I cartelli sono accordi fra imprese indipendenti dello stesso ramo, che limitano la Concorrenza attraverso l'influsso sui rapporti di mercato o di produzione. Prescindendo dalle differenti forme di controllo o dominio del mercato tipiche dell'Antichità, del ME e dell'epoca moderna, il dibattito sui cartelli iniziò nella seconda metà del XIX sec. (Economia di mercato, regolamentazione del Mercato); il primo intervento giur. contro la nascita di un cartello si ebbe nel cant. Zurigo con lo scioglimento di un cartello di fabbriche di fiammiferi (1864). I divieti lasciarono il posto, un decennio più tardi, al principio liberale della libertà di azione individuale. L'art. 31 della Costituzione fed. del 1874 garantì all'individuo la Libertà di commercio e di industria, e su quel "diritto di libertà" (Hans Peter Zschokke) si basa la concezione, in vigore ancora oggi, per cui anche i patti che limitano la concorrenza non possono, in linea di massima, soggiacere a divieti; la Svizzera è così l'unico Paese a garantire costituzionalmente i cartelli.
In Svizzera le disposizioni generate dai contratti di cartello erano esigibili per vie legali già prima della Grande guerra; dopo il 1880 sorsero quindi parecchi cartelli, spec. nell'industria dei materiali edili, tessile, degli orologi e della birra. Quasi inosservata dai contemporanei, la cartellizzazione procedeva in parallelo all'aumento delle Federazioni; nelle arti e mestieri e nell'industria orologiera si intrecciava perfino con il movimento sindacale, e alcune imprese sviz. parteciparono anche a cartelli intern. (con un ruolo di punta in settori quali i nastri di seta e l'alluminio).
Durante il primo conflitto mondiale, nel quadro dell'Economia di guerra, lo Stato esercitò un influsso maggiore sull'economia, e in tal senso le federazioni assunsero una posizione-chiave. Le imprese impararono ad apprezzare i vantaggi della regolamentazione e a sfruttarli a proprio favore; nel 1918, ad esempio, i colorifici basilesi sottoscrissero una comunità d'interessi per timore di un inasprimento della concorrenza intern. Le difficoltà economiche del periodo interbellico svilupparono ulteriormente gli interventi organizzativi e aumentarono i cartelli; tendenza giudicata positiva in quanto considerata espressione di una forma autonoma della gestione. Nel 1927 il Dip. fed. dell'economia pubblica fondò la commissione per lo studio dei prezzi (CSP; Sorveglianza dei prezzi), nel tentativo di scongiurare il pericolo di prezzi monopolistici troppo elevati; i suoi membri condividevano l'opinione, allora dominante, secondo cui le regolamentazioni influivano positivamente sull'economia. Benché la CSP non avesse alcun potere punitivo ma dipendesse dalla collaborazione volontaria di coloro che doveva controllare, la semplice esistenza di un organo osservatore attento esercitò un effetto di controllo in un'economia improntata al Corporativismo.


Anche dopo il 1918, diverse ditte sviz. parteciparono a cartelli intern. (per esempio i produttori di leghe del ferro) e in qualche caso furono pilastri della cartellizzazione (l'AIAG, l'odierna Alusuisse, e le aziende chimiche basilesi). Nell'economia mondiale del periodo interbellico, cementata da patti commerciali e finanziari, i cartelli si rivelarono paradossalmente elementi in parte flessibili, ad esempio effettuando consegne mediante Paesi terzi e quindi, nonostante i divieti diretti, praticando un commercio indiretto. Molti cartelli intern. scelsero come sede la Svizzera, luogo in cui i contratti di cartello potevano essere controllati legalmente, esistevano buone infrastrutture finanziarie e una valuta sicura; altri fattori importanti erano la neutralità sviz. e la mentalità della pop., delle autorità e dei poteri politici, che guardavano ai cartelli con favore. Respingendo la cosiddetta iniziativa di crisi del 1935, il popolo rifiutò espressamente la possibilità di un controllo statale sui cartelli.
