Azienda agricola di epoca romana, di cui oggi generalmente resta traccia sotto forma di rovine della casa padronale, di diversi edifici utilitari e del muro di cinta. Il termine spesso utilizzato, anche in testi di archeologia, di villa o villa rustica, nella letteratura antica designava solo una casa di campagna, ma non l'azienda annessa. Le strutture comprendenti l'abitazione e l'azienda agricola in lat. erano chiamate tra l'altro fundus, latifundium o praedium. La villa romana si distingueva dai Vici, insediamenti di varie dimensioni che svolgevano una funzione di centro, in cui rivestivano un ruolo di primo piano l'artigianato e il commercio. Le villae erano per contro incentrate sulla produzione agricola; i prodotti in esubero venivano venduti agli ab. dei villaggi e delle città e ai militari. Per garantire la loro autonomia, fabbricavano inoltre in proprio gli utensili artigianali di base.
Ripartizione geografica
Le villae formavano una fitta rete nelle zone fertili dell'Altopiano sviz.; in situazioni topografiche idonee distavano in media da 2 a 5 km una dall'altra. Si prediligevano le posizioni sui pendii al riparo da esondazioni, con soleggiamento favorevole e vista libera, in prossimità delle vie di comunicazione, ma generalmente non direttamente sulle arterie principali. Solo poche aziende si trovavano ad altitudini superiori a 600 m; le terre poco fertili in genere non venivano coltivate. Lo sfruttamento agricolo delle zone climatiche più favorevoli in epoca romana ovviamente bastava per l'approvvigionamento della pop. Le villae erano di dimensioni diverse; andavano dalla piccola fattoria fino al complesso residenziale con annessa azienda agricola.
Tipologia
Nell'odierno territorio sviz. una villa era composta da diversi edifici sparsi. Al centro si trovava una residenza padronale, più o meno sontuosa, spesso l'unica parte indagata archeologicamente. Gli edifici utilitari erano disposti secondo precise norme a una certa distanza dalla casa; talvolta un muro separava la parte residenziale da quella utilitaria. L'intero complesso era circondato da un muro. La maggioranza delle villae presentava una pianta simmetrica, orientata prevalentemente lungo un asse longitudinale (ad esempio Seeb) o, più raramente, trasversale (ad esempio Ersigen). Negli impianti a simmetria longitudinale la casa padronale si trovava su uno dei lati corti, gli edifici utilitari lungo il muro di cinta; una fascia centrale rimaneva incolta e serviva da passaggio. La villa di Yvonand era un complesso doppio con due dimore signorili. La forma corrente della casa d'abitazione era a portico con avancorpi angolari. Nella variante più semplice, a pianta quasi quadrata, dietro il portico si trovava una sala o un cortile aperto con una zona di lavoro e la cucina; un numero ristretto di locali abitativi e di bagni erano allineati lungo i muri laterali, partendo dagli avancorpi. Questa tipologia era molto diffusa. Le dimore più lussuose erano solitamente di forma rettangolare con una serie di locali disposti dietro il portico; i bagni erano collocati in un'ala laterale o in un edificio separato accanto alla casa principale. L'ampliamento di questo tipo produceva generalmente una pianta a U, con avancorpi sporgenti. A Dietikon, sulla superficie tra questi avancorpi, è documentato un giardino con pergola, stagni e orti decorativi. Le case d'abitazione venivano frequentemente ristrutturate poiché gli edifici erano utilizzati per diverse generazioni. Edifici in legno, ipotizzati per le fasi iniziali, sono raramente documentabili (ad esempio a Laufen-Müschhag); nel corso del I sec. d.C. furono sostituiti da costruzioni in pietra. Forma, numero e funzione degli edifici utilitari variavano; si andava dal semplice recinto di pali in legno a case in pietra, probabilmente con una parte adibita ad abitazione per l'amministratore e la servitù. Spesso vi si trovano vestigia di focolai, essiccatoi, affumicatoi, forni per la ceramica e i laterizi, forge e scarti prodotti dalla lavorazione di ossa. In alcuni casi il nucleo dell'azienda era costituito da un edificio particolare, come un'articolata fontana a Seeb, un piccolo tempio a Dietikon e forse anche a Neftenbach e un monumento tombale a Biberist. Quest'area centrale sembra avere avuto un significato che andava oltre la semplice funzione economica.
