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Diritti umani

Progetto di una Dichiarazione di Joseph-Michel-Antoine Servan, stampato a Losanna nell'agosto del 1789 (Biblioteca nazionale svizzera, Berna).
Progetto di una Dichiarazione di Joseph-Michel-Antoine Servan, stampato a Losanna nell'agosto del 1789 (Biblioteca nazionale svizzera, Berna). […]

I primi accenni di sviluppo dei diritti umani, intesi nell'accezione moderna del termine, risalgono al Medioevo: nel 1215 in Inghilterra fu codificata la Magna Charta Libertatum, che accordava ai baroni inglesi determinati diritti nei confronti del sovrano. Nel XVII secolo seguirono la Petition of Rights (1628), l'Habeas corpus (1679), importante tutela contro gli arresti arbitrari, e da ultimo il Bill of Rights (1689), che conteneva una prima lista di diritti fondamentali. In Europa i filosofi dello Stato Ugo Grozio, Samuel Pufendorf e John Locke elaborarono ulteriormente la dottrina dei diritti umani (giusnaturalismo). Nel 1776 il Congresso americano diede loro una prima precisa espressione nella Dichiarazione di indipendenza, in cui si affermava che «tutti gli uomini sono creati uguali, che essi sono dotati dal loro Creatore di certi diritti inalienabili, che tra questi vi siano la vita, la libertà e il perseguimento della felicità». Il semplice fatto di esistere consente all'uomo di godere di diritti inalienabili che la collettività è in ogni caso tenuta a rispettare. L'esperienza dell'oppressione esercitata arbitrariamente dal potere statale portò a concepire i diritti umani in primo luogo come garanzie difensive volte a respingere gli interventi dello Stato nella sfera individuale; originariamente comprendevano le libertà di culto, espressione, riunione e circolazione, l'uguaglianza davanti alla legge, la presunzione di innocenza, garanzie di procedura penale e la protezione della proprietà; la lista fu poi ulteriormente differenziata e ampliata nel corso del XX secolo.

La Rivoluzione francese e la Repubblica elvetica

La Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino, elaborata dall'Assemblea nazionale francese nel 1789, usò per la prima volta la nozione di «diritti dell'uomo», sottolineandone in tal modo la portata universale. A quell'epoca tuttavia i diritti umani erano concepiti unicamente come principi di diritto oggettivo destinati al legislatore. A livello procedurale l'individuo non aveva alcuna possibilità di opporsi, con una denuncia o un ricorso, alla violazione dei suoi diritti umani. La politica di conquista della Francia contribuì a diffondere l'idea dei diritti umani in Europa; dopo l'invasione delle truppe francesi del 1798 e la proclamazione della Repubblica elvetica, la Svizzera si vide così imporre il suo primo catalogo di diritti fondamentali. La Costituzione elvetica del 1798, che ricalcava la Costituzione del Direttorio francese del 22 agosto 1795, elencava una serie di doveri e obblighi umani e morali, pur mantenendo inalterato il principio di inalienabilità dei diritti umani: «La libertà dell'uomo è inalienabile. Non può essere ristretta che dalla libertà altrui e le mire legalmente comprovate d'un vantaggio generale necessario» (articolo 5, capoverso 1). Nel 1803 l'intermezzo della Repubblica elvetica apparteneva già al passato, ma l'invasione delle truppe francesi aveva nel frattempo provveduto a diffondere l'idea dei diritti dell'uomo e della libertà in Svizzera.

