione giudiziaria.
Fino all'insediamento (1800) del primo prefetto, Ange Marie d'Eymar, il potere era concentrato nelle mani dell'amministrazione centrale del Dipartimento del Lemano, all'interno della quale i Ginevrini erano scarsamente rappresentati. La legge del 17 febbraio 1800 modificò le istituzioni dipartimentali, che da allora poggiarono su tre organi: il prefetto, nominato dal primo Console e poi dall'imperatore, il Consiglio generale e il Consiglio di prefettura. L'amministrazione dipartimentale era strutturata nelle quattro sezioni delle finanze, dell'esercito, della statistica, dell'educazione e lavori pubblici, impegnate in permanenza nella redazione di un'enorme massa di rapporti e statistiche su richiesta dei ministeri parigini; per questo motivo era poco amata e ritenuta farraginosa e inefficace. I tre prefetti che si susseguirono in questo periodo – Eymar (1800-1802), Claude Ignace Brugière de Barante (1803-1810) e Guillaume Antoine Benoît Capelle (1810-1813) – seppero in alcune occasioni difendere il particolarismo dei Ginevrini, senza tuttavia riuscire a fare dimenticare loro la perdita della sovranità.
L'arrivo degli Svizzeri al Port Noir il primo giugno 1814. Incisione acquerellata diJean DuBois (Bibliothèque de Genève).
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Malgrado sia stata celebrata, in occasione del suo centenario (1914), come un evento dalla necessità ineluttabile, l'incorporazione dell'antica città vescovile nella Confederazione deriva in realtà da un intreccio complesso di volontà in alcuni casi discordi. L'impulso decisivo fu determinato dalle grandi potenze che, dopo aver sconfitto Napoleone, si riunirono a Parigi e a Vienna per ridisegnare la carta dell'Europa. Per impedire che la Francia ampliasse nuovamente i suoi confini e si servisse della strada del Sempione per ritentare la conquista dell'Italia, era assolutamente necessario rafforzare la Svizzera e integrarvi la piccola cittadella di Ginevra. Questo progetto non ebbe da subito il sostegno delle due istanze che erano in lotta per il potere. La prima, cioè la commissione centrale del Lemano, costituita dal generale austriaco Ferdinand von Bubna, che aveva occupato la città nel dicembre del 1813 dopo la partenza delle truppe imperiali, propendeva per un'unione alla Francia. La seconda, cioè un governo provvisorio autoproclamato, guidato dai conservatori Ami Lullin e Joseph Des Arts, sperava in un ritorno all'indipendenza. Per allontanare i loro avversari e conservare quella che ritenevano fosse l'identità della città, questi ultimi finirono per adottare la soluzione elvetica auspicata dalle monarchie coalizzate.
Sviluppo territoriale di Ginevra
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Per trasformare la Repubblica in cantone, fu necessario liberarla dalla stretta territoriale in cui era chiusa e collegarla alla Confederazione, con la quale fino ad allora non aveva mai condiviso alcuna frontiera comune. Nel 1815 la seconda pace di Parigi attribuì a Ginevra Versoix, Collex-Bossy, Pregny, Vernier, Meyrin e Le Grand-Saconnex, tolti alla Francia; nel 1816, con il trattato di Torino, Ginevra ottenne la città di Carouge e una quarantina di frazioni o piccoli borghi, che fiancheggiavano la riva del lago appartenente alla Sardegna. Con l'aggiunta di queste communes réunies, il nuovo cantone accrebbe la sua popolazione di circa 16'000 abitanti, per la maggior parte cattolici e residenti nelle campagne. Il nuovo territorio era sprovvisto di un entroterra e non era difendibile; per questa ragione venne cinto da una zona doganale franca e la Savoia del nord inglobata nella neutralità elvetica (zone franche). Questa soluzione zoppicante fu il risultato di difficili negoziati diplomatici e di un compromesso interno. Il singolare tracciato delle frontiere corrispondeva all'accrescimento territoriale minimo richiesto da alcuni influenti ultraprotestanti, che temevano un'invasione dei cattolici. Il loro atteggiamento è rivelatore dell'ambiguità alla base dell'integrazione di Ginevra al Corpo elvetico: per mantenere le proprie specificità, la città doveva essere svizzera, ma per divenire svizzera, doveva rinunciare al suo esclusivismo riformato e dunque cambiare. Tale contraddizione caratterizzò tutto il periodo della Restaurazione.
La prima cura confederata del governo provvisorio, che nel frattempo era divenuto legittimo con il sostegno di una petizione firmata da 6000 persone, fu quella di redigere una Costituzione che potesse incontrare il favore della Dieta federale e permettesse di evitare i disordini che avevano accompagnato il XVIII secolo. Per ottenere l'approvazione della Dieta, la Costituzione ginevrina modellò le istituzioni del nuovo cantone su quelle già esistenti negli altri: un Consiglio di Stato rappresentò l'esecutivo, a sua volta incluso nel legislativo assicurato da un esteso Consiglio rappresentativo. L'allineamento al sistema svizzero giustificò però anche alcune misure che si pensava favorissero il mantenimento dell'ordine, come la soppressione del Consiglio generale. Con ciò i Ginevrini, ormai tutti cittadini, ebbero quale unico diritto politico quello di eleggere alcuni dei loro rappresentanti. Anche questa facoltà venne tuttavia limitata da tre meccanismi fino ad allora estranei alla vita politica cittadina: l'introduzione a più livelli del voto per sorteggio, quella del voto censitario e la creazione di una cerchia ancora più ristretta all'interno del gruppo di coloro che godevano del diritto di elezione (un Corps rétenteur, formato da circa 170 tra pastori, giudici ecc., che designava 300 elettori su 600 presentati), voluta per controbilanciare gli effetti indesiderabili derivanti dall'opzione censitaria.
Quando la Costituzione ginevrina venne votata, praticamente all'unanimità, nell'agosto del 1814, il censo era fissato al valore proibitivo di 69,7 fiorini (20 lire svizzere). Ma già dal 1819 esso scese a 25 fiorini, divenuti 15 nel 1832 e 7 nel 1835, prima di essere soppresso nel 1842. Tale importante ampliamento della base elettorale indica gli sforzi di democratizzazione messi in atto, volenti o nolenti, durante la Restaurazione, e legati all'influenza e all'intelligenza di una frangia di tendenza liberale, attiva all'interno del legislativo. Volgendo a proprio vantaggio l'immobilismo intrinseco del consesso parlamentare, uomini dotati di talento come Etienne Dumont, Pierre-François Bellot e Pellegrino Rossi riuscirono ad acquisire rapidamente un forte ascendente e a contrastare i primi Consiglieri di Stato reazionari del XIX secolo. Questi ultimi si ritirarono dalle responsabilità di governo attorno al 1825 e vennero sostituiti da uomini molto più giovani, come il syndicJean-Jacques Rigaud, favorevoli ai mentori del Consiglio rappresentativo e iniziatori di una politica detta di progresso graduale. Dapprima timide, le riforme si affermarono più velocemente durante la prima metà degli anni 1830, conducendo a una modernizzazione dell'amministrazione, del culto, dell'istruzione pubblica (scuola) e della giustizia.
Lo slancio innovatore non derivava unicamente da una logica generazionale o da profonde convinzioni liberali (liberalismo), ma era pure il frutto dell'idea che la classe dirigente aveva del ruolo rivestito dal proprio cantone nel contesto nazionale. Il cantone più giovane della Svizzera doveva mostrarsi degno della sua appartenenza elvetica ed essere un esempio del progresso. Fino al 1830, questo compito non si rivelò particolarmente complesso, dal momento che Ginevra, che aveva mantenuto una parte delle leggi che risalivano al periodo francese, aveva una legislazione meno conservatrice degli altri cantoni; la sua Costituzione, ad esempio, era la sola che garantiva la libertà di stampa. Dopo la Rigenerazione divenne invece difficile rivendicare la medesima eccellenza. Fu in questo contesto che si inserì la vasta ondata di riforme promossa da Jean-Jacques Rigaud, stimolata dalla preoccupazione di venir meno alla reputazione politica della città, e presentata come il modello perfetto di un'evoluzione senza rivoluzione. In un secolo ancora traumatizzato dai ricordi del 1789, l'orgoglio delle autorità ginevrine era comprensibile; fu però di breve durata.
Le truppe governative ripiegano su place Bel-Air il7 ottobre 1846. Litografia anonima (Bibliothèque de Genève).
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L'uscita di scena dei grandi pensatori liberali e l'inserimento massiccio di esponenti conservatori (conservatorismo) nei più importanti centri nodali governativi pose presto un freno a questo sforzo di rinnovamento e, in parallelo, risvegliò il malcontento di una fazione dalle simpatie radicali (radicalismo) che aveva sempre maggiori difficoltà a esprimere le proprie opinioni. All'inizio degli anni 1840, queste forze si organizzarono nell'Association du Trois Mars, che decise di sbloccare la situazione sanzionando il ritardo istituzionale della Repubblica e la sua incapacità a farsi esempio per gli altri cantoni del processo di democratizzazione, e invitando infine la popolazione a prendere le armi per difendere questo programma. I Ginevrini, convinti della loro missione di forza propulsiva progressista all'interno della Svizzera, accolsero l'appello alla sollevazione; il 22 novembre 1841 scoppiò la rivoluzione, che fu comunque piuttosto pacifica, dal momento che non si registrarono episodi di violenza veri e propri. Il suo risultato fu ambivalente. De iure, essa diede piena soddisfazione alle pretese dei radicali e dei loro simpatizzanti, stimolando in particolare l'introduzione del suffragio universale maschile (diritto di voto e eleggibilità). De facto, essa originò un ampio riflesso di cattiva coscienza. Numerosi leader si spostarono decisamente a destra, mentre i cittadini utilizzarono i loro nuovi diritti per eleggere esponenti conservatori che si adoperarono per la neutralizzazione degli effetti del sollevamento. Chiamato a esprimersi sugli avvenimenti politico-religiosi che alla metà degli anni 1840 facevano vacillare la Confederazione, il governo, timoroso, prese posizione contro le spedizioni dei Corpi franchi e non riuscì a risolversi a condannare la formazione del Sonderbund. All'inizio dell'ottobre 1846, il leader radicale James Fazy, riprendendo un'argomentazione già sperimentata cinque anni prima, invitò la folla a impadronirsi del potere affinché il cantone potesse opporsi al Sonderbund e recuperare la propria funzione di cantone esemplare sul piano politico. Il 7 ottobre 1846, la defezione dei cattolici, la diserzione della milizia e la tenacia dei combattenti, spesso immigrati provenienti dagli altri cantoni, fecero definitivamente cadere il regime della Restaurazione.
