L'espressione nucleo fam., a seconda dei contesti affine ai concetti di famiglia, fuoco, economia domestica, è qui prevalentemente intesa nell'accezione di "aggregato domestico" (dall'inglese household; ted. Haushalt, franc. ménage), vale a dire di un gruppo di persone, con o senza legami di parentela, che formano un'unità abitativa ed economica (Abitazione). Il concetto copre un ampio spettro semantico: dall'aggregato formato da un singolo individuo alla Famiglia nucleare o allargata, comprendente anche la Servitù, fino a gruppi più estesi quali ad esempio comunità religiose (conventi, gruppi di beghine e begardi) od ospedali. Al concetto non di fam. ma di alloggio si ricollega etimologicamente il termine franc. ménage, dal verbo manoir (dimorare, soggiornare), ormai desueto. Alla casa (Haus) si rifà anche la parola ted. Haushalt, apparsa nel XVII sec.: l'espressione gemeinsam haushalten (letteralmente "tenere casa in comune") si applicava ai coniugi che provvedevano ad allevare i figli, sostentare la fam. e a conservarne o incrementarne il patrimonio (Matrimonio, Diritto del padre di famiglia). La statistica odierna tiene conto anche delle nuove forme di convivenza: dal 1980 le coppie che vivono in unione libera (Concubinato) risultano assimilate ai nuclei fam.
Dati quantitativi sugli aggregati domestici vengono forniti dai rilevamenti compiuti dal XV sec. per fini fiscali, giudiziari e amministrativi, in cui normalmente l'unità di computo era costituita dal fuoco (franc. feu, ted. Feuerstätte). A seconda della finalità di queste indagini, il termine fuoco indicava le persone che condividevano un camino o un focolare, una fam., un'economia domestica privata nel senso moderno del termine o una comunità domestica più ampia. A causa dell'indeterminatezza del concetto, occorre prudenza nell'analisi comparativa della grandezza media dei fuochi risp. degli aggregati domestici.
Spec. per il ME, determinare dimensioni e tipologie degli aggregati domestici comporta difficoltà metodologiche. In genere gli inventari di beni riportavano solo i concessionari di mansi di una determinata signoria, mentre gli elenchi fiscali indicavano il numero dei fuochi, ma non la loro composizione. Dai registri relativi alla riscossione del testatico è possibile dedurre il rapporto numerico tra i sessi all'interno della pop. adulta, ma non si ottengono informazioni sulla pop. infantile (come nel caso del Denaro comune esatto a Basilea nel 1497). Solo poche fonti anteriori al XVIII sec. annoverano tutti i componenti degli aggregati domestici, compresi i bambini in tenera età (spesso omessi negli status animarum ecclesiastici), la servitù e i pensionanti, e chiariscono se nel computo rientrano anche le persone temporaneamente assenti. Liste che riportano i singoli individui furono allestite solo in casi eccezionali: nel tardo ME ad esempio per Zurigo e la campagna zurighese (1467) e in parte per i territori basilesi (baliaggio di Waldenburg, 1460). Durante l'età moderna, nella campagna zurighese vennero tenuti registri della pop. (con indicazioni sull'età) tra il 1634 e il 1720 ca. Lo Stato bernese effettuò un censimento della pop. nel 1764, i cui dati risultavano però disaggregati solo in base al sesso e a tre fasce di età; per la sola città di Berna esistono invece dati molto particolareggiati. Sul piano nazionale gli aggregati domestici risp. le economie domestiche vennero rilevati per la prima volta nel censimento fed. del 1860 (Censimenti).
Nel ME dimensioni e composizione degli aggregati domestici urbani e rurali variavano a seconda del ceto, della professione, della condizione sociale e della fase del ciclo fam. Da tempo gli studiosi hanno abbandonato l'idea, risalente al XIX sec., che nel ME predominassero le fam. numerose. In ambito urbano prevaleva il principio della neolocalità, in base al quale i figli dopo il matrimonio lasciavano la casa dei genitori per formare un nuovo aggregato domestico. Nel Vallese centrale nel tardo ME invece i coniugi andavano spesso ad abitare presso la fam. del marito (patrilocalità).
