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Acque di scarico

Un Approvvigionamento idrico e un sistema di canalizzazioni efficienti permettono di rimuovere residui fecali e Rifiuti dagli abitati. Il territorio della Svizzera attuale era dotato di impianti per l'eliminazione delle acque di scarico fin dall'epoca romana: Vindonissa aveva un sistema di condutture, mentre si conservano resti di una latrina collettiva con fognatura per esempio a Martigny (Octodurus). Scavi archeologici hanno inoltre riportato alla luce canalizzazioni in legno a Oberwinterthur (Vitudurum) e a Cuarny; tali canalizzazioni sembra siano esistite anche ad Augst (Augusta Raurica).

Nel tardo ME le acque di scarico cittadine venivano smaltite in diversi modi: per immissione in fosse escrementizie (dette Ehgruben negli atti ufficiali); facendole confluire in fossati (Ehgräben) posti lungo i confini degli appezzamenti di terreno; raramente, raccogliendole in canali coperti (fogne); per percolazione nel terreno contiguo alle abitazioni; tramite scanalature praticate al centro delle strade, ma solo per le cosiddette "acque chiare". L'acqua veniva spesso riutilizzata più volte prima della sua definitiva eliminazione; i ruscelli cittadini servivano frequentemente alla pulizia degli Ehgräben e all'Irrigazione di terreni prativi. Agli inizi dell'età moderna i progressi e i miglioramenti nell'approvvigionamento idrico permisero una fluidificazione dei residui fecali, tanto che a Lucerna, ad esempio, il medico cittadino Renward Cysat consigliava la semplice infiltrazione nel terreno per i liquami delle fosse escrementizie. Tali pratiche comportavano tuttavia un aumento dei rischi sanitari per la pop. urbana dei ceti medi e bassi, che fino alla metà del XIX sec. continuò a bere acqua di pozzo.

Casi locali di inquinamento dei laghi, dovuti in particolare all'attività di concerie, sono noti già nel XV sec.: a Costanza, ad esempio, si è riscontrata in sedimenti tardomedievali la presenza dell'alga di fiume, pianta acquatica indicatrice di forte inquinamento. Pertanto, nelle città situate lungo corsi d'acqua come Zurigo, le attività artigianali inquinanti venivano di norma concentrate nelle zone a valle. Fino a metà del XIX sec. le infrastrutture sanitarie restarono sostanzialmente immutate, ma il drammatico aumento della pop. nei nuclei cittadini rese problematico lo smaltimento dei liquami secondo i metodi tradizionali. Le classi superiori si trasferirono nelle ville costruite in zone periferiche, lasciando che i ceti più bassi ripopolassero i loro vecchi quartieri. A Zurigo nel corso del XIX sec. il numero di ab. del nucleo storico triplicò, senza che parallelamente si sviluppasse l'area edificata della zona; medici, urbanisti e architetti chiesero perciò una "riforma delle cloache". Secondo alcuni studi privi di una adeguata visione critica della situazione, gli interventi in questo senso sarebbero stati motivati dal timore di epidemie di colera e di tifo. Se indubbiamente fu proprio tale timore a dare impulso ai risanamenti urbani, tanto più che secondo la scienza dell'epoca il colera e il tifo erano provocati da un agente infettivo (contagium) che si formava nel terreno a seguito della decomposizione delle feci, la riforma delle cloache fu tuttavia anche e soprattutto un momento centrale della più generale "rivoluzione igienica" del XIX sec. Con l'evoluzione del senso del pudore, riversare urina e feci sul suolo pubblico era ormai giudicato sconveniente; il fabbisogno idrico era inoltre accresciuto dalle nuove esigenze in materia di Igiene corporale e dal ritorno in auge del bagno in vasca.

Acquedotti efficienti potevano funzionare solo se abbinati a reti idonee di smaltimento; il processo di modernizzazione urbana comportò pertanto la creazione di tali reti. Per quanto riguarda la Svizzera, non va sottovalutato l'influsso esercitato in questo campo da riformatori sociali inglesi, come Edwin Chadwick, i quali attraverso il risanamento dei quartieri poveri pensavano di garantire la pace sociale offrendo alla classe operaia condizioni abitative meno disagevoli. Dalle idee di Chadwick trasse ispirazione per il suo progetto anche l'ingegnere John Roe (1842), considerato il fondatore della moderna tecnica di canalizzazione. Nonostante il timore di epidemie, l'idea di smaltire le acque di scarico attraverso tecniche innovative e più adeguate incontrò anche resistenze: i proprietari delle abitazioni ne temevano i costi, i contadini che usavano direttamente o vendevano come concime (Concimazione) le proprie deiezioni non volevano consegnarle alle amministrazioni cittadine. In Svizzera i primi risanamenti urbani presero spunto dapprima da modelli inglesi e franc., e poi gradualmente anche da quelli ted.; il sistema di fognatura all'inglese si affermò solo alla fine del XIX sec. Soluzioni alternative erano, ad esempio: il "sistema parigino a bottini", con canalizzazione per i liquami e bottini mobili a filtro per la parte solida; il trasporto di tutti gli escrementi ("sistema Heidelberg a botti"); la canalizzazione per acque di scarico già decantate in pozzi neri ("sistema a fosse migliorato"); il compostaggio a secco ("terricciato").