Evoluzione nel corso dei secoli
Nell'Altopiano sviz. per ora si hanno solo poche tracce di insediamenti rurali isolati dell'età del Ferro. Le prime villae sorsero in seguito all'occupazione romana attorno alla nascita di Cristo. La ricerca più datata ha individuato nell'insediamento di veterani, ex legionari di origini italiche, il motore dello sviluppo delle villae sul territorio sviz. Un confronto tra le forme architettoniche ha però messo in evidenza differenze strutturali di fondo: nelle villae italiche la casa padronale e gli edifici utilitari erano raggruppati in un quadrato compatto; il tipo della tenuta rurale con costruzioni sparse allineate simmetricamente lungo un asse in Italia era sconosciuto. Simili forme erano per contro diffuse in Gallia, spec. nella Francia settentrionale. Sembra quindi che l'impulso per la realizzazione di tali complessi rurali sia partito da migranti provenienti da ovest, nel solco delle legioni o come civili.
Con lo sviluppo dei villaggi e delle città nel primo quarto del I sec. d.C., la rete di villae divenne più fitta, toccando, verso la fine del sec., anche regioni più discoste (Alpnach). Nel II e all'inizio del III sec. diversi proprietari ampliarono le loro case, trasformandole in alcuni casi in palazzi (ad esempio Colombier, NE) e decorando gli interni con pitture murali e mosaici. Vennero inoltre aggiunti edifici balneari. In questo periodo l'agricoltura doveva essere molto prospera e fonte di ricche entrate. Nella seconda metà del III sec. gli avvenimenti bellici nell'Impero e l'avanzata degli Alemanni, che attraversarono il Reno, ebbero gravi ripercussioni sulle villae e quasi tutti gli edifici mostrano segni di distruzione.
Verso la fine del III sec. si registrò un massiccio calo degli insediamenti rurali, un fenomeno chiaramente individuabile nella Svizzera settentrionale e nell'Altopiano. Per lungo tempo la ricerca ha supposto che le tenute della regione fossero state abbandonate già nella tarda antichità. Grazie a una migliore conoscenza dei reperti del IV sec., la valutazione risulta più differenziata. Occasionalmente si possono individuare piccoli insiemi di oggetti e monete della tarda antichità. Nella maggioranza delle villae, tuttavia, la superficie abitata sembra aver subito una notevole riduzione. Le rovine erano utilizzate come ripari o abitazioni di fortuna. Nella Svizzera settentrionale fanno eccezione la villa di Liestal-Munzach e il Görbelhof presso Rheinfelden, che fu ricostruito verso la fine del III sec. e serviva probabilmente all'approvvigionamento delle truppe stazionate lungo il Reno. Un po' diversa fu l'evoluzione nella Svizzera occidentale. Dopo la distruzione nella seconda metà del III sec., alcune delle residenze padronali furono ricostruite nelle loro dimensioni originali. Per Vandœuvres è attestata l'occupazione continua fino all'alto ME; nel V sec. alla casa d'abitazione fu aggiunto un luogo di culto paleocristiano, da cui più tardi ebbe origine la chiesa. Sembra che le aziende rurali si siano conservate più a lungo nella Gallia Narbonensis, a cui appartennero Ginevra e i suoi dintorni, che nella Svizzera settentrionale.
La fine della presenza romana sul territorio sviz. nel V sec. marcò l'abbandono definitivo delle villae, con poche eccezioni. In numerose località la pop. alemanna dal VI sec. utilizzò le rovine delle fattorie abbandonate come luogo di sepoltura, prediligendo locali a ipocausto con pavimenti crollati che si prestavano per l'allestimento di camere funerarie. Sovente queste tombe furono probabilmente caratterizzate da un mausoleo, sopra il quale in una fase successiva fu spesso costruita la prima chiesa, ampliata nel corso del tempo. Queste chiese a loro volta in molti casi divennero nuclei attorno ai quali si svilupparono i villaggi medievali (ad esempio Laupersdorf, Messen e Oberbipp).