Come aveva promesso, James Fazy sostenne lo scioglimento del Sonderbund e si dedicò all'elaborazione di una nuova Costituzione. Accettata il 24 maggio 1847, la nuova carta doveva assicurare una certa continuità al dominio radicale (Partito radicale democratico), favorendo (direttamente o indirettamente) coloro che avevano sostenuto la rivoluzione. Fu reintrodotto il Consiglio generale, almeno nel nome se non nella forma, concesso il diritto di voto agli Svizzeri di altri cantoni, spesso più politicizzati dei Ginevrini, ratificata la libertà religiosa, abolendo in tal modo gli ultimi privilegi di cui poteva ancora beneficiare il culto riformato, e sciolta la Società economica, istituzione che aveva incarnato e perpetuato la differenza tra «vecchi» e «nuovi» Ginevrini. In questo slancio democratico, Fazy stabilì l'elezione popolare del Consiglio di Stato ogni due anni. Quest'ultima misura determinò all'incirca mezzo secolo di intensa attività politica, ricco di inventiva ma anche di instabilità: la frequenza degli scrutini fu all'origine di numerosi cambiamenti nella compagine governativa arrivando a permettere, nel 1853, ad alcuni radicali scontenti di esautorare temporaneamente lo stesso Fazy a vantaggio di un governo cosiddetto riparatore.
Ai dissidenti radicali si aggiunsero presto altri insoddisfatti – reazionari, moderati o cattolici – che si unirono e rafforzarono reciprocamente nel Partito indipendente. Tra il 1865 e il 1870, l'animatore di questa formazione, l'ex rivoluzionario Filippo Camperio, dominò il Consiglio di Stato, dove tentò di condurre una politica mediana, conservatrice ma non passatista. La sua posizione finì però per scontentare sia la destra sia la sinistra. Sotto la guida di Antoine Carteret, i radicali riconquistarono il potere nel 1870 e avviarono il lungo periodo del Kulturkampf. Paradossalmente, questo vasto movimento contro le posizioni ultramontane può essere letto come il risultato di una interpretazione impropria dei principi del 1846: il dominio assoluto dello Stato su ogni struttura potenzialmente in grado di sfuggire al suo controllo e l'esaltazione dell'identità ginevrina. In meno di dieci anni, questa eccessiva «lotta per la civilizzazione» modificò il paesaggio politico cantonale. L'antico patriziato cittadino si alleò con i cattolici e con la campagna in un Partito democratico che sfidava i radicali e che, proclamandosi difensore dei diritti individuali, spingeva verso la trasformazione del sistema rappresentativo in democrazia semidiretta.
I conservatori si impadroniscono dell'arsenale il 22 agosto 1864. Foglio volante anonimo (Bibliothèque de Genève).[…]
In ogni caso, l'instabilità derivata dalla Costituzione del 1846 ebbe come riflesso la moltiplicazione dei collegi elettorali, l'introduzione del referendum facoltativo nel 1879 e dell'iniziativa in materia legislativa nel 1891, l'elezione popolare dei Consiglieri agli Stati e infine la grande novità della rappresentanza proporzionale nel 1892 (sistemi elettorali). Quest'ultima rese possibile la comparsa sullo scacchiere politico di altre forze, quali il Partito indipendente (cattolico; uno dei progenitori del Partito popolare democratico, PPD), ancora poco influente, e il Partito operaio socialista (Partito socialista, PS), divenuto importante dopo che un congresso dell'Associazione internazionale dei lavoratori si era tenuto a Ginevra nel 1866 (Internazionale). Fu proprio perché seppero opportunamente integrare i socialisti nel loro programma e allearsi con i loro candidati che i radicali sembrarono prevalere sui loro rivali democratici nel gioco delle alternanze di governo che segnarono il passaggio di secolo. I vantaggi di questa democratizzazione non furono esclusivamente teorici e ideologici, ma anche di natura pratica. La pacificazione degli animi venne favorita da una maggiore facilità nell'espressione delle minoranze e da una sdrammatizzazione dell'esercizio del voto. Fino ad allora, il voto esclusivamente maggioritario di un elettorato riunito in un Consiglio generale aveva favorito le violenze; disordini sanguinosi, che avevano provocato morti e feriti e giustificato l'intervento federale erano per esempio scoppiati il 22 agosto 1864.
Il giorno stesso di questo parapiglia, nell'ambito di una conferenza diplomatica in cui la Svizzera era rappresentata da Gustave Moynier, Guillaume-Henri Dufour e Samuel Lehmann, fu firmata la convenzione di Ginevra (Croce Rossa). Questo documento, che diede vita al futuro Comitato internazionale della Croce Rossa (CICR), segnò l'inizio del ruolo internazionale della città. Ispirata dallo spirito di rinascita riformato cui diede nuovo vigore il movimento del Risveglio e influenzata da una tradizione di accoglienza di cui tutti i partiti si dichiaravano eredi, l'importanza mondiale della Repubblica non si affermò unicamente nell'ambito della liberalità: dagli anni 1860 essa assunse anzi connotati politici. La città divenne da un lato il luogo nel quale si regolavano dei conflitti – nel 1867 ospitò il congresso internazionale per la pace; nel 1871-1872, il tribunale arbitrale che pronunciò l'arbitrato dell' Alabama –; dall'altro, l'irraggiamento sovranazionale di Ginevra fu presto visto come l'apporto principale dell'ultimo cantone svizzero alla sua nuova patria elvetica: un modo, in un certo senso, per continuare a sentirsi indipendenti senza però risentirne gli inconvenienti.
La conferenza diplomatica svoltasi a Ginevra nell'agosto del 1864. Olio su tela diEdouard Armand-Dumaresq (Municipio di Ginevra; fotografia Bibliothèque de Genève, Archives A. & G. Zimmermann).[…]
L'entrata di Ginevra nella Confederazione svizzera, votata il 12 settembre 1814 dai deputati elvetici riuniti a Zurigo, implicava il contributo di Ginevra all'impegno militare attraverso la fornitura di denaro e di uomini, e la collaborazione alla politica comune. Fino al 1848 Ginevra inviò alla Dieta federale una trentina di delegati, tra cui alcune figure di grande spessore; Pellegrino Rossi, ad esempio, fu incaricato di preparare una nuova Costituzione federale. Nel 1832 il suo progetto venne respinto dalle deputazioni più conservatrici, ma alcune delle innovazioni istituzionali da lui proposte (ad esempio il Consiglio federale) non furono dimenticate (Patto Rossi). Nello stesso periodo Jean-Jacques Rigaud si occupò della pacificazione di Svitto e di Basilea; nel 1838, con il sostegno del suo omologo vodese Charles Monnard, esortò la Svizzera a resistere all'ultimatum della Francia che esigeva l'espulsione dell'intraprendente futuro imperatore Napoleone III, rifugiato in Turgovia, sua patria d'adozione.
Dopo la rivoluzione del 1846, i deputati radicali di Ginevra alla Dieta votarono per lo scioglimento del Sonderbund, contribuendo in tal modo alla risoluzione della crisi attraverso un conflitto rapido e sostanzialmente incruento, condotto dal loro compatriota Guillaume-Henri Dufour. La guerra civile fu una premessa necessaria alla creazione dello Stato federale contemporaneo, al quale James Fazy affermò di aver suggerito l'idea del bicameralismo. Questa dichiarazione è indice del coinvolgimento di Ginevra nella politica svizzera, cui presero parte diversi uomini di Stato ginevrini. I radicali Jean-Jacques Challet-Venel (1864-1872) e in seguito Adrien Lachenal (1893-1899) furono eletti Consiglieri federali; il secondo fu presidente della Confederazione nel 1896. Questa entusiastica compartecipazione provocò tuttavia anche alcune frizioni, che derivavano da una diversa concezione del radicalismo: già negli anni 1850 il governo ginevrino si distinse nel rifiuto di espellere alcuni rifugiati politici che Berna si era impegnata a reimpatriare nei rispettivi Paesi di origine.
Nel 1860, quando il Consiglio federale si mostrò titubante nella difesa della neutralità della Savoia del nord dalle mire di Napoleone III, alcuni attivisti ginevrini organizzarono una spedizione di conquista (affare della Savoia). Il loro tentativo, fallito, irritò le autorità federali e finì con il gettare discredito sull'opzione svizzera: i Savoiardi votarono in massa per l'unione alla Francia. Nel 1872, Challet-Venel si oppose al progetto di nuova Costituzione federale preparato dai suoi colleghi radicali e volto a centralizzare l'apparato statale. La sua presa di posizione gli costò la rielezione in Consiglio federale; ma se l'affronto riguardava un Ginevrino, il clima di sfiducia che esso rendeva palese era comune all'insieme della Svizzera francofona, di cui Ginevra condivise da allora i moti di irritazione. Alla vigilia della prima guerra mondiale e seguendo l'esempio degli altri cantoni romandi, Ginevra manifestò il suo dissenso in occasione della revisione della convenzione del Gottardo (1909). Nonostante questa concordanza di voci, il malcontento ginevrino aveva ragioni specifiche: convinto di avere reso decisivi servizi alla Confederazione, il cantone più giovane si riteneva ricompensato in misura insufficiente e tendeva pertanto all'indignazione o al ripiegamento su se stesso.
Il sistema politico ginevrino, strutturato secondo le differenti Costituzioni della Repubblica e via via adattato al sistema elvetico, non perse del tutto le tracce di una sua storia specifica: l'impronta di un passato lontano spiega ad esempio l'assimilazione iniziale, dal 1814 al 1842, della città al cantone. Quest'ultimo era retto da un Consiglio di Stato (governi cantonali) con 28 membri, nominati a vita e presenti in tutte le commissioni che detenevano il controllo sull'insieme degli affari pubblici. All'inizio degli anni 1830, una serie di riforme abolì l'inamovibilità, ma non intervenne nelle loro prerogative legislative e mantenne dunque inalterata la loro presenza tra i 250 deputati del Consiglio rappresentativo (parlamento). Nonostante il margine di autonomia che gli assicurava il regolamento elaborato da Etienne Dumont sulla base del modello parlamentare inglese, il Consiglio rappresentativo si sentì pertanto sempre più imbrigliato e dal 1841 tentò la strada dell'emancipazione attraverso due diverse prospettive. Da un lato, la rivoluzione del 22 novembre 1841 diede il via a una democratizzazione istituzionale che condusse nel 1847 all'introduzione di norme amministrative ancora attuali: nel 1842 venne abbozzata la separazione dei poteri che venne attuata appunto cinque anni più tardi, quando si provvide pure a diminuire gli effettivi del governo. Tra il 1842 e il 1847 il Consiglio rappresentativo, ribattezzato Gran Consiglio, passò a 170 e poi a 100 membri, mentre nello stesso lasso di tempo il numero dei Consiglieri di Stato scese a sette. Dall'altro lato, la rivoluzione del 1841 permise la creazione di un'amministrazione municipale della città di Ginevra designata attraverso il voto (autorità comunali). Questa soluzione fu resa possibile dalla storia recente di Ginevra. Sotto la dominazione francese, l'agglomerato della città era stato dotato di un municipio, sul modello dei comuni vicini, che a differenza del capoluogo mantennero questa conquista anche durante la Restaurazione. Ogni comune aveva dunque la sua mairie, assistita da alcuni aggiunti nominati dal Consiglio di Stato. La legge del 17 gennaio 1834 istituì l'elezione dei consigli municipali, che canalizzarono o trasferirono sulle istanze cantonali le manifestazioni di una vita locale piena di rivalità. Nelle communes réunies, queste tensioni si conclusero con una ridefinizione dei confini comunali, fissati spesso arbitrariamente durante la Restaurazione. Nel corso del XIX secolo furono dunque divisi una decina di comuni (ad esempio Compesières nel 1851), malgrado una loro indubbia somiglianza nelle condizioni di esistenza.
