
Gli avvenimenti accaduti a Ginevra il 9.11.1932 si iscrivono nel contesto dell'ascesa dei totalitarismi in Europa, della crisi economica e della disoccupazione. Punto culminante dello scontro tra l'estrema destra e l'estrema sinistra in Svizzera, preannunciano la "primavera dei fronti" del 1933. All'epoca il clima politico era particolarmente teso a Ginevra, dove una serie di scandali (affare della Banca di Ginevra) aveva duramente colpito i partiti della destra tradizionale. Tafferugli di strada videro i militanti del partito socialista di Léon Nicole opporsi agli esponenti dell'Unione nazionale di Georges Oltramare. Un manifesto provocatorio che annunciava "la pubblica accusa contro i signori Nicole e Dicker", affisso dall'Unione nella sala di Plainpalais, spinse i socialisti a organizzare una contromanifestazione. Temendo per l'ordine pubblico, il Consiglio di Stato chiese l'intervento dell'esercito. La sera del 9 novembre, una tattica militare poco idonea a contenere una folla antimilitarista eccitata dalla violenza verbale di Nicole, una serie di ordini maldestri e l'impiego di ufficiali e reclute prive di esperienza provocarono il dramma. Lo svolgimento dei fatti e l'attribuzione delle responsabilità restano controversi. Sentendosi minacciata, la truppa aprì il fuoco, causando 13 morti e 65 feriti. Un processo davanti alla Corte d'assise fed. (maggio 1933) si concluse con la condanna alla detenzione per Léon Nicole. La sparatoria provocò intense emozioni ed ebbe importanti ripercussioni elettorali: nel novembre 1933 i socialisti ottennero infatti la maggioranza nel Consiglio di Stato di Ginevra e nel municipio di Losanna. In seguito all'accaduto si aprì inoltre il dibattito sul ruolo dell'esercito nel mantenimento dell'ordine pubblico (Servizio d'ordine dell'esercito).