Abitanti
In assenza di testimonianze scritte dirette sui proprietari e gli ab. delle villae, le uniche fonti primarie sono le sepolture; anche l'interpretazione dei reperti e delle vestigia archeologiche permette di trarre alcune conclusioni. Nel cimitero della tenuta di Courroux, oggetto di indagini accurate, dall'ultimo quarto del I sec. alla metà del III sec. furono allestite ca. 200 tombe a incinerazione per la servitù, come indica la semplicità del corredo. Della comunità facevano contemporaneamente parte ca. 35 persone; gli adulti in media raggiungevano un'età di 37 anni e la mortalità infantile era elevata. Lo stesso cimitero comprendeva 25 tombe a inumazione della metà del IV sec. Sembra quindi che la villa fu abbandonata temporaneamente in concomitanza con le incursioni alemanne e rioccupata e sfruttata su modesta scala due o tre generazioni più tardi da un piccolo gruppo di al massimo 15 individui. Nel V sec. cessano le tracce di utilizzo. Poiché gli edifici non sono stati indagati in maniera esaustiva (in parte si trovano sotto il villaggio odierno) e mancano finora reperti e scavi effettuati in cimiteri analoghi, non è possibile determinare in che misura il numero di ab. di questa villa nel Giura corrisponda a un valore medio, che possa servire da base per delle estrapolazioni. In zone più favorevoli dal profilo economico e topografico si devono ipotizzare aziende più grandi; per quella di Dietikon si stimano 150 ab.
Per quanto concerne la posizione sociale dei proprietari nell'Altopiano sviz. si possono solo fare delle supposizioni, basate sulla dimensione delle aziende agricole. Non è possibile compiere indagini differenziate sulla topografia sociale poiché i confini tra i vari tipi di villae sono fluidi e la loro grandezza variava nel corso del tempo. Sul territorio dell'attuale Svizzera si distinguono due gruppi di villae romane: in primo luogo quelle con una o due case (d'abitazione?) alle estremità dell'ala utilitaria con ampie residenze padronali (in parte palazzi), all'interno delle quali non sono attestate attività agricole; in secondo luogo aziende con case modeste, con locali destinati ad attività economiche. Del primo gruppo fanno parte tra l'altro Neftenbach, Dietikon, Seeb, Vallon e Orbe-Boscéaz, del secondo Stutheien, Boécourt, Alpnach e Hölstein-Hinterbohl. Si può quindi desumere che le villae del primo gruppo appartenessero a membri del ceto agiato; i proprietari di Orbe o Vallon potrebbero essere stati addirittura esponenti della classe più elevata, che affidavano la gestione dell'azienda a un amministratore (che abitava forse in una delle case) e probabilmente disponevano inoltre di una residenza in città. Per il secondo gruppo si deve ipotizzare che proprietario e gestore fossero la stessa persona. Non si hanno notizie di eventuali rapporti di dipendenza sotto forma di contratti di affitto.
Allestimento interno
Poiché l'attività di scavo per lungo tempo si è concentrata sulle case padronali, il loro arredamento interno è ben documentato, mentre le conoscenze sugli edifici annessi, spesso mal conservati a causa della semplicità della costruzione e quindi più difficili da analizzare dal profilo archeologico, sono scarse. L'arredamento standard della casa del proprietario comprendeva delle terme (tre locali con riscaldamento a ipocausto); i muri erano generalmente rivestiti da un intonaco colorato e le decorazioni ornamentali o figurative dovevano essere comuni (Münsingen, Hölstein). I pavimenti potevano essere ricoperti da Mosaici a mo' di tappeti, composti da tessere bianche e nere. Anche case padronali più modeste contavano verosimilmente uno o due locali con riscaldamento a pavimento, dove probabilmente nei mesi invernali si svolgeva buona parte della vita sociale. L'arredamento delle grandi villae simili a palazzi era molto più ricco. Vi si trovavano in particolare ampi locali con nicchie semicircolari, utilizzati come sala da pranzo (triclinium), caratterizzati da ricchi ornamenti su pavimenti e pareti (Orbe, Vallon). Scene tratte dal repertorio greco-romano erano raffigurate in primo luogo sui mosaici colorati dei pavimenti, mentre le pareti erano decorate in modo meno vistoso con imitazioni di marmo, pitture a pannelli e motivi vegetali stilizzati. Accanto a queste sale da pranzo si sono conservati cicli pittorici murali di una certa importanza che ornavano i portici, sale a uno o due livelli semiaperte, lungo i quali erano disposte le stanze (ad esempio a Vallon, Commugny e Buchs, ZH), talvolta con rappresentazioni sceniche quali corse di carri (Pully) e combattimenti di gladiatori (Yvonand).
