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Stranieri

In seguito alla formazione degli Stati nazionali sono considerati stranieri coloro che non godono della cittadinanza del Paese in cui soggiornano. Dal XIX sec. tale concetto ha in parte sostituito quello di Forestiero, strettamente correlato al sentimento d'identità e di appartenenza a una comunità diffuso durante l'ancien régime e soggetto a interpretazioni molto diverse nel corso dei sec.

Lo statuto giuridico dello straniero dalla Repubblica elvetica al Codice civile svizzero

Prima del 1798 i forestieri sottostavano generalmente alla sovranità dei cant. e dei loro alleati. Nel 1798 la creazione di uno Stato unitario - la Repubblica elvetica - e l'applicazione dei principi di uguaglianza della Rivoluzione franc. permisero per la prima volta l'introduzione di una cittadinanza elvetica. Di conseguenza, il godimento dei diritti fondamentali (Diritti umani) e delle libertà non dipese più dall'appartenenza a un determinato gruppo o corporazione (Diritto di cittadinanza). Secondo la legge del 29.9.1798 gli stranieri (di sesso maschile) erano equiparati ai cittadini (maschi), salvo per quanto riguardava i Diritti politici. Il permesso di stabilirsi in Svizzera veniva rilasciato dal Direttorio dietro presentazione di un atto d'origine e di un attestato di buona condotta. Anche gli ebrei di Lengnau (AG) ed Endingen, solo parzialmente emancipati, furono equiparati agli stranieri. Il mantenimento, accanto al com. politico, del com. patriziale fu all'origine di disuguaglianze, principalmente nel campo dell'assistenza, tra membri di quest'ultimo e coloro che ne erano esclusi (sia Svizzeri sia stranieri), che perdurarono fino al XX sec. La legge del 24.11.1800 attribuì alle Camere amministrative dei cant. la concessione dell'autorizzazione di soggiorno e di domicilio. Gli stranieri che la richiedevano dovevano pagare una tassa e, in alcuni casi, versare una cauzione.

L'Atto di mediazione del 1803 restituì ai cant. la facoltà di legiferare sugli stranieri; il caso dei Francesi venne tuttavia regolato nel trattato di alleanza del 27.9.1803 che prevedeva il riconoscimento reciproco della Libertà di domicilio e dell'esercizio dei diritti civili. Il Patto fed. del 1815 lasciò ai cant. ogni competenza in materia di stranieri; lo stesso fecero le Costituzioni fed. del 1848 e del 1874, ad eccezione dell'art. 70, che conferiva alla Conf. il diritto di espellere gli stranieri che attentavano alla sicurezza interna o esterna della Svizzera (Espulsione). Prima del 1848 il cittadino di un altro cant. era ancora considerato uno straniero.

Il Codice civile sviz. del 1912 sancì infine uno statuto giur. unitario per tutto il Paese, caratterizzato dall'uguaglianza civile completa e incondizionata fra Svizzeri e stranieri. In precedenza, le leggi cant. non entravano in materia oppure si limitavano alle clausole di reciprocità. Alcuni trattati bilaterali garantivano ai cittadini degli Stati contraenti la libertà di domicilio e la Libertà di commercio e di industria (trattati fra il Regno di Sardegna e 12 cant. del 12.5.1827 risp. fra la Francia e 18 cant. del 30.5.1827). Dal 1848 trattati di libero domicilio vennero conclusi dalla Conf. con numerosi Paesi. La giurisprudenza del Tribunale fed. riconobbe inoltre sistematicamente agli stranieri l'uguaglianza civile (Immigrazione).

La libertà di soggiorno e di domicilio in Svizzera era subordinata alla presentazione di un documento d'identità e di un certificato di buona condotta. Quest'ultima condizione non era richiesta per gli Stati limitrofi, salvo per la Germania fino al 1911. I cant. erano liberi di accogliere o respingere gli stranieri che non soddisfacevano tali condizioni (i disertori o i Profughi politici, che per evidenti motivi non potevano procurarsi i documenti necessari). Siccome l'assistenza pubblica in Svizzera era di competenza del com. patriziale e dei cant., gli stranieri non potevano beneficiarne. L'indigenza poteva quindi essere motivo di espulsione, salvo se lo Stato di origine accettava di garantire un'assistenza sufficiente.

Il numero di stranieri prima del 1914

Dall'inizio del XIX sec. la proporzione di stranieri rispetto alla pop. totale in Svizzera fu maggiore che negli altri Paesi europei. Ciò dipendeva dalla forte presenza nelle regioni di frontiera, dalla posizione centrale della Svizzera e dalle sue modeste dimensioni. Nonostante le limitazioni introdotte nel 1803 e nel 1815, dopo il 1798 spostarsi e stabilire il proprio domicilio nella Conf. divenne più facile. Nel 1836-39 i cant. di Basilea Città e Ginevra, centri naturali di un bacino geografico situato principalmente oltre i confini, registravano la più forte proporzione di stranieri, risp. il 21,5% e il 20,2% a fronte del 2,5% per l'insieme della Svizzera.

Dopo il 1848 la percentuale di stranieri aumentò sensibilmente per effetto della crescita economica, delle necessità dell'industria e dell'edilizia, dello sviluppo delle ferrovie, della maggiore facilità di spostamento e dell'accresciuta libertà di domicilio. Raggiunse così il 3% nel 1850, il 5,7% nel 1870, l'11,6% nel 1900 e il 14,7% nel 1910. Ad eccezione del Lussemburgo, nessuno Stato europeo registrò una simile concentrazione. È tuttavia necessario tener conto del fatto che i figli nati in Svizzera da genitori stranieri conservano la cittadinanza dei loro genitori (principio della discendenza o ius sanguinis). Siccome le naturalizzazioni, costose e complicate, non procuravano sempre vantaggi evidenti, la condizione di straniero si trasmetteva di generazione in generazione, contrariamente a Paesi come la Francia, dove si applicava il principio della residenza o ius soli. Nel 1910 più di un terzo degli stranieri era nato in Svizzera, di cui poco più della metà aveva meno di 15 anni.

