Famiglia originaria di Campo (Vallemaggia), dove è attestata dal XVII secolo, i cui membri furono attivi in particolare come mercanti a Kassel e come uomini politici nei baliaggi della Vallemaggia e di Locarno e nel canton Ticino.

Le scarse notizie sulle origini della famiglia Pedrazzini di Campo appartengono più alla leggenda che alla narrazione storica. Il ceppo studiato fu stabilmente insediato nel comune più elevato della valle di Campo nell’alta Vallemaggia perlomeno dalla metà del XVII secolo. Dal villaggio alpino il mercante Gaspare Pedrazzini (1643-1724) partì alla fine del XVII secolo per recarsi nei territori del Sacro Romano Impero, seguendo le rotte tracciate da altri emigranti dei baliaggi comuni e lombardi verso centri a nord delle Alpi. Associato inizialmente ai mercanti banchieri Guaita di Menaggio, insediati a Paderborn e Francoforte sul Meno, Gaspare se ne separò per gestire in proprio un negozio di prodotti coloniali (commercio), che fondò a Kassel all'inizio del XVIII secolo sotto la ragione sociale Gaspard Pedrazzini & Fils. Il mercante, i suoi figli Giovanni Battista e Guglielmo Pedrazzini (1675-1744) e i loro numerosi discendenti maschi si alternarono alla direzione della ditta di famiglia, compiendo frequenti andirivieni tra il langraviato dell’Assia e il villaggio d’origine, fino alla chiusura del negozio negli anni 1830 per una concomitanza di cause sfavorevoli tra cui dissidi familiari, sconvolgimenti politici e crisi economiche.

Per più di un secolo l’impresa della famiglia valmaggese rimase saldamente in mano al gruppo proprietario, con l’aiuto di alcuni direttori imparentati e l’assunzione di manodopera valligiana. Dai mercanti Guaita i Pedrazzini si rifornivano di merci oltremarine in provenienza dai porti sul mare del Nord (spezie, caffè, cioccolato) o di prodotti acquistati in centri italiani (formaggi, olive, limoni). La loro attività fu strettamente connessa a quella di altri compaesani proprietari di botteghe in città renane, come ad esempio i Fantina a Heidelberg, i Sartori a Mannheim o i Tosetti a Magonza (emigrazione). Dai mercanti conterranei i Pedrazzini ricevevano ospitalità nel viaggio tra la valle natia e la ditta di Kassel, intrattenendo con essi fitti scambi, suggellati da alleanze matrimoniali omogamiche che cementavano i rapporti tra membri della borghesia commerciale campese. Tali legami erano rinsaldati anche dalla circolazione di manodopera tra le ditte e dall’apprendistato mercantile compiuto dai giovani eredi nelle diverse sedi. Essi vi completavano una formazione impartita nelle scuole canonicali e nei collegi gestiti da ordini religiosi in patria con l’apprendimento di lingue straniere, scrittura, calcolo e contabilità.

L’itinerario imprenditoriale dei Pedrazzini fu coronato da un successo che accompagnò la loro ascesa tra le file del notabilato dei baliaggi comuni e la loro affermazione nel contesto di provenienza. Qui la loro fortunata carriera mercantile fu all'origine dell’imponente complesso delle dimore signorili, che essi fecero erigere in modo contiguo attorno all’oratorio di giuspatronato familiare dedicato a S. Giovanni Battista, a testimonianza del potere del gruppo familiare e del loro ruolo di mecenati. Negli eleganti interni delle case gentilizie a Campo, in cui prestavano servizio domestiche e aiutanti, si ritrovavano suppellettili esotiche e oggetti preziosi acquistati nei centri di emigrazione in un decoro raffinato che legittimava le loro aspirazioni di elevazione sociale.
Le ricchezze acquisite tramite i commerci accrebbero un patrimonio fondiario composto da possedimenti (terreni agricoli, pascoli, vigne, selve) in un’area che copriva i baliaggi di Vallemaggia e Locarno dagli alpi di Campo, dove essi detenevano diritti di pascolo per le greggi, ai declivi del Gambarogno. Questo fu anche il territorio su cui si dipanò la rete del credito che i Pedrazzini alimentarono, prestando capitali a privati e a enti pubblici. Le ingenti somme di denaro su cui riscuotevano interessi da singoli debitori e soprattutto da comuni che vantavano buone garanzie di solvibilità disegnarono una densa trama clientelare (clientelismo).
Nel collocamento di capitali e nelle scelte acquisitive dei Pedrazzini che tralasciarono l’ambito di emigrazione per concentrarsi sullo spazio di origine si legge l’intento di porre le fondamenta del loro potere in patria. Essi vi assunsero un ruolo preminente quali interlocutori privilegiati per delegati e funzionari elvetici, di fronte ai quali furono chiamati a rappresentare comunità e individui, oltre che come mecenati e benefattori di chiese, confraternite e legati. In quest'ultimo ruolo si distinse fra altri munifici esponenti del casato anche la vedova Maria Apollonia Pedrazzini. Le figure delle donne Pedrazzini emergono dal racconto dell’emigrazione maschile per il loro ruolo di padrone borghesi delle dimore alpine, in cui restarono senza seguire gli uomini per conservare diritti legati al fuoco, occupandosi della numerosa prole e dei possedimenti familiari. Esse fornirono alla mobilità dei mercanti un ancoraggio, che era garanzia di preservazione dell’iscrizione comunitaria e del godimento dei suoi privilegi. La ricca documentazione privata, custodita nell’archivio familiare e formata in gran parte da corrispondenza, descrive in effetti una vicenda in cui la mobilità imprenditoriale degli emigranti conferì maggior spessore alla loro appartenenza alla terra natia.
Abbandonati i percorsi dell’emigrazione, durante il XIX e XX secolo i membri del casato perpetuarono il prestigio della tradizione familiare in Svizzera, privilegiando l’ambito politico ed economico. Diversi esponenti assunsero cariche di rilievo a livello cantonale e federale, fra cui in particolare Martino e Giovan Battista Pedrazzini.