Del mobilio si sono conservate solo parti in materiale non deperibile come ferramenti in bronzo, serrature di casse, candelabri e lampade, piedi di tavoli, cerniere, vasche in piombo e catini in pietra. A Vallon 13 statuette in bronzo bruciate provenienti da un triclinium attestano l'esistenza di un larario (altare domestico). In via generale, sulla base dell'allestimento interno e delle tracce di mobilio, si delinea una netta disparità culturale tra le regioni sudoccidentali e quelle situate più a nord est. I ricchi mosaici e le pitture murali nelle residenze signorili dei cant. Ginevra, Vaud e Friburgo non hanno pari nella Svizzera ted. Nella Svizzera occidentale l'influenza dell'Italia e della Gallia Narbonensis e la presenza di Aventicum, capitale degli Elvezi, hanno determinato un'assimilazione più profonda della cultura romana. Nei piccoli reperti prevale la ceramica; servizi da tavola (in un primo tempo provenienti dall'Italia, poi in maggioranza d'importazione dai laboratori della Gallia e pochi oggetti di produzione locale), stoviglie da cucina e contenitori per la conservazione (anfore per vino, olio, garum ecc.) testimoniano l'importazione di beni da luoghi di produzione distanti (spec. dall'area mediterranea occidentale).
Produzione agricola e artigianale
Le vestigia di utensili in metallo, che possono comprendere l'intero spettro della lavorazione del legno, del cuoio, della pietra, del metallo e dei tessili, ma anche del lavoro nei campi (falci, roncole ecc.) o della preparazione del cibo (ad esempio coltelli da macellaio), testimoniano l'attività artigianale e agricola delle villae. Il livello delle conoscenze tecniche era elevato e in numerosi campi paragonabile a quello dell'epoca moderna.
Poiché i prodotti agricoli erano in gran parte consumati sul posto, per lungo tempo hanno potuto essere documentati solo indirettamente, ad esempio tramite gli utensili menz. o i dispositivi di conservazione come gli essiccatoi o gli affumicatoi negli edifici annessi (Dietikon, Seeb). Un granaio (horreum) è attestato ad esempio nella villa di Biberist. Grazie ai progressi dell'archeobiologia nell'ultimo quarto del XX sec., si dispone di informazioni più differenziate: si coltivavano cereali (soprattutto orzo, spelta e miglio) e leguminose (fave, lenticchie, piselli), a cui si aggiungevano l'orticoltura e la viticoltura, quest'ultima però difficilmente dimostrabile. I principali animali domestici erano i bovini, il maiale, gli ovini, il cavallo e la gallina. I manzi erano allevati in primo luogo come animali da traino (carri e aratri) e da soma, il maiale esclusivamente per la produzione di carne.
Le villae fabbricavano anche prodotti artigianali, destinati in prevalenza al proprio fabbisogno, ma in piccola parte anche al commercio. A Seeb temporaneamente venne prodotto vasellame semplice, venduto anche alle villae circostanti di Altstetten, Kloten, Aalbühl, Urdorf e Wiesendangen. È possibile ipotizzare simili pratiche anche per la produzione di laterizi e utensili in metallo. Forge con relativi scarti sono attestati a Seeb e Dietikon.
Riferimenti bibliografici
- K. Roth-Rubi, «Die ländliche Besiedlung und Landwirtschaft im Gebiet der Helvetier (Schweizer Mittelland) während der Kaiserzeit», in Ländliche Besiedlung und Landwirtschaft in den Rhein-Donau-Provinzen des Römischen Reiches, a cura di H. Bender, H. Wolff, 1994, 309-329
- C. Ebnöther, Der römische Gutshof in Dietikon, 1995
- K. Roth-Rubi, «Villenanlagen im Schweizer Mittelland und ihr Bezug zum frühmittelalterlichen Siedlungsbild: einige Fallbeispiele», in Forschungen und Ergebnisse: Internationale Tagung über römische Villen, 1995, 230-237
- C. Ebnöther, C. Schucany, «Vindonissa und sein Umland. Die vici und die ländliche Besiedlung», in Jahresbericht der Gesellschaft Pro Vindonissa, 1999, 67-97
- SPM, 5, 135-177