L'espressione Stato sociale si pone in alternativa al concetto, più frequente nell'uso intern., di Stato assistenziale o del benessere (Welfare State) per designare una concezione dello Stato diffusasi nel mondo dagli anni 1940-50 a partire dalla Gran Bretagna. In quest'ultimo Paese tale concetto era inizialmente indicato anche con altre locuzioni, come quella di Stato del servizio sociale (Social Service State) coniata dal politico inglese William Beveridge (1879-1963). Il piano Beveridge, pubblicato su richiesta del governo britannico nel 1942, è considerato il primo scritto fondamentale sulla realizzazione dello Stato sociale e nel corso della primavera e dell'estate del 1943 suscitò grande interesse anche in Svizzera. In ted. il termine Sozialstaat, che si rifaceva a una definizione di Lorenz von Stein (1815-1890), si impose dopo la seconda guerra mondiale, dato che il concetto equivalente di Wohlfahrtsstaat aveva acquisito una connotazione negativa.

Non esiste una definizione universalmente riconosciuta di Stato sociale. Quest'ultimo si basa principalmente sullo Stato di diritto, sull'economia di mercato e sulla proprietà privata dei mezzi di produzione, ma integra le libertà fondamentali (Diritti umani) con diritti o obiettivi sociali meno vincolanti sul piano costituzionale; inoltre, con il suo intervento, agisce sulle forze di mercato e limita la libertà dei proprietari di disporre dei propri beni. Fornendo mezzi finanziari e prestazioni e sviluppando la legislazione sociale, esso garantisce a tutti, indipendentemente dal loro posizionamento sul mercato, un livello di vita minimo (Politica sociale). Lo Stato sociale neutralizza pure i rischi materiali in caso di incidente, malattia, vecchiaia o disoccupazione, riducendo così le incertezze dell'esistenza (Sicurezza sociale). Tramite un'imposizione fiscale progressiva (Imposte), da un lato, e il finanziamento di prestazioni sociali, dall'altro, opera anche una redistribuzione dei redditi primari. Infine, indipendentemente dallo status o dalla classe sociale, consente in una certa misura l'accesso a servizi sociali e culturali. Questi compiti statali sono in costante concorrenza con altri (come la politica dei trasporti, di sicurezza ecc.). Vengono considerati obiettivi indiscussi la garanzia di un minimo vitale e della massima uguaglianza possibile di opportunità. Rimane invece controverso se aspetti quali la piena occupazione, il diritto di sciopero e di coalizione, la protezione dell'ambiente, il sostegno all'agricoltura, la Costruzione di alloggi sociali o l'offerta di scuole pubbliche e Univ. rientrino necessariamente nello Stato sociale. Quest'ultimo può essere inteso come l'espressione istituzionale del fatto che la società si assume esplicitamente la responsabilità del benessere dei suoi membri.
Lo Stato sociale interviene a vari livelli. Sul piano giur. rafforza la posizione degli individui, ad esempio con il Diritto del lavoro o il diritto di Locazione. Sul piano sociale influenza la distribuzione del reddito, ad esempio tramite il diritto tributario, le Assicurazioni sociali, gli Assegni familiari o la Politica agricola. A livello economico e culturale cerca di valorizzare il potenziale umano, ad esempio attraverso la Scuola e la Politica culturale. Non di rado esso aspira a un miglioramento generale delle condizioni di vita, regolamentando ad esempio la Sanità, promuovendo la protezione dell'ambiente o i Trasporti pubblici. I suoi interventi si rivolgono a tutti i cittadini (educazione, sanità) o a determinate categorie, in particolare alle persone professionalmente attive (Assicurazione contro la disoccupazione, diritto del lavoro). A seconda del settore, la sua azione è generale (Assicurazione vecchiaia e superstiti, AVS), selettiva (Assistenza pubblica, concessa dopo la verifica di un'effettiva necessità), volontaria (come l'Assicurazione malattia fino al 1995) oppure obbligatoria (AVS). Privilegiando nelle normative istituzionali o legali le attività remunerate rispetto al lavoro domestico, si sono create, in modo spesso implicito, delle discriminazioni di genere. Dagli anni 1980-90 si è cercato di attenuare queste disuguaglianze tramite riforme (quali l'introduzione dello splitting nella decima revisione dell'AVS e la parificazione dell'età di pensionamento).