La storia di Ginevra nel XX secolo
Prima e dopo la prima guerra mondiale
Autrice/Autore:
Charles Heimberg
Traduzione:
Chiara Orelli Vassere
Il primo decennio del XX secolo fu caratterizzato da una congiuntura particolarmente favorevole e dallo sviluppo economico, ma anche da una crescita del movimento operaio. Il governo radicale, più o meno sostenuto dai socialisti, era contestato dai conservatori e, in misura minore, dai sindacalisti rivoluzionari. A Ginevra vi era una forte componente straniera della popolazione (stranieri), costituita da lavoratori provenienti dalle regioni di frontiera e da un buon numero di immigrati politici (immigrazione), che era poco coinvolta nelle questioni interne al cantone ma che nonostante ciò esercitava una certa influenza.
Quando scoppiò la prima guerra mondiale, Ginevra aveva appena terminato le celebrazioni per il primo centenario del suo ingresso nella Confederazione. Appena avviate le ostilità, a Ginevra e nel resto della Svizzera francese si diffuse un sentimento francofilo, che trovò particolare espressione nella stampa. Alcuni intellettuali legati alla Nuova società elvetica espressero a questo proposito i loro timori rispetto all'unità della Confederazione, timori che nemmeno l'elezione in Consiglio federale, nel 1917, del ginevrino Gustave Ador (in sostituzione di Arthur Hoffmann) riuscì a placare.
Il periodo bellico fu segnato da difficoltà economiche, determinate dalla partenza di numerosi lavoratori stranieri e dalla chiusura dei mercati esteri. Una parte delle industrie ginevrine, in particolare nei settori delle macchine e della chimica, riuscì malgrado ciò a sopravvivere, e in alcuni casi addirittura ad arricchirsi, convertendosi alla produzione di munizioni. Sul fronte operaio, invece, all'abbassamento dei salari reali si accompagnò il razionamento, tanto che dovette essere attivata una commissione, peraltro di scarsa efficacia, per assicurare l'approvvigionamento della popolazione. L'epidemia di influenza (grippe) che colpì Ginevra nell'estate e poi ancora nell'ottobre-novembre 1918 non fece che peggiorare la situazione (più di 1100 morti nel cantone). Nel 1918, la partecipazione di diverse migliaia di lavoratori ginevrini allo sciopero generale fu quasi una sorpresa. La guerra aveva infatti diviso la sinistra socialista: Jean Sigg, Consigliere nazionale, francofilo e sostenitore del principio della difesa nazionale, era stato escluso dal partito nel 1917. Tuttavia, l'aumento del costo della vita, gli effetti di una lunga situazione di guerra, mal gestiti dai poteri pubblici, e le speranze suscitate dagli avvenimenti di Russia (Rivoluzione d'Ottobre) favorirono una relativa mobilitazione sociale: ma, anche se ebbero effettivamente luogo lotte contro il rincaro, gli operai ginevrini non si mobilitarono affatto, poco prima dello sciopero del 1918, per sostenere gli impiegati di banca zurighesi.
Dal canto loro, in occasione dello sciopero generale le forze borghesi attivarono immediatamente un corpo di guardie civiche per contrastare il movimento e affermare la propria determinazione nella lotta contro il bolscevismo. All'indomani dell'armistizio (11 novembre 1918) e, coincidenza significativa, del trionfo dei conservatori nell'elezione del governo cantonale, le violenze (tafferugli, arresti o pestaggi di dirigenti operai) furono contenute e di breve durata, ma come nel resto della Svizzera rimasero a lungo impresse nella memoria. Guidato da una nuova generazione di militanti, si era formato un movimento operaio radicalizzato; lo sciopero finì tuttavia con il produrre soprattutto un solido soprassalto conservatore nella società ginevrina.
Tra le due guerre
Autrice/Autore:
Charles Heimberg
Traduzione:
Chiara Orelli Vassere
Cartolina postale commemorativa della prima assemblea generale della Società delle Nazioni (SdN) nel novembre del 1920 (Bibliothèque de Genève, ArchivesA. & G. Zimmermann).[…]
Dopo la guerra, Ginevra rafforzò la sua immagine quale luogo di arbitrato divenendo nel 1920 sede della Società delle Nazioni. La presenza sul territorio ginevrino di organizzazioni internazionali rimase tuttavia limitata e anche coloro che sottolineano l'«esprit de Genève» ammettono che questa apertura sul mondo non esclude l'esistenza di un certo atteggiamento di chiusura che si oppone all'integrazione di questa presenza cosmopolita.
Tutti gli stranieri che durante la guerra erano rientrati nei loro Paesi non ritornarono più a Ginevra. Essi furono ampiamente sostituiti da un forte flusso di Confederati, tra cui un numero consistente di operai che potevano esercitare il diritto di voto. Dopo una breve crisi economica e finanziaria, gli anni 1920 furono caratterizzati da una relativa crescita. In questo contesto, i socialisti ebbero due rappresentanti in Consiglio di Stato nel 1924, uno nel 1927. Ma questi anni furono segnati soprattutto dall'entrata in scena dell'Unione per la difesa economica (UDE, 1923), decisa reazione delle classi medie e degli ambienti padronali allo statalismo, al socialismo e alla modernità, che in un certo senso costituì un prolungamento del soprassalto conservatore e antibolscevico del 1918.
Il periodo tra le due guerre fu contraddistinto da una polarizzazione molto forte della vita politica. La questione delle zone franche – la Francia decise unilateralmente la soppressione della grande zona franca, originando una lunga battaglia giuridica per il ripristino delle piccole zone franche – impedì il naturale inserimento di Ginevra in un'entità economica regionale e mise nuovamente i Ginevrini davanti alla realtà di un territorio ridotto, in contrasto con la loro vocazione internazionale.
Posto di fronte alla crisi degli anni 1930, segnata dall'esplosione della disoccupazione e della miseria, e alla necessità di combattere la politica della riduzione dei salari messa in atto dalle autorità, il movimento operaio radicalizzò la lotta e l'alleanza tra radicali e socialisti andò in pezzi. Il socialismo ginevrino si fece più intransigente, quanto meno nei discorsi, sotto l'influenza del suo tribuno e deputato Léon Nicole. Anche il mondo sindacale era animato da militanti focosi, come Lucien Tronchet, attivo nel settore della costruzione e promotore di un sindacalismo che privilegiava l'azione diretta. Charles Rosselet, presidente dell'Unione sindacale, pur assumendo un'attitudine meno virulenta, condivideva l'idea della necessità di una diversa politica economica di fronte alla crisi. Per parte sua, il sindacalismo di matrice cristiana promuoveva il superamento della lotta di classe e la collaborazione sociale, cioè la realizzazione di un'organizzazione comune agli operai e ai padroni (corporativismo). Questa visione della questione sociale che voleva negare la lotta di classe era condivisa in parte dagli ambienti di estrema destra, che la reinterpretarono però in una versione più autoritaria.
Nel 1932 l'Unione nazionale, partito filofascista ispirato da Mussolini e animato da Georges Oltramare, fece un'apparizione spettacolare nel paesaggio politico ginevrino ed entrò a far parte del Gran Consiglio, succedendo a un'Unione per la difesa economica in pieno declino. Gli aderenti a questo movimento antidemocratico marciavano in parata lungo le strade cittadine, sul modello delle dimostrazioni fasciste; il loro giornale, Le Pilori, era profondamente antisemita e le loro affermazioni di inusitata violenza. La destra tradizionale e gli ambienti padronali non ebbero difficoltà ad adattarvisi, in nome di una lotta comune contro il socialismo e la sua patria, l'Unione Sovietica.
Le forze borghesi, per parte loro, furono coinvolte in scandali bancari, che riguardavano in particolare i denari investiti dalla collettività per il salvataggio della Banca di Ginevra (1931), proprio quando lo Stato versava in condizioni finanziarie disastrose, ma riuscirono a opporsi con successo a un'iniziativa socialista che voleva sottoporre a una maggiore pressione fiscale i contribuenti più facoltosi. Dopo la sparatoria del 9 novembre 1932, che provocò 13 morti e 65 feriti a seguito dell'intervento dell'esercito contro una manifestazione antifascista (sparatoria di Ginevra), nel 1933 venne eletto un governo a maggioranza socialista (senza un'analoga maggioranza in Gran Consiglio). Privato dei mezzi finanziari, l'esecutivo dovette concludere l'esperienza di governo nel 1936; il ricordo di questo tormentato periodo rimase però vivo per lungo tempo.
Dal 1936, l'Entente nationale (costituita da radicali e democratici, cioè i futuri liberali, e cristiano sociali, cioè i futuri popolari democratici) esercitò solidamente il potere. Il tentativo di introdurre una legge che imponesse a padronato e salariati di fare riferimento a contratti collettivi obbligatori fu invalidato dalla sinistra in nome della libertà di commercio. L'Entente fece inoltre rapidamente proibire il Partito comunista (PC), i cui membri confluirono nel Partito socialista. Quest'ultimo, dopo la firma dell'accordo sulla pace del lavoro nel settore della metallurgia nel luglio del 1937, e la conseguente ratifica sul piano cantonale nel 1938, non riuscì tuttavia a proporsi come alternativa credibile. I partigiani di Léon Nicole furono addirittura espulsi dal Partito socialista svizzero nel 1939 per non avere condannato il patto Hitler-Stalin. Essi diedero vita alla Federazione socialista, cui aderì la maggior parte dei loro elettori, che fu colpita dalle medesime misure di interdizione subite dal Partito comunista. Alla fine della guerra i suoi membri ricomparvero sulla scena politica nel Partito del lavoro (PdL).
Durante e dopo la seconda guerra mondiale
Autrice/Autore:
Charles Heimberg
Traduzione:
Chiara Orelli Vassere
L'Unione nazionale ebbe legami con i partiti dell'alleanza borghese dell'Entente e fu addirittura sul punto di fondersi con i liberali nel nome di una comune avversione per il bolscevismo. Nel 1942, quando l'Unione non era più presente nel parlamento cantonale, la vita politica ginevrina fu caratterizzata da un progresso rapido ma effimero dell'Anello degli Indipendenti (AdI): segno del fallimento dei partiti borghesi tradizionali nel convincere e riunire tutto il loro elettorato potenziale. Lo spirito dominante dell'epoca si indirizzava comunque anche a Ginevra, come nel resto della Svizzera e nella prospettiva della difesa nazionale spirituale, verso l'unità del Paese, la concordia politica, i sentimenti patriottici e la morale cristiana: cioè nella direzione di un ripiegamento verso quel ridotto alpino che doveva simboleggiare una volontà collettiva di resistenza ma che comportava pure una dimensione autoritaria (ridotto nazionale).
Il conflitto e la vicinanza delle truppe dell'Asse favorirono un clima di grande prudenza nel cantone. René Payot e molti altri sostennero in un primo momento l'idea di un rinnovamento nazionale ispirato dal regime di Vichy, ma poi si volsero verso un sostegno alla Resistenza e agli Alleati. Ginevra era una zona di frontiera di importanza capitale per tutti coloro che cercavano rifugio in Svizzera. Nella regione vennero organizzati passaggi clandestini di rifugiati, anche in relazione con la Resistenza; le autorità locali e alcuni funzionari si distinsero tuttavia per il loro atteggiamento intransigente e respinsero gli ebrei in fuga, il cui numero rimane incerto (giudaismo). Dato che questi ultimi correvano il forte rischio di cadere in mano dei Tedeschi, il Consiglio di Stato di Ginevra ha espresso nel 2000 il suo rincrescimento per quanto avvenuto.
