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Armi

Le armi sono utilizzate nel combattimento, sia in attacco sia in difesa (Condotta di guerra), nella Caccia e per la pratica di alcuni sport. Di derivazione lat. (arma, a sua volta derivante da una radice indoeuropea che significa "braccio"), dalla fine del XIII sec. il termine designa anche, per estensione, gli stemmi araldici o Blasoni (così anche in franc. e ted., dove il termine Waffen - arma, in origine "arnese, attrezzo" - è vicino a Wappen, "blasoni").

Tipologia

Le armi vengono in genere distinte in difensive e offensive. Le prime servono a proteggere il corpo dagli effetti provocati da armi utilizzate da altri, e comprendono scudi, elmi e armature (corazze sia per uomini sia per destrieri), evolutisi in forme e materiali diversi: nell'Esercito l'attuale protezione è costituita dall'elmetto in acciaio, dalla maschera protettiva e dal giubbotto antiproiettile, nella Polizia anche dallo scudo a prova di pallottole e dall'elmetto con visiera.

Le armi offensive comprendono sia le armi per lo scontro corpo a corpo sia le armi per il combattimento a distanza; entrambi i tipi si prestano anche alla difesa. Le armi per lo scontro diretto possono essere le cosiddette armi bianche da taglio e/o da punta (a lama: spada, daga, sciabola, pugnale ecc.), le armi contundenti (clava, martello, ascia) oppure in asta (Alabarda, Picca, Mazza ferrata ecc.); quelle per il combattimento a distanza comprendono l'arco, la Balestra, le macchine belliche e (dalla fine del XIV sec.) le armi da fuoco, a loro volta suddivise in Artiglieria e in armi portatili a canna lunga (fucile) o corta (pistola, revolver). Nel XX sec. la condotta di guerra è stata rivoluzionata dalla motorizzazione dei mezzi di trasporto delle armi (carri armati, aerei, razzi) e soprattutto dalla comparsa delle armi per la distruzione di massa (Armi atomiche, Armi biologiche, Armi chimiche); in parallelo, è divenuto sempre più complesso il sistema di armamento, spec. nell'artiglieria, nelle Truppe meccanizzate e leggere e nella Forza aerea.

A dipendenza dell'uso che ne viene fatto, alcune armi (per esempio l'ascia da botta e da lancio) possono essere impiegate sia nel conflitto ravvicinato che a distanza. Per alcune è evidente la derivazione dall'ambito lavorativo: alcuni attrezzi come la scure, divenuta ascia di guerra, conobbero un'evoluzione mirata oppure furono oggetto di una conversione spontanea a fini bellici in casi di emergenza, come fu il caso delle falci nella guerra dei contadini del 1653. Per ascia, mazza e roncola la transizione attrezzo/arma restò fluida; fin dagli inizi, quindi, certi attrezzi ebbero usi sia militari sia civili (per definire questa doppia funzione fu introdotto nel XX sec. il concetto di dual use).

Storia

Alcuni dati sulle armi preistoriche sono forniti da reperti di scavo, che tuttavia raramente presentano resti di materiali organici quali tessuti, parti in cuoio, pennacchi; il ferro, corroso dalla ruggine, è spesso ridotto a frammenti. Le prime rappresentazioni iconografiche di armi compaiono nelle steli tardoneolitiche di Sion (Le Petit-Chasseur) e in graffiti rupestri; in epoca romana su monete (pugnali della moneta di Bruto, 44 a.C.); dal ME su sigilli (balestra a Lucerna, 1235), cronache, lastre sepolcrali, quadri e (schizzi di) vetrate. Solo nel tardo ME la presenza di armi inizia a essere attestata da fonti scritte: conti statali, fra l'altro, informano sull'acquisto di armi e sulla costruzione di Mura cittadine. Risalgono all'ancien régime contabilità e inventari di Arsenali dei cant. conf.; armi storiche sono conservate in arsenali cant. e in collezioni pubbliche o private.

Fino all'epoca romana

Le prime armi attestate sono lance in legno, munite già nel Paleolitico recente da punte specializzate in selce, in osso o in corno di renna (ad esempio nel Kesslerloch); archi e frecce, già in uso verso la fine di quel periodo, rimasero per millenni le armi più importanti per scontri a distanza. Nel Neolitico la gamma di armi disponibili si accrebbe con l'introduzione di asce (in pietra) e pugnali (in selce o già in rame), armi molto probabilmente utilizzate per più funzioni, cioè anche come attrezzi o come simboli di rango.