Anche nelle campagne, i grandi aggregati domestici formati da tre generazioni fam. sotto uno stesso tetto furono rari perlomeno dalla crisi del tardo ME. In ampie parti del territorio sviz. prevaleva infatti la divisione reale (Diritto successorio); le superfici utili dei poderi risultavano troppo piccole per poter nutrire fam. allargate di molte persone. A predominare era piuttosto la fam. nucleare (coniugi e figli), eventualmente con l'aggiunta di una domestica o un servo. In seguito alle frequenti guerre o faide e alle crisi economiche, dal XIV sec. le aziende agricole cambiarono spesso proprietario, e si creò verosimilmente un ceto di microproprietari o nullatenenti, che però ha lasciato poche tracce nelle fonti. Per questi ultimi l'emigrazione definitiva o provvisoria (Migrazioni interne, Emigrazione) rappresentava una via d'uscita per ovviare alle limitate possibilità di guadagno offerte dai poderi dei genitori. Essi andarono così a ingrossare le file dei braccianti e giornalieri di entrambi i sessi.
Nelle aree rurali presumibilmente gli aggregati domestici erano generalmente un po' più grandi che in città, e quelli costituiti da una sola persona più rari. Nelle campagne soggette a Friburgo, Zurigo e Basilea vi sono indizi di una preponderanza della pop. maschile: nel contado zurighese nel 1467 si contavano 82 donne ogni 100 uomini; una situazione simile si riscontrava in quello friburghese attorno al 1447-48. Nel 1485 a Gelterkinden, il villaggio più popoloso del baliaggio basilese di Farnsburg, alla testa di 11 delle 50 unità fiscali censite (probabilmente aggregati domestici) vi erano delle donne. Negli elenchi tributari del Birseck, baliaggio del principato vescovile di Basilea, tra il 1462 e il 1469 la quota femminile - non solo vedove (Vedovanza), ma anche mogli in rappresentanza dei mariti assenti - oscillò tra il 7% e il 25%. I grandi aggregati con oltre quattro persone di più di 15 anni costituivano una rarità; nei villaggi basilesi più della metà delle comunità domestiche era formata da due componenti. Solo di rado è documentata la presenza sotto lo stesso tetto di parenti collaterali come sorelle o fratelli (Parentela). Nell'odierno territorio di Basilea Campagna gli aggregati comprendenti anche servi o domestiche erano al massimo un quarto del totale, mentre nel contado friburghese la presenza di servi è attestata nel 17% dei casi. Un registro della pop. del baliaggio di Waldenburg allestito dalle autorità basilesi riporta eccezionalmente anche i bambini (55% maschi, 45% femmine), categoria che rappresentava oltre la metà dei 604 ab. censiti e che probabilmente comprendeva anche figli e figlie maggiorenni non ancora sposati. Anche in questo caso predominava la fam. composta da due generazioni; nel 13,6% dei casi i figli vivevano con un solo genitore.
Al contrario delle campagne, nelle città si registrava un surplus di pop. femminile: ogni 100 uomini vi erano 127 donne a Zurigo (1467) e 120 a Friburgo (1447-48 ca). Tale circostanza non era dovuta solo alle domestiche provenienti dalle aree rurali, ma anche ai numerosi aggregati domestici a conduzione femminile (32% del totale). All'interno di questi ultimi il rapporto tra donne e uomini era di dieci a uno; le donne che ne facevano parte, in parte probabilmente immigrate, rientravano in prevalenza nelle fasce meno abbienti. Tali comunità domestiche erano in media più piccole (1,4 adulti) di quelle a conduzione maschile; non vi erano invece differenze nella frequenza dei cambi di domicilio. A San Gallo nel XV sec. alla testa di ca. un quarto degli aggregati vi era una donna. A Friburgo nel 1447-48 ca. le comunità domestiche urbane erano composte in media da 3,8 persone, e quelle rurali da 4,5 persone; un quadro simile si aveva a Zurigo nel 1467 (2,2 adulti in città, 3,3 nelle campagne). Anche nelle città solo una minoranza degli aggregati comprendeva domestiche o garzoni: sempre nel 1467, nelle 945 case abitate di Zurigo la servitù ammontava a sole 266 persone. Talvolta donne sposate con un proprio aggregato lavoravano come domestiche o artigiane in un'altra comunità domestica. Nella città medievale l'unità della sfera abitativa e lavorativa postulata da Otto Brunner (Comunità domestica) non sussisteva più per vari gruppi professionali (orticoltori, viticoltori, maestranze edili, lavoratori a giornata come ad esempio i sarti). Studi di topografia sociale hanno evidenziato come nelle città medievali gli aggregati domestici si caratterizzassero per l'instabilità residenziale. Particolarmente frequenti erano i cambiamenti di domicilio degli strati medi e bassi che vivevano in subaffitto; un nesso causale legava povertà e migrazione. Nei periodi di guerra le città accoglievano temporaneamente i profughi dei dintorni, come Basilea durante l'invasione degli Armagnacchi (1444). Vari fattori, tra cui soprattutto l'immigrazione e l'emigrazione di parti della pop., potevano portare a un rapido rinnovamento della struttura demografica urbana. A San Gallo all'inizio del XV sec. solo il 40-50% degli ab. registrati negli elenchi fiscali vi figurava ancora a distanza di un decennio, e solo il 25% a distanza di 20 anni.
