Melodia strumentale menz. per la prima volta nel 1545; in seguito melodia perlopiù cantata (in dialetto svizzeroted. Har Chueli, ho Lobe) con cui le mucche al pascolo (dette anche Lobe) vengono richiamate alla stalla, indotte a disporsi in fila e rese tranquille durante la mungitura. Il termine ted. corrispondente (Kuhreihen) deriva dal verbo kuoreien, cioè "allineare (reien) le mucche", già presente in un Canto popolare del 1531. Risalgono a prima del 1800 diversi testi e melodie tramandati per iscritto, quali i canti dei vaccai dell'Emmental, dell'Oberhasli, dell'Entlebuch, del Simmental; del 1810 è il Ranz des vaches di Jorat e del 1812 quello della Vallée des Ormonts. Il canto dei vaccai di Friburgo o della Gruyère è cantato ancora durante la Fête des vignerons, con la vecchia usanza dell'armailli (cioè l'Alpigiani) che intona il canto Liauba. Una prima variante a due voci dell'Appenzeller Kureien Lobe lobe compare già in una pubblicazione del compositore ted. Georg Rhau (Bicinia Gallica, Latina et Germanica, 1545). La versione più antica in forma scritta del canto dei vaccai appenzellesi è conservata nel canzoniere di Maria Josepha Barbara Broger (1730). Nella sua tesi di medicina De Nostalgia vulgo Heimwehe oder Heimsehnsucht (1688), consacrata alla nostalgia del Paese natio, Johannes Hofer riferisce che i mercenari sviz. udendo il canto dei vaccai erano colpiti da delirium melancholicum e pertanto spinti alla diserzione: per questa ragione era passibile di morte chi, nel servizio all'estero, lo suonava o cantava (Nostalgia). Un'edizione ampliata della tesi (con l'aggiunta della Cantilena Helvetica e delle Kühe-Reyen) é stata pubblicata da Theodor Zwinger nel 1710 con il titolo De Pothopatridalgia. Mosso da interesse letterario, Johann Jakob Bodmer cercò esempi di questi canti, ma intorno al 1724 non sapeva ancora con certezza se quei "motti di alpigiani" fossero semplici melodie senza parole. Il canto dei vaccai fu fonte di ispirazione per molti compositori, che cercarono di integrarlo nelle proprie opere quale elemento di suggestione pastorale; grazie alle versioni del Guglielmo Tell risp. di André Ernest Modeste Grétry (1791) e di Friedrich Schiller (1804), il canto dei vaccai compare in composizioni di Ludwig van Beethoven, Hector Berlioz, Robert Schumann, Felix Mendelssohn, Gioacchino Rossini, Franz Liszt, Richard Wagner e altri. Oggi tale canto è usato ancora solo come semplice richiamo per mucche (Chuereiheli, anche sotto forma di jodel) o come pezzo strumentale per corno delle alpi o Büchel (Frutt-Chuereihe).
Una pagina della ristampa della Dissertatio medica de Nostalgia oder Heimwehe di Johannes Hofer pubblicata a Basilea nel 1710 da Theodor Zwinger (Biblioteca nazionale svizzera, Berna).
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La pubblicità del cacao Suchard, risalente alla prima metà del XX secolo, riporta note e parole del canto dei vaccai della Gruyère (Collezione privata).
Riferimenti bibliografici
- J. R. Wyss (a cura di), Schweizer Kühreihen und Volkslieder, 1826 (19792)
- M. P. Baumann, Musikfolklore und Musikfolklorismus, 1976, 117-146
- M. P. Baumann, Bibliographie zur ethnomusikologischen Literatur der Schweiz, 1981, n. 1292-1342, 1927-1960
- G. S. Métraux, Le ranz des vaches, 1984 (19982)
- A. Tunger, «Appenzeller Kuhreihen», in SAVk , 93, 1997, 169-198
- A. Cernuschi, «De quelques échos du ranz des vaches dans les Encyclopédies du dix-huitième siècle», in Schweizer Töne, a cura di A. Gerhard, A. Landau, 2000, 45-63
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