Sia sotto forma di acquisto anticipato (cioè prima di altri, ted. Fürkauf, Vorkauf), sia sotto forma di accaparramento (acquisti preventivi per sfruttare situazioni di penuria, ted. Aufkauf), l'incetta era considerata dalle autorità cittadine medievali un commercio di intermediazione a carattere speculativo, dettato dall'avidità di guadagno (Usura), che portava a una lievitazione dei prezzi. A protezione dei consumatori, la compravendita di generi alimentari (soprattutto cereali, carne, vino, burro, sale) che non rispettava le disposizioni prestabilite (regolamentazione del Mercato) - che avveniva cioè fuori dalle porte della città o prima dell'apertura ufficiale dei Mercati, segnalata con rintocchi di campana o con bandierine issate sui granai municipali - era proibita in quanto considerata incetta. Il divieto si estendeva anche a quei commercianti (incettatori) che acquistavano prodotti dai contadini e poi li immagazzinavano, nella speranza di rivenderli a prezzo maggiorato in caso di penuria e rincaro. Dal XVI sec. le autorità estesero la sorveglianza sui mercati a tutto il territorio sotto il loro controllo. Solo nel XVIII sec. però severi controlli e politiche di approvvigionamento e di mercato largamente condivise resero l'incetta ormai non più redditizia. Nei territori germanofoni, la fine del fenomeno comportò la scomparsa del termine ancora prima del 1800.
Riferimenti bibliografici
- K. Sulzer, Zürcherische Handels- und Gewerbepolitik im Zeitalter des Absolutismus, 1944
- A.-M. Dubler, Müller und Mühlen im alten Staat Luzern, 1978
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Classificazione
Economia / Commercio / Commercio e diritto |