La pop. straniera si distingueva per il suo elevato tasso di occupazione (spec. nel settore secondario), per la forte proporzione di lavoratori dipendenti e per l'importante presenza di classi d'età atte al lavoro. Questa composizione sociale spiega la sua ripartizione geografica e la sua concentrazione nelle regioni industrializzate e di frontiera: nel 1910 nove cant. ospitavano da soli quasi l'80% degli stranieri, che rappresentavano il 40,4% della pop. a Ginevra, il 37,6% a Basilea Città, il 28,2% in Ticino, il 19% in Turgovia e il 17,6% a San Gallo. Nelle città la proporzione era del 50,5% a Lugano, del 46,1% ad Arbon, del 42% a Ginevra, del 41,5% a Rorschach, del 37,8% a Basilea, del 33,9% a Sciaffusa e del 33,8% a Zurigo.

I rifugiati politici rappresentavano solo una piccola porzione degli stranieri, fatta eccezione per la situazione eccezionale del 1849. Fino al 1914 questi ultimi ricoprirono un ruolo di primo piano nell'insegnamento secondario e superiore. Nel 1833 e nel 1834, ad esempio, le nuove Univ. di Zurigo e Berna impiegavano quasi esclusivamente professori ted. A Friburgo, alla vigilia della prima guerra mondiale, solo 22 professori su 76 erano sviz.

La provenienza nazionale degli stranieri prima del 1914

Prima del 1914 oltre il 95% degli stranieri proveniva dagli Stati confinanti. La loro ripartizione conobbe tuttavia importanti modifiche.

L'immigrazione tedesca

Fino alla prima guerra mondiale i cittadini della Germania (risp. degli Stati ted. preunitari) formarono il gruppo più consistente, anche se la loro percentuale diminuì alla fine del XIX sec., passando dal 35% nel 1830 al 48,9% nel 1888 e al 39,7% nel 1910 (ca. 20'000 persone nel 1830 e 40'000 nel 1848). Più della metà erano garzoni-artigiani, che spesso svolgevano una formazione itinerante in Europa. In alcune città rappresentavano un'importante porzione dei sarti, calzolai e carpentieri. Dalla fine degli anni 1830-40 costituirono delle ass. per l'istruzione e lo svago (Società operaie tedesche), in seno alle quali i repubblicani della Giovane Germania e Wilhelm Weitling reclutarono i loro sostenitori. Ca. il 20% degli immigrati ted. dirigeva un'impresa industriale o commerciale oppure esercitava una professione liberale o acc. Le leggi antisocialiste di Otto von Bismarck (1878-90) indussero molti militanti a recarsi in Svizzera. Le soc. operaie costituite da socialisti ted. in Svizzera ebbero un ruolo molto importante nel movimento operaio sviz., e spec. nell'USS e nel PS, di cui formarono l'ala sinistra dopo il 1913.

La tendenza nazionale e democratica, ancora dominante all'indomani del 1849, si trasformò dopo il 1871 in un nazionalismo germ. esclusivo. Coltivato da numerose ass., suscitò reazioni negative nei confronti sia dei Tedeschi (rivolta della Tonhalle a Zurigo nel 1871) sia degli Svizzeri la cui concezione della Germania rimaneva quella precedente l'unità (Gottfried Keller, Ferdinand Vetter).

L'immigrazione francese

I Francesi, di cui il 90% risiedeva nella Svizzera franc. (il 56% nel solo cant. Ginevra), costituivano un gruppo stabile e ben integrato. Il loro numero aumentava lentamente e la loro composizione sociale rispecchiava quella della pop. sviz. Il loro repubblicanesimo e la francofilia predominante nella regione facilitarono ulteriormente i rapporti. Le loro org., soc. di mutuo soccorso e bande musicali erano inserite a pieno titolo nella realtà associativa locale. A Ginevra, verso il 1900, i socialisti franc. formarono un Circolo di studi sociali che organizzava la propaganda nei Dip. vicini e fu persino alla testa della Federazione socialista dell'Ain e delle due Savoie. Nel campo della destra, gruppi franco-sviz. dell'Action française si riunirono a Ginevra e a Losanna dal 1911.

L'immigrazione italiana

Mentre la percentuale dei Francesi (come quella dei Tedeschi) diminuì fra il 1888 e il 1910, passando dal 23,4% all'11,5%, la proporzione degli Italiani balzò nello stesso periodo dal 18,2% al 36,7%. Tali cifre sono peraltro sottostimate poiché, siccome i censimenti avvenivano in dicembre, non tenevano conto degli Stagionali, il cui numero oscillava fra i 50'000 e i 90'000 a seconda della congiuntura. Per questo motivo, ai 202'809 Italiani residenti in Svizzera alla fine del 1910, bisognerebbe aggiungere ca. 75'000 stagionali impiegati fino all'autunno.

