La prima proiezione pubblica di un film in Svizzera ebbe luogo nell'ambito dell'Esposizione nazionale del 1896 a Ginevra, dove gli operatori ambulanti dei pionieristici fratelli franc. Auguste e Louis Lumière presentarono a un pubblico stupefatto il cinematografo, un'invenzione brevettata soltanto l'anno precedente. Una parte dei film mostrati proveniva da Parigi, mentre altri erano stati realizzati, sviluppati e montati sul posto. Le fiere, i varietà e i circhi diventarono rapidamente i luoghi privilegiati per la realizzazione e la proiezione di film.
Dalle produzioni di film muti ai fondamenti di una cultura cinematografica
Della produzione cinematografica anteriore alla prima guerra mondiale si sono conservati soltanto pochi esempi. Il gesuita Joseph Alexis Joye, attivo a Basilea, costituì una raccolta di pellicole appartenenti a questa epoca. La sua inestimabile collezione di documenti, film di finzione e sperimentali è oggi conservata a Londra. L'archiviazione sistematica di film di ogni sorta fu avviata nel 1948 con la creazione della Cineteca svizzera, della quale Freddy Buache fu uno dei fondatori.
Il passaggio dal cinema ambulante alla proiezione in sale stabili avvenne nei primi anni del XX sec. Le Sale cinematografiche costituirono il punto di partenza per la successiva formazione di una distribuzione e di un finanziamento specializzati. Durante l'epoca del film muto, che durò fino alla fine degli anni 1920-30, la produzione cinematografica sviz. rimase frammentaria e modesta rispetto a quella degli altri Paesi. Gli sforzi convogliati nella realizzazione di film sviz. rimasero isolati. Nel 1924 alcuni registi sviz. emigrati in America girarono nelle Alpi un film intitolato Nascita della Conf. Le montagne e i laghi elvetici sarebbero stati utilizzati ancora per decenni come scenografia dagli operatori di tutto il mondo. I film sviz. realizzati prima del 1930 sono per lo più curiosità o rarità, ma privi di qualità artistica oppure di limitata diffusione.
Già in questa prima fase furono però poste le basi dell'attuale sistema di distribuzione, fondato principalmente sull'importazione di film stranieri dai Paesi confinanti e dagli Stati Uniti. Negli anni 1930-40 iniziò a manifestarsi il desiderio di una produzione cinematografica autonoma, che trovò però solo parziale riscontro nella realtà dei fatti (Politica culturale). In considerazione delle dimensioni limitate e del frazionamento linguistico del mercato nazionale, i finanziatori pubblici e privati ritennero poco proficua la produzione di film. Per decenni, in Svizzera non si fece quasi nulla per far fronte alla colonizzazione cinematografica e sollecitare l'affermazione a livello nazionale e intern. di una produzione autonoma.
Gli inizi del cinema svizzero: il trentennio 1930-60
La nascita della produzione cinematografica sviz. risale ai primi anni 1930-40 e coincide con l'inizio del cinema sonoro. I film in dialetto svizzeroted. ebbero sin dall'inizio un ruolo determinante che mantennero, con alcune interruzioni, fino all'inizio degli anni 1990-2000. La commedia dialettale Wie d'Warret würkt ("gli effetti della verità", 1933) può essere considerata il primo film sviz. Il film in dialetto, per molto tempo l'unico genere cinematografico specificamente sviz., costituì per la maggioranza germanofona del Paese uno strumento ideale per il consolidamento della propria identità. Questo genere acquisì un forte peso politico-culturale in particolare durante il Terzo Reich (Difesa spirituale), quando l'esigenza di un distacco dalla Germania si manifestava anche nell'uso più frequente del dialetto. Questo spiega probabilmente anche il mancato sviluppo del cinema muto nella Svizzera ted.: il dialetto è una lingua parlata, che si prestava male agli intertitoli, ma si addiceva al film sonoro. Da qui trae origine anche l'abitudine svizzeroted., che si è conservata fino a oggi, di sottotitolare i film sviz. invece di sincronizzarli.
