Nel XV sec. in Italia l'espressione studia humanitatis indicava, con riferimento all'antichità e in particolare a Cicerone, le cinque discipline della grammatica, della retorica, della poetica, della storia e della filosofia morale, che costituivano la premessa della saggezza e dell'eloquenza e caratterizzavano il cittadino compiuto come poeta et orator. Venivano insegnate dall'"umanista" (termine attestato la prima volta nel 1490) e si distinguevano dalle sette artes liberales medievali e dalle discipline univ. vere e proprie (teol., filosofia, giurisprudenza, medicina, scienze naturali). Queste ultime, tuttavia, nel XVI sec. vennero fortemente influenzate dal metodo umanistico, dallo studio delle lingue antiche nella loro originaria purezza (lat., poi greco, in seguito ebraico) nonché dall'edizione, dalla critica, dal commento e dalla traduzione di testi antichi (Filologia). Gli umanisti manifestavano le loro divergenze di interessi e di opinioni mediante lettere, discorsi, dialoghi, poesie e altri generi letterari. Erano tuttavia accomunati dalla convinzione pedagogica di poter insegnare la prassi etico-politica (vita activa) attraverso la lingua, e dalla consapevolezza di aver ridato vita alle antiche bonae litterae (Rinascimento), lasciandosi alle spalle la scolastica medievale.
Primo Umanesimo
Di fronte agli stravolgimenti avvenuti nel tardo ME - crescente importanza dell'economia monetaria, urbanizzazione, tensioni politiche interne alla Conf. -, l'Umanesimo offriva soprattutto alla pop. urbana laica e colta (al massimo il 5% della pop.) nuove forme di presa di coscienza della propria individualità attraverso il dialogo con l'antica humanitas. Diversamente da quanto accadeva nel ME, la natura umana e l'importanza della lingua per la socializzazione divennero temi centrali. A partire dall'Italia si sviluppò una rete, per lo più itinerante, di maestri di studia humanitatis, che nelle cancellerie cittadine o di corte, nelle scuole, presso le facoltà delle arti delle Università o in qualità di medici cittadini, ma anche come ecclesiastici (spec. canonici) trovavano impieghi spesso ben retribuiti. Frequentavano le cerchie acc. locali e le élite politiche, tenute a soddisfare le crescenti esigenze in materia di amministrazione, giustizia, commercio estero e diplomazia intern. I dibattiti teorici presupponevano ormai solide conoscenze filologiche. Come una sorta di "aristocrazia dello spirito", l'Umanesimo divenne, al pari della carriera militare, uno strumento di ascesa sociale per i meno privilegiati, in particolare nelle campagne. Grande importanza ebbe per la Svizzera l'immigrazione di eruditi stranieri, ad esempio dalla Franconia, dall'Alsazia, dalla Francia e dall'Italia. Ne scaturì, tuttavia, un Umanesimo specificamente "sviz.": nel 1458 fu Enea Silvio Piccolomini a coniare il termine Helvecia (Helvetia) e umanisti quali Glareano nella sua Helvetiae descriptio (1514) postularono un'appartenenza culturale comune a tutta la Conf. Per la Svizzera del XV sec. i punti di riferimento culturali erano ancora le diocesi di Costanza e Basilea, che come sedi conciliari favorivano gli scambi con l'Italia. A Basilea e alla corte imperiale di Vienna, dove operò come segr. dal 1432 al 1455, Piccolomini fu il più influente maestro umanista. In area sveva e nella Svizzera orientale il segr. di cancelleria Niklaus von Wyle diffuse le opere di Piccolomini come modello di stile servendosi di traduzioni, di un'edizione a stampa (1478) e di norme retoriche. La raccolta e la diffusione di testi caratterizzavano la cerchia dei corrispondenti di Wyle, in particolare il suo allievo Albrecht von Bonstetten, che a Einsiedeln redasse una prima descrizione corografica della Svizzera di stampo tolemaico (1479). Un'opera analoga fu realizzata nel 1497 da Conrad Türst.
