Movimento di liberazione della donna (MLD)

Manifestazione di protesta del Movimento di liberazione della donna (MLD) della Svizzera tedesca e della Svizzera francese svoltasi presso il Quartierzentrum Gäbelbach a Berna, 18 gennaio 1975 (KEYSTONE / Photopress, immagine 185838919).
Manifestazione di protesta del Movimento di liberazione della donna (MLD) della Svizzera tedesca e della Svizzera francese svoltasi presso il Quartierzentrum Gäbelbach a Berna, 18 gennaio 1975 (KEYSTONE / Photopress, immagine 185838919). […]

Il Movimento di liberazione della donna (MLD) convogliò al proprio interno le principali aspirazioni del movimento femminista in Svizzera dopo il 1968 e inizialmente costituì anche una sorta di pars pro toto per l'insieme di associazioni e reti della mobilitazione estesa a tutto il Paese. Ispirandosi allo statunitense Women’s Liberation Movement, nel febbraio 1969, in occasione di una manifestazione a Zurigo, un gruppo di donne assunse per la prima volta il nome Frauenbefreiungsbewegung (FBB, Movimento di liberazione della donna); diede così il via al cosiddetto nuovo femminismo. Le attiviste si erano unite nel solco delle rivolte studentesche (rivolte giovanili) e già nel novembre 1968 avevano attirato l'attenzione anche dei media con un'azione di disturbo durante i festeggiamenti per i 75 anni dell'Associazione per il suffragio femminile di Zurigo. In diverse città della Svizzera tedesca, francese (Mouvement de libération des femmes, MLF, dal 1970) e italiana (fra gli altri, Movimento femminista ticinese, MFT, fondato a Lugano nel 1972) si costituirono presto diversi collettivi autonomi, che si organizzarono in modo indipendente dalle società femminili tradizionali e dalle istituzioni e dai partiti di sinistra e rifiutarono ogni modalità di funzionamento gerarchico. Entro il 1977 furono fondate associazioni, legate tra loro ma senza vincoli stretti, in 16 località in tutta la Svizzera; nella sola Zurigo si contavano più di 400 donne nella cerchia del movimento. La maggior parte di loro aveva tra i 21 e i 36 anni, non era sposata e non aveva figli, aveva una formazione superiore e svolgeva prevalentemente professioni intellettuali o artistiche. Fra le esponenti dei diversi gruppi, generalmente organizzati come collettivi, si distinsero, ad esempio, nella Svizzera tedesca Andrée Valentin e Claudia Honegger, entrambe studentesse di sociologia e la seconda più tardi titolare di una cattedra all'Università di Berna, Gertrud Pinkus, scenografa e in seguito regista cinematografica, Lilo König, libraia, Doris Stauffer e Vreni Voiret, artiste, e Helen Pinkus-Rymann, grafica. Gret Haller, direttrice del dicastero dell'educazione della città di Berna (1985-1988), fu la prima rappresentante del nuovo movimento femminista in un esecutivo. A Ginevra, tra le attiviste della prima generazione, vi furono Rosangela Gramoni, nota per il suo lavoro presso il Dispensaire des femmes e l'Association Viol-Secours, attiva contro la violenza di genere, come pure l'architetta Suzanne Lerch, impegnata nell'ambito dell'organizzazione di solidarietà con le migranti EFI – Espace Femmes International.

Pagina del titolo del periodico trimestriale della Frauenbefreiungsbewegung (FBB) di Zurigo, 1981 (Museo nazionale svizzero, Zurigo, documentazione).
Pagina del titolo del periodico trimestriale della Frauenbefreiungsbewegung (FBB) di Zurigo, 1981 (Museo nazionale svizzero, Zurigo, documentazione).