Durante la seconda guerra mondiale, il cinema sviz. conobbe un primo breve sviluppo, determinato dalle temporanee misure di protezione adottate dallo Stato in materia di importazione, che si manifestarono spec. attraverso il controllo e la limitazione dei film stranieri. Fin dalla mobilitazione del 1939 fu introdotta una Censura che avrebbe dovuto in primo luogo impedire la propaganda cinematografica delle potenze dell'Asse, ma che in singoli casi fu applicata per proibire anche film sviz., quali De achti Schwyzer ("il vero Svizzero") di Oskar Wälterlin. Con la creazione del Cinegiornale svizzero nel 1939, ai filmati venne assegnato un ruolo ufficiale in ambito politico-statale. Il Cinegiornale fu abbandonato nel 1975, quando la sua funzione informativa fu assunta dalla Televisione.
Durante la guerra e nel dopoguerra furono realizzate le prime opere di valore artistico, ma anche film storicizzanti a sfondo eroico, ispirati alla politica statale: Wilder Urlaub di Franz Schnyder, Romeo e Giulietta al villaggio di Hans Trommer e Valérian Schmidely, Il sergente Studer e Il landamano Stauffacher di Leopold Lindtberg. Gli anni 1950-60 segnarono il momento di maggiore fortuna del film in dialetto svizzeroted., che conseguì grande popolarità spec. con i drammi piccolo borghesi di Kurt Früh (Oberstadtgass, La panetteria Zürrer) e i soggetti storico-rurali di Franz Schnyder (Uli il servo, Uli il fittavolo, entrambi tratti da Jeremias Gotthelf). L'idilliaco Emmental di Schnyder divenne un vero e proprio topos del cinema sviz., come la città vecchia e i quartieri operai della pittoresca Zurigo di Früh.
La ditta zurighese Praesens Film AG (Film (industria cinematografica)), fondata nel 1924 dall'immigrato polacco Lazar Wechsler, si affermò come soc. di produzione di film di finzione sviz. operando fino all'inizio degli anni 1960-70 in un clima poco concorrenziale. Nell'immediato dopoguerra si giunse a un'apertura tematica: la Praesens Film, che mirava a conquistare i mercati intern., conseguì un successo mondiale con L'ultima speranza (1945) di Leopold Lindtberg, incentrato sul dramma dei profughi.
Nel dopoguerra, i tentativi di realizzare coproduzioni intern., concentrati soprattutto sugli Stati Uniti, non ebbero esito duraturo. La collaborazione intern. si consolidò solo negli anni 1970-80, grazie all'opportunità di coproduzioni a costi ridotti con partner franc. e, in misura minore, ted. Le relazioni con il mondo anglosassone e gli altri Paesi europei rimasero sporadiche.
Il cinema sviz. degli anni 1950-60 era contraddistinto da una visione del mondo ancora legata al XIX sec.: i registi guardavano con ostilità alla modernizzazione, considerandola una fonte di disagio. L'inizio degli anni 1960-70 segnò il declino del cosiddetto vecchio cinema sviz. La svolta si manifestò anzitutto in una profonda crisi del sistema che portò praticamente a un arresto della produzione, e questo nel momento stesso in cui il cinema, in termini di sale e di biglietti venduti, raggiungeva il suo massimo successo.
Il nuovo cinema svizzero: dal 1960 al 1990
Tra gli anni 1960-70 e gli anni 1980-90, sotto l'influenza dei modelli spec. franc. e inglese, il cinema sviz. si rinnovò secondo due linee principali di sviluppo: nella Svizzera franc. si impose il film di finzione, mentre nella Svizzera ted. quello di carattere documentaristico divenne un elemento caratterizzante della produzione. La televisione, in qualità di coproduttrice, contribuì in modo decisivo all'affermazione di queste due forme del cosiddetto nuovo cinema sviz.