Sempre a Piccolomini, divenuto papa Pio II, si deve la fondazione dell'Univ. di Basilea nel 1460. Petrus Antonius, di Finale presso Genova, ricevette il primo incarico retribuito per corsi in arte humanitatis (1464) e il professore di poetica e medicina Peter Luder, formatosi a Padova, fondò (1465) la prima comunità o sodalitas umanista. Il predicatore Johannes Heynlin si dedicò alla divulgazione (1464-66 e dal 1474) del primo Umanesimo parigino (Guillaume Fichet) e della Scrittura umanista. Il suo allievo Johannes Reuchlin insegnò il greco, dopo averlo studiato presso Andronico Contoblacas. Con Jakob Wimpfeling e Sebastian Brant la comunità si estese fino in Alsazia. Grazie a Johannes Amerbach, un allievo di Heynlin attivo a Basilea dal 1475, cominciò a fruire del contributo decisivo della Stampa tipografica, che a sua volta si poggiava sull'infrastruttura del Concilio di Basilea: cartiere, biblioteche, copisti, traduttori, canali di distribuzione e privilegi corporativi. Le officine di Johannes Froben, Johannes e Adam Petri, Andreas Cratander e Valentin Curio diffusero testi antichi e umanisti, impiegando eruditi come correttori. Importanti tipografie nacquero più tardi a Zurigo - come quella di Christoph Froschauer nel 1519 - e nella Svizzera occidentale rif. A Ginevra la stampa tipografica, introdotta già nel 1478, fiorì dal 1549 con la fam. Estienne e con Jean Crespin; altre stamperie esistevano a Neuchâtel e Losanna. Nei cant. catt. la stampa tipografica acquisì un'importanza, peraltro marginale, solo più tardi; a Zugo ad esempio dal 1570.
Nel XV sec. un numero crescente di Svizzeri studiò a Heidelberg, Tubinga, Friburgo in Brisgovia, Colonia, Lipsia ed Erfurt, intorno al 1500 soprattutto a Basilea. Un ruolo rilevante svolgevano anche Vienna, Parigi, Orléans e, dal profilo qualitativo, l'Italia; a Pavia studiò fra l'altro Albrecht von Bonstetten. Le polemiche metodologiche contro le facoltà scolastiche favorirono la formazione di gruppi. Gli studenti seguivano i professori umanisti, in particolare quelli della propria regione; furono anche attirati dai convitti di Glareano a Basilea, Parigi e Friburgo in Brisgovia. Nei centri dell'Umanesimo nacquero circoli di insegnanti, allievi e amici; i contatti intern. venivano coltivati tramite viaggi e scambi epistolari.
La fioritura
La Svizzera si trovava a metà strada fra l'Umanesimo di stampo giur. e teol. del Reno superiore, orientato all'Europa occidentale, e quello letterario della cerchia attorno a Massimiliano I nella regione del Danubio. Il sangallese Vadiano, insignito del titolo di poeta laureatus nel 1514, fu attivo a Vienna (1501-18) attirando numerosi studenti della Svizzera orientale. Anche le scuole lat. di alcune città, come Sélestat (Johannes Sapidus), Rottweil (Michael Rötlin) e - legata a Rottweil - Berna (Heinrich Wölfli, Valerius Anshelm, Melchior Volmar), svolsero un ruolo nella diffusione dell'Umanesimo. A Basilea l'Univ. dava da vivere a diversi umanisti. Figura centrale, tuttavia, fu Erasmo da Rotterdam che vi soggiornò per diversi periodi (1514-16, 1518, 1521-29, 1535-36) attratto dalla stampa tipografica e in particolare dai caratteri greci usati da Froben per le sue edizioni dei Padri della Chiesa. Nella sua Philosophia Christi Erasmo propose una sintesi fra antichità e cristianesimo nell'ambito della pedagogia e dell'etica, promuovendo una fede praticante - improntata in particolare al pacifismo -, intesa come alternativa a semplici rituali di devozione e alla secolarizzazione. Dalla critica filologica del testo scaturì il Nuovo Testamento greco-lat. del 1516, che si proponeva di ridurre la quadruplice esegesi medievale a un solo significato, il più letterale possibile. Il culto di Erasmo e un "Umanesimo biblico" caratterizzarono