Le istituzioni dello Stato sociale comprendono essenzialmente la protezione dei Lavoratori, le assicurazioni sociali, l'istruzione pubblica, la sanità pubblica e la regolamentazione del Mercato del lavoro. Lo Stato sociale viene finanziato mediante premi indipendenti (assicurazione malattia) o dipendenti (AVS, Casse pensioni) dal reddito e imposte indirette (imposta sulla cifra d'affari, imposta sul valore aggiunto) o dirette e progressive (imposta fed. diretta). Lo Stato sociale non è un sistema chiuso, bensì un'accumulazione più o meno frammentaria di dispositivi specifici di prestazioni. In Svizzera, in modo particolare, le prestazioni sociali sono lungi dal rientrare tutte nelle competenze dello Stato centrale; spesso vengono assunte da organismi privati o cooperativi (casse pensioni, casse malati) o locali e regionali (scuole, ospedali). La responsabilità dello Stato sociale consiste nel fornire, finanziare e regolare alcuni servizi o quanto meno nell'offrire l'aiuto finanziario e organizzativo necessario tramite sussidi e leggi.
Lo Stato sociale cerca di garantire un ordinamento sociale giudicato equo da fasce il più ampie possibile della pop. Attenuando le differenze politiche ed economiche, esercita un'azione di integrazione; contribuisce inoltre a stabilizzare la vita privata in diversi ambiti (rischi finanziari, sanità, opportunità di formazione). La sua creazione ha contribuito a dare un corso molto più tranquillo alla storia politica e sociale della Svizzera nella seconda metà del XX sec. rispetto alla prima.
La modernizzazione con le sue profonde conseguenze sociali (fra cui spec. la perdita di importanza della fam.) e le lotte politiche e sociali (scioperi, iniziative popolari, campagne elettorali ecc.) contribuirono alla comparsa dello Stato sociale. La Svizzera non ha avuto un ruolo d'avanguardia in questo campo. Se alcune misure risalgono all'ultimo terzo del XIX sec. (come la protezione dei lavoratori nella legge sulle fabbriche del 1877 o l'articolo costituzionale e il primo progetto di una legge sull'assicurazione malattia e infortuni), la creazione di strutture fondamentali come l'AVS, pilastro delle assicurazioni sociali, o l'assicurazione generalizzata contro la disoccupazione tardò ancora. Non si può quindi parlare dell'esistenza in Svizzera di uno Stato sociale prima della seconda metà del XX sec. Nella congiuntura del secondo dopoguerra la maggior parte delle correnti politiche sostennero l'organizzazione e lo sviluppo dello Stato sociale, anche se con obiettivi differenti. La fase di progettazione particolarmente lunga ebbe come conseguenza un'evoluzione tutt'altro che omogenea; le idee di conservatori, radicali e socialisti si combinarono in svariati modi. In Svizzera l'elaborazione istituzionale dello Stato sociale durò più a lungo che negli altri Paesi europei, dove la crisi degli anni 1970-80 segnò spesso una cesura. Solo verso la fine di quel decennio o anche più tardi vennero prese decisioni importanti come rendere obbligatoria l'assicurazione contro la disoccupazione e la malattia o generalizzare le casse pensioni. Dagli anni 1970-80 i detrattori dello Stato sociale guadagnarono terreno anche in Svizzera, motivando la "crisi dello Stato assistenziale" con argomenti quali la stanchezza dei cittadini di fronte alla pressione fiscale, i deficit di bilancio, il rallentamento della crescita economica, la concorrenza intern., la deregolamentazione o la globalizzazione (Neoliberalismo). Sinora le barriere venute meno sono più fattuali (minori remore, ad esempio, a procedere a licenziamenti o a rifiutare la compensazione del rincaro) che istituzionali. Nonostante tutti gli attacchi, la porzione del reddito nazionale destinata ai settori essenziali dello Stato sociale, come le assicurazioni sociali, la sanità pubblica e la formazione ha continuato a crescere fino al 2000.