Il principio di uguaglianza, che si fonda sul giusnaturalismo dell'Illuminismo, fu ancorato sul piano costituzionale per la prima volta con la Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti d'America nel 1776. La Rivoluzione francese ne fece un postulato centrale dello Stato di diritto, in cui tutti gli uomini dovevano godere degli stessi diritti.
Prima del 1798 nella Confederazione gran parte della popolazione viveva in territori soggetti o era discriminata dall'ordine costituito, ad esempio nei regimi aristocratici corporativi (città a regime corporativo) o nelle democrazie a Landsgemeinde (cantoni rurali). Con la Costituzione della Repubblica elvetica vennero poste le fondamenta dell'uguaglianza politica, basata sull'inalienabilità della «libertà naturale dell'uomo», valida per tutte le persone di sesso maschile, indipendentemente dal fatto che fossero i cittadini dei 13 cantoni, sudditi o dimoranti.
L'articolo 3 dell'Atto di mediazione (1803) recita: «Non esistono più nella Svizzera Paesi sudditi, né privilegi di luogo, di nascita, di persona, o di famiglia». Nella pratica, però, questo principio non fu applicato. Con la formazione dei nuovi cantoni si concretizzò tuttavia almeno l'uguaglianza duratura tra gli Stati confederati. Il Patto federale del 1815 permise di restaurare parzialmente la situazione in vigore prima della Rivoluzione sul piano dei diritti politici. Il riconoscimento del principio che non esistevano più Paesi soggetti e che il godimento dei diritti politici non poteva essere il privilegio esclusivo di una classe di cittadini, non impedì però al patriziato di riprendere il potere nei cantoni aristocratici.
Nel Patto Rossi, progetto di revisione costituzionale del 1832, l'uguaglianza è menzionata solo come condizione per accordare la garanzia alle Costituzioni cantonali (articolo 6); queste non potevano attribuire il privilegio dell'esercizio dei diritti politici a una classe di cittadini e nemmeno tollerare forme di sudditanza tra le varie parti di un cantone. Con la Costituzione federale del 1848 (articolo 4) venne instaurata l'uguaglianza dei diritti: «Tutti gli Svizzeri sono uguali innanzi alla legge». La carta fondamentale introdusse anche la libertà di domicilio, la libertà di culto e l'equiparazione dei cittadini di altri cantoni. Fino alla revisione parziale della Costituzione nel 1866, rispettivamente alla nuova Costituzione del 1874, tali diritti fondamentali rimasero però riservati ai cristiani (diritti umani).
L'applicazione pratica dell'articolo sull'uguaglianza inizialmente era di competenza delle autorità politiche, che dovevano occuparsi in primo luogo di disparità a livello di diritti politici, quali l'esclusione dei domestici e il suffragio censitario (diritto di voto e eleggibilità). Ma fu solo con la giurisprudenza del Tribunale federale, abilitato dal 1874 a giudicare le controversie tra un privato e un cantone, che l'uguaglianza davanti alla legge acquisì importanza. Interpretata in senso ampio, venne accordata non solo ai cittadini svizzeri, ma a tutti gli esseri umani (come precisato espressamente nell'articolo 8 capoverso 1 della Costituzione del 1999). Dal XIX secolo il Tribunale federale difese il principio, tuttora valido, secondo cui la Costituzione esige l'uguaglianza di trattamento solo quando le condizioni sono uguali in tutte le circostanze effettive. La sua applicazione presuppone un giudizio di valore, determinato dalla concezione del diritto in vigore al momento della sentenza. Di conseguenza poterono essere abolite disparità giuridiche obsolete, come nel 1923 l'esclusione delle donne dall'esercizio dell'avvocatura (parità tra uomo e donna).
Il primo tentativo di introdurre il suffragio femminile per vie legali in nome dell'uguaglianza dei diritti fallì nel 1957. Nel 1959 la revisione in tal senso della Costituzione federale fu bocciata in votazione popolare; nei cantoni che avevano accettato il progetto tale modifica appariva tuttavia inevitabile e le loro Costituzioni vennero riviste. Sul piano federale le donne ottennero il diritto di voto e di eleggibilità nel 1971. Nel 1981 il popolo accettò l'introduzione nella Costituzione federale di un articolo che garantisce l'uguaglianza dei diritti di uomo e donna (articolo 8 capoverso 3 del testo del 1999). Da allora vennero progressivamente eliminate le disuguaglianze esistenti nel diritto federale. Nonostante l'entrata in vigore della legge sulla parità dei sessi (luglio 1996), in molti settori quest'ultima non è ancora stata raggiunta.
La convinzione del movimento operaio, diffusa specialmente alla fine del XIX secolo, che con l'introduzione dell'uguaglianza politica si potesse raggiungere anche l'uguaglianza sociale, si rivelò illusoria (disuguaglianza sociale). Il diritto fondamentale all'uguaglianza di fronte alla legge esige la garanzia di una certa parità delle opportunità, ma non la realizzazione dell'uguaglianza sociale. Questa richiede apposite leggi, come quelle previste sulla base dell'articolo costituzionale sui disabili (articolo 8 capoverso 4). Non è ancora chiaro in che misura il divieto di discriminazione (articolo 8 capoverso 2) renderà necessaria la promulgazione di leggi in tal senso (ad esempio per coppie dello stesso sesso).