esponenti della sodalitas basilese quali Froben, Glareano, Ludwig Bär, Bruno e Bonifacius Amerbach, il vescovo Christoph von Utenheim, Georg Carpentarius di Brugg, lo svevo Giovanni Ecolampadio, gli alsaziani Beatus Rhenanus, Wolfgang Capito, Kaspar Hedio e Conrad Pellican, Sigismund Gelenius da Praga, oltre ai giuristi Claudius Cantiuncula dalla Lotaringia e Johannes Sichardus di Tauberbischofsheim. Erasmo esercitava il suo influsso ad ampio raggio attraverso contatti epistolari, fra gli altri con Thiébaut Biétry (Porrentruy e Besançon) e Martino Bovollino (Mesocco); le sue opere furono tradotte da Leo Jud. I suoi seguaci, spesso dopo aver studiato a Basilea e Vienna, entravano a far parte di circoli umanisti a Friburgo (intorno a Peter Falck, con futuri rif. quali Pierre Girod; temporaneamente Agrippa von Nettesheim), a Lucerna (Ludwig Carinus, oltre ai futuri rif. Johannes Xylotectus, il suo allievo Rudolf Ambühl e Oswald Myconius), a Zugo (Jodocus Molitor e Peter Kolin, entrambi più tardi rif.), a Glarona (Valentin, Peter ed Aegidius Tschudi) e a Sciaffusa (il medico cittadino Johannes Adelphus); Melchior Macrinus fu attivo a Soletta, Diebold von Geroldseck a Einsiedeln. A partire da Reuchlin acquisì particolare importanza l'ebraistica; Pellican, Capito, Jakob Ceporin, e più tardi Theodor Bibliander, Sebastian Münster e Johannes Buxtorf studiarono testi ebraici. Dal 1516 Froben dispose di caratteri ebraici.
Umanesimo e Riforma
Tanto l'Umanesimo quanto la Riforma si rivolgevano ai cittadini laici colti, che cercavano un approccio diretto e individuale con Dio: con la sua problematica esistenziale e grazie all'uso della lingua popolare, tuttavia, la Riforma raggiunse cerchie più ampie. Il percorso di Ulrich Zwingli è esemplare per l'Umanesimo sviz.: nato in provincia, frequentò la scuola lat. a Berna presso Wölfli e studiò a Vienna e Basilea, leggendo gli umanisti it., imparando il greco e l'ebraico e nutrendo una venerazione per Erasmo. Ma mentre quest'ultimo rimaneva legato all'unità religiosa, Zwingli concepiva la Riforma come conseguenza della critica alla Chiesa e del ritorno al testo biblico, promosso dall'Umanesimo erasmiano. Dal principio dell'ad fontes si passò a quello della sola scriptura. Nel 1522 i due umanisti presero le distanze l'uno dall'altro, ma nonostante la diversa visione ecclesiologica Zwingli rimase sempre legato a Erasmo e influenzato dalla sua pedagogia, dal primato della Scrittura, dal cristocentrismo e dal contrasto fra la carne e lo spirito, che si manifestò tra l'altro nella disputa sull'eucarestia. Zwingli si distinse anche da Martin Lutero, in particolare per la sua coscienziosità di filologo classico. Sottolineò inoltre il carattere di legge delle Scritture, che dovevano regolare, secondo la critica sociale di stampo erasmiano, tanto l'ordinamento ecclesiastico quanto quello politico; avanzò questa richiesta concreta in nome di un patriottismo conf. Seguendo il suo esempio, la maggioranza degli umanisti aderì alla fede rif. e di conseguenza fu cacciata da Lucerna, Zugo e Friburgo; quelli rimasti catt., invece, come Erasmo, Cantiuncula, Rhenanus, Bär e Glareano, lasciarono Basilea. Alcuni, facendo proprio lo spiritualismo erasmiano, divennero anabattisti, tra cui Konrad Grebel, cognato di Vadiano. Nella Svizzera occidentale, prima della Riforma la cultura umanistica era poco diffusa; un'eccezione era costituita ad esempio da François Bonivard. In Francia Guillaume Farel, Pierre Viret, Giovanni Calvino e Teodoro di Beza compirono studi umanistici che segnarono per sempre il loro stile. Diversamente dai riformatori della Svizzera ted., però, essi vissero la conversione come una netta frattura rispetto all'Umanesimo, considerato "profano", e a Erasmo, avvertito come "frivolo".