Si ritiene che i tre quarti degli Italiani presenti in Svizzera provenissero dal nord della Penisola, ca. un quarto dall'Italia centrale e l'1% dal meridione. Nel 1910 il Ticino da solo ne ospitava più del 20%. Molti di loro erano privi di formazione professionale e si facevano assumere come sterratori o manovali, mentre i più giovani venivano per imparare il mestiere di muratore. Più dell'80% della manodopera utilizzata nell'ultima fase delle costruzioni ferroviarie era it. Questi cantieri, così come quelli delle prime aziende idroelettriche, occupavano per diversi mesi e persino per più anni vere e proprie colonie che trovavano alloggio in accantonamenti di fortuna. Lo sviluppo dell'edilizia spinse muratori, manovali e sterratori it. fin nelle più piccole località, dove vivevano in determinati quartieri o strade, richiamando altri compatrioti (caffettieri, affittacamere ecc.) e creandovi delle "piccole Italie".

Dal 1900 il numero di Italiani occupati nelle fabbriche aumentò fortemente soprattutto nel settore tessile, dove i datori di lavoro si avvalevano della manodopera femminile, reclutata spesso con l'intermediazione di ass. it. Alcuni ordini religiosi avevano aperto in prossimità delle aziende dei convitti femminili (Mädchenheime) paragonabili, come denunciavano i socialisti, a veri e propri conventi.

La pop. it. era contraddistinta da un'età media molto bassa, da una forte preponderanza maschile, soprattutto prima del 1900, e da uno scarso grado d'integrazione. Fra tutti gli stranieri, gli Italiani di entrambi i sessi erano quelli che meno spesso sposavano indigeni. Le relazioni con la pop. autoctona furono spesso difficili e gli attriti frequenti sui cantieri o in determinati quartieri, degenerando talvolta in disordini sociali (rivolta del Käfigturm a Berna nel 1893, Tumulti antiitaliani a Zurigo nel 1896). Col passare del tempo, tuttavia, gli immigrati it. che si stabilivano in modo duraturo in Svizzera furono sempre più numerosi.

Manifesto del sindacato italiano, stampato presso la Tipografia operaia di Losanna, che invitava manovali e muratori a una grande assemblea, 1900 ca. (Museo nazionale svizzero, Zurigo, LM-78314).
Manifesto del sindacato italiano, stampato presso la Tipografia operaia di Losanna, che invitava manovali e muratori a una grande assemblea, 1900 ca. (Museo nazionale svizzero, Zurigo, LM-78314).

Dal 1893 i socialisti it. rifugiati in Svizzera tentarono di sindacalizzare i loro compatrioti. Dopo aver costituito, con i socialisti ticinesi, l'Unione socialista di lingua it. in Svizzera (1897), diedero vita nel 1900 al partito socialista it. in Svizzera. Furono create anche ass. culturali e per il tempo libero o soc. di emigranti originari della stessa provincia. Alcune rientravano nell'area socialista, altre erano più vicine ai rappresentanti ufficiali dell'Italia: si contavano soc. di mutuo soccorso, bande musicali, la Soc. Dante Alighieri, Camere di commercio, l'Opera Bonomelli (Opera di assistenza agli emigranti it., di matrice cristiana, istituita nel 1900), l'Umanitaria (socialista, 1902). Dal canto suo, lo Stato it. creò nel 1901 il commissariato generale dell'emigrazione, il cui primo rappresentante presso la legazione di Berna fu Giuseppe De Michelis. Tanto le org. "ufficiali" quanto l'Opera Bonomelli promuovevano il rafforzamento del sentimento nazionale, che si consolidò ulteriormente per effetto della Xenofobia di cui gli immigrati si sentivano oggetto. Questo spiega l'accresciuta presenza del nazionalismo in seno alla colonia it. alla vigilia del 1914.

Studenti e turisti

Altri stranieri, meno numerosi, venivano nella Conf. per ragioni non economiche. Era il caso degli Studenti attratti dalle Univ. sviz. Non si trattava di figli di immigrati, dato che questi non disponevano generalmente dei mezzi finanziari necessari agli studi univ., ma di giovani che venivano direttamente dal loro Paese di origine e vi tornavano non appena terminata la formazione. La loro proporzione, per l'insieme delle scuole di livello univ., passò dal 37% fra il 1890 e il 1895, al 43,9% nel 1895-1900, al 50,5% nel 1900-05, al 57,8% nel 1905-10 e al 49,2% nel 1910-15, per un totale, nell'ultimo quinquennio, di ca. 3500 persone. Le facoltà di medicina erano le più frequentate, in particolare da giovani ebrei russi, di entrambi i sessi (nel 1905-10 il 68% degli studenti di medicina erano stranieri). Tra il 1895 e il 1915 all'Univ. di Friburgo gli stranieri furono più numerosi degli Svizzeri.

Il Turismo, nonostante all'epoca riguardasse solo pochi benestanti, richiamava pure numerosi stranieri per soggiorni a volte molto lunghi o per i primi viaggi organizzati. Le statistiche alberghiere registrano 2'280'000 arrivi nel 1894, saliti a 3'560'000 nel 1905 e poi culminati a 3'983'000 nel 1913. La guerra segnò un brutale arresto di questo sviluppo (2'832'000 arrivi nel 1920). Sono cifre che vanno paragonate con quelle della fine del XX sec.: nel 2010 si contavano 8'628'000 turisti stranieri su 16'203'000 arrivi in totale. Per gli stranieri si costruirono grandi alberghi di lusso e modeste pensioni fam.; le stazioni climatiche attiravano clienti dall'Europa intera.