La capitolazione tedesca venne salutata a Ginevra con manifestazioni di giubilo. Appena terminata la guerra, la ripresa economica fu molto rapida. Si verificarono nuove mobilitazioni operaie, ad esempio uno sciopero nell'edilizia per ottenere il pagamento dei giorni festivi: tutti volevano partecipare ai progressi sociali che si delineavano all'orizzonte. Sul piano politico, il Partito del lavoro divenne la prima forza nel parlamento cantonale, con 36 deputati. Gli strati più popolari non avevano evidentemente apprezzato l'interdizione del movimento comunista e della Federazione socialista, e la larga partecipazione del popolo sovietico alla liberazione dell'Europa diede al partito un indubbio prestigio che fece dimenticare il patto Hitler-Stalin del 1939. Il Partito socialista, ricomposto per volontà di coloro che non avevano voluto seguire Léon Nicole, ottenne solo nove seggi alla fine della guerra e dovette attendere il 1961 per avere un numero di deputati maggiore di quello del Partito del lavoro. Malgrado una fase di crisi negli anni 1950, con la partenza di Nicole, e un certo declino negli anni 1980, quest'ultimo ebbe invece uno spazio duraturo nel paesaggio politico ginevrino del XX secolo.
Gli anni della prosperità (1945-1975)
Autrice/Autore:
Charles Heimberg
Traduzione:
Chiara Orelli Vassere
Dopo il 1945 i partiti borghesi disposero di un'ampia e durevole maggioranza, sia in Gran Consiglio che in Consiglio di Stato, anche se uno e poi due socialisti fecero regolarmente parte del governo. Malgrado non fosse designata come sede centrale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), Ginevra ne accolse la sede europea, vedendo in tal modo svilupparsi sul suo territorio un importante numero di organizzazioni internazionali. La congiuntura favorevole e le trasformazioni che ne derivarono modificarono i termini del dibattito politico anche all'interno delle formazioni borghesi: era infatti necessario gestire la prosperità economica provvedendo all'organizzazione delle infrastrutture destinate all'accoglienza di nuove attività industriali o di servizi.
Città di Le Lignon, costruita tra il 1962 e il 1971 dagli architetti Georges Addor, Jacques Bolliger, Dominique Julliard e Louis Payot (Bibliothèque de Genève, Archives A. & G. Zimmermann).[…]
Gli anni 1950 e 1960 furono teatro di un vasto rilancio economico, che portò a un nuovo afflusso di immigrati e a una parziale apertura sociale. La crescita demografica provocò profondi mutamenti nel tessuto urbano e nel territorio cantonale, che conobbero un importante sviluppo edilizio e la realizzazione di città-satellite come Meyrin, Onex e Le Lignon (comune Vernier). Zone industriali si svilupparono in diverse aree della periferia ginevrina: dapprima a La Praille e Les Acacias (entrambi comune Ginevra), poi a Meyrin, Satigny, Vernier e Plan-les-Ouates. Alcuni politici dello schieramento borghese si distinsero per uno spirito innovatore in diversi ambiti, ad esempio nel settore degli alloggi a pigione moderata, dove occorreva rispondere ai nuovi bisogni dell'economia e della società e dare risposta alle richieste di una classe media in piena espansione.
Nel 1961, un anno dopo che le donne ebbero ottenuto, a conclusione di una lunga lotta, il diritto di voto sul piano cantonale, le elezioni videro una forte retrocessione dei radicali. Ma Ginevra conobbe un vero e proprio terremoto politico solo nel 1965, con l'ingresso in Gran Consiglio dei Vigilance, un movimento di estrema destra, xenofobo e tradizionalista, che ottenne ancora nove seggi nel 1989, ma che scomparve nel 1993 (xenofobia). Durante il maggio 1968 e nel periodo successivo si manifestarono tra i giovani forme politiche alternative, in particolare in ambito culturale e associativo, e nuovi temi quali il femminismo, l'antimilitarismo e l'ecologia. A sinistra del partito del lavoro furono attivi diversi piccoli gruppi politici. Si trattò di un'evoluzione che si mosse in parallelo alla liberalizzazione dei costumi e alla modernizzazione delle idee. Nonostante ciò, i rapporti di forza tra i principali gruppi politici ginevrini rappresentati al parlamento cantonale non subirono cambiamenti di rilievo fino alla comparsa del Partito ecologista nel 1985 (otto deputati su 100). Dopo l'introduzione del suffragio femminile sul piano federale (1971), Ginevra elesse la prima donna al Consiglio agli Stati (Lise Girardin).
Seggi del canton Ginevra all'Assemblea federale 1919-2015
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a Anello degli Indipendenti.
Seggi del canton Ginevra all'Assemblea federale 1919-2015 - Historische Statistik der Schweiz; Ufficio federale di statistica
Seggi del canton Ginevra all'Assemblea federale 1919-2015
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a Anello degli Indipendenti.
Seggi del canton Ginevra all'Assemblea federale 1919-2015 - Historische Statistik der Schweiz; Ufficio federale di statistica
Composizione del Gran Consiglio del canton Ginevra 1919-2013
1919
1924
1933
1939
1954
1965
1977
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a 1892-1926: Partito indipendente; 1926-71: Partito indipendente cristiano sociale.
b 1873-1957: Partito democratico.
c 1939-45: Federazione socialista.
d Partito ecologista ginevrino.
e Giovani radicali.
f Partito progressista.
Composizione del Gran Consiglio del canton Ginevra 1919-2013 - Historische Statistik der Schweiz; Ufficio federale di statistica; Cancelleria di Stato di Ginevra
La prosperità rimessa in questione (1975-inizio del XXI secolo)
Autrice/Autore:
Charles Heimberg
Traduzione:
Chiara Orelli Vassere
Mentre la generazione del dopoguerra costruì senza riserve, confidando nella prospettiva di un cantone di 800'000 abitanti, quella degli ultimi decenni del secolo ha dovuto forzatamente rivedere questo entusiasmo e ripensare gli equilibri della società. Ginevra è riuscita a limitare gli effetti della crisi economica degli anni 1970, ma le conseguenze della recessione degli inizi dell'ultimo decennio del secolo si sono rivelate molto più gravi che nel resto del Paese. Un tasso di disoccupazione molto superiore alla media svizzera (4,7% nel 1992, 7,6% nel 1994, 5,1% nel 1999, 7,3% nel 2004) e una seria crisi finanziaria dello Stato hanno condotto a una nuova polarizzazione della vita politica. Nel 1993 i partiti dello schieramento borghese riuscirono a conquistare, per la prima volta nel dopoguerra, la totalità dei seggi in Consiglio di Stato. L'esperienza fu tuttavia fallimentare e portò, quattro anni più tardi, all'elezione di un governo che contava due soli esponenti dell'area borghese (tra cui la liberale Martine Brunschwig Graf, prima donna a entrare nel Consiglio di Stato), mentre la sinistra e i Verdi ottennero tra il 1997 e il 2001 per la prima volta una breve ed effimera maggioranza in Gran Consiglio (51 deputati su 100). Affermatasi come una forte componente della sinistra ginevrina con l'entrata dei Verdi nell'esecutivo (1997), l'Alleanza di sinistra – unione tra il Partito del lavoro, il movimento «solidaritéS» e degli indipendenti – ha perso tuttavia i suoi seggi in Gran Consiglio nel 2005. Il cantone costituisce un'unica circoscrizione elettorale; il sistema proporzionale contempla un quorum del 7%.
Le forze borghesi hanno unito le proprie posizioni sotto la leadership del Partito liberale (PL). La vita politica ginevrina è caratterizzata anche da una pressione costante dei gruppi di estrema destra, a volte sostenuti dagli ambienti economici, che si battono per una riduzione della pressione fiscale e un ridimensionamento del ruolo dello Stato. Fino ad allora non presente a Ginevra, dato il suo carattere agrario tradizionale, l'Unione democratica di centro (UDC) ha ottenuto dieci seggi al Gran Consiglio nelle elezioni del 2001. Nel campo della destra populista si situa anche il Mouvement citoyens genevois, fondato nel 2005, che nel 2013 è divenuto la seconda forza politica nel Gran Consiglio ed è riuscito a conquistare un seggio nel governo cantonale. La deputazione ginevrina al Consiglio nazionale contava nel 1919 due socialisti su otto deputati; nel 2003 tre socialisti, due liberali, due UDC (una novità), un radicale, un popolare democratico, un verde e un rappresentante dell'Alleanza di sinistra (fino al 2007). Dopo un lungo periodo senza rappresentanti in Consiglio federale, due ginevrine, Ruth Dreifuss (1993-2001, presidentessa nel 1999) e Micheline Calmy-Rey (2002-2011, presidentessa nel 2011), sono state elette nel governo nazionale.
La vita politica ginevrina dell'inizio del XXI secolo è chiaramente percorsa da un certo disincanto; essa ha tuttavia dato vita a nuovi interrogativi sulle relazioni tra Ginevra e la Confederazione e sull'inserimento del cantone in uno spazio regionale. La votazione del novembre 1989 sull'abolizione dell'esercito (il cantone si è espresso per il sì a stretta maggioranza), che ha dato nuova espressione ad alcune reticenze nei confronti di questa istituzione, non ha trovato in seguito conferma. Il voto nettamente favorevole, nel dicembre 1992, allo Spazio economico europeo (78% di sì), in controtendenza con il risultato negativo sul piano nazionale (49% di sì), è stato indubbiamente più significativo: in questa circostanza si è di fatto riproposto il dualismo, tipicamente ginevrino, tra una volontà di apertura sul mondo e la realtà di un inserimento in uno spazio nazionale chiuso su se stesso. Questa dicotomia si è però attenuata nel marzo del 2001, quando il 58% della popolazione ginevrina ha respinto un'iniziativa che chiedeva l'ingresso della Svizzera nell'Unione europea.
Amministrazione e finanze pubbliche
Autrice/Autore:
Charles Heimberg
Traduzione:
Chiara Orelli Vassere
Dal 1925, lo Stato di Ginevra e la sua amministrazione sono organizzati in otto Dipartimenti (finanze, istruzione pubblica, giustizia e polizia, opere pubbliche, interno, economia, opere sociali e sanità, militare), che hanno in parte mutato denominazione e ripartizione dei compiti nel corso degli anni: così, ad esempio, il Dipartimento delle finanze è posto alla guida dell'Ufficio del personale dello Stato, creato nel 1935.
Se confrontato agli altri cantoni, Ginevra ha da sempre una spesa pubblica elevata, dato che i suoi bisogni di agglomerato decentrato e cosmopolita sono particolarmente importanti e che ciò corrisponde alle aspettative della popolazione. L'amministrazione di questa città-cantone è relativamente centralizzata; i distretti (riva destra, riva sinistra e città di Ginevra) sono stati soppressi nel 1920. Le spese dello Stato per il personale sono fortemente cresciute dalla fine degli anni 1950, soprattutto nei settori della sanità e dell'educazione.