Mentre fino al 1960 solo pochi film prodotti nella Svizzera franc. si erano distinti per un carattere autonomo (tra questi Farinet di Max Haufler, del 1938, tratto da Charles Ferdinand Ramuz), negli anni 1960-70 le opere degli autori francofoni conquistarono rapidamente una posizione di primo piano nel cinema sviz. d'avanguardia. I loro lavori ottennero spec. in Francia e in altri Paesi europei, ma anche nella Svizzera ted., un consenso di pubblico che durò fino agli anni 1980-90. Alain Tanner (La Salamandra, Jonas che avrà vent'anni nel 2000), Michel Soutter (Gli agrimensori) e Claude Goretta (L'invito, La merlettaia) acquisirono rinomanza intern. Trasformarono Ginevra in un ulteriore topos del cinema sviz., ma adottarono un atteggiamento più critico di quello di Kurt Früh e Franz Schnyder. In seguito alcuni di questi registi, creatori di uno stile originale - tra i quali Yves Yersin, autore di Le piccole evasioni - trasferirono la loro attività in misura sempre maggiore all'estero. Dopo il 1985, la loro scuola non trovò successori del medesimo calibro nella Svizzera franc. La produzione di film francofoni continuò, ma senza ottenere una vasta eco oltre i confini nazionali. Ernest e Gisèle Ansorge assicurarono alla Svizzera franc. un posto fisso sulla scena intern. del film d'animazione, che ebbe invece pochi esponenti di rilievo nella Svizzera ted.
Nella Svizzera ted. il rinnovamento degli anni 1960-70 e 1970-80 avvenne più lentamente. Tuttavia nell'ambito del documentario e del film sperimentale si fece strada uno stile caratteristico, contrassegnato sovente da un'impostazione rigorosa e da preoccupazioni etiche. Il film documentaristico svizzeroted. si affermò oltre i confini nazionali al più tardi dal 1974, anno in cui Yves Yersin realizzò Les Passementiers. Ursula oder das unwerte Leben di Walter Marti e Reni Mertens, Siamo italiani di Alexander J. Seiler, Pazifik oder die Zufriedenen di Fredi M. Murer e Bananera Libertad di Peter von Gunten ottennero un grande successo.
Il film in dialetto svizzeroted., che dopo la crisi del 1960 e i segni premonitori del nuovo cinema sviz. aveva perso importanza, rifiorì dopo il 1975. La tardiva rinascita del film di finzione iniziò a manifestarsi nella Svizzera ted. nel 1972, sulla scia del successo ottenuto dai registi romandi. Ma a differenza del documentario, questo genere di film non maturò uno stile caratteristico, specificamente svizzeroted. Contrassegnato da una notevole varietà di stili e di motivi, privilegiò tematiche molteplici, non più riducibili a poche tipologie di base. Negli ultimi tre decenni del XX sec. fra gli autori tedescofoni acquisirono un ruolo di primo piano Kurt Gloor (Die plötzliche Einsamkeit des Konrad Steiner), Rolf Lyssy (I fabbricasvizzeri), Markus Imhoof (La barca è piena), Fredi M. Murer (Grauzone, Fuochi d'altura), Xavier Koller (Il viaggio della speranza) e Daniel Schmid (L'ombra degli angeli, Il bacio di Tosca). Accanto a questi esponenti del film di finzione, Richard Dindo ottenne l'attenzione del pubblico europeo come autore di documentari (L'esecuzione del traditore della patria Ernst S., Max Frisch, Journal I-III, Il caso Grüninger).
Jean-Luc Godard, regista eccentrico e individualista, che vive e lavora nella Svizzera franc., costituisce un caso a parte. Tra i principali cineasti contemporanei, ha realizzato Fino all'ultimo respiro, Il bandito delle ore undici, Si salvi chi può - La vita, Hélas pour moi. Contraddistinta da uno stile peculiare ed ermetico, la poetica di Godard è difficilmente classificabile all'interno del cinema sviz.