Con la lavorazione dei metalli a partire dall'età del Bronzo, gli arnesi da combattimento cominciarono a distinguersi nettamente da quelli per il lavoro e per la caccia. Le forme di base di quasi tutte le armi, anche di quelle difensive (elmo, corazza, gambiere, scudo), erano già note; ai Celti, celebri costruttori di armi, sono da attribuire molti tipi di coltelli per uso quotidiano, ma anche spade e pugnali. In questa società di guerrieri, le armi garantivano benessere e sicurezza, ed erano simboli di particolare significato dello status sociale; le spade avevano un ruolo nelle cerimonie sacrificali (ritrovamenti in massa di Berna-Tiefenau, Port, La Tène) e accompagnavano il guerriero nel sepolcro (tomba principesca con carro da combattimento a Grächwil). I Celti producevano elmi in ferro con paranuca, guanciali e sottogola (Giubiasco, Port) nonché scudi e corazze (maglia di anelli metallici, Berna-Tiefenau).

Più nota - e per la prima volta unitaria - è la dotazione in armi dell'Esercito romano, attestata anche da reperti sviz. (ad esempio a Kaiseraugst, Windisch): il milite a piedi (fante), protetto da una corazza (lorica) in cuoio con scaglie bronzee (dal I sec. a.C. in maglia di ferro), era munito anche di un elmo in cuoio (galea, con paranuca, barbozze e intagli auricolari), di uno scudo concavo (scutum), un giavellotto (pilum), una spada (gladius) e un pugnale (pugio). Nella cavalleria il soldato era protetto da maglia metallica, elmo a calotta e scudo rotondo (parma), l'animale da un frontale; l'armamento consisteva in una spada corta e in una lancia da cavaliere. Le macchine belliche da getto (ballistae, tormenta), per palle in pietra e dardi pesanti o incendiari, furono in uso fino al tardo ME (reperto del XIII sec. a Russikon).

Tutte le armi, offensive o difensive, dovevano essere non solo funzionali ma anche belle. Quelle sfarzose distinguevano la figura di rango dalla massa dei guerrieri: decorazioni d'impugnature, elmi argentati e dorati con pennacchio, rilievi a figure ornamentali su elmi di cavalieri romani ne sono un esempio.

Dal Medioevo al XVIII secolo

Un episodio della seconda guerra di Kappel (1531) così come se lo è immaginato 30 anni più tardi Christoph Silberysen (Aargauer Kantonsbibliothek, Aarau, Miscellanea, MsWettF 33, fol. 4r).
Un episodio della seconda guerra di Kappel (1531) così come se lo è immaginato 30 anni più tardi Christoph Silberysen (Aargauer Kantonsbibliothek, Aarau, Miscellanea, MsWettF 33, fol. 4r). […]

Armi tardoantiche modificate proprie dell'epoca merovingia e carolingia furono ad esempio la spada lunga (spatha), il giavellotto (lancia alata carolingia), la corazza in maglia a catena e l'elmo (come quello del VI sec. con fibbia ritrovato a Ginevra, all'imbocco del Rodano). L'armamento cambiò nel corso del basso ME, divenendo uniforme nello stile e variopinto (giubba, cimiero, vessilli) con il tramonto della fanteria e con la monopolizzazione della guerra da parte della nobiltà, la cui vita gravitava spec. attorno al mestiere delle armi (Cavalieri). Nell'esercito cavalleresco il cavaliere combatteva individualmente, ed era accompagnato da pochi aiutanti (scudieri) muniti di lancia, arco o balestra; armato di lancia, pugnale, azza (sulla sella) e spada, si proteggeva con elmo (bacinetto, pentolare o tinare, con visiera mobile o a fessure), corazza (maglia metallica o corazza di fibbie o lamelle, protezione separata per braccia, gambe e articolazioni, calzature e guanti in ferro) e scudo (ovale, più tardi triangolare), e anche il cavallo aveva una corazza (pettorale e frontale in ferro). Per proteggere dal sole, nel XII sec. comparvero la casacca in stoffa per l'uomo, indossata sopra l'armatura e adorna di stemma personale, e la gualdrappa per il cavallo. Nei Tornei le tecniche del combattimento cavalleresco erano esercitate con armi speciali (lance da torneo). L'accresciuta capacità di penetrazione di armi quali stocchi, frecce, lance da getto, armi da fuoco, portò a costruire armature sempre più pesanti. Intorno al 1400 il cavaliere era ricoperto dalla corazza da capo a piedi; cavaliere e cavallo erano pesanti e impacciati cosicché le truppe rurali e urbane, armate in modo più primitivo ma più mobili, erano in grado di prevalere anche su eserciti di cavalieri.