La cesura della prima guerra mondiale

La guerra segnò la fine della libertà di movimento e di domicilio conosciuta in precedenza. Da quel momento l'arrivo e il soggiorno degli stranieri furono severamente controllati e limitati in funzione di considerazioni economiche e politiche. La pop. straniera in Svizzera, in cui le classi d'età comprese fra i 15 e i 40 anni erano sovrarappresentate, fu particolarmente toccata dalle varie mobilitazioni. L'incertezza e la crisi economica dell'estate del 1914 indussero inoltre un gran numero di stranieri a tornare nel proprio Paese. Fra il 1910 e il 1920 il loro numero diminuì del 27%, passando da 552'011 a 402'385 persone. Dal 1919 al 1939 lo sviluppo economico rimase contenuto e non richiese più grandi quantità di manodopera. A ciò si aggiunsero le crisi economiche del 1920-22 e degli anni 1930-40, che moltiplicarono i disoccupati. La Svizzera smise di essere un polo di attrazione e, sulla base di nuove disposizioni legislative, i cant. limitarono o rifiutarono il permesso di domicilio ai lavoratori stranieri. La pop. straniera residente passò così dal 14,7% della pop. totale nel 1910 al 10,4% nel 1920, all'8,7% nel 1930 (355'522 persone) e al 5,2% nel 1941 (223'554 persone). Verso il 1930 i due terzi di questi stranieri vivevano in Svizzera da più di 20 anni; il 90% di loro proveniva dagli Stati vicini.

Paradossalmente le paure di un'invasione o di un sovrappopolamento stranieri, espressione di un nazionalismo angusto in precedenza solo latente, divennero un tema di attualità proprio nel momento in cui la pop. straniera diminuiva. Durante la prima guerra mondiale la divisione del Paese fra simpatizzanti dell'uno e dell'altro campo, poi le crescenti tensioni sociali culminate nello sciopero generale del 1918 spinsero alla ricerca di capri espiatori. La classica teoria del complotto attribuì gli eventi del 1918 all'azione di agenti bolscevichi, mentre il socialismo veniva stigmatizzato per il suo internazionalismo e la sua configurazione multinazionale.

Stranieri in Svizzera 1880-2010
Stranieri in Svizzera 1880-2010 […]

Dal 1917 il Consiglio fed. regolamentò tramite ordinanze l'entrata, il controllo e la dimora degli stranieri e creò un ufficio centrale di polizia degli stranieri, dipendente dal DFGP. Ulteriori ordinanze rafforzarono le prerogative di tale ufficio e, nel 1921, vincolarono per la prima volta il permesso di domicilio al permesso di lavoro. Nel 1925 l'adozione dell'art. 69ter della Costituzione fed. conferì definitivamente alla Conf. il diritto di legiferare sull'entrata, l'uscita e il domicilio degli stranieri. La legge fed. del 1931 prese in considerazione gli interessi religiosi ed economici nonché il grado di inforestierimento del Paese. L'introduzione di quest'ultimo concetto determinò una divisione degli stranieri in categorie, di cui alcune, giudicate inassimilabili, vennero respinte, come i cittadini degli Stati balcanici o gli ebrei dell'Europa orientale. Si teneva pure conto del mercato del lavoro locale per rifiutare le autorizzazioni o per concederle per un periodo limitato.

Importanza delle colonie straniere in Svizzera 1880-2010

 188019101920193019411950196019701980199020002010
Popolazione straniera totale (valori assoluti)211 035552 011402 385355 522223 554285 446584 7391 080 076944 9741 245 4321 495 5491 766 277
ripartita come segue: 
Germania45,1%39,7%37,2%37,8%35,0%a19,4%16,0%10,9%9,3%6,9%7,5%14,9%
Austria6,0%6,8%5,3%5,6% 7,7%6,5%4,1%3,4%2,4%2,0%2,1% 
Francia25,4%11,5%14,2%10,4%10,9%9,6%5,4%5,1%5,0%4,2%4,2%5,4%
Italia19,7%36,7%33,4%35,7%42,9%49,1%59,2%54,0%44,3%30,8%21,5%16,3%
Gran Bretagna      1,4%1,4%1,6%1,4%1,5%2,1%
Spagna      2,3%11,2%11,4%10,0%5,7%3,6%
Portogallo      0,1%0,3%2,0%8,9%9,5%12,0%
Turchia      0,1%1,1%4,1%6,6%5,6%4,1%
(ex) Iugoslavia      0,2%2,3%6,4%13,9%24,2%17,8%
Percentuale della popolazione straniera sul totale di quella residente in Svizzera7,5%14,7%10,4%8,7%5,2%6,1%10,8%17,2%14,8%18,1%20,5%22,4%

a Compresa l'Austria, allora annessa alla Germania.

Importanza delle colonie straniere in Svizzera 1880-2010 -  Censimenti federali

Fascismo e nazismo

Nel periodo fra le due guerre il fascismo e il nazismo segnarono l'immigrazione it. e ted. Nel 1918 la Svizzera aprì le sue frontiere agli stranieri che avevano dimorato nel Paese prima del 1914 e numerosi Italiani vi fecero ritorno, riunendosi sia nelle ass. socialiste sia nei primi fasci. Dopo il 1922 le colonie it. e la maggior parte della loro rete associativa passarono sotto il controllo del regime di Benito Mussolini. Negli anni 1930-40 a Losanna una ventina di soc. formarono un consiglio della colonia presieduto dal console. Gli oppositori riuscirono comunque a preservare alcune ass. dall'influenza fascista, e persino a creare delle Colonie libere italiane che si riunirono in una federazione nel 1943.

