Già nel 1946 Friedrich Traugott Wahlen, Consigliere agli Stati, chiese di "bandire l'uso dell'Energia atomica a fini bellici", approvando tuttavia il suo impiego per scopi pacifici. Questa posizione fu condivisa da tutto il movimento antinucleare durante il decennio 1950-60 e all'inizio degli anni 1960-70. Nel 1950 in Svizzera 250'000 persone firmarono l'appello di Stoccolma del Consiglio mondiale per la pace (comunista) a favore di un divieto di tutte le Armi atomiche. In reazione alla richiesta, avanzata nel 1957 dal Consiglio fed., di dotare la Svizzera di armi nucleari, nel 1958 ambienti religioso-pacificisti (a esclusione del partito del lavoro) fondarono il Movimento sviz. contro le armi atomiche e lanciarono un'iniziativa per vietare le armi nucleari, respinta nel 1962 dal 65,5% dei votanti e da 18 cant. contro 4. Nel 1963 fu pure bocciata con il 62,2% di voti contrari e da 17 cant. e un semicant. l'iniziativa socialista che voleva sottoporre la decisione sull'armamento atomico della Svizzera a referendum. Con le marce per la pace organizzate annualmente nel periodo pasquale, il movimento antinucleare sviluppò una nuova forma di azione (1963-67). Nel 1970, con la nascita del Comitato d'azione della Svizzera nord-occidentale, si costituì per la prima volta un'opposizione organizzata contro la costruzione di centrali nucleari, avviata nel 1964; le proteste furono rivolte in particolare contro i sistemi di raffreddamento (acque fluviali, torri dal 1971). L'Azione non violenta Kaiseraugst organizzò nel 1973 le prime occupazioni del sedime della futura centrale nucleare di Kaiseraugst; quella svoltasi da aprile a giugno del 1975 determinò infine l'abbandono del progetto. Da questa org. si separò, a sinistra, l'Azione non violenta contro la centrale atomica di Kaiseraugst, che promosse nel 1975 la fondazione del Comitato sviz. d'azione contro la centrale atomica di Gösgen e nel 1977 il Coordinamento nazionale. Tra i movimenti antinucleari vi fu il Gruppo di lavoro contro le esportazioni nucleari, nato nel 1980.
Nel 1979 e nel 1984 il popolo respinse di misura due iniziative antiatomiche, mentre altre due vennero lanciate a seguito della catastrofe di Cernobyl (1986); sottoposte al voto popolare nel 1990, quella del PS per l'abbandono dell'energia nucleare fu respinta dal 53% dei votanti, mentre fu accolta con il 54,5% di suffragi favorevoli quella per una moratoria di dieci anni sulla costruzione di nuove centrali. Trascorso tale periodo non fu tuttavia raggiunto un consenso e vennero quindi lanciate, da ambienti della sinistra alternativa e ambientalisti, con il sostegno del PS e dei Verdi, altre due iniziative, una per una disattivazione progressiva delle centrali nucleari e l'altra per una nuova moratoria di dieci anni sull'energia nucleare; entrambe le iniziative furono respinte nel 2003. La revisione della legge sull'energia nucleare, presentata nel 2001 all'Assemblea fed. come controprogetto indiretto del Consiglio fed., entrò in vigore nel 2005. All'inizio del XXI sec. il dibattito pubblico e politico sulla realizzazione di nuove centrali nucleari era stato riattivato a seguito di timori legati all'approvvigionamento di energie fossili e agli effetti sull'ambiente della combustione di CO2 (inquinamento atmosferico, effetto serra).