Seconda guerra di Kappel, manoscritto di Christoph Silberysen (Aargauer Kantonsbibliothek, Aarau, Miscellanea, MsWettF 33, fol. 4v ).
Seconda guerra di Kappel, manoscritto di Christoph Silberysen (Aargauer Kantonsbibliothek, Aarau, Miscellanea, MsWettF 33, fol. 4v ). […]

La produzione e commercio di Armi era compito degli armaioli cittadini, che rifornivano sia i cavalieri sia le altre classi sociali cittadine. Le truppe rurali e urbane del tardo ME dovettero tuttavia dotarsi di tattiche di combattimento e di armi nuove, alla portata di tutti sul piano tecnico e finanziario: si svilupparono quindi i reparti appiedati, che combattevano a ranghi serrati con alabarda e picca, a volte anche con spada o spadone (a due mani). Di semplice fabbricazione erano le armi tipiche dei contadini, come la mazza ferrata (Prättigauerknüttel, Luzernertrüssel ecc.) e la Mordaxt (ascia da offesa lucernese); ogni combattente era inoltre munito di un'arma da lato (daga o pugnale) per lo scontro corpo a corpo. Le truppe cittadine disponevano di balestrieri e, dopo la comparsa delle armi da fuoco, di archibugieri. Cannoni e archibugi furono impiegati per la prima volta, accanto a macchine medievali da getto e da urto (catapulta, ariete ecc.), durante la fase dell'assedio nella guerra di Burgdorf (1383-84). Soc. cittadine di arcieri, balestrieri o moschettieri si dedicavano alla pratica delle armi; le autorità sostenevano con donazioni le feste di tiro periodiche.

I tiratori cittadini si proteggevano con uno scudo in legno coperto di cuoio e con l'emblema cittadino; gli zappatori (truppe tecniche di supporto) si servivano negli assedi del pavese (scudo oblungo e alto come un uomo). L'elmo (bacinetto, borgognotta, morione dalla seconda metà del XVI sec.) e la corazza (maglia a catena o corazza a scaglie, con bracciali e gambali) non rientravano nell'armamento personale, ed erano distribuite dall'arsenale prima delle spedizioni come materiale di corpo. Nel primo quarto del XVII sec. la fanteria abbandonò l'uso della corazza, mentre le truppe a cavallo continuarono a portare un corsale.

Spadai e coltellinai - spec. a Basilea, Berna e Zurigo - perfezionarono nel XV e XVI sec. la produzione di armi da taglio, fra cui la Spada e il Pugnale, che acquisirono rinomanza intern. quali armi belliche; in seguito la spada o la sciabola sviz. (a lama risp. diritta o ricurva), con il necessario per l'affilatura (cote, coltello), fecero parte dell'armamentario personale di ogni conf. Verso la fine del XVI sec. crebbe l'importanza militare delle armi da fuoco portatili a canna lunga o corta; truppe dotate di moschetti (in seguito con acciarino a miccia, a ruota e a pietrina) formarono contingenti particolari con soldo più elevato.

Una specificità conf. era costituita dall'autoarmamento. Il milite doveva procurarsi da sé l'arma personale (picca, alabarda o arma da fuoco portatile) e l'intero equipaggiamento militare (per i tiratori del XVIII sec., ad esempio, arma da fuoco e baionetta, sciabola, borsa per munizioni, buffetteria e divisa): il che era costoso, e quindi indicava il rango sociale di chi lo portava. I cavalieri (con cavallo ed equipaggiamento) erano reclutati fra l'élite cittadina e rurale proprietaria di cavalli.

Questo sistema impedì per molto tempo una omogeneità dell'armamento. Per quanto il principio dell'armamento uguale per tutti fosse in vigore già prima della guerra dei Trent'anni (1618-48), la ricorsività delle disposizioni in materia mostra come non fu facile imporre le norme ufficiali (per esempio il calibro 18 mm per i moschetti) e la custodia adeguata a domicilio delle armi, la cui corretta manutenzione era verificata attraverso ispezioni periodiche.

Nel XVII e XVIII sec. i cant. più ricchi - spec. Zurigo, Berna, Lucerna, Friburgo e Ginevra - accumularono armi di importazione nei loro arsenali. Questi erano tenuti a vendere a prezzo ridotto le armi d'ordinanza, cioè prescritte dall'autorità; in caso di necessità prestavano anche armi a poveri e a persone male armate per il periodo della campagna militare. Il principio dell'autoarmamento fu parzialmente superato già nel XVII sec., quando per esempio Berna dotò alcuni giovani di nuovi fucili a pietra focaia, completi di baionetta, in modo da formare reggimenti di fucilieri. Le autorità curarono la preparazione militare sottoponendo i militi ad addestramenti ed esercitazioni mensili.