Fra i Tedeschi alcuni nuclei di estremisti di destra apparvero nel 1919. I primi gruppi locali del partito nazionalsocialista si costituirono nel 1930-31. Dopo il 1933 assunsero un carattere ufficiale e i loro effettivi registrarono un notevole incremento: a Basilea i 120 membri iniziali salirono a 4000 nel 1941. A più riprese i nazionalsocialisti organizzarono grandi raduni e all'ultimo di questi, in occasione di una festa di ringraziamento per il raccolto svoltasi nell'ottobre del 1942 a Oerlikon, parteciparono 12'000 persone. Le proteste del governo zurighese a Berna indussero il Consiglio fed. a proibire i raduni con più di 1000 persone. Le org. naziste vennero sciolte e proibite nel 1945. Gli oppositori di Adolf Hitler, dal canto loro, erano quasi tutti rifugiati e in quanto tali privati del diritto di svolgere un'attività politica pubblica (decreto fed. del 7.4.1933).

Dalla guerra allo sviluppo economico degli anni 1950-60

Con la seconda guerra mondiale l'immigrazione, già molto esigua, cessò completamente e venne sostituita dall'arrivo di internati (Internamento) e rifugiati. La maggior parte di loro tornò nel proprio Paese di origine non appena possibile. La partenza degli altri venne organizzata, in collaborazione con gli organismi intern., in direzione dell'Argentina, dell'Australia e della Palestina. La Conf. rimase fedele alla concezione della Svizzera come terra di transito, risalente al 1933. Solo nel 1947 la nozione di Asilo durevole cominciò a imporsi e agli ultimi rifugiati di guerra venne concesso un permesso di domicilio.

Le circostanze favorevoli del dopoguerra furono all'origine di uno straordinario sviluppo dell'economia sviz. che, nonostante qualche episodio di rallentamento congiunturale, perdurò fino al 1974. Sia per contenere l'aumento dei salari sia per aumentare il loro volume d'affari, industriali e imprenditori si avvalsero massicciamente di manodopera straniera. Più tardi anche il settore terziario fece capo all'immigrazione. La proporzione di stranieri (senza funzionari intern., frontalieri e stagionali) sulla pop. residente totale passò dal 6,1% nel 1950 (285'446) al 10,8% nel 1960 (584'739) e al 17,2% nel 1970 (1'080'076). La quota degli Italiani crebbe fin verso la fine degli anni 1960-70 (il 54% nel 1970, senza tener conto degli stagionali), mentre quella dei cittadini degli altri Stati limitrofi continuò a diminuire. Nel 1930 il 10,3% degli stranieri residenti in Svizzera proveniva da Paesi non confinanti, una proporzione che aumentò regolarmente dopo la fine della guerra per raggiungere il 25,7% nel 1970. Sul piano geografico il bacino di reclutamento della manodopera si estese dapprima all'Italia settentrionale e centrale, poi a quella meridionale e dal 1960 alla Spagna, poco dopo a Portogallo, Grecia e Iugoslavia e infine a un numero crescente di Paesi. Fino al 1948 le assunzioni di stranieri avvenivano esclusivamente sul piano privato. In seguito gli accordi stipulati con l'Italia (1948, 1964) e la Spagna (1961) precisarono il quadro legislativo, fissando normative relative alle assicurazioni sociali e alla cassa pensioni.

Come nel periodo fra le due guerre, le autorità sviz., grazie a una stretta collaborazione fra l'ufficio centrale della polizia degli stranieri e quello dell'industria, delle arti e mestieri, cercarono di adattare il flusso migratorio ai bisogni dell'economia, tenendo conto del mercato del lavoro e del grado di inforestierimento. Fin verso la fine degli anni 1950-60 si temette il sopraggiungere di una crisi analoga a quella degli anni 1930-40. La manodopera straniera veniva pertanto considerata come una sorta di "ammortizzatore congiunturale", un gruppo destinato a diminuire rapidamente nelle fasi economiche recessive (come avvenne nel 1948-49, nel 1958 e dal 1974). A questo scopo occorreva instaurare un sistema di rotazione e fare in modo che gli operai rimanessero in Svizzera per un periodo limitato, non automaticamente rinnovabile.

Gli stranieri furono quindi suddivisi in categorie ben distinte a seconda del tipo di permesso (o della sua mancanza). La prima era costituita dai Frontalieri, che lavoravano in Svizzera e ogni sera ritornavano oltre confine (permesso F). La motorizzazione crescente e la mancanza di alloggi accrebbero considerevolmente il loro numero nelle regioni di frontiera: dal 1983 al 2000 gli effettivi variarono fra 100'000 e 150'000 persone, con una punta di ca. 180'000 nel 1990. All'inizio del XXI sec., in relazione all'entrata in vigore degli accordi bilaterali, il numero di frontalieri era in continuo aumento (250'000 nel 2011). Vi erano poi i titolari, poco numerosi ma in aumento dal 1978, del permesso di lavoro di breve durata non rinnovabile (6-12 mesi, ad esempio per ragazze alla pari). Gli Stagionali beneficiavano, per contro, di un permesso di soggiorno (permesso A), limitato a nove mesi all'anno, ma rinnovabile, e non avevano il diritto di farsi raggiungere dalla fam. Nel 1987 il loro numero oscillò fra 14'000 in dicembre e 114'000 in estate. Dopo il 1990 il loro effettivo si dimezzò. Gli accordi bilaterali I del 1999, entrati in vigore nel 2002, hanno abolito questo statuto. La quarta categoria era formata dai titolari di un permesso di soggiorno annuale (permesso B), rinnovabile ed eventualmente trasformabile, dopo un periodo che variava a seconda del Paese di provenienza, in un permesso di domicilio (permesso C), di durata illimitata, che metteva lo straniero in una condizione d'uguaglianza con lo Svizzero sul piano del diritto del lavoro. Vi erano infine i funzionari intern., particolarmente numerosi a Ginevra (2500 nel 1950, ca. 22'000 nel 2010, su un totale di 28'000 nell'intera Svizzera) e i membri delle rappresentanze diplomatiche, che non necessitano di un permesso.