L'influsso dei cartelli aumentò ulteriormente a seguito della crisi economica mondiale e dell'affermarsi dell'Economia keynesiana in campo politico, perché da una cooperazione più spinta si attendevano miglioramenti dell'economia; alcuni rami - per esempio la produzione di cereali e l'orologeria - introdussero cartelli obbligatori. Esempio paradigmatico di un'economia interamente organizzata su base privata era il settore zootecnico-caseario, che ai fini di un massimo equilibrio distributivo riuniva tutti i comparti specifici (contadini, latterie, caseifici, esportatori ecc.); le prime indagini della CSP, del resto, interessarono appunto questo ramo. Alla CSP non interessava tanto creare un'economia dinamica quanto conservare aziende e posti di lavoro; dal 1936, perciò, le autorità proibirono non solo i prezzi troppo alti ma anche quelli troppo bassi, per poi esercitare un controllo totale dei prezzi nella seconda guerra mondiale.

Nell'Europa postbellica la superiorità dell'economia statunitense mise sotto pressione tutte le forme di cooperazione economica; la Svizzera, uno dei Paesi con più cartelli, si accodò alla decartellizzazione in maniera esitante. Nel 1951 la CSP fu incaricata di stendere un rapporto che riassumesse i rilevamenti da lei effettuati sui cartelli e di avanzare proposte di revisione della normativa in materia di concorrenza, ma il suo pres. Fritz Marbach, ancora convinto dei vantaggi di un sistema cooperativo, esitò. L'iniziativa per il divieto dei cartelli, lanciata nel 1955, fu respinta in voto popolare nel 1958; tuttavia essa rappresentò una pietra miliare per l'atteggiamento diffuso al riguardo. Nel resoconto presentato dalla CSP nel 1957, su cui si basò la legge approvata dal parlamento nel 1962 ed entrata in vigore nel 1964, Marbach impose una variante specificamente sviz. di politica della concorrenza, secondo la quale i cartelli erano ancora autorizzati purché fosse garantita la "concorrenza possibile"; ciò lasciò scarsi margini di manovra alla commissione sui cartelli, che, subentrata alla CSP, sorvegliava anche le partecipazioni e le concentrazioni. Hugo Sieber, membro della CSP e della commissione sui cartelli (1964-80), svolse un ruolo decisivo nell'introduzione di un'altra particolarità sviz., il "metodo del saldo", che soppesava aspetti positivi e negativi dei cartelli esistenti, suscitando però ben presto contestazioni per la forzata soggettività dei suoi giudizi. Probabilmente il regresso complessivo della cartellizzazione in quel periodo dipese soprattutto dallo sviluppo economico diffuso. La commissione sui cartelli non fece mai uso della possibilità di denunciare un cartello al Tribunale fed.; di qui le voci che chiedevano una modifica della legge (mozione di Leo Schürmann nel 1971).
Il Monetarismo e i governi di Margaret Thatcher e Ronald Reagan portarono, negli anni '70 e '80, a un cambiamento di opinione: i cartelli, ancora negli anni '50 considerati garanti di un'economia equilibrata e strumenti apprezzati della politica sociale, vennero accusati di far lievitare artificialmente i prezzi e di affossare la concorrenza. Dal crollo dell'Unione Sovietica, tutte le forme di intervento sul mercato all'insegna di un'economia pianificata vennero definitivamente messe sotto processo. In Svizzera, la legge del 1985, meno favorevole ai cartelli ma non molto efficace, secondo cui la commissione ad hoc poteva disporre lo scioglimento di un cartello e quest'ultimo doveva difendersi da tale misura in tribunale, sancì il cambiamento di rotta. La legge sui cartelli, interamente riveduta ed entrata in vigore l'1.2.1996, autorizza i cartelli, ma vieta accordi che limitino la concorrenza e sottopone a obbligo di notifica le concentrazioni di imprese con rilevanti cifre di affari o con posizioni dominanti sul mercato. Nel 1992 l'OSCE ha calcolato che a seguito della cartellizzazione i prezzi dei beni di consumo e dei beni di investimento in Svizzera erano superiori risp. del 40 e del 30% a quelli della Comunità europea.