Il termine follia, che risale al ME, è stato sostituito dalla Psichiatria con quello di malattia mentale, sebbene i due concetti non siano del tutto identici. La storia della follia è stata per molto tempo scritta dai medici e solo in tempi recenti è divenuta oggetto di indagine storica.
Uno dei primi documenti relativi ad atti di follia in Svizzera è quello rinvenuto da Walter Morgenthaler negli archivi di Hasle bei Burgdorf. Descrive la situazione di un omicida che nel 1353 avrebbe ucciso una donna in un accesso di "follia furiosa", di frenesia (Tobheit), e venne messo al bando dal suo com. Tre parenti dovettero impegnarsi affinché non commettesse più alcuna azione violenta, pena una forte multa; una situazione caratteristica per l'epoca, con l'omicida lasciato in libertà e abbandonato a se stesso.
Le persone ritenute folli non avevano a disposizione luoghi specifici di accoglienza (Istituti sociali, potevano vivere ai margini della società - il che non va certamente interpretato come una forma di integrazione, ma piuttosto come un'espressione dell'indifferenza nei confronti dell'alterità (Marginalità sociale) - o essere affidati a privati (è il caso, ad esempio, della fam. Neukommet, che nel XVII sec. ospitava malati mentali nel suo podere nell'Emmental). I folli che creavano problemi di ordine sociale potevano essere accolti nei conventi, negli Ospedali, negli ospizi o nelle prigioni, in condizioni spesso molto precarie.
Per molto tempo i folli furono considerati dei posseduti da esorcizzare. L'alienista franc. Louis-Florentin Calmeil descrisse nel 1815 i numerosi processi istruiti nel Paese di Vaud nel XV sec. contro i "monomaniaci omicidi e antropofagi" posseduti dal diavolo e giustiziati. I "folli furiosi", violenti, erano talvolta equiparati ai criminali e imprigionati con i delinquenti. L'iconografia registrò alcuni stereotipi (l'uomo selvaggio, l'individuo irsuto) e rappresentò i folli con una chierica, una mazza o un formaggio. I folli comparivano pure nelle descrizioni letterarie (La nave dei folli di Sebastian Brant, Basilea, 1494; Malleus maleficarum, opera di riferimento per la caccia alle streghe, stampata per la prima volta a Strasburgo nel 1487).

La visione medica della follia si sviluppò molto precocemente a partire dalle antiche concezioni (Malattia). La follia era ritenuta una malattia dell'anima e delle sue passioni, e la malinconia rimaneva una delle sue forme più conosciute. Già nel XVI sec. vennero pubblicati diversi testi medici che descrivevano i comportamenti anormali, tra cui, ad esempio, le numerose osservazioni del medico basilese Felix Platter, che nel 1614 stilò pure una nuova classificazione delle malattie psichiche. Nel XVII sec. la nostalgia del Paese natio (Nostalgia) che colpiva i soldati sviz. arruolati come mercenari divenne oggetto di studio (Dissertatio medica de Nostalgia oder Heimwehe di Johannes Hofer, Basilea, 1688). In epoca moderna, peraltro, i folli non erano ritenuti responsabili sul piano giur. ed erano posti sotto curatela (Lois et statuts promulgati da Berna nel 1614). Nei cant. rif. zwingliani la follia, se debitamente accertata, era uno dei rari motivi che potevano giustificare il divorzio.
Come nel resto dell'Europa, in Svizzera la follia venne medicalizzata dal XVIII sec. A Berna nel 1749 venne costruito un padiglione dell'ospedale destinato ad accogliere gli alienati (il Tollhaus), in condizioni peraltro più simili a quelle di un luogo di detenzione che di cura. Negli ultimi anni del XVIII sec. il ginevrino Abraham Joly migliorò la situazione dei malati, abolendo la contenzione con le catene nell'edificio dell'ospedale di Ginevra che era loro riservato (la Discipline).
In Svizzera la costruzione di luoghi adibiti alla cura di coloro che da allora sono definiti "alienati" prese avvio nel 1810 nel cant. Vaud; istituzioni analoghe vennero aperte in altri cant. nei decenni successivi, in parte però solo negli ultimi anni del XIX sec. Nel 1846 il politico sangallese Matthias Hungerbühler compilò il primo rapporto ufficiale sulla situazione degli alienati in Svizzera. In quell'anno 11 cant., ossia un terzo della pop. (600'000 ab.), non disponevano di alcuna struttura particolare. Alla fine del XIX sec. venne introdotta una nuova forma di cura: sotto il controllo delle istituzioni psichiatriche ospedaliere, impossibilitate ad accogliere tutti i malati per mancanza di posti, gli alienati venivano ospitati da fam.
Il riconoscimento dello statuto di medico-alienista, ancora poco diffuso attorno al 1850, divenne effettivo alla fine del sec. La padronanza delle operazioni statistiche e della nosografia permise agli alienisti di stabilire dei paragoni fra gli ist. e di rendere più credibili le loro rivendicazioni di fronte alle autorità politiche. Ottennero così leggi a protezione dei malati e dei disabili mentali, che concernevano in particolare la responsabilità giur. dei criminali alienati.

Intorno al 1900 il quadro più completo della medicalizzazione della follia (Medicina) in Svizzera era rappresentato dalla clinica zurighese del Burghölzli, aperta nel 1870, in cui erano attivi numerosi luminari della psichiatria, esponenti di correnti di pensiero differenti che condussero a importanti esiti. Il ruolo delle teorie freudiane, ad esempio, fu oggetto di discussione fra Auguste Forel, Carl Gustav Jung, Eugen Bleuler, Oskar Pfister, Franz Riklin e Ludwig Binswanger. Al Burghölzli, Bleuler contribuì in misura determinante alla nosologia delle malattie mentali costituendo il gruppo delle schizofrenie (1911), e Hermann Rorschach allestì un test della personalità tuttora utilizzato in tutto il mondo. Dalla fine del XIX sec. gli aspetti sociali della follia furono considerati con grande attenzione nelle opere di psichiatri come Adolf Meyer e del suo maestro Forel (interessato, ad esempio, all'Eugenica o alla lotta contro l'alcolismo). Nel XX sec. la storia della follia si confonde in gran parte con quella della psichiatria, soprattutto con quella delle sue acquisizioni terapeutiche, alle quali numerosi ricercatori sviz. contribuirono sul piano farmacologico. Jakob Kläsi utilizzò la cura del sonno nel 1921, Roland Kuhn dimostrò gli effetti antidepressivi dell'imipramina nel 1957 e, in un contesto più generale, l'industria farmaceutica basilese scoprì nuovi medicamenti.
Dalla fine del decennio 1950-60 la vita quotidiana di coloro che da allora si chiamano malati di mente è notevolmente cambiata. L'utilizzo di terapie medicamentose efficaci su alcuni sintomi psicotici e il considerevole sviluppo delle psicoterapie hanno consentito di aprire diverse istituzioni psichiatriche e di ampliare in misura importante le strutture di accoglienza ambulatoriale. Questa evoluzione è stata favorita anche dalla nascita di movimenti che contestano la miseria carceraria degli ospizi e sottolineano l'importanza dei fattori culturali nella genesi della follia: coloro che vengono rinchiusi non sarebbero altro che un riflesso della follia della società. Secondo questa logica, la follia avrebbe una verità intrinseca e una forza trasgressiva rispetto ai valori dominanti. Tuttavia queste forme recenti di negazione della malattia mentale non nascondono la forza distruttrice di quest'ultima, che conserva il suo potenziale di mistero per i clinici che la osservano.