I diritti umani e i diritti di libertà in Svizzera

L'Atto di mediazione del 1803 e le Costituzioni cantonali che conteneva ristabilirono parzialmente l'ordine dell'ancien régime; altrettanto fecero il Patto federale del 1815 e le Costituzioni cantonali della Restaurazione. Nei testi in questione sopravvissero elementi di origine francese come ad esempio la riscattabilità dei tributi feudali, una certa uguaglianza nel campo dei diritti politici e anche singoli diritti di libertà. Ma fu solo nel periodo della Rigenerazione (1830-1848) che l'idea dei diritti umani riacquistò vigore e venne tradotta in norme costituzionali. In singoli cantoni il movimento liberale (liberalismo) promosse un rinnovamento politico che condusse a una fondamentale riorganizzazione del diritto costituzionale cantonale. Aderendo a questo spirito, la Costituzione del canton Ticino del 1830 garantiva la libertà di commercio e d'industria (articolo 6), la libertà individuale (articolo 10), la libertà di stampa (articolo 11) e il diritto di petizione (articolo 12). Un anno dopo dieci cantoni modificarono, nello spazio di sette mesi, le loro Costituzioni seguendo lo spirito della Rigenerazione: Soletta, Lucerna, Zurigo, San Gallo, Turgovia, Argovia, Friburgo, Sciaffusa, Vaud e Berna codificarono i diritti di libertà attribuendo un'importanza centrale alla libertà di espressione e di stampa. Va tuttavia considerato che questi diritti tutelavano in primo luogo i propri cittadini e non necessariamente tutte le persone. In questo senso non si trattava propriamente di diritti umani quanto piuttosto di diritti di libertà, o nella terminologia attuale, di diritti fondamentali.

La prima Costituzione federale del 1848 apportò modifiche radicali: in essa era contenuto un catalogo di diritti di libertà. Contro le violazioni di questi diritti di libertà garantiti dalle Costituzioni federale e cantonali, venne introdotta la possibilità di inoltrare ricorso (ricorso di diritto pubblico) al Consiglio federale e, in ultima istanza, all'Assemblea federale. I diritti di libertà non erano più concepiti unicamente come principi di diritto obiettivo, cioè direttive generali rivolte al legislatore, bensì come diritti soggettivi che, se violati, potevano dare luogo a un ricorso individuale. I diritti costituzionali furono completati nel 1866 (libertà di domicilio anche per gli ebrei; giudaismo), 1874 (ampliamento dei diritti fondamentali con la revisione totale della Costituzione federale), 1969 (garanzia della proprietà) e 1971 (suffragio femminile). Dal 1874 il legislatore affidò sempre più spesso la giurisprudenza sui diritti costituzionali al Tribunale federale, che dal 1911 fu in pratica l'unico organo competente in materia. Ciò permise al Tribunale federale di colmare le lacune esistenti nella Costituzione scritta postulando ulteriori diritti costituzionali non scritti (libertà individuale, libertà di lingua, di riunione e di espressione). Dall'articolo sull'eguaglianza dei diritti (articolo 4 della Costituzione del 1874), il Tribunale federale dedusse inoltre una serie di principi procedurali di estrema importanza per la prassi, come ad esempio il diritto di essere ascoltati dal giudice o il diritto all'assistenza giudiziaria gratuita. La Costituzione del 1999 riprende in un catalogo sistematico e completo i diritti fondamentali del testo del 1874, i diritti non scritti riconosciuti dal Tribunale federale e quelli basati su trattati internazionali. Anche le nuove Costituzioni cantonali contengono cataloghi di diritti fondamentali, che in genere però non vanno oltre quelli della nuova Costituzione federale. La Costituzione del canton Giura, che riconosce anche il diritto al lavoro, rappresenta un'eccezione.

Protezione universale e regionale dei diritti umani

Gli orrori della seconda guerra mondiale hanno portato a considerare il rispetto dei diritti dell'uomo un importante presupposto della pace nel mondo. Gli Stati membri dell'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) si impegnarono a rispettare tali diritti nella Carta del 1945. Nel 1948 l'Assemblea generale dell'ONU approvò la Dichiarazione universale dei diritti umani; pur non essendo un trattato di diritto internazionale vero e proprio, la maggior parte del suo contenuto è inserita a titolo di diritto consuetudinario vincolante nel diritto internazionale pubblico. La Dichiarazione da un lato ha avuto la funzione di linea direttrice per la stesura dei trattati universali e regionali sui diritti umani e dall'altro ha esercitato un influsso diretto sulle Costituenti in molti Stati. L'ONU, alla quale la Svizzera ha aderito a seguito di un'iniziativa popolare accettata in votazione il 3 marzo 2002, ha approvato nel 1966 il Patto sui diritti civili e politici e il Patto sui diritti economici, sociali e culturali, entrati in vigore dieci anni più tardi. Nell'ambito dell'ONU e del Consiglio d'Europa sono inoltre stati stipulati numerosi altri trattati concernenti aspetti particolari della protezione dei diritti umani, quali ad esempio la Convenzione dell'ONU contro la tortura (1984). A livello europeo vanno menzionate la Carta sociale europea del 1961 e la Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU), entrata in vigore nel 1953. La Svizzera ratificò la Convenzione nel 1974 con un indugio riconducibile in primo luogo al ritardo nell'introduzione nel suffragio femminile; da allora fino al 2019 sono stati inoltrati 7357 ricorsi contro la Svizzera alla Corte europea dei diritti dell'uomo, che ha riscontrato 115 violazioni della CEDU.

