Verso la fine del XIX secolo sorsero nelle regioni rurali cattoliche e nei cantoni a confessione mista numerose associazioni di madri, di amiche della giovane e di sostegno, congregazioni di elisabettine e associazioni di lavoratrici e di insegnanti. Nel 1907 fallì il tentativo di integrare queste organizzazioni cattoliche nell'Unione popolare cattolica svizzera (UPCS), aperta fino ad allora ai soli uomini. Dopo che una prima associazione fondata nel 1906 non aveva raccolto sufficienti adesioni, nel 1912 su iniziativa dell'UPCS le rappresentanti delle organizzazioni delle donne cattoliche fondarono un'istituzione mantello, l'Unione svizzera delle donne cattoliche (in italiano nota anche come Lega svizzera delle donne cattoliche). La direzione dell'Unione, che alla sua fondazione contava 26'000 aderenti, era affidata a membri femminili, parenti di politici cattolici, leader di associazioni ed ecclesiastici di alto rango (Chiesa cattolica).

Gli scopi dell'organizzazione erano la promozione della vita religiosa nella famiglia, nella comunità (comune) e nello Stato e le attività sociali e caritative delle donne (assistenza pubblica): nei suoi primi anni di attività si occupò di conseguenza in particolare di temi morali e di alleviare la miseria causata dalla guerra. Nel 1918 aprì a Lucerna la scuola sociale-caritatevole femminile (più tardi scuola sociale femminile, diretta dal 1961 dall'Associazione scuola di lavoro sociale e trasformata nel 1990 in scuola specializzata superiore di lavoro sociale).
Nel 1925, in occasione della Saffa, l'Unione svizzera delle donne cattoliche collaborò per la prima volta in modo attivo con le organizzazioni femminili borghesi; la posizione contraria al suffragio femminile assunta nel 1929 dalle donne cattoliche impedì però ulteriori avvicinamenti. Durante la seconda guerra mondiale la dipendenza dell'Unione dalla Chiesa fu rafforzata dall'affiliazione all'Azione cattolica. Durante un congresso sul suffragio femminile del 1945 l'Unione decise per la prima volta di lasciare libertà di voto in materia, ponendosi in contrasto con le direttive vescovili. Alcune appartenenti allo schieramento favorevole al voto alle donne fondarono quindi l'Unione civica delle donne cattoliche svizzere. Già nel 1957 l'Unione svizzera delle donne cattoliche era attiva nella Comunità di lavoro delle associazioni femminili svizzere a difesa dei diritti politici della donna, mentre nel 1958 diede vita all'Hilfswerk Elisabethenopfer (Opera caritativa S. Elisabetta) per le donne del cosiddetto Terzo mondo.
Emilie Gutzwiller-Meyer, appartenente all'alta borghesia di Basilea, fu la prima presidentessa centrale dell'Unione svizzera delle donne cattoliche. Sotto la presidenza (1941-1957) di Lina Beck-Meyenberger, una sostenitrice del suffragio femminile, l'Unione si affermò sul piano federale. Elisabeth Blunschy proseguì questo impegno e nel 1977 fu la prima donna a presiedere il Consiglio nazionale. La sede centrale dell'Unione è guidata da una codirezione (a più teste dal 2004 e a due dal 2019).
Anche negli anni 1960 e 1970 l'Unione mantenne un atteggiamento conservatore verso questioni politiche quali la parità tra uomo e donna e la soluzione dei termini (aborto). In risposta al dibattito su quest'ultimo tema, nel 1976 fu creato un fondo di solidarietà per future madri in difficoltà. L'opera pastorale laica ottenne allora maggiore attenzione. Negli anni 1980 e 1990 l'Unione svizzera delle donne cattoliche si è concentrata in particolare sul perfezionamento professionale, organizzando corsi nel centro di formazione di sua proprietà situato a Schwarzenberg (dal 1996, venduto alla fine del 2009).
All'inizio del XXI secolo l'Unione svizzera delle donne cattoliche ha sostenuto nel dibattito politico e sociale posizioni spesso progressiste, non in linea con quelle della Chiesa ufficiale. Si è così ad esempio impegnata in favore del matrimonio per tutti, del sacerdozio femminile e della giustizia climatica. Nel 2019 è stata conclusa una collaborazione con la Federazione svizzera delle donne protestanti.

L'Unione svizzera delle donne cattoliche, aperta oggi anche alle donne di altre confessioni e agli uomini, ha pubblicato nel corso della sua esistenza numerosi organi di stampa, il primo dei quali, il St. Elisabeths-Rosen, risale al 1908. L'ultimo periodico succeduto a questa rivista di orientamento politico e sociale si fuse con l'organo della Federazione svizzera delle donne protestanti e apparve tra il 1971 e il 2013 con il titolo Schritte ins Offene. Una delle associazioni che facevano parte dell'Unione fondò nel 1933 la rivista Die katholische Familie. Dopo aver mutato nome più volte, quest'ultima, denominata dal 1999 Frauenbunt, cessò le pubblicazioni nel 2005. Qu(elle), la rivista che la sostituì come organo dell'Unione, apparve quattro volte all'anno tra il 2006 e il 2018 e in seguito tre volte all'anno. Nel 2021 l'Unione si componeva di 600 associazioni locali e di 18 federazioni cantonali. Contava ca. 120'000 membri (200'000 nel 2010).