La questione dello statuto e della retribuzione dei funzionari è regolarmente al centro del dibattito politico ginevrino assieme a quella della fiscalità (imposte), cui è strettamente legata. Tra le due guerre, le crisi finanziarie hanno determinato in due occasioni una riduzione dei salari dei funzionari. Nell'ultimo quarto del XX secolo si sono avuti numerosi scioperi nel settore pubblico, per il miglioramento delle condizioni di lavoro e il mantenimento della qualità dei servizi offerti alla popolazione, che hanno dato il via a un ampio dibattito sul ruolo dello Stato e la sua immagine. Il forte aumento del deficit di budget e del debito pubblico durante la crisi dei primi anni 1990 ha pure suscitato vivaci discussioni ed è sfociato in una riduzione del carico fiscale per rilanciare l'economia, secondo quanto postulato da un'iniziativa promossa dai liberali e accolta in votazione popolare nel 1999. Gli anni successivi hanno visto una nuova crescita del deficit e una conseguente ripresa della polemica attorno a questi temi.
Con la sua integrazione nel Dipartimento del Lemano, la città di Ginevra si trovò per la prima volta ad avere un vasto retroterra, senza separazioni determinate dalle frontiere. Il territorio dell'agglomerato ginevrino rappresentava meno del 2% della superficie del Dipartimento e, con i suoi 24'000-25'000 abitanti, inglobava poco più di un decimo della sua popolazione complessiva. Questa nuova situazione favorì la diffusione delle idee degli agronomi locali e i loro esperimenti in ambito agricolo (agricoltura) e di acclimatazione dei montoni merinos, ma fu di troppo breve durata per permettere lo stabilirsi di solide relazioni tra i Ginevrini e gli abitanti, cattolici e in prevalenza rurali, del restante territorio del Dipartimento.
Come era avvenuto nei due decenni precedenti, l'economia ginevrina durante il regime francese fu fortemente disturbata dalle misure adottate dal Direttorio, e poi da Napoleone, per limitare l'importazione di materie prime e ostacolare le sue esportazioni. Volti a danneggiare l'Inghilterra, a favorire le manifatture francesi e a operare un prelievo fiscale sugli scambi, diritti di importazione e divieti si curarono poco delle clausole del trattato di unione del 1798 che assicuravano ai Ginevrini l'esenzione dalle tasse e la libera circolazione dei loro prodotti in Francia. Si trattava infatti, per quest'ultima, di togliere a Ginevra i vantaggi che le derivavano dal commercio di commissione e di deposito: Ginevra continuò dunque di fatto a essere percepita come concorrente delle città francesi.
Il periodo fu pure caratterizzato da una polarizzazione delle attività nell'orologeria e nella gioielleria (Fabrique) e nella lavorazione del cotone (tele bianche e indiane). Malgrado numerose invenzioni spettacolari nel settore orologiero, che trovarono un'eco nella Società delle arti e nelle esposizioni di Parigi, e lo sviluppo di alcuni dinamici atelier di gioielleria e di abbozzi, la Fabrique fu penalizzata dalle cattive condizioni del mercato. La sua produzione aveva infatti costi elevati: nonostante fosse ormai affrancata dal sistema corporativo che in precedenza le aveva proibito di far lavorare nelle campagne, essa rimase circoscritta ai piccoli laboratori cittadini, dai mezzi limitati, senza poter ricavare particolare vantaggio dall'eliminazione di quelle frontiere che fino ad allora l'avevano isolata dai centri di produzione degli abbozzi (valle dell'Arve, Pays de Gex). Solo l'industria del cotone poté trarre beneficio dall'allargamento dello spazio economico ginevrino; uniti in grandi società internazionali in accomandita, gli imprenditori del settore fecero capo in alcuni casi alla manodopera rurale, facilmente sfruttabile, dell'antica Savoia e ai fabbricati confiscati agli ordini religiosi dalla Rivoluzione francese. Le guerre napoleoniche, il blocco continentale e il prezzo elevato delle materie prime fecero sì che il bilancio del periodo fosse in definitiva piuttosto negativo, segnato com'era dal ristagno che colpì tutti i settori di attività, la disoccupazione e la miseria di una parte importante della popolazione.
I diversi gruppi sociali che costituivano la società ginevrina agli inizi del XIX secolo vissero l'esperienza dell'annessione in modo molto diverso gli uni dagli altri. Una minoranza di benestanti poté conservare il proprio stile di vita mondano e trarre vantaggi dal nuovo regime; la maggioranza della popolazione dovette invece subire insieme la crisi economica, la pressione fiscale e la chiamata alle armi, cui si poteva sottrarre unicamente pagando un sostituto. Se è vero che l'aperta opposizione rimase un fenomeno eccezionale, l'obbligo di indossare la coccarda tricolore, la soppressione dei blasoni e di alcune usanze locali (ordini), il moltiplicarsi delle parate militari e delle cerimonie che glorificavano la Repubblica francese e l'Impero, l'onnipresenza di un'amministrazione straniera pervasiva e le mire del potere imperiale sui loro beni furono altrettanti motivi per i Ginevrini di esprimere il loro rancore nel segreto dei salotti e dei circoli.
Durante il Consolato (1799-1804) Ginevra perse ufficialmente la propria unità religiosa. Dopo aver mantenuto una posizione di basso profilo durante gli anni del Direttorio, la Chiesa ritrovò il suo ruolo tradizionale grazie alla legge relativa all'organizzazione del culto del 1802, promulgata da Bonaparte contemporaneamente al Concordato che ristabiliva la fede cattolica in Francia. I cattolici ebbero dunque il diritto di tornare a praticare la loro religione, sotto la guida del parroco Jean-François Vuarin. La diocesi di Ginevra-Annecy (diocesi di Annecy) venne soppressa nel 1801 e nello stesso anno fu creata quella di Chambéry e Ginevra. Gli ebrei, banditi dalla città dal 1490, ricevettero a loro volta una regolamentazione del culto nel 1806 e nel 1808 (giudaismo). All'estero Ginevra era conosciuta per i suoi eruditi (Jean Charles Léonard Simonde de Sismondi), gli artisti (Jean-Pierre Saint-Ours), la Società delle arti e gli articoli scientifici della Bibliothèque britannique. Napoleone riservò alla città un trattamento di favore in occasione della creazione dell'Università imperiale, permettendo a Ginevra di conservare un'Accademia indipendente e dotata di diverse facoltà e di due scuole preparatorie (diritto e medicina).
Dopo una consistente diminuzione durante l'occupazione francese, la popolazione del cantone conobbe nel XIX secolo un inedito sviluppo. Tra il 1814 e il 1914 passò da 31'000 a 172'000 abitanti, di cui tre quarti residenti in città (154'906 abitanti, di cui 115'243 nella città di Ginevra, nel 1910). Questa crescita si articolò in ondate successive, legate alla congiuntura politica ed economica. Il primo balzo si ebbe all'indomani della pace di Parigi (1815) e del trattato di Torino (1816) e si dovette essenzialmente alle communes réunies, che apportarono alla Repubblica circa 16'000 abitanti. L'incorporazione alla Svizzera determinò un nuovo e costante afflusso di Confederati, attratti dalle possibilità di lavoro che la principale città del Paese sembrava offrire; durante la Restaurazione le sue dimensioni triplicarono e attorno al 1846 si contarono circa 10'000 Svizzeri insediati in città: si trattava dei due terzi dell'immigrazione complessiva verso Ginevra, composta essenzialmente, eccettuati i Confederati, da Francesi e Sardi.
Dopo la rivoluzione radicale del 1846 (radicalismo) aumentò il flusso degli arrivi. Il regime favorì l'insediamento dei rifugiati in fuga dalle repressioni del 1848. Ridotto nel numero, questo particolare gruppo esercitò una forte influenza: fu infatti grazie al carisma di alcuni dei suoi membri e all'accortezza del governo, che seppe fare tesoro delle loro competenze, che Ginevra confermò la sua nomea di città di accoglienza. Si tratta di un'immagine di fatto non impropria, dal momento che tra il 1850 (15'142 stranieri su 64'146 abitanti nel 1850, pari al 23,6%) e il 1914 (62'611 su 154'906 abitanti nel 1910, pari al 40,4%) la percentuale di stranieri crebbe di molto, fino ad arrivare a rappresentare il 42% della popolazione cantonale alla vigilia della prima guerra mondiale. Questi cambiamenti demografici furono resi possibili unicamente dalle profonde trasformazioni urbanistiche che accompagnarono l'apertura verso l'esterno della città, fino ad allora chiusa nelle sue fortificazioni. La distruzione di queste ultime cambiò il volto della città, che perse il suo aspetto di cittadella medievale e si trasformò in città contemporanea, aperta all'espansione grazie all'arrivo della ferrovia, alla costruzione di un'amplissima rete tramviaria (126 km nel 1894) e a uno sviluppo economico adeguato.
Sviluppo demografico del canton Ginevra 1836-2000
Anno
Abitanti
Percentuale di stranieri
Percentuale di protestanti
Percentuale di cattolici
Percentuale di francofoni
Percentuale di germanofoni
Percentuale di persone di età superiore ai 59 anni
Periodo
Crescita complessivaa
Saldo naturale relativoa
Saldo migratorioa
1836
58 666
1836-1850
6,5‰
0,3‰
6,2‰
1850
64 146
23,6%
53,3%
46,4%
1850-1860
23,6‰
-1,5‰
25,1‰
1860
82 876
34,6%
48,3%
50,8%
7,5%
1860-1870
6,9‰
-1,7‰
8,6‰
1870
88 791b
35,0%
46,8%
51,3%
8,3%
1870-1880
8,6‰
0,7‰
7,9‰
1880
99 712b
36,1%
47,6%
50,7%
85,1%
11,3%
8,4%
1880-1888
7,1‰
-0,2‰
7,3‰
1888
105 509
37,8%
48,3%
49,6%
84,5%
11,7%
9,1%
1888-1900
19,2‰
0,9‰
18,3‰
1900
132 609
39,7%
47,1%
50,6%
82,7%
10,1%
9,8%
1900-1910
15,7‰
1,1‰
14,6‰
1910
154 906
40,4%
45,5%
49,6%
78,0%
11,0%
9,1%
1910-1920
9,9‰
-2,0‰
11,9‰
1920
171 000
30,2%
49,7%
44,1%
78,0%
12,1%
10,1%
1920-1930
0,2‰
-2,3‰
2,5‰
1930
171 366
23,9%
51,9%
38,9%
76,9%
14,1%
12,3%
1930-1941
1,8‰
-3,2‰
5,0‰
1941
174 855
15,6%
54,6%
40,5%
80,6%
13,6%
16,1%
1941-1950
16,7‰
0,2‰
16,5‰
1950
202 918
17,3%
50,6%
42,3%
77,6%
13,6%
17,1%
1950-1960
24,8‰
1,1‰
23,7‰
1960
259 234
23,7%
45,7%
47,8%
70,0%
13,3%
17,1%
1960-1970
24,9‰
5,8‰
19,1‰
1970
331 599
33,7%
38,1%
53,4%
65,4%
10,9%
16,7%
1970-1980
5,1‰
2,7‰
2,4‰
1980
349 040
32,3%
30,6%
51,1%
64,7%
9,5%
17,4%
1980-1990
8,3‰
2,5‰
5,8‰
1990
379 190
36,6%
22,6%
47,8%
70,4%
5,5%
18,3%
1990-2000
7,9‰
3,5‰
4,4‰
2000
413 673
38,1%
17,4%
39,4%
75,8%
3,9%
20,1%
a Tasso medio di incremento annuo.
b Popolazione «presente».