Oggi i diritti umani hanno acquisito, soprattutto a livello internazionale, ma in parte anche a livello nazionale, due nuove dimensioni. In primo luogo essi non tutelano più unicamente la sfera individuale dalle ingerenze dello Stato, ma riconoscono anche determinati diritti sociali quali il diritto all'istruzione, il diritto all'abitazione e il diritto al lavoro; questi diritti sociali creano le premesse affinché vengano instaurate condizioni economiche tali da permettere a tutti di godere dei diritti umani tradizionali. La maggioranza della popolazione svizzera manifesta un atteggiamento critico nei confronti di questi diritti; è per questo motivo che la Costituzione del 1999 fa riferimento unicamente a «obiettivi» di politica sociale, che servono da linea guida per il legislatore ma non costituiscono diritti esigibili per vie legali. In secondo luogo, in epoca recente è iniziata la discussione attorno a un nuovo tipo di diritti umani, i cosiddetti diritti di gruppo, che non tutelano più il solo individuo, ma determinati gruppi di persone in quanto collettività. L'elaborazione di nuovi diritti, sociali e collettivi, non deve far dimenticare che lo scopo primo dei diritti dell'uomo è, e rimane, la tutela della sfera privata degli individui dalle ingerenze dello Stato.

Politica svizzera dei diritti umani

La Svizzera, impegnata nel campo dei diritti umani a più livelli, ha concluso numerosi accordi multilaterali per la protezione dei diritti umani (politica estera), ai quali vanno aggiunti gli accordi speciali che vietano la tortura, la schiavitù e la tratta delle bianche e dei bambini. Grande importanza riveste inoltre il diritto internazionale umanitario in tempo di guerra, o diritto internazionale bellico, codificato nelle quattro Convenzioni di Ginevra del 1949 e nei due protocolli aggiunti del 1977, elaborati sotto l'egida della Croce Rossa. La Svizzera è sede del Comitato internazionale della Croce Rossa e Stato depositario di queste Convenzioni. L'ultimo resoconto complessivo del Consiglio federale sulla situazione dei diritti umani in Svizzera è il rapporto del 2017, redatto in osservanza dell'articolo 40 del Patto sui diritti civili e politici. Su incarico della Confederazione nel 2011 è stato istituito il Centro svizzero di competenza per i diritti umani. Concepito come un progetto pilota, la cui durata è stata provvisoriamente limitata al 2022, incoraggia il rispetto degli obblighi internazionali della Svizzera in materia di diritti dell'uomo e sostiene in quest'ambito autorità, organizzazioni non governative (ONG) e imprese.

La Svizzera cerca di promuovere i diritti umani anche, se non soprattutto, all'estero, con interventi diplomatici presso i governi che li violano in maniera palese. Il Dipartimento federale degli affari esteri dispone di un credito per la promozione dei diritti umani con il quale sostiene campagne volte a promuovere, oltre a tali diritti, anche la democrazia e lo Stato di diritto, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo (cooperazione allo sviluppo), in Russia e negli Stati dell'ex Unione Sovietica. La legge federale su misure di promozione civile della pace e di rafforzamento dei diritti dell'uomo del 19 dicembre 2003 ha conferito una base legale a queste azioni. Le relazioni economiche bilaterali sono sempre più subordinate al rispetto dei diritti umani, accogliendo in tal modo le rivendicazioni delle organizzazioni di aiuto allo sviluppo; in particolare le esportazioni di materiale bellico sono soggette a restrizioni. L'esperienza ha dimostrato che non solo il mantenimento, ma pure una limitazione parziale delle relazioni economiche favorisce la protezione dei diritti umani.