L'Umanesimo dopo la divisione confessionale
Nonostante la divisione confessionale, i contatti fra gli umanisti all'interno della Conf. e a livello intern. furono spesso mantenuti, fra l'altro con Filippo Melantone e Martino Bucero. La Schola Tigurina, fondata nel 1525, si basava, come le scuole superiori (Hohe Schulen) di Berna, Losanna e Ginevra (Accademie), sulle tre lingue antiche e ospitava filologi di spicco. Le città rif. continuavano ad attirare eruditi dalla provincia e dall'estero (Petrus Dasypodius, Thomas Platter il Vecchio, Simon Grynaeus), mentre gli studiosi ticinesi facevano carriera in Italia (Giovanni Pietro Albuzio, Francesco Ciceri, Andrea Camuzzi). La cerchia rif. intorno a Vadiano esercitò la sua influenza sulla Svizzera orientale; nei Grigioni l'Umanesimo si diffuse anche grazie al poeta Simon Lemnius, ai creatori della lingua ladina scritta (Jachiam Bifrun, Johann Travers) e ai rifugiati it. (Pietro Paolo Vergerio). Questi ultimi si trasferirono a Zurigo (Pietro Martire Vermigli) e soprattutto a Basilea (Celio Secondo Curione, Pietro Perna, Sebastiano Castellione della Savoia), dove l'Umanesimo sopravvisse a lungo nella Via media e nel dibattito sulla Tolleranza religiosa, rifiorendo grazie all'intensa attività di tipografi quali Giovanni Oporino e Heinrich Pantaleon; anche l'Univ. nel XVI sec. conservò la sua forza di attrazione a livello intern. Gli studenti provenienti dai cant. catt. si recavano all'estero, in particolare presso Glareano; a Lucerna, dal 1577, i gesuiti divulgarono un Umanesimo formale, usato come arma retorica. La confessionalizzazione, tuttavia, sostituì la certezza dogmatica della salvezza con uno stile di vita orientato al dialogo, segnando così la fine dell'Umanesimo in tutte le confessioni (censura, da ultimo a Basilea). Riuscì a sopravvivere solo nella trasmissione filologica del patrimonio culturale antico, che fiorì spec. a Ginevra con Isaac Casaubon, Joseph Justus Scaliger e Denys Godefroy.
L'Umanesimo nelle scienze e nelle arti
Nella giurisprudenza, accanto alle edizioni e agli studi filologici del Diritto romano, predominava la disputa fra il mos gallicus di orientamento storicista e il mos italicus fondato sul commento (Scuole giuridiche); a Basilea Bonifacius Amerbach cercava un compromesso. Nelle scienze naturali gli orizzonti si ampliarono attraverso lo studio di autori antichi e grazie a viaggi (l'ascensione del Pilatus da parte di Vadiano, 1518) e più tardi mediante un'opera di sistematizzazione (Konrad Gessner). Analogamente, nel campo della medicina dall'edizione e dal commento dei classici scaturì l'anatomia empirica nel solco di Andrea Vesalio (Felix Platter). Glareano tentò di conciliare la musica contemporanea con la teoria musicale dell'antichità (Dodekachordon, 1547). La tradizione antica ispirò il teatro - ad esempio il dramma di Lucrezia di Heinrich Bullinger - e la storiografia, che postulava una continuità storica del popolo alpino "elvetico" amante della libertà (Johannes Stumpf, Aegidius Tschudi), un'idea condivisa da autori catt. e rif. Nello stesso spirito fu pubblicato il saggio De Republica Helvetiorum libri duo (1576) di Josias Simmler, che sottolineava gli elementi politici comuni a tutta la Conf.
Riferimenti bibliografici
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