Per ottenere l'auspicata rotazione della manodopera, si limitava la concessione del permesso C e si cercava di dissuadere i titolari del permesso B a stabilirsi in Svizzera in modo duraturo. A questo scopo, il ricongiungimento fam. era autorizzato solo dopo diversi anni e a determinate condizioni. Inoltre, tutta una serie di prescrizioni, spesso modificate, mirava a limitare la mobilità geografica, professionale e sociale, quali la proibizione di cambiare senza autorizzazione datore di lavoro, professione o cant. o il divieto di mettersi in proprio. Tuttavia gli stranieri con mansioni dirigenziali e i lavoratori specializzati erano sottoposti a minori limitazioni. Le persone senza attività lucrativa ma che disponevano di redditi sufficienti potevano (ancora all'inizio del XXI sec.) ottenere facilmente un permesso di soggiorno e poi di domicilio. Le celebrità dello sport e del mondo artistico (come Charlie Chaplin) apprezzavano la calma e i vantaggi fiscali della Svizzera.

L'interpretazione e l'applicazione di questa regolamentazione complessa conferirono un notevole potere all'amministrazione e alla polizia. Dal 1970 le possibilità di ricorso aumentarono, ma rimasero difficilmente accessibili a uno straniero isolato, che non padroneggiava la lingua e non possedeva conoscenze giur. L'auspicata rotazione venne raggiunta: all'inizio del 1960 la grande maggioranza dei lavoratori stranieri in Svizzera vi risiedeva da meno di quattro anni.

La svolta degli anni 1960-70

Anche se la politica condotta nei primi anni del secondo dopoguerra conseguì i propri obiettivi, in seguito si rivelò inadeguata. In effetti altri Paesi erano entrati in concorrenza con la Svizzera, che divenne meno attrattiva sul mercato del lavoro it. soprattutto dopo l'entrata in vigore della libera circolazione dei lavoratori fra gli Stati della Comunità economica europea (1964). Gli industriali sviz. dovettero reclutare lavoratori in Paesi sempre più distanti. Sia le autorità sia gli ambienti economici si resero conto che l'impiego di manodopera straniera da fenomeno passeggero era divenuto strutturale. La teoria della rotazione venne quindi progressivamente abbandonata a favore di quella dell'integrazione e dell'assimilazione. Da quel momento si trattò di agevolare il soggiorno duraturo degli immigrati, prendendo anche in considerazione la possibilità di una loro naturalizzazione. Il ricongiungimento fam. per i titolari del permesso B venne concesso più facilmente. La pop. straniera totale aumentò di conseguenza più in fretta della pop. straniera attiva, incrementando la domanda di alloggi, di strutture scolastiche, di ospedali e mezzi di trasporto. Si dovettero così portare a compimento i lavori infrastrutturali a lungo rimandati (dal 1950 al 1970 la pop. sviz. passò da 4'714'992 a 6'269'783 ab.), che accrebbero a loro volta la domanda di manodopera straniera.

Con l'impiego di questo tipo di forza lavoro, gli industriali si erano abituati a uno sviluppo estensivo, trascurando gli investimenti produttivi e indebolendo così le capacità concorrenziali dell'economia sviz. sul lungo periodo. Per questo motivo le autorità tentarono di stabilizzare e poi di ridurre il numero di stranieri. Per ogni azienda cercarono di contenere e poi arrestare la loro crescita e infine di ridurre il loro numero. Nel 1970 venne introdotto un limite massimo globale contingentando, per ogni cant., il numero di nuovi permessi A e B. Nel contempo vennero rimosse determinate restrizioni alla mobilità. Questi provvedimenti raggiunsero i loro obiettivi (razionalizzazione e modernizzazione delle imprese), ma la pop. straniera totale (il 17,2% della pop. totale nel 1970) continuò a crescere fino all'inizio della crisi, nel 1974, soprattutto a causa del ricongiungimento delle fam. La sua composizione si modificò: tra il 1969 e il 1974 il numero di permessi C raddoppiò, causando un aumento della proporzione degli stranieri presenti da lunga data rispetto ai nuovi arrivati. Allo stesso tempo l'origine geografica si diversificò sempre più: se nel 1970 oltre il 74% degli stranieri proveniva ancora dai Paesi confinanti, nel 2010 questa percentuale era scesa al 38,7%. Quasi il 19% era originario di Stati extraeuropei. Proprio a causa della loro condizione, è difficile per contro stimare il numero dei clandestini.

I vantaggi della manodopera straniera per la Svizzera

La crisi scoppiata nel 1974 dimostrò che la pop. straniera attiva assumeva effettivamente il suo ruolo di ammortizzatore congiunturale. Con il mancato rinnovo dei permessi A, B e F scaduti ed evitando di rimpiazzare gli emigranti rimpatriati, il numero di lavoratori stranieri diminuì di 300'000 persone in quattro anni. La Svizzera riuscì così a "esportare" la sua disoccupazione, perlomeno durante le recessioni del 1975-76 e del 1982-83. Anche la crisi degli anni 1990-2000 colpì più duramente gli stranieri che non gli Svizzeri, poiché il tasso di disoccupazione dei primi era doppio rispetto ai secondi; una disparità che si spiega fra l'altro con la loro maggiore presenza nei settori poco qualificati. Nel 1959 più di due stranieri su tre lavoravano nel settore dell'edilizia e dell'industria della pietra (24,5%), nel settore alberghiero e della ristorazione (16,6%), nell'industria metallurgica e meccanica (13,8%), nei servizi domestici (8,6%, essenzialmente donne) e nell'agricoltura (8,1%). Nel 1995 più di nove su dieci erano occupati nei settori dell'energia, delle arti e mestieri e dell'industria (28,7%), della costruzione (11,3%), della ristorazione e del commercio (24%), delle banche, assicurazioni e ditte di consulenza finanziaria (11,7%) e in altri servizi (18,1%). Rispetto alla pop. attiva totale (Svizzeri e stranieri), nel 1995 essi costituivano più del 20% della forza lavoro nel settore della salute, più del 30% nell'edilizia, più del 40% nel settore alberghiero e della ristorazione e più del 50% nelle industrie del cuoio, delle calzature, dei tessili e dell'abbigliamento.