Le autorità federali sembrano tuttavia reticenti a seguire questa via, più volte incoraggiate in questa tendenza dai risultati delle urne. Il 29 novembre 2020, ad esempio, due iniziative popolari su queste tematiche sono state bocciate. Solo tre cantoni e mezzo e il 42,5% dei votanti hanno accolto l'iniziativa «per il divieto di finanziare i produttori di materiale bellico», mentre quella «per imprese responsabili – a tutela dell'essere umano e dell'ambiente» non è riuscita a raccogliere il consenso della maggioranza dei cantoni (è stata approvata da otto cantoni e mezzo), ma è stata accolta dal 50,7% dei votanti, risultato che ha aperto la strada all'entrata in vigore del controprogetto indiretto che obbliga le imprese a presentare dei rapporti sulle loro attività all'estero.

La Svizzera sviluppa un'ulteriore e importante attività politica nel quadro dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE). Nella Carta di Parigi, giuridicamente non vincolante, gli Stati dell'Europa occidentale e orientale si sono pronunciati per i diritti umani. L'OSCE ha nominato inoltre un Alto commissario per le minoranze nazionali che non detiene poteri sovrani sugli Stati, ma può raccogliere informazioni e attirare l'attenzione su situazioni problematiche. Le violazioni dei diritti umani sono oggetto di discussione alle riunioni annuali degli Stati membri dell'OSCE. Nel quadro di quest'ultima, nelle zone di crisi vengono inoltre inviate missioni a lungo termine con il compito di fornire informazioni e sostegni sul posto e, in caso di conflitto, di cercare una mediazione. Nel contesto dell'OSCE agisce anche la Civic Solidarity Platform (CSP) che raggruppa più di 90 organizzazioni attive nell'ambito della difesa dei diritti umani istituite in numerosi Stati membri dell'OSCE (quale ad esempio la Schweizerische Helsinki Vereinigung SHV, ossia l'associazione svizzera per gli accordi di Helsinki). La CSP promuove la questione della tutela dei diritti umani in primo luogo presso gli Stati che ricoprono la presidenza dell'OSCE, organizza incontri su temi di attualità per le ONG e convoca ogni anno una conferenza di ONG parallela a quella dell'OSCE per formulare raccomandazioni all'attenzione del Consiglio ministeriale di quest'ultima.  

La Svizzera si impegna anche nell'ambito dell'ONU per il rafforzamento dei diritti umani. L'ufficio dell'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani e il Consiglio per i diritti umani hanno sede a Ginevra. La Svizzera si è prodigata, con altri Paesi, in favore della creazione di quest'ultimo, che nel 2006 ha rimpiazzato la Commissione dei diritti dell'uomo, screditata a causa della sua parzialità. In qualità di uno dei suoi 47 membri, la Svizzera cerca di incitare il Consiglio a portare avanti una politica il più indipendente possibile.

Riferimenti bibliografici

  • Ermacora, Felix: Menschenrechte in der sich wandelnden Welt, vol. 1, 1974 (con bibliografia).
  • «Rapporto sulla politica svizzera dei diritti dell'uomo del 2 giugno 1982», in: Foglio federale della Confederazione svizzera, 1982, pp. 713-749.
  • Müller, Jörg Paul: Grundrechte in der Schweiz. Im Rahmen der Bundesverfassung, der EMRK und der UNO-Pakte, 1985 (20084).
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  • Kölz, Alfred: Le origini della Costituzione svizzera. Dibattiti ideologici e scontri politici fino al 1848, 1999 (tedesco 1992).
  • Auer, Andreas; Malinverni, Giorgio; Hottelier, Michel: Droit constitutionnel suisse, 2 voll., 2000 (20062).
  • Knöpfel, Carlo et al.: Sozialrechte und Chancengleichheit in der Schweiz, 2000.
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Suggerimento di citazione

Andreas Kley: "Diritti umani", in: Dizionario storico della Svizzera (DSS), versione del 18.02.2021(traduzione dal tedesco). Online: https://hls-dhs-dss.ch/it/articles/013979/2021-02-18/, consultato il 19.03.2024.