Sviluppo demografico del canton Ginevra 1836-2000 - Censimenti federali; Historische Statistik der Schweiz; Ufficio federale di statistica
La centrale idroelettrica di Chèvres, situata tra Vernier e Bernex, attorno al 1910 (Bibliothèque de Genève).
[…]
Alla fine dell'epoca napoleonica, Ginevra uscì dal periodo di ristagno economico e riguadagnò un tale grado di benessere che si è giunti a definire gli anni precedenti la rivoluzione del 1841 i «27 anni di felicità». Questa valutazione positiva corrisponde probabilmente a un effettivo innalzamento del livello di vita, in massima parte dovuto al rinnovato vigore della Fabrique; nello stesso tempo, tuttavia, sottace sia l'ultima crisi di sussistenza ginevrina che, tra il 1816 e il 1817, condusse alla miseria (carestie) una parte della popolazione e costrinse le autorità a cercare il grano fino in Russia, sia la sorte dei grandi laboratori per la lavorazione delle indiane, che tra il 1825 e il 1835 sparirono. Infine, non considera il regresso dell'edilizia e di alcuni settori dell'artigianato agli inizi degli anni 1830. Un decennio dopo, la stessa orologeria visse due momenti di crisi: il primo attorno al 1840, il secondo nel periodo 1846-1849, quando la recessione colpì l'insieme del cantone. James Fazy rispose al problema facendo lavorare le vittime della depressione economica nella demolizione delle fortificazioni, divenuta un vero e proprio cantiere pubblico. Egli cercò inoltre di trarre vantaggio dall'apertura dell'agglomerato verso l'esterno per tentare di recuperare il ritardo di Ginevra nella costruzione di linee ferroviarie. Nel 1858 Ginevra venne collegata a Lione e a Yverdon. La linea Ginevra-Annemasse fu inaugurata nel 1888, ma nonostante ciò Ginevra fallì nel disegno di un'integrazione armonica alle grandi reti ferroviarie europee (fallimento del progetto del passo di La Faucille). Fazy promosse infine la creazione di banche di credito.
Manifesto per le automobili Stella, realizzato nel 1908 dal graficoEdouard Elzingre (Museum für Gestaltung Zürich, Plakatsammlung, Zürcher Hochschule der Künste).
[…]
Inserite nel quadro di un miglioramento generale della congiuntura, queste misure permisero una ripresa dell'economia locale. Per una ventina d'anni, il cantone godette di una prosperità che si manifestò attraverso la vivacità della Fabrique e una formidabile inventiva industriale, che fu nuovamente fiorente solo al volgere del XX secolo, e dopo essere stata segnata dalla grande depressione degli anni 1870. Per il settore orologiero, questo rallentamento congiunturale fu aggravato dalla convergenza con problemi di natura strutturale. Centrato sulla qualità, il settore ebbe grandi difficoltà a battersi sul terreno quantitativo e, di fronte alla concorrenza americana, non poté che lentamente avviarsi verso il declino. Lavorazione delle indiane e Fabrique furono sostituite da nuove attività. Durante la Restaurazione si ebbe una fioritura del turismo; nella seconda metà del secolo, invece, si assistette sia a un progresso del settore bancario sia all'apertura di un elevato numero di fabbriche che, nei settori dei macchinari e degli strumenti di precisione (industria delle macchine), seppero trarre beneficio dell'ingegnosità di inventori come Théodore Turrettini o Auguste De la Rive (Société genevoise d'instruments de physique nel 1862; dal 1879 Ateliers de Sécheron). Alla vigilia della prima guerra mondiale comparvero ulteriori industrie che testimoniavano gli sviluppi della chimica (profumi, coloranti, aromi sintetici; Firmenich, Givaudan). Tuttavia, malgrado questo dinamismo, il settore secondario esercitò un'attrazione sempre minore sui Ginevrini: attorno al 1910 circa il 50% della popolazione attiva nel cantone lavorava in effetti nel terziario, a danno dell'agricoltura, riproponendo una transazione tra settori lavorativi tipica delle grandi città.
Distribuzione dell'impiego nel canton Ginevra 1860-2000a
Anno
Settore primario
Settore secondario
Settore terziariob
Totale
1860
3 878
9,1%
20 613
48,1%
18 352
42,8%
42 843
1870c
8 411
22,0%
17 457
45,7%
12 344
32,3%
38 212
1880c
7 927
17,3%
22 819
49,7%
15 205
33,1%
45 951
1888
7 312
14,0%
20 753
39,8%
24 063
46,2%
52 128
1900
7 198
9,9%
33 025
45,3%
32 608
44,8%
72 831
1910
6 230
7,6%
35 910
43,7%
39 944
48,7%
82 084
1920
6 014
6,3%
42 335
44,3%
47 217
49,4%
95 566
1930
5 444
5,8%
39 301
42,1%
48 504
52,0%
93 249
1941
5 661
6,2%
38 029
41,8%
47 397
52,0%
91 087
1950
4 588
4,4%
43 518
41,5%
56 656
54,1%
104 762
1960
3 966
2,9%
56 710
41,4%
76 314
55,7%
136 990
1970
2 707
1,6%
54 694
32,2%
112 577
66,2%
169 978
1980
2 398
1,4%
40 939
23,3%
132 159
75,3%
175 496
1990
1 734
0,9%
32 561
16,5%
162 742
82,6%
197 037
2000d
2 218
1,1%
22 297
10,8%
182 013
88,1%
206 528
a Fino al 1960 senza le persone occupate a tempo parziale.
b Il dato (che comprende le persone «senza indicazione») risulta dalla deduzione delle persone attive nei settori primario e secondario dal totale complessivo.
c Popolazione «presente».
d I dati del censimento federale del 2000 sono paragonabili solo in parte a quelli precedenti, visto l'alto numero di «senza indicazione» (40'917).
Distribuzione dell'impiego nel canton Ginevra 1860-2000 - Censimenti federali; Historische Statistik der Schweiz
L'evoluzione tutto sommato tradizionale della società ginevrina non deve far dimenticare che vi furono anche processi meno prevedibili. Agli inizi del XIX secolo, l'aggregazione delle communes réunies modificò e rese più complesso il volto già variegato della città. Schematizzando di molto la situazione, è possibile dire che la popolazione ginevrina si articolava in numerose categorie che a loro volta si dividevano il territorio cantonale. Ai vertici della piramide sociale si trovavano i notabili, distribuiti nelle ampie strade che contornavano la cattedrale o affiancavano le rive del Rodano. Discendenti dalle famiglie aristocratiche o eredi ben imparentati di imprenditori arricchiti dall'epopea napoleonica, dominarono tutti gli ingranaggi dello Stato fino agli anni 1840 (élite). Essi non ebbero praticamente contatti con i loro concittadini, se si eccettuano i contadini che lavoravano le proprietà delle loro residenze estive di campagna o i mercanti e rappresentanti delle professioni liberali che incrociavano al Consiglio rappresentativo e poi al Gran Consiglio, dove questi ultimi furono rappresentati in numero sempre maggiore.
Questa classe medio-alta, che abitava la città bassa, prese il potere nel 1846 (ceto medio) e lo conservò fino agli inizi del XX secolo. Due dei suoi leader, James Fazy e Louis Rilliet-de Constant, erano aristocratici, ma il suo elettorato era costituito soprattutto dai lavoratori della Fabrique, in genere residenti nel quartiere di Saint-Gervais. Sull'altra riva, una popolazione eterogenea, fatta di piccoli artigiani, stranieri e prostitute, si distribuiva sulle colline; la medesima composizione sociale caratterizzava i sobborghi. Ancora più distanti dall'agglomerato urbano vivevano i contadini, relativamente benestanti e protestanti negli ex mandements, in maggioranza poveri e cattolici nelle communes réunies.
Nonostante le differenze sociali, confessionali e storiche, l'insieme della società denotava una certa coesione. Qualunque fosse la loro origine, i Ginevrini ebbero infatti quale tratto comune la forte consapevolezza della loro dignità di uomini. Agli inizi della Restaurazione, questa fierezza, ancora libera da connotazioni politiche, diede origine a disordini limitati e di scarso rilievo; abilmente strumentalizzata dai radicali, essa fu invece all'origine delle rivoluzioni del 1841 e del 1846. Alimentata dal movimento ispirato alle idee del francese François-Marie-Charles Fourier, dagli ideali della socialdemocrazia tedesca e rafforzata dal flusso di operai attratti dall'apertura della città, si tradusse in un'attitudine favorevole alla contestazione sociale. In questo contesto particolarmente ricettivo verso le idee nuove e verso la giovanissima Associazione internazionale dei lavoratori, fondata nel 1864 (Internazionale), nel 1868 scoppiò un'agitazione generale dell'edilizia, presto seguita da molti altri scioperi. Questa combattività ebbe la sua massima espressione nel 1902, quando per la prima volta in Svizzera fu l'intero cantone ad astenersi dal lavoro. In linea di principio, il governo cercò di percorrere la strada della conciliazione, privilegiando il negoziato e sollecitando le alleanze elettorali; ciò permise a Fritz Thiébaud di divenire nel 1897 il primo Consigliere di Stato socialista di tutta la Svizzera. Le autorità provvidero inoltre ad adattare le leggi, istituendo dal 1882 dei tribunali del lavoro e conferendo forza di legge, come nel resto d'Europa, ai contratti collettivi. Il cantone manifestò dunque una vistosa precocità sia nelle rivendicazioni sia nelle misure sociali in risposta alle prime, a loro volta correlate a un apprezzabile livello dell'istruzione e a molteplici tensioni confessionali (confessionalismo).
Il XIX secolo segnò l'avvio della lenta disgregazione della matrice confessionale, culturale e identitaria di Ginevra, vale a dire del protestantesimo. Confermati in una posizione di privilegio dalla Costituzione del 1814, attorno al 1835 i pastori perdettero una parte delle loro prerogative scolastiche e si videro le loro competenze circoscritte ai soli ambiti della teologia e della pastorale. Nel 1847 la loro nomina venne attribuita ai parrocchiani, cui competeva pure l'elezione del concistoro incaricato dell'amministrazione degli affari ecclesiastici. Una delle ragioni di questa perdita di influenza del clero protestante va individuata nell'affermazione del Risveglio, movimento riformato dissidente nato agli inizi del XIX secolo. All'indomani della Restaurazione, questo movimento imbevuto dello spirito del Romanticismo e promotore di una concezione meno razionalistica e più interiorizzata della fede fece proseliti nelle classi popolari, prima di conquistare anche numerosi notabili. La perdita di unità dottrinale spiega l'inadeguatezza delle autorità protestanti nel fronteggiare efficacemente una «minaccia» più grave, quella del cattolicesimo.