Grazie all'apporto della manodopera straniera, dal 1950 al 1973 il prodotto nazionale lordo pro capite poté quasi raddoppiare. Data la sua composizione (classi giovani e in età lavorativa, controlli medici prima dell'assunzione e al confine), costava poco alla collettività. Le spese di formazione erano state assunte dal Paese di provenienza e gli immigrati, di cui la maggior parte inviava a casa più denaro possibile, utilizzavano molto meno degli Svizzeri le infrastrutture collettive. L'arrivo di un maggior numero di fam. dal 1960-64 modificò questa situazione, ma ciò nondimeno, a livello globale, i costi sociali pro capite rimasero minori fra la pop. straniera rispetto a quella autoctona.

Conseguenze sociali e xenofobia

"Abbiamo bisogno di queste donne e di questi uomini e loro hanno bisogno di noi". Manifesto contro l'iniziativa Schwarzenbach, realizzato da Celestino Piatti, 1970 (Collezione privata).
"Abbiamo bisogno di queste donne e di questi uomini e loro hanno bisogno di noi". Manifesto contro l'iniziativa Schwarzenbach, realizzato da Celestino Piatti, 1970 (Collezione privata).

Se in alcune professioni molto qualificate gli immigrati avevano un ruolo importante (nel 1951 nell'economia privata più del 40% degli scienziati impegnati nella ricerca e nello sviluppo erano stranieri), generalmente la forza lavoro estera svolgeva i lavori più umili, quelli rifiutati dagli Svizzeri. Una parte della pop. attiva sviz. passò dal settore secondario a quello terziario, mentre all'interno della classe operaia gli Svizzeri rimasero attivi nelle professioni meglio retribuite e più gratificanti così come nelle funzioni più qualificate e di maggiore responsabilità. Tuttavia questa ascesa sociale non avvenne in modo uniforme ed equilibrato e quelli che non vi presero parte considerarono gli stranieri come invasori responsabili della distruzione degli antichi rapporti di lavoro e dei legami sociali tradizionali. A ciò si aggiunsero gli attriti quotidiani dovuti alla coabitazione fra gruppi con abitudini e culture diverse, acuiti dal fatto che durante la crescita estremamente rapida del periodo 1950-65 la rotazione impedì qualsiasi integrazione.

In seguito alla penuria di alloggi e al divieto del ricongiungimento fam., molti stagionali e lavoratori annuali, soprattutto fra il 1950 e il 1970, vivevano stipati nelle baracche o in vecchie case. La sorte delle fam. giunte illegalmente, i cui figli non potevano frequentare le scuole, era particolarmente drammatica. Il cambiamento della politica di integrazione, dal canto suo, generò nuovi problemi. Gli stranieri, a cominciare dai giovani nati in Svizzera oppure arrivati in tenera età, erano combattuti tra due realtà e società diverse. Il fenomeno era meno intenso fra gli immigrati di vecchia data, che erano anche quelli meglio accettati dagli autoctoni, ma si riproponeva per le ondate migratorie più recenti.

"500'000 espulsi. Farete il loro lavoro? No"; manifesto del comitato romando che si opponeva all'iniziativa popolare contro l'inforestierimento e la sovrappopolazione della Svizzera, respinta dal popolo il 20.10.1974 (Musée historique de Lausanne, Fonds Meylan).
"500'000 espulsi. Farete il loro lavoro? No"; manifesto del comitato romando che si opponeva all'iniziativa popolare contro l'inforestierimento e la sovrappopolazione della Svizzera, respinta dal popolo il 20.10.1974 (Musée historique de Lausanne, Fonds Meylan).

Inoltre, l'atteggiamento di sfiducia nei confronti dello straniero, di cui la Svizzera ufficiale temette a lungo l'infiltrazione e le influenze nefaste, segnò profondamente le mentalità. Per di più l'azione di contrasto esercitata dall'internazionalismo socialista prima del 1914 scomparve quasi del tutto dopo il 1945. Il malcontento popolare si focalizzò sugli stranieri ma, nonostante qualche spiacevole o persino tragico episodio, non degenerò in sommosse come nel 1893 e nel 1896. Si espresse invece attraverso la politica sul piano istituzionale. Durante le elezioni, com., cant. o fed., comparvero liste contro l'inforestierimento; gruppi di destra estranei ai partiti tradizionali fecero di questo tema il loro cavallo di battaglia, come nel caso dell'Azione nazionale, o più tardi dei Democratici svizzeri (Svendita del territorio). In seguito venne ripreso in primo luogo dall'Unione democratica di centro. Fra il 1965 e il 1988 sei iniziative popolari, tutte respinte, proposero di fissare un limite massimo alla pop. straniera. La seconda, la celebre iniziativa Schwarzenbach (1970), suscitò un'accesa campagna di rara virulenza.