Nella Svizzera it. le già difficili condizioni produttive del settore cinematografico sviz. e l'aggravante dell'appartenenza a una minoranza linguistica hanno reso particolarmente difficoltoso lo svilupparsi di una propria cinematografia. Negli anni 1970-80 il cinema ticinese é però riuscito a ritagliarsi uno spazio nel panorama delle produzioni elvetiche, in particolar modo per la sua capacità di confrontarsi con problematiche legate alla frontiera (Storia di confine, 1971, di Bruno Soldini), l'immigrazione, la devianza (24+24, 1972 e Cerchiamo operai per subito, offriamo..., 1974, di Villi Hermann) e l'identità linguistica (E noi altri apprendisti, 1976, di Giovanni Doffini).
Tra l'inizio degli anni 1970-80 e la metà degli anni 1980-90, la produzione cinematografica sviz. conobbe un periodo particolarmente fiorente, durante il quale beneficiò di una congiuntura eccezionale di mezzi e talenti, accompagnata da una duratura risonanza intern. L'originalità indigena si coniugò con un'inclinazione cosmopolita. Il cosiddetto miracolo sviz., costituito da successi a breve e medio termine, è riconducibile in ampia misura alla promozione fed. della cinematografia, introdotta per gradi a partire dal 1962. La legge sulla cinematografia definì la composizione e i compiti della commissione fed. della cinematografia, nonché le misure di promozione, la distribuzione e l'esportazione dei film. Oltre alla promozione selettiva e legata al successo (dal 1997), l'ufficio fed. della cultura attribuisce premi di qualità e di studio. Dal 1998, inoltre, viene assegnato ogni anno il Premio del cinema sviz. La promozione dello Stato consente di mobilitare e canalizzare i mezzi provenienti dai cant., dai com., da fonti private e dalla televisione. Paradossalmente, il film che ha registrato il maggior successo commerciale, con un milione di spettatori in Svizzera, è stato prodotto senza sussidi fed. (I fabbricasvizzeri, 1979).
Alle soglie del XXI secolo
Fra il 1985 e il 2000 la produzione cinematografica sviz. ha annoverato ogni anno ca. 20 lungometraggi documentaristici e di finzione, mantenendo una bassa quota di mercato. Alcuni esempi di film documentaristico (Di meglio in meglio di Alfredo Knuchel, Well Done di Thomas Imbach, Eine Synagoge zwischen Tal und Hügel di Franz Rickenbach) dimostrano che alle soglie del nuovo sec. la carica ispiratrice che animava i pionieri del cinema sviz. è ancora presente.
Le capacità e le conoscenze tecniche e produttive dei cineasti hanno raggiunto un livello inedito. Mentre i registi dei vecchi film sviz. provenivano perlopiù dal teatro, gli esponenti attuali dispongono di molteplici possibilità di formazione. In Svizzera non c'è una scuola di cinema, ma dagli anni 1990-2000 numerose scuole univ. professionali offrono corsi di comunicazione visiva. Esiste inoltre la possibilità di abbinare una formazione teorica e pratica, per esempio integrando uno studio di teatro con un'esperienza di assistenza alla regia. Gli investimenti nel marketing, gli spettacoli promozionali e le agevolazioni accordate ai critici cinematografici producono un effetto stimolante. La buona frequentazione delle sale cinematografiche, i dibattiti pubblici sui film - spec. nell'ambito di festival del Film di consolidata tradizione e di respiro intern. come quello di Locarno -, la conservazione del patrimonio cinematografico e la formazione di tecnici e altri specialisti sono indicatori del grado di autonomia della cultura cinematografica sviz. A partire dagli anni 1960-70, inoltre, la Svizzera è considerata un mercato di vendita esigente per i film stranieri.
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