Il ritorno del cattolicesimo, reintrodotto a Ginevra durante il regime napoleonico, venne confermato de iure dall'entrata della Repubblica nella Confederazione e de facto dalla conseguente aggregazione delle communes réunies. Nelle cerchie governative esso suscitò un enorme timore, che si manifestò nella crescita territoriale minima del cantone, nell'integrazione nel 1819 delle parrocchie di nuova acquisizione in una diocesi svizzera, quella di Losanna (divenuta nel 1821 diocesi di Ginevra e Losanna), e nell'elaborazione di disposizioni legislative che cercavano di ridurre i diritti politici dei cattolici o di favorire i matrimoni misti. Questa preoccupazione fu ulteriormente accresciuta dalla personalità del parroco della città di Ginevra, Jean-François Vuarin, fiero oppositore del governo. Negli anni 1840, prima la morte di Vuarin (1843) poi gli sforzi messi in atto dall'agnostico James Fazy per conquistarsi l'elettorato cattolico contribuirono a pacificare il clima religioso; nel 1847 venne accordata l'uguaglianza nei diritti alle due confessioni. Gli ebrei poterono celebrare dal 1843 un «culto privato», fondare una comunità israelita dal 1852 e aprire una sinagoga dal 1859.
«La séparation». Caricatura anticlericale pubblicata nel Carillon de Saint-Gervais (1891), disegno di Godefroy (Bibliothèque de Genève).[…]
Il conflitto religioso riprese vigore quando i protestanti si trovarono ad essere in minoranza (40'069 protestanti, 42'099 cattolici nel 1860) e quando giunse a Ginevra un altro parroco dalla personalità eccezionale, Gaspard Mermillod (1864). Animato dalla volontà di ripristinare l'antica diocesi di Ginevra, egli contribuì allo scoppio del Kulturkampf nel cantone. Dopo il 1870 i radicali, guidati da Antoine Carteret, elaborarono un insieme di leggi che miravano a sostituire la Chiesa cattolica romana con un culto posto sotto la tutela dello Stato e crearono nel 1873 la Chiesa cattolica nazionale (Chiesa cattolico-cristiana). Queste misure comportarono sul piano nazionale l'esilio di Mermillod e la rottura delle relazioni diplomatiche con la Santa Sede, su quello locale la durissima resistenza dei cattolici fedeli a Roma, che riuscirono a ridimensionarne la portata e a ottenere, nel 1907, la separazione tra Stato e Chiesa: a prova che la lotta che percorse il XIX secolo ginevrino fu una contrapposizione tra religione e laicismo più che fra cattolici e protestanti. Ne è dimostrazione anche lo sviluppo del sistema educativo. Capace di ottenere risultati positivi, dal momento che riuscì a sradicare l'analfabetismo in città e a ridurlo notevolmente nelle communes réunies, la scuola ebbe la tendenza a statalizzarsi e a «laicizzarsi» dagli anni 1830. L'insegnamento superiore ebbe un'evoluzione analoga, traendo beneficio dalle capacità di Augustin-Pyramus de Candolle, Auguste De la Rive e Antoine-Elisée Cherbuliez. La rivoluzione radicale accelerò questa neutralizzazione confessionale e fu significativamente nel 1872, in pieno Kulturkampf, che l'insegnamento primario divenne obbligatorio (dai 6 ai 13 anni) e che l'Accademia venne trasformata in Università (Università di Ginevra), con l'aggiunta di una facoltà di medicina a quelle di teologia, diritto, scienze e lettere.
La scuola non si limitò a mettere in luce la laicizzazione della società, ne favorì anche la «nazionalizzazione». Liberato dall'influenza dei pastori, l'insegnamento diffuse un numero sempre maggiore di conoscenze sulla Confederazione. L'«elvetizzazione» passò anche attraverso l'arte: la Svizzera alpestre ed eroica divenne un tema privilegiato della pittura (Jean-Léonard Lugardon, Alexandre Calame e François Diday). Il patriottismo confederato era pure presente nelle numerose associazioni che si moltiplicarono lungo tutto il secolo e si manifestò nell'Esposizione nazionale del 1896, che riprodusse un mosaico di stili architettonici regionali elvetici in un impressionante «villaggio svizzero». Ma questo sentimento fu particolarmente vivo nelle feste, come quella che celebrò l'arrivo dei contingenti solettesi e friburghesi al Port Noir nel giugno del 1814, o, più ancora, quella legata al centenario di questo episodio che, alla vigilia della prima guerra mondiale, commemorò l'entrata di Ginevra nella Confederazione: un episodio dunque ormai iscritto in un passato assimilato, o comunque descritto come tale.
Il XX secolo
Popolazione e insediamento
Autrice/Autore:
Charles Heimberg
Traduzione:
Chiara Orelli Vassere
La popolazione residente del cantone è cresciuta senza interruzioni, passando dai 132'609 abitanti nel 1900 ai 202'918 nel 1950 e superando la boa dei 400'000 nel 1996 (413'673 abitanti nel 2000). Prima dello scoppio del primo conflitto mondiale Ginevra aveva già una percentuale di stranieri equivalente (circa il 40%) a quella della fine del XX secolo. Prima del 1914 la popolazione ginevrina comprendeva grosso modo un terzo di Ginevrini, un terzo di Svizzeri e un terzo abbondante di stranieri, provenienti in genere dalle regioni più vicine (Chablais, Piemonte ecc.). Il periodo tra le due guerre fu caratterizzato in particolare da un afflusso di Confederati, mentre gli stranieri erano due volte meno numerosi che in precedenza (la percentuale più bassa fu raggiunta durante la guerra: 27'272 stranieri su 174'855 abitanti nel 1941, pari al 15,5%).
Di fronte a un albergo ginevrino nell'agosto del 1981 (Interfoto, Ginevra).[…]
Dopo la seconda guerra mondiale, la prosperità economica determinò l'arrivo di numerosi lavoratori immigrati, provenienti via via da Italia, Spagna, Portogallo e Iugoslavia. Lo sviluppo della Ginevra internazionale indusse molta gente a trasferirsi nel cantone: fino a oltre 20'000 persone nell'ultimo quarto del secolo, se si considerano tutte le categorie (diplomatici e loro personale di servizio, impiegati delle organizzazioni internazionali e delle multinazionali). Dopo gli anni 1950 è stato accolto un certo numero di rifugiati; alcuni di loro si sono stabiliti durevolmente nel cantone. Negli anni 1980 e 1990 Ginevra ha pure accolto richiedenti l'asilo, in fuga dalla guerra o dalla miseria dei loro Paesi d'origine; in base alla legislazione federale pochi di loro hanno ottenuto di potere rimanere, anche se bene integrati. Ginevra accoglie infine un certo numero di clandestini che, per definizione, non vengono rilevati dalle statistiche.
Questi movimenti migratori hanno progressivamente concorso a formare una popolazione ginevrina che si presenta ormai come un «mosaico» multiculturale, che dà una forte impronta alla vita culturale e arricchisce considerevolmente il tessuto sociale della città e dei comuni limitrofi. Su un fronte meno positivo va registrata una tensione ricorrente nel mercato dell'alloggio, vista la configurazione del territorio e la resistenza di determinati ambienti all'addensamento abitativo.
Economia
Autrice/Autore:
Charles Heimberg
Traduzione:
Chiara Orelli Vassere
Ginevra si presenta innanzitutto come una città-cantone, ma non si possono dimenticare le sue campagne e l'agricoltura. La campagna ginevrina si è specializzata nella coltivazione del grano (cerealicoltura), la viticoltura e l'orticoltura. L'importanza del settore agricolo nell'economia ginevrina è in continuo e costante regresso; attualmente è irrisoria, essendo ulteriormente calata rispetto al 10% circa degli inizi del XX secolo.
Frontalieri stranieri nel canton Ginevra 1978-2016
[…]
Se cent'anni fa si situava al di sopra della media svizzera, il canton Ginevra occupa oggi l'ultimo posto quanto alla percentuale di attivi occupati nel settore secondario, ed è il solo ad avere una quota inferiore al 20%. Questa situazione postindustriale, dove ciò che resta del tessuto produttivo si concentra nell'industria dei macchinari (Charmilles Technologies), nell'industria orologiera (Patek Philippe) e nella chimica, deriva indubbiamente dagli effetti della recente recessione, ma ricorda pure come a Ginevra il settore terziario costituisca dal XVIII secolo la parte principale delle attività economiche. Accanto ai servizi pubblici e alle organizzazioni internazionali, il commercio, le banche, tra cui numerosi istituti privati (Darier, Hentsch, Lombard, Lullin, Odier, Pictet), le compagnie di assicurazione e immobiliari sono state il motore di questo sviluppo, particolarmente accentuato negli ultimi decenni del XX secolo. L'insieme delle attività economiche ha poi portato l'economia ginevrina ad avvalersi di un elevato numero di lavoratori frontalieri residenti nelle regioni francesi limitrofe (essi erano 27'500 nel 1999, oltre 43'000 alla fine del 2004, dopo l'entrata in vigore dell'accordo sulla libera circolazione delle persone approvato nel quadro degli Accordi bilaterali I tra Confederazione e Unione europea). Nel 2002, il reddito pro capite per abitanti era di 52'074 frs. (la media svizzera era di 48'604 frs.).
Trasporti
Autrice/Autore:
Charles Heimberg
Traduzione:
Chiara Orelli Vassere
Nel 1920 venne costruito a Cointrin un aeroporto, divenuto in seguito intercontinentale, che ebbe un ruolo essenziale per lo sviluppo della Ginevra internazionale. La stazione ferroviaria per le merci di La Praille (comune Carouge) e il suo raccordo con la stazione di Cornavin furono realizzati durante la seconda guerra mondiale, in parallelo allo sviluppo delle prime aree industriali. La tratta Cornavin-Cointrin fu portata a termine nel 1987 (ferrovie). La questione del raccordo con la rete ferroviaria regionale della Savoia è ancora oggi irrisolta, dato che non esiste un collegamento ferroviario tra La Praille e la stazione di Les Eaux-Vives; negli anni 1990 si sono contrapposti i sostenitori della ferrovia (Cornavin-Eaux-Vives-Annemasse, CEVA) e i fautori di una metropolitana leggera, che non hanno visto accolte le loro richieste.
Il primo tronco della rete autostradale venne realizzato nel 1964 con il collegamento tra Ginevra e Losanna, in occasione dell'Esposizione nazionale che si tenne in quella località (strade nazionali). Nel 1965, con l'inaugurazione del tunnel stradale del Monte Bianco, completato nel 1976 dalla cosiddetta Austostrada Bianca, si conseguì quanto non era stato possibile realizzare sul piano ferroviario: una trasversale transalpina che passasse per Ginevra. Negli anni 1980 la realizzazione di una tangenziale autostradale nella periferia ginevrina permise di collegare diversi segmenti autostradali europei e nel contempo di alleggerire la pressione del traffico sul centro cittadino. Un progetto di attraversamento della rada, mediante un ponte o un tunnel, venne respinto dal popolo nel 1996, mettendo con ciò fine a una lunga serie di votazioni popolari sistematicamente favorevoli all'automobile. L'elezione nel 1997 di un rappresentante degli ecologisti al Consiglio di Stato (Robert Cramer) e le pressioni esercitate dall'Alternativa di sinistra (PS, Verdi, Alleanza di sinistra) segnarono un cambiamento nella politica dei traffici a favore dei trasporti pubblici.