I censimenti effettuati durante l'età moderna in genere registravano il numero dei fuochi e delle persone che ne facevano parte. Malgrado alcune lacune, da essi è possibile dedurre le dimensioni e, più raramente, la struttura degli aggregati domestici.
Dimensioni degli aggregati domestici
Autrice/Autore:
Alfred Perrenoud
Traduzione:
Valerio Ferloni
Secondo le stime, in generale gli aggregati domestici comprendevano 4,5-5,5 persone. In Ticino alla fine del XVI sec. gli status animarum attestavano 4,2-5,2 componenti. In base alle visite pastorali compiute in una quindicina di parrocchie, nel cant. di Zurigo nel XVII sec. la dimensione media era pari a 5,5 persone, mentre in Turgovia tra il 1634 e il 1710 ammontava a 5,1 (28 parrocchie) risp. a 4,6 (signoria di Bürglen). Il censimento bernese del 1764 ne contava 4,5 nel vecchio territorio cant., 4,3 nel Paese di Vaud e 4,6 in Argovia. Questi esempi dimostrano come dal ME in Svizzera, analogamente a larga parte d'Europa, predominassero gli aggregati di dimensioni contenute. Esistevano però differenze in parte sensibili nella struttura economica, istituzionale e sociale degli aggregati domestici.
La famiglia del balivo di Greifensee a tavola. Olio su tela realizzato nel 1643 da un autore sconosciuto (Museo nazionale svizzero, Zurigo).
[…]
Nelle aree dove prevalevano le aziende agricole medio-grandi, la necessità di manodopera (interna o esterna alla fam.) faceva sì che le comunità domestiche fossero relativamente ampie (5,2 persone a Langnau im Emmental negli anni 1760-70, contro le 3,6 del Diemtigtal, sempre nel cant. Berna). Nel Ticino di inizio XIX sec. si passava da una media di sole 4,1-4,3 persone nelle zone settentrionali a 5,6 nel Sottoceneri e a 6,3 nei territori più meridionali del cant., dove erano ampiamente diffusi i poderi agricoli medio-grandi. Gli aggregati domestici dediti all'agricoltura inoltre annoveravano un maggior numero di membri rispetto a quelli attivi in ambito protoindustriale: nel com. zurighese di Hausen am Albis nel 1762 si contavano mediamente 5,5 membri per i contadini e 4,4 per gli operai tessili. Come nel ME, in città le dimensioni medie erano inferiori rispetto alle campagne: a Ginevra nel 1798 ammontavano a 3,9 persone in città, a 4,6 nei sobborghi e a 5,6 nelle campagne. Anche la ricchezza costituiva un fattore di differenziazione. A Rümlang nel cant. Zurigo nel 1709 i fuochi dei contadini benestanti erano composti da 7,7 individui, mentre quelli dei Tauner, praticamente privi di terre, solo da 4. A Ginevra nel 1720 le comunità domestiche di 8 o più persone erano due volte più frequenti nella città alta, patrizia (15,7% di tutti gli aggregati), che nella città bassa, dove vivevano gli artigiani (7,6%); la grandezza media nelle due aree era risp. di 4,9 e 3,7 persone. Nella città di Zurigo a metà XVIII sec. gli aggregati domestici borghesi contavano 5,1 membri, quelli non borghesi solo 3,1.