Richiamando volutamente i movimenti di liberazione del cosiddetto Terzo mondo, si postulò l'emancipazione delle donne dalle costrizioni del nucleo famigliare (ruoli sessuali). Con lo slogan transnazionale «il privato è politico» il movimento associò la critica del capitalismo a quella del patriarcato. Rivendicò la creazione di strutture di custodia per i bambini (doposcuola), il libero accesso ai mezzi contraccettivi e soprattutto la depenalizzazione dell'interruzione di gravidanza. Organizzate in gruppi di lavoro con piena libertà di pianificazione e azione, le attiviste analizzarono criticamente la posizione apparentemente naturale della donna nella società e la morale sessuale (sessualità) dominante, che sfidarono con azioni pubbliche provocatorie. Nel 1974 membre dell'MLD di Zurigo ottennero lottando la creazione del primo centro autonomo delle donne in Svizzera, presto seguito da altri. Nel 1975 le associazioni della Svizzera tedesca e della Svizzera francese si coordinarono per la prima volta sul piano nazionale e convocarono a Berna un «anticongresso», a cui aderirono anche femministe della Svizzera italiana. Protestarono così contro il Congresso svizzero per la difesa degli interessi femminili, che si svolse in parallelo, organizzato dall'Alleanza delle società femminili svizzere (ASF) con altre 80 associazioni ca. attorno al tema del «partenariato». Anche l'8 marzo fu da allora occasione per azioni e manifestazioni nazionali, a cui i collettivi svizzerotedeschi e romandi parteciparono in modo congiunto. A Zurigo e a Ginevra apparvero lo stesso anno le riviste militanti Fraue-Zitig rispettivamente L’Insoumise. Centri di informazione e di consulenza denominati Informationsstellen von Frauen für Frauen (Infra) furono creati dal 1972 a Zurigo e a San Gallo, dove Alexa Lindner Margadant ne fu cofondatrice, e più tardi a Basilea, Berna, Frauenfeld, Sciaffusa e Uster, mentre a Lugano fu istituito nel 1977 un centro delle donne con annesso consultorio. Queste istituzioni funzionavano secondo il principio di solidarietà basata sull'autoaiuto e offrivano alle donne sostegno ad esempio nelle questioni relative all'aborto. Con il già citato Dispensaire des femmes le attiviste di Ginevra crearono nel 1978 il primo ambulatorio femminista sulla salute femminile in Svizzera (sanità). Fra le sue promotrici vi fu Rina Nissim, fondatrice delle Editions Mamamélis, casa editrice specializzata in pubblicazioni sulla salute delle donne; nel 1974 Annemarie Pfister inaugurò a Basilea la prima libreria per le donne. Nel 1979 il gruppo di lavoro sulla violenza contro le donne delle organizzazioni del movimento nella Svizzera tedesca, di cui faceva parte anche l'avvocatessa Jeanne Dubois, aprì a Zurigo la prima casa per le donne vittime di violenza. All'interno dei collettivi svizzerotedeschi e romandi le donne lesbiche criticarono l'eteronormatività della società e si riunirono in gruppi di lavoro (omosessualità). Esposero le proprie posizioni su riviste quali, dal 1975, Lesbenfront (più tardi Frau ohne Herz), dal 1981 CLIT 007, Concentré Lesbien Irrésistiblement Toxique (poi CLIT International); alla fine degli anni 1970 la sociologa Ursula Streckeisen diede vita nell'MLD di Berna all'organizzazione delle femministe radicali.

Malgrado la propria volontà di mantenersi estraneo alla politica istituzionale, l'MLD sostenne anche l'iniziativa popolare «contro l'incriminazione dell'aborto», depositata da un comitato di cinque persone, senza nessi con il movimento, nel dicembre 1971, come pure l'iniziativa popolare per l'uguaglianza dei diritti tra uomo e donna (parità tra uomo e donna), lanciata in occasione del Congresso svizzero per la difesa degli interessi femminili del 1975, che senza l'appoggio dell'MLD e di donne progressiste (Organizzazioni progressiste, POCH) difficilmente avrebbe potuto avere successo. Negli anni 1980 il movimento fu assorbito dalle molteplici espressioni del femminismo: nella Svizzera italiana si esaurì già nel 1978-1979, nella Svizzera tedesca l'FBB si sciolse nel 1988 e in quella francese l'MLF nel 1991.​​

Riferimenti bibliografici

  • L'Insoumise, 1975-1978.
  • Lesbenfront, 1975-1984; Frau ohne Herz, 1985-1995 (e-periodica).
  • Fraue-Zitig, 1975-1995.
  • CLIT 007, 1981-1984; CLIT International, 1984-1986.
  • Archiv für Frauen-, Geschlechter- und Sozialgeschichte Ostschweiz (a cura di): Frauensache. Das Archiv für Frauen-, Geschlechter- und Sozialgeschichte Ostschweiz, 2010.
  • Kiani, Sarah; Schmitter, Leena; Schulz, Kristina: Frauenbewegung. Die Schweiz seit 1968. Analysen, Dokumente, Archive, 2014.
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  • Bucher, Judith; Schmucki, Barbara: FBB. Fotogeschichte der Frauenbefreiungsbewegung Zürich, 1995.
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  • Schaufelbuehl, Janick Marina (a cura di): 1968-1978. Une décennie mouvementée en Suisse, 2009. pp. 195-203, 205-219.
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  • Schmitter, Lena: «Erlebte Solidarität. Die Frauengesundheitsbewegung der 1970er-Jahre als imaginierte transnationale Gemeinschaft», in: Traverse, 23/2, 2016, pp. 75-86.
  • Kiani, Sarah: De la révolution féministe à la constitution. Mouvement des femmes et égalité des sexes en Suisse (1975-1995), 2019.
  • I. Rossi: «Il femminismo degli anni Settanta in Ticino. Esperienze, reti sociali e forme di mobilitazione», in: Castelletti, Susanna; Congestrì, Marika (a cura di): Finalmente cittadine! La conquista dei diritti delle donne in Ticino (1969-1971), 2021, pp. 257-278.
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Suggerimento di citazione

Elisabeth Joris: "Movimento di liberazione della donna (MLD)", in: Dizionario storico della Svizzera (DSS), versione del 06.12.2022(traduzione dal tedesco). Online: https://hls-dhs-dss.ch/it/articles/016504/2022-12-06/, consultato il 18.04.2024.