D'altra parte, dalla fine degli anni 1960-70 un numero crescente di org. e istituzioni sviz. a carattere politico, religioso o filantropico cominciarono a interessarsi agli stranieri e a difenderli, lanciando ad esempio l'iniziativa "Essere solidali, per una nuova politica degli stranieri" (respinta nel 1981).

Le organizzazioni degli stranieri

Gli stranieri crearono moltissime ass. nazionali, alcune a carattere ricreativo, culturale o di interesse generale, altre di natura politica. Tra queste, le prime furono quelle degli Italiani. La Federazione delle colonie libere it. (1943) assunse la rappresentanza degli interessi degli immigrati presso le autorità sia it. sia sviz. e negoziò con le org. sindacali di entrambi i Paesi, incitando i suoi membri a iscriversi all'USS. Nel 1971 gli operai spagnoli in Svizzera fondarono un'ass. analoga (Asociación de Trabajadores Emigrantes Españoles en Suiza), che pure collabora con l'USS.

Durante la seconda guerra mondiale il partito socialista it. in Svizzera (nato nel 1900) assunse la direzione, sotto la guida di Ignazio Silone, del Centro estero del partito socialista it., responsabile delle relazioni e della propaganda verso l'Italia. Quest'ultimo venne smantellato dalla polizia sviz. nel 1942. I comunisti it., organizzati in una federazione sviz. dopo il 1948, condussero fin negli anni 1970-80 un'esistenza clandestina. Nel 1966 le autorità fed. dichiararono che gli stranieri non dovevano avere alcun ruolo nel processo di formazione della volontà politica generale, persino presso i loro compatrioti. Ogni attività contro "l'ordine democratico costituito" venne proibita, un provvedimento che prendeva di mira comunisti, anarchici ed estremisti di destra. Un'ordinanza fed. del 1948, che riprendeva alcune normative adottate prima della guerra, sottoponeva tutti gli stranieri non titolari di un permesso C a un'autorizzazione preliminare per prendere la parola in pubblico su un argomento politico. Dagli anni 1970-80 la prassi evolse verso una maggiore tolleranza e il decreto venne soppresso nel 1988. Così dagli anni 1980-90 i separatisti delle Tigri per la liberazione della patria Tamil, presenti in seno all'immigrazione tamil in Svizzera, raccolsero denaro per la loro causa, e i Curdi del partito dei lavoratori del Kurdistan organizzarono diverse manifestazioni spettacolari per attirare l'attenzione dell'opinione pubblica.

La situazione all'inizio del XXI secolo

La pop. straniera in Svizzera, in calo dopo il 1974, ricominciò a crescere all'inizio degli anni 1980-90. Passò dal 14,8% della pop. residente totale nel 1980 al 18,1% nel 1990, al 20,5% nel 2000 e al 22,4% nel 2010. L'incremento complessivo della pop. in Svizzera è dovuto unicamente agli stranieri (tre quarti grazie al saldo migratorio, un quarto grazie alle nascite). Nel 2000 il 22,6% degli stranieri era nato in Svizzera (più di un terzo degli Italiani, il 30% degli Spagnoli), mentre il 73,8% vi risiedeva da più di cinque anni. Ca. il 9% degli Svizzeri di più di 15 anni di età erano stranieri naturalizzati. La composizione nazionale della pop. straniera si è modificata: nel 1970 il 90,6% di essa proveniva dai Paesi della CEE e dell'AELS, nel 2000 solo il 55%; tale diminuzione è dovuta principalmente all'aumento dei cittadini dell'ex Iugoslavia (il 24%) e della Turchia (il 5,6%).

Popolazione straniera per continente (stato 2010)

ContinenteValori assolutiin %
Europa1 504 94385,2%
Africa71 5274,0%
America74 5114,2%
Asia110 5496,3%
Australia, Oceania3 9900,2%
Senza patria 757<0,1%
Popolazione straniera per continente (stato 2010) -  Annuario statistico della Svizzera

Anche se gli accordi bilaterali I hanno regolato il problema della circolazione delle persone fra la Svizzera e gli Stati dell'UE, l'atteggiamento nei confronti degli stranieri mantiene un ruolo centrale nella politica interna sviz. In primo piano vi sono temi quali la politica d'integrazione e d'asilo, i permessi di lavoro per i cittadini dei Paesi non membri dell'UE, la xenofobia (adozione della legge contro il razzismo nel 1994, rifiuto dell'iniziativa "Contro l'immigrazione clandestina" nel 1996, approvazione dell'iniziativa "Per l'espulsione degli stranieri che commettono reati" nel 2010), i diritti civici (rifiuto della naturalizzazione facilitata dei giovani stranieri nel 1994, di quelli della seconda e della terza generazione nel 2004) e le misure coercitive in materia di diritto degli stranieri (accolte nel 1994). La questione della libera circolazione delle persone fra la Svizzera e i nuovi membri dell'UE è stata oggetto di due protocolli aggiuntivi agli accordi bilaterali I, entrati in vigore risp. nel 2006 e nel 2009 dopo essere stati approvati in votazione popolare. Una nuova legge sugli stranieri, che regola in particolare l'ammissione e il soggiorno dei cittadini degli Stati non membri dell'UE o dell'AELS, messa in cantiere nel 1998, è stata approvata dal popolo nel 2006 ed è entrata in vigore nel 2008.

Riferimenti bibliografici

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Link

Suggerimento di citazione

Marc Vuilleumier: "Stranieri", in: Dizionario storico della Svizzera (DSS), versione del 09.07.2015(traduzione dal francese). Online: https://hls-dhs-dss.ch/it/articles/010384/2015-07-09/, consultato il 28.03.2024.