Struttura degli aggregati domestici
Autrice/Autore:
Alfred Perrenoud
Traduzione:
Valerio Ferloni
Le dimensioni ridotte erano dovute alla prevalenza delle fam. nucleari (coppie con o senza figli, vedovi o vedove con prole), che salvo eccezioni costituivano almeno il 60% delle comunità domestiche. Esistevano però anche forme di coabitazione più complesse: le fam. estese, comprendenti persone imparentate in linea ascendente (generazione precedente), discendente (generazione successiva) o collaterale (stessa generazione), che rappresentavano il 10-20% del totale. Poco diffuse erano le cosiddette fam. ceppo (familles-souche) - fam. multiple formate da almeno due unità coniugali di generazioni diverse - dato che nel mondo rurale il possesso di un'abitazione era in genere un prerequisito indispensabile per formare una fam. Nella campagna zurighese, dove spesso le case comprendevano due alloggi, questa forma di convivenza costituiva solo il 4-9% degli aggregati domestici. Ciò tuttavia non significa che la coabitazione fra genitori e figli sposati fosse rara, soprattutto dove non vigeva la divisione reale. Semplicemente si trattava di una fase breve del ciclo fam., quando i genitori anziani erano ancora in vita dopo il matrimonio dei figli, a uno dei quali trasmettevano il podere. A Herrliberg, sulle rive del lago di Zurigo, le fam. ceppo rappresentavano il 5% del totale quando il capo dell'aggregato domestico aveva meno di 53 anni e il 29% quando aveva più di 62 anni; nei due casi le fam. estese costuivano risp. il 12% e il 39%. Adottando i medesimi criteri, nel com. ginevrino di Jussy nel 1822 le fam. ceppo erano pari risp. all'1% e al 14%, e le fam. estese risp. al 14% e al 30%.
A causa della sua appartenenza geografica e culturale, nel Ticino gli aggregati domestici complessi, e in particolare le fam. multiple, erano relativamente più frequenti. Nella prima metà del XIX sec. questa tipologia corrispondeva al 20-30% dei casi, una quota che verosimilmente dovrebbe ritrovarsi anche nelle Alpi vallesane alla fine del XIX sec. Nel 1880 nel com. di Bagnes più di un terzo degli aggregati era di tipo complesso (22% di fam. estese, 13% di fam. multiple). Anche all'interno dei vari cant. le forme di organizzazione fam. variavano comunque notevolmente, a causa della diversità delle prassi successorie, delle strutture produttive, del contesto socioeconomico e delle usanze fam.
Struttura degli aggregati domestici (in percentuale)
Tipo di aggregato domestico
Vallorbe 1764
Ginevra città 1720
Campagna ginevrina 1798
Herrliberg (ZH) 1739
Stammheim (ZH) 1764
Arzo (TI) 1829
Cevio e Aquila (TI) 1830 ca.
Solitari
5,4%
9,0%
8,9%
3,8%
4,7%
5,5%
12,7%
Senza struttura familiare
2,5%
8,2%
4,3%
-
1,8%
5,5%
4,2%
Famiglie nucleari
66,9%
70,7%
67,8%
66,6%
82,1%
60,9%
56,8%
Famiglie estese
13,3%
9,0%
11,9%
16,4%
9,1%
13,6%
17,5%
Famiglie multiple (famiglie ceppo)
9,4%
1,2%
6,2%
13,2%
2,3%
14,5%
6,5%
Aggregati di struttura indefinita
2,5%
1,9%
0,9%
-
-
-
2,3%
Grandezza media
4,43
4,34
5,6
-
-
5,1
4,95
Struttura degli aggregati domestici (in percentuale) - opere di Lucienne Hubler, Alfred Perrenoud, Dominique Zumkeller, Ulrich Pfister, Luigi Lorenzetti
Organizzazione familiare e prassi successorie
Autrice/Autore:
Alfred Perrenoud
Traduzione:
Valerio Ferloni
Le modalità della trasmissione ereditaria influivano fortemente sulla struttura degli aggregati domestici, favorendo o la convivenza o la dissoluzione dell'originario nucleo fam. Il sistema della trasmissione indivisa a un solo erede, che mirava a preservare il patrimonio fam., favoriva la coesistenza sotto lo stesso tetto del padre e di un figlio sposato. Dove, indipendentemente dal sesso, vigeva l'uguaglianza assoluta degli eredi (divisione reale), era invece usuale lasciare la casa dei genitori dopo il matrimonio. Spesso comunque oltre al diritto pesavano anche altri fattori, come le condizioni economiche locali, la congiuntura e la situazione demografica. Questo divario tra norma e pratica risulta particolarmente evidente nelle comunità alpine. Malgrado un sistema successorio rigidamente egualitario, a Bagnes nel XIX sec. una quota piuttosto cospicua degli aggregati era di tipo complesso, mentre a Törbel, villaggio dell'alto Vallese dove vigeva lo stesso sistema, predominavano le fam. nucleari (75%, contro un 15% di aggregati complessi). Nel Ticino, dove venivano privilegiati i discendenti maschi, l'organizzazione fam. assumeva forme eterogenee. Il sistema della trasmissione indivisa dal canto suo favoriva la formazione di fam. ceppo solo quando le regole matrimoniali autorizzavano l'erede designato a convolare a nozze anche con i genitori ancora in vita (situazione poco frequente se si trattava dell'ultimogenito) e se le condizioni abitative lo permettevano.
