L'accordo sullo Spazio economico europeo (SEE) venne siglato il 2.5.1992 a Porto dai 12 Stati membri della Comunità europea (oggi Unione europea, UE