Il Birsig a Basilea tra la Pfluggasse e la Barfüsserplatz. Fotografia di Varady & Cie, 1865 ca. (Staatsarchiv Basel-Stadt, NEG A 4273 f).
Il Birsig a Basilea tra la Pfluggasse e la Barfüsserplatz. Fotografia di Varady & Cie, 1865 ca. (Staatsarchiv Basel-Stadt, NEG A 4273 f). […]

Sull'onda dell'effetto prodotto dalle epidemie di colera e di tifo, nel 1867 Zurigo diede il via alla costruzione di una canalizzazione urbana, creando contemporaneamente una rete di bottini mobili; poco tempo dopo venne introdotto l'approvvigionamento idrico centrale. A Ginevra e Basilea esistevano canali di scolo coperti fin dai primi tempi dell'età moderna; Basilea sfruttava tuttavia come "cloaca massima" il corso a cielo aperto del Birsig. Dopo aver respinto sia una legge sulla canalizzazione (1876) sia un progetto di risanamento del Birsig (1881), solo nel 1896 i Basilesi accettarono il piano di canalizzazione; a quell'epoca la città costituiva un chiaro esempio di sviluppo incontrollato, tanto più che al potenziamento degli acquedotti, in parte effettuato da privati, non corrispondeva un adeguamento degli scarichi. A Losanna si parlò di smaltimento delle acque già dopo l'epidemia di colera del 1868, ma le autorità cittadine diedero il via all'ampliamento della canalizzazione solo molto più tardi (1891, 1902). I centri medi e piccoli e quelli rurali si dotarono di canalizzazioni solo nel XX sec. (ad esempio Coira nel 1907); Winterthur sostituì il suo "sistema a fosse modificato" soltanto nel 1884.

In grandi metropoli come Parigi o Londra, già nell'Ottocento l'inquinamento idrico diede ripetutamente adito a proteste da parte dell'opinione pubblica, in seguito alle quali vennero messe in atto le prime forme di depurazione: le acque di scarico, dopo essere state chiarificate meccanicamente, venivano fatte defluire su terreni coltivabili. Poco dopo il 1900 tecnici inglesi e americani misero a punto i primi depuratori funzionanti di tipo biomeccanico. In Svizzera il concetto di depurazione idrica stentò ad affermarsi. Nel 1879 l'assemblea com. di Zurigo respinse un progetto per l'uso irriguo delle acque di scarico urbane; già nel 1917, tuttavia, San Gallo si dotò del primo depuratore biomeccanico del Paese. Nel 1925 Zurigo eliminò il trasporto dei bottini, divenuto troppo oneroso, ma nel nuovo impianto del Werdhölzli rinunciò al trattamento biologico previsto nel progetto originario. La Svizzera risentì negativamente anche in questo ambito dell'evoluzione politica in Germania, perché il Terzo Reich, favorevole per motivi ideologici al sistema delle marcite, frenava lo sviluppo dei metodi legati alla depurazione biologica; stimoli innovativi potevano giungere, pertanto, solo dai paesi anglosassoni. Su suggerimento della Federazione sviz. della pesca, nel 1936 il Politecnico fed. di Zurigo creò un centro di consulenza per la depurazione idrica e l'approvvigionamento di acqua potabile; dal 1945 il centro ha assunto l'attuale denominazione di Ist. fed. per l'approvvigionamento, la depurazione e la protezione delle acque.

Interventi concreti per migliorare la protezione delle acque si fecero attendere a lungo: l'articolo che riguarda questa materia fu inserito nella Costituzione fed. nel 1953, mentre la prima legge sulla protezione delle acque (LPA) entrò in vigore nel 1957. Negli anni '60 numerosi bacini subirono fenomeni di eutrofizzazione da fosfati; in molti fiumi e laghi il forte inquinamento costrinse le autorità a vietare la balneazione (Ambiente). La promulgazione di una seconda LPA (1971) diede impulso alla creazione di impianti di depurazione com.: soltanto 67 nel 1964, gli impianti biomeccanici in funzione in Svizzera erano già saliti a 901 nel 1983. La quota globale di pop. collegata a stazioni di depurazione è passata dal 30% ca. del 1970 al 90% del 1990; fino al 1992 Conf., cant. e com. avevano investito nel settore ca. 35 miliardi di frs. Anche a causa dei costi particolarmente elevati, attualmente ci si sforza di promuovere misure di prevenzione alternative agli interventi di risanamento; in questa direzione va ad esempio l'ordinanza del 1986 sulle sostanze, basata sulla terza LPA (1984), che vieta di immettere nelle canalizzazioni sostanze nocive quali i detersivi fosfatici per tessili, obbligando nel contempo le industrie a trattare le loro acque di scarico. Per conservare la varietà di fauna e flora, la moderna protezione integrata dell'ambiente a cui si ispira l'ultima LPA (in vigore dal 1992) prevede, oltre al mantenimento di adeguati deflussi residuali, anche la protezione del paesaggio, e quindi ad esempio la ricostituzione del tracciato naturale dei corsi d'acqua.

Riferimenti bibliografici

  • G. Heller, "Propre en ordre", 1979, 51-55
  • M. Illi, Von der Schîssgruob zur modernen Stadtentwässerung, 1987
  • Schriftenreihe Umwelt, 1990- (continua la serie Schriftenreihe Umweltschutz )
  • P. Münch, Stadthygiene im 19. und 20. Jahrhundert, 1990
Link

Suggerimento di citazione

Martin Illi: "Acque di scarico", in: Dizionario storico della Svizzera (DSS), versione del 31.05.2002(traduzione dal tedesco). Online: https://hls-dhs-dss.ch/it/articles/007861/2002-05-31/, consultato il 18.04.2024.