Aggregati domestici protoindustriali
Autrice/Autore:
Alfred Perrenoud
Traduzione:
Valerio Ferloni
Le comunità domestiche dedite esclusivamente ad attività protoindustriali avevano di regola una struttura semplice e dimensioni ridotte, mentre in quelle dove agricoltura e protoindustria coesistevano la situazione era diversa. Nel caso già cit. di Hausen am Albis, quest'ultimo tipo di aggregato comprendeva in media 6,5 persone (3,8 bambini) e presentava, nel 43% dei casi, strutture fam. complesse. Le comunità domestiche esclusivamente attive in ambito tessile erano al contrario composte da soli 2,5 bambini ed erano di tipo complesso soltanto nel 17,8% dei casi; per gli aggregati dediti esclusivamente all'agricoltura i rispettivi valori ammontavano a 3,2 bambini e al 18,8%. La stessa situazione si riscontra nel medesimo periodo a Oetwil am See, sempre nel cant. Zurigo, dove la struttura produttiva risultava maggiormente diversificata e l'accesso alla terra relativamente agevole. L'attività protoindustriale ben remunerata permetteva alle giovani donne di sposarsi prima. Il numero inferiore di figli (presenti) - 1,4 per la manodopera tessile, contro 2,4 per i contadini - veniva compensato da domestici e subaffittuari, perlopiù lavoratori tessili, ingaggiati in base al sistema del Rast (unità di lavoro prestata al padrone di casa in cambio di vitto e alloggio) per rispondere al bisogno di manodopera protoindustriale.
Economie domestiche e popolazione residente 1860-2000
[…]
I rilevamenti sugli aggregati domestici ("economie domestiche" secondo la terminologia dell'ufficio fed. di statistica) in Svizzera ebbero inizio nel 1860 (il censimento della Repubblica elvetica del 1798 non fornisce informazioni utili al riguardo). Da allora al 2000 il loro numero è passato da 0,5 a 3,1 milioni, mentre la grandezza media è scesa da 4,8 a 2,2 persone. Questa evoluzione, prodottasi quasi per intero nel XX sec. (nel 1910 e nel 1950 le economie domestiche contavano risp. 4,5 e 3,6 membri), è il risultato della pressoché totale scomparsa delle fam. numerose e delle comunità domestiche complesse e del rapido aumento delle economie domestiche formate da una sola persona.
Economie domestiche private secondo il numero di persone 1900-2000
[…]
Il numero crescente di persone sole costituisce uno degli aspetti salienti nella storia recente degli aggregati domestici in Svizzera. Nel 2000 quasi il 36% delle economie domestiche private contava un solo membro; ciò significa che quasi un ab. su sei (il 15,3%) viveva solo (2% nel 1920). Un terzo ca. di queste economie domestiche unipersonali era composto da persone con un'età pari o superiore a 65 anni (per l'80% donne), un quinto dalla fascia dai 20 ai 29 anni (per il 54% uomini). Sono quindi soprattutto le donne a vivere sole, anche se la differenza tende a ridursi (40 uomini ogni 100 donne nel 1960, 77 nel 2000). Nel 2000 le economie domestiche unipersonali femminili erano costituite per il 40% da nubili, per il 36% da vedove (70,6% per le donne di 65 o più anni) e per il 17,5% da divorziate (10% nel 1960); la differenza corrispondeva alle mogli separate o non conviventi con il marito. Per gli uomini, i vedovi rappresentavano l'8,9%, i celibi il 58,2% e i divorziati il 18,7% (13,3% nel 1960). La quota delle persone sole cresce in maniera pressoché lineare con le dimensioni degli agglomerati: mentre nelle grandi città viveva da solo il 25,9% della pop., nei com. inferiori a 2000 ab. (definiti "zona rurale" nel censimento del 2000) tale condizione riguardava una persona su nove.
