I titoli onorifici sono denominazioni che rinviano al ceto, alla dignità, alla formazione, alla carica o al grado di chi ne è in possesso. I titoli sono utilizzati, spec. nelle comunicazioni scritte, come forme allocutive composte da uno o più appellativi onorifici. Possono riferirsi a singoli individui o a entità collettive statali ed esprimere un rapporto di subordinazione, parità o superiorità tra detentore del titolo e colui che gli si rivolge. Prima del 1800, nel contesto di un ordinamento sociale per ceti strutturalmente concepito in modo gerarchico, avevano una funzione centrale nella conformazione e nella definizione dei rapporti di Potere e di rango.
Nel Sacro Romano Impero, in linea di principio, solo l'imperatore o il papa potevano conferire titoli nobiliari. Nel ME nell'odierno territorio sviz. era diffuso il titolo di conte (Contea); i von Zähringen, gli Asburgo e i Savoia ottennero quello di duca. Singoli signori ecclesiastici (fino al 1803) e i signori territoriali di Neuchâtel (dal XVII alla metà del XIX sec.) portarono il titolo di principi (Principati). Anche nei 13 cant. della vecchia Conf. i titoli di signore, Cavaliere e Donzello restarono importanti segni distintivi, sebbene nel tardo ME la Nobiltà avesse perso gran parte della propria rilevanza politica e giur. Dopo il 1648, tuttavia, la pratica diffusa presso i membri delle Elite di farsi conferire titoli dall'imperatore o dai monarchi europei venne percepita in misura crescente come inconciliabile con la rivendicazione di sovranità delle repubbliche; la maggior parte dei cant. urbani proibì perciò ai propri cittadini di fregiarsi di titoli nobiliari stranieri.
Nei loro rapporti reciproci i cant. continuarono a ricorrere alla formula - talvolta ancora in uso all'inizio del XXI sec. - "cari e fedeli Conf.", che richiamava la mutua solidarietà; nelle relazioni diplomatiche con potenze straniere impiegavano invece maggiormente titoli che mettevano in risalto la sovranità statale. Dopo una controversia risolta nel 1650-53, la cancelleria imperiale di Vienna rinunciò a utilizzare negli appellativi rivolti ai cant. conf. qualsiasi riferimento alla loro appartenenza all'Impero. Anche i sudditi nei loro rapporti epistolari con le autorità erano tenuti a utilizzare forme allocutive predefinite e vincolanti, che sottolineavano la distanza di ceto rispetto a chi deteneva il potere. Nel XVII sec. quello di signore divenne il titolo preferito dalle fam. del ceto dirigente; per appianare conflitti interni alle città, Friburgo (1782) e Berna (1783) autorizzarono inoltre tutti i cittadini eleggibili al Consiglio a fregiarsi della particella nobiliare "von" risp. "de" quale simbolo distintivo del loro rango.
Con la messa in discussione dei privilegi di ceto sull'onda della Rivoluzione franc., si intensificarono le critiche allo sfoggio di titoli onorifici. Già dal 1794 nelle Tre Leghe fu proibito ogni appellativo nobiliare. L'art. 8 della Costituzione elvetica del 1798 dichiarò nulli tutti i titoli onorifici ereditari e per decreto fu prescritto l'appellativo generalizzato di "cittadino", ma presto tornarono in uso le forme allocutive d'ancien régime, che durante la Restaurazione vennero reintrodotte in maniera vincolante nella maggior parte dei cant. Solo con la Costituzione fed. del 1848 (art. 4) i titoli nobiliari scomparvero in tutta la Svizzera. Nel 1903 il Consiglio fed. dichiarò esplicitamente che le particelle "von" e "de" costituivano solo parti integranti del cognome; nel corso del XIX sec. il titolo di signore, come l'appellativo franc. Madame, perse progressivamente il suo significato legato al ceto, divenendo una semplice forma di cortesia.
Parallelamente alla scomparsa dei titoli nobiliari ereditari, dal XIX sec. aumentò l'importanza dei titoli di studio per definire lo status sociale e l'accesso alle professioni, parzialmente regolamentato sul piano giur. All'inizio del XXI sec. titoli onorifici venivano impiegati soprattutto per i detentori di cariche ecclesiastiche, politiche, amministrative, militari o diplomatiche, un uso generalmente limitato al periodo di permanenza in servizio.