Istruzione e formazione
Autrice/Autore:
Charles Heimberg
Traduzione:
Chiara Orelli Vassere
Nella prima metà del XX secolo la scolarità obbligatoria venne prolungata, e portata dapprima da 6 a 14 anni nel 1911, poi a 15 nel 1933 (scuola). A partire dal 1927 (progetto del socialista André Oltramare) furono però soprattutto la questione della scuola secondaria e le modalità della selezione scolastica a occupare il centro dell'attenzione. Occorreva allora risolvere il problema della simultaneità dell'ultimo anno della scuola elementare, gratuita, e il primo anno della scuola secondaria, a pagamento, costituendo classi comuni di orientamento. L'idea, riproposta all'ordine del giorno subito dopo la guerra, trovò una sua applicazione nel 1962 (quando responsabile del settore era il socialista André Chavanne) attraverso l'istituzione di un ciclo di orientamento della durata di tre anni (allievi dai 12 ai 15 anni, distribuiti in sezioni). Il progetto del 1927 voleva offrire a tutti gli allievi meritevoli la possibilità di appartenere a una ristretta élite; la realizzazione del 1962 rispose ai bisogni dello sviluppo economico ampliando questa stessa élite e il suo bacino sociale di reclutamento.
Dagli anni 1960, la democratizzazione degli studi e il loro incoraggiamento attraverso l'attribuzione di sussidi automatici per i più sfavoriti resero possibile un notevole sviluppo della scolarizzazione e della formazione, aprendola alle ragazze e raggiungendo di fatto un prolungamento quasi generale del tempo destinato alla formazione; la gerarchia sociale non venne tuttavia praticamente modificata. Dopo la scuola obbligatoria (16 anni), la formazione poteva proseguire al liceo (il collège, l'equivalente del gymnase di diversi cantoni), presso scuole che rilasciavano un diploma finale o ancora presso le scuole professionali (formazione professionale); questo sistema tripartito portò alla creazione di nuove strutture quali le scuole di cultura generale. Nel 1990 il diritto all'educazione venne infine completato dal principio dell'ammissione di tutti i bambini alla scuola pubblica indipendentemente dallo statuto legale dei genitori, anche se clandestini.
Da decenni il tasso di maturità liceale (37,6% di una classe di età nel 1998, cioè più del doppio della media nazionale) e l'accesso all'Università sono più elevati a Ginevra che nel resto della Svizzera. Gli scopi generali dell'insegnamento ginevrino, definiti nel 1940 in prospettiva normativa e patriottica, furono ridefiniti nel 1977 secondo uno spirito civico e cooperativo, nella prospettiva di una correzione dell'ineguaglianza nelle opportunità di riuscita scolastica. Nel XX secolo furono create due nuove facoltà: nel 1915 quella di scienze economiche e sociali, nel 1975 quella di psicologia e di scienze dell'educazione; nel 1912 era già sorto, per iniziativa di Edouard Claparède, l'Istituto Jean-Jacques Rousseau. Nel 1927 venne creato l'Istituto universitario di alti studi internazionali. Nella seconda metà del secolo gli studenti sono aumentati in misura considerevole, fino a superare le 10'000 unità; ciò ha posto problemi di gestione e di finanziamento. L'ultimo decennio del XX secolo è stato segnato da una riduzione delle risorse finanziarie disponibili e da una prospettiva di ristrutturazione del settore che prevede una più stretta associazione dei poli universitari di Ginevra e Losanna.
Sanità e politica sociale
Autrice/Autore:
Charles Heimberg
Traduzione:
Chiara Orelli Vassere
Ultimo a essere creato, nel 1925, il Dipartimento della sanità si riferisce a un settore, quello sociosanitario, che ha conosciuto un imponente sviluppo nella seconda metà del secolo. Parallelamente al progressivo ampliamento dell'ospedale cantonale, sono state create nuove strutture universitarie negli ambiti della psichiatria (clinica di Bel-Air nel 1900, policlinico di psichiatria nel 1929, centro psicosociale nel 1961, istituzioni universitarie di psichiatria nel 1982) e della geriatria (tra gli altri, ospedale geriatrico nel 1972, centro di cure continue nel 1979).
Le elevate spese sostenute da Ginevra per il settore sanitario dipendono, oltre che dal carattere universitario delle sue istituzioni, dalla relativa ricchezza del cantone e dalla natura dei bisogni della sua popolazione (concentrazione urbana, invecchiamento generale, disturbi nella salute derivanti dall'immigrazione ecc.). Il tasso dei suicidi a Ginevra, per esempio, è sempre stato tra i più alti della Svizzera, malgrado una tendenza alla diminuzione sul lungo periodo. In altri termini, se le spese cantonali in materia sociosanitaria sono legate a un'offerta di prestazioni di molto superiore alla media nazionale, è anche vero che le stesse corrispondono ampiamente a una reale domanda di prestazioni.
Alla fine del XX secolo l'esigenza di una gestione più efficace delle uscite ha restituito importanza alla prevenzione o alle cure a domicilio. Alcuni progetti di privatizzazione o di collaborazione intercantonale (Ruso) sono stati invece respinti in votazione popolare perché vi si vedeva il rischio di una riduzione dell'accesso alle cure.
Società e cultura
Autrice/Autore:
Charles Heimberg
Traduzione:
Chiara Orelli Vassere
Centro sportivo di Les Vernets. Le tribune e la pista di pattinaggio durante una manifestazione serale. Fotografia diGustave Klemm realizzata nel febbraio del 1960 (Documentation photographique de la Ville de Genève).
[…]
Il periodo tra le due guerre fu segnato da una forte presenza operaia e da ampie tensioni. Gli anni 1950 videro lo sviluppo delle attività legate al tempo libero e la comparsa in gran numero delle automobili. Dopo il maggio del 1968, in parallelo allo sviluppo delle istituzioni culturali ufficiali, e in opposizione alla cultura dominante e all'urbanizzazione massiccia legata allo sviluppo economico, hanno fatto la loro comparsa forme di vita alternative (movimenti giovanili, occupazione di immobili, difesa delle caratteristiche popolari del centro cittadino, centro culturale autogestito in una vecchia fabbrica per la lavorazione dell'oro). La dimensione multiculturale di Ginevra si è imposta anche attraverso la rete delle associazioni e le feste popolari; le forme di sociabilità tradizionali, ad esempio nel quadro delle celebrazioni dell'Escalade, non sono tuttavia scomparse.
Agli inizi del XX secolo, Ginevra disponeva di numerosi quotidiani d'opinione (stampa); i due più popolari erano La Suisse e la Tribune de Genève. A sinistra, Le Peuple de Genève fu sostituito negli anni 1920 da Le Travail, proibito durante la seconda guerra mondiale. Il Partito del lavoro diede vita anche alla Voix ouvrière, che dovette però divenire settimanale nel 1980 (VO Réalités, poi Gauchebdo). La Suisse scomparve nel 1994, il Journal de Genève nel 1998; quest'ultimo si era in precedenza fuso con la Gazette de Lausanne, ed era poi stato assorbito, con Le Nouveau Quotidien, da Le Temps, nuovo quotidiano pubblicato a Ginevra dal gruppo editoriale Edipresse.
La soppressione del sostegno pubblico al culto e la laicizzazione della società ginevrina non vennero messe in discussione; il canton Ginevra, che accoglie il Consiglio ecumenico delle Chiese, resta caratterizzato dalla varietà religiosa della sua popolazione. I cattolici romani, maggioranza dal 1860 al 1910, minoranza nel periodo tra le due guerre e fino agli anni 1950, sono nuovamente più numerosi dei protestanti. Nel 2000 il 22,6% dei Ginevrini si è dichiarato senza confessione.
La società ginevrina è contraddistinta dalla compresenza di una cultura borghese dominante, di un tessuto associativo variegato e di una scena alternativa; la sua dimensione multiculturale ripropone le sue esitazioni tra l'aprirsi al mondo e il ripiegamento sullo spazio nazionale.
Se si eccettua il Fasciculus temporis, scarna cronaca redatta nel XIV secolo probabilmente presso il priorato di S. Vittore, la storiografia ginevrina si è orientata dalla fine del XV secolo, con Jean Bagnyon (Traité des pouvoirs des seigneurs et des libertés de leurs sujets, 1487), alla difesa delle libertà cittadine dalle pretese dei duchi di Savoia. Questa tensione polemica e giuridica si è mantenuta inalterata fino al trattato di Torino del 1754 nei lavori dei cronachisti o storici ufficiali, ad esempio di François Bonivard, già priore di S. Vittore, che si assunse il compito (con l'esitante approvazione del Consiglio) di scrivere delle Chroniques de Genève (dal 1542, in due versioni); o di Michel Roset, uno dei tenori della politica ginevrina del XVI secolo e grande incensatore della Riforma di Calvino nelle sue Chroniques de Genève, presentate al Consiglio nel 1562. La polemica riprese dopo l'Escalade del 1602, quando un pamphlet di Claude-Louis de Buttet, Le Cavalier de Savoie, difese la causa dell'appartenenza di Ginevra alla Savoia; al testo fece seguito una risposta documentata di Jacques Lect e Jean Sarasin, Le Citadin de Genève ou Response au Cavalier de Savoie (1606) e la replica Le fléau de l'aristocratie genevoise. Nel XVII secolo una Histoire de Genève del medico di Lione Jacob Spon fu pubblicata in quella città nel 1680; molto favorevole alla causa ginevrina, irritò il duca di Savoia e inquietò le autorità ginevrine, che tuttavia la rieditarono nel 1730 corredata di note esplicative e di «prove» per evitare che altri autori facessero discorsi inopportuni. Nel 1713 il professor Jean-Antoine Gautier presentò al Consiglio la sua Histoire de Genève in 11 volumi: destinata ai soli governanti (la storia non era all'epoca un bene comune), venne chiusa negli archivi e pubblicata solo nel 1896-1911. La polemica riprese nel XVIII secolo, questa volta tra i sostenitori di forme diverse di governo: Jean-Pierre Bérenger, natif, pubblicò nel 1772 e nel 1773 una Histoire de Genève depuis son origine jusqu'à nos jours in cui veniva esaltata la democrazia; l'opera fu distrutta e data alle fiamme. Jean Picot vi rispose nel 1811 con una Histoire de Genève depuis les temps anciens jusqu'à nos jours. L'analisi scientifica dei documenti d'archivio, avviata da Jean-Antoine Gautier, si sviluppò dal XIX secolo con l'apertura degli archivi, i lavori dei Galiffe (James, Jean-Barthélémy Gaïfre e Aymon Galiffe), di Edouard Mallet e della sua cerchia, la fondazione della Società di storia e di archeologia di Ginevra nel 1838, all'epoca politicamente conservatrice, e quella dell'Istituto nazionale ginevrino, di ispirazione radicale, nel 1853. In parallelo studiosi quali Jean-Daniel Blavignac, Louis Blondel e Charles Bonnet si interessarono all'archeologia e svilupparono nuovi metodi di ricerca. La scuola di storia economica, stimolata dalla creazione di una cattedra nel 1902 e l'apertura della facoltà di scienze economiche e sociali (SES) nel 1914-1915, ebbe personalità quali Frédéric Borel (Les foires de Genève au quinzième siècle, 1892) e Antony Babel e i suoi successori (Histoire économique de Genève, 1963), in particolare Anne-Marie Piuz e Jean-François Bergier. Nella seconda metà del XX secolo sono state pubblicate cinque storie di Ginevra, tra cui i volumi dell'Encyclopédie de Genève, in collane sia svizzere sia estere.
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