Economie domestiche familiari
Autrice/Autore:
Alfred Perrenoud
Traduzione:
Valerio Ferloni
Se nel 1930 le economie domestiche fam. costituivano l'85% delle economie domestiche private, nel 2000 tale quota era scesa al 62%, malgrado dal 1980 anche le coppie non sposate vengano considerate tali. Queste ultime, in precedenza classificate come economie domestiche non fam., sono passate da ca. 58'000 nel 1980 a 189'000 nel 2000, pari al 9,8% di tutte le economie domestiche fam.
Le economie domestiche fam. senza figli sono quasi raddoppiate dal 1960. Tale aumento è riconducibile alle coppie non sposate, più che triplicatesi dal 1980 al 2000. In quell'anno oltre un'economia domestica privata su quattro (27,2%) era formata da coppie senza figli (non sposate nel 20% ca. dei casi). L'età e il livello di istruzione rappresentano variabili determinanti nella scelta di convivere in unione libera, adottata da oltre la metà delle coppie senza figli al di sotto dei 30 anni (2,2% tra i pensionati). Questo nuovo stile di vita è diffuso soprattutto tra le classi medie.
Generi di economie domestiche 1930-2000
[…]
Se nel 1930 il 63% delle economie domestiche private comprendeva dei figli, in seguito tale percentuale scese al 53,5% nel 1960 e al 34% nel 2000. Tale prospettiva porta però a sottovalutare il peso delle fam. con figli nella vita quotidiana, dato che nel 2000 il 57% degli appartenenti a un'economia domestica privata vivevano in un'economia domestica con figli. Il numero medio di figli per fam. è passato da 2,4 nel 1930 a 2,1 nel 1960 a 1,9 nel 2000. Le fam. con oltre quattro figli costuivano appena lo 0,5% nel 2000 (ca. 10% nel 1930, 5% nel 1960). In quell'anno le economie domestiche con due figli non ancora diciottenni (42,8%) erano lievemente più numerose di quelle con uno soltanto (40,1%, contro il 35,1% nel 1930); nei com. di almeno 100'000 ab., tuttavia, l'ordine risultava invertito (49,9% con un figlio, 38,1% con due).
Nel 2000 i nuclei monoparentali, aumentati del 64% rispetto al 1960, rappresentavano il 15,2% delle fam. con figli non ancora diciottenni. Essi sono in larga parte composti da madri sole, il più delle volte divorziate.
L'invecchiamento della pop. ha provocato, in un quarantennio, un forte aumento percentuale degli anziani (65 o più anni) che vivono da soli (31,5% nel 2000; donne 41,6%, uomini 16,7%). Tra gli anziani che facevano parte di economie domestiche private, il 55,2% viveva ancora in coppia (uomini 75,2%, donne 41,6%). A 80 e più anni abitava da solo il 40,6% (uomini 23,6%, donne 48,8%), mentre il 31,5% viveva in coppia (uomini 58,9%, donne 18,1%). La più alta percentuale di donne sole è dovuta a una speranza di vita più elevata e a una minore probabilità di risposarsi. L'incremento dei divorzi potrebbe comportare un aumento degli anziani soli. Nel 2000 le collettività - segnatamente le case di cura e per anziani - ospitavano il 7,2% delle persone con 65 o più anni (2% per la fascia tra 65 e 79 anni, 20% dagli 80 anni in su); nel 1960 tale quota ammontava al 7,4%.
Un tempo unità fiscale, l'economia domestica è divenuta uno strumento statistico utilizzato dalle autorità politiche e dal mondo economico per analizzare i bisogni della pop.
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