XIX e XX secolo

Durante l'Elvetica, la Mediazione e la Restaurazione restò in vigore il servizio militare obbligatorio per tutti. Dal 1805, sotto la sovranità militare dei cant., i soldati erano ancora tenuti a provvedere al proprio armamento, ma con la Restaurazione e la Rigenerazione tale norma fu gradualmente soppressa nello sforzo di unificare l'Armamento: l'attiva del cant. Berna, ad esempio, dal 1820 venne dotata di Uniformi e di armi d'ordinanza (armi da guerra ufficiali, importate).

L'unificazione sul piano sviz. - un primo passo in questo senso fu l'adozione nel 1842 del fucile a percussione della fanteria, per la prima volta oggetto di un preciso regolamento - poté essere avviata solo dopo la creazione dello Stato fed. (1848) e una maggiore centralizzazione degli acquisti militari. Grazie anche all'alto livello tecnico della sua industria, la Svizzera si rese indipendente dalle importazioni di armi straniere e fu in grado di portare a termine anche imprese pionieristiche, spec. con la riduzione del calibro da 18 a 10,5 mm (carabina per tiratori scelti, 1851; fucile per cacciatori, 1856/59; fucile da fanteria, 1863), consentita dall'impiego di proiettili non più sferici ma oblunghi. Quando la battaglia di Sadowa (Königgrätz, 1866) dimostrò la superiorità schiacciante del fucile prussiano a retrocarica (Dreyse ad ago), la Svizzera reagì immediatamente trasformando i suoi fucili ad avancarica (peraltro ottimi dal profilo balistico) in armi a retrocarica con il sistema Milbank-Amsler (1867). Poco tempo dopo, con l'introduzione del Vetterli (d'ordinanza dal 1869, prodotto dal 1870), la Svizzera fu il primo paese europeo a dotare l'esercito di un fucile a ripetizione (con serbatoio tubolare sul calcio, per 11 proiettili). Al Vetterli seguì nel 1889 il fucile da fanteria con calibro 7,5 mm e otturatore a trazione diritta, che ridusse i movimenti di carica da quattro a due (spinta/trazione) e che fece parte della dotazione d'ordinanza fino al 1931, quando venne introdotta la carabina. Relativamente tardo fu il passaggio dalle armi a ripetizione ai fucili d'assalto automatici 57 e 90 (con calibro risp. di 7,5 e di 5,6 mm), entrambi adatti alla difesa anticarro per fanti. Le granate a mano, divenute le armi di fanteria quasi più importanti negli scontri in trincea della prima guerra mondiale, furono introdotte nell'esercito sviz. nel 1916.

Uniformi e armi fornite dallo Stato continuavano a dover restare "nelle mani del milite" (art. 18 della vecchia Costituzione fed.), ma con restrizioni per quelle automatiche (fucili d'assalto): blocco del tiro a raffica in caso di uso non militare e sua impossibilità per armi non restituite dopo il termine definitivo del periodo di servizio. Dal 2007 la relativa munizione da tasca viene ritirata, ad eccezione delle formazioni d'allarme. Dal 2010 i militari possono depositare gratuitamente l'arma di servizio negli arsenali, responsabili anche dell'immagazzinamento del materiale di corpo e dei macchinari bellici; coloro che intendono conservare l'arma dopo la fine del servizio, necessitano di un permesso d'acquisto di armi. Le volontarie del servizio militare femminile possono seguire un addestramento all'uso delle armi. Lo stoccaggio del materiale di corpo e dell'attrezzatura bellica pesante resta di competenza degli arsenali. La comparsa delle armi di distruzione massiccia ha reso urgente la creazione di una Protezione civile, e ha portato fra l'altro all'obbligo di costruire rifugi a prova di crollo (legge fed. del 1963).

Il Tiro conobbe nel XIX sec. uno sviluppo imprevisto; tale attività continuò a restare un esercizio militare (con il programma fed. obbligatorio per fucilieri e il tiro di campagna fed. facoltativo) ma anche una pratica sportiva. Nel corso del XX sec. si precisò una separazione di funzioni - già avviata nel XVII sec. nei moschetti da bersaglio e nelle armi da caccia (talvolta di lusso, costituiscono attualmente la maggioranza delle armi private) - fra armi da combattimento e armi speciali sportive (carabina, pistola da competizione). Dato il loro alto costo, le armi personali venivano mantenute funzionanti il più a lungo possibile attraverso miglioramenti tecnici (per esempio trasformando il fucile a pietrina in fucile a percussione); ciò spiega, fra l'altro, il valore di certi pezzi originali rari in collezioni di armi d'ordinanza.

Aspetti giuridici

Cittadino appenzellese con la sua spada alla Landsgemeinde di Trogen nel 1940 (Museo nazionale svizzero, Zurigo, Actualités suisses Lausanne; fotografia Presse-Diffusion).
Cittadino appenzellese con la sua spada alla Landsgemeinde di Trogen nel 1940 (Museo nazionale svizzero, Zurigo, Actualités suisses Lausanne; fotografia Presse-Diffusion).

In Svizzera il diritto di portare armi ha una particolare tradizione; fu in ampia misura grazie ad esso se la Conf. ebbe un'evoluzione giur. particolare in seno all'Impero. Mentre fino al XIII sec. nel resto d'Europa (Scandinavia esclusa) la fanteria fu largamente soppiantata dalla casta guerriera dei nobili a cavallo, a partire dal XIV la Conf. fece sempre più assegnamento su milizie armate (urbane e rurali) di fanti. Ancora nel XV sec. si facevano concorrenza il diritto signorile di leva militare dei signori giurisdicenti e quello collettivo di città e cant. rurali. Le città riuscirono, talvolta con sforzi notevoli (per esempio nel Twingherrenstreit del 1470), a estendere l'obbligo militare (di servizio e contributivo) anche alla pop. rurale dei propri territori, a reclutarla per fini bellici e a sottoporla a proprie ispezioni militari (le cosiddette "rassegne delle corazze"). Mentre gli Stati principeschi vietavano ai loro sudditi di portare armi, dalla fine del XV sec. la pop. dei cant. conf. era costretta, sotto pena di ammenda e per legge (ad esempio con il mandato di Berna, 1494) ad acquistarle in proprio; l'armamento popolare, i tiri e le esercitazioni militari divennero fattori di garanzia per l'indipendenza conf. Dopo le rivolte contadine le armi venivano sequestrate, ma comunque presto restituite (nel 1655 a Lucerna, per esempio, dopo la guerra dei contadini del 1653). L'obbligo di armamento divenne tanto rigido che nel cant. Berna, ad esempio, dal 1712 poteva contrarre matrimonio solo chi era in grado di esibire l'arma personale.

L'obbligo si estendeva anche al porto dell'arma in pubblico, ad esempio per militi cittadini e pompieri, o per chi si recava a funzioni religiose, sedute consiliari, processi, assemblee generali dei maestri di un mestiere; una sopravvivenza di tale pratica è ravvisabile nel porto obbligatorio della spada alla Landsgemeinde.

Dal XV/XVI sec. il diritto successorio regolamentò in modo unitario la trasmissione ereditaria delle armi personali: per ragioni di sicurezza, i figli maschi ereditavano la corazza e l'arma offensiva del padre; in assenza di maschi, nel XVI sec. talvolta potevano farlo le femmine. Nel XVII sec. le norme si inasprirono: Berna, ad esempio, ordinò che qualora non vi fossero figli maschi le armi passassero ai com., previo indennizzo degli eredi (1685). In generale i com. erano tenuti a provvedere perché le armi presenti sul loro territorio non fossero né trasmesse in eredità né vendute.

Riferimenti bibliografici

  • C. A. Schmitz, Technologie frühzeitlicher Waffen, cat. mostra Basilea, 1963
  • H. Schneider, Adel - Burgen - Waffen, 1968, 80-94
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  • H. Schneider, Schweizer Waffenschmiede vom 15. bis 20. Jahrhundert, 1976
  • F. Häusler, «Spes Pacis in Armis», in BZGH, 40, 1978, 164-240
  • H. Schneider, Schweizer Geschützgiesser, 1500-1800, 1985
  • F. Häusler, «Die Gewehrfabrik Wurstemberger 1713-1721», in Der Mensch in der Landschaft, a cura di AA. VV., 1986, 501-529
  • E. Hostettler, Die Waffen der Schweizer Armee, 1988
  • Schutz und Zier, cat. mostra Basilea, 1989
  • F. Müller, Der Massenfund von der Tiefenau bei Bern, 1990
  • LexMA, 8, 1893-1899
Link

Suggerimento di citazione

Anne-Marie Dubler; Fritz Häusler: "Armi", in: Dizionario storico della Svizzera (DSS), versione del 27.12.2014(traduzione dal tedesco). Online: https://hls-dhs-dss.ch/it/articles/024641/2014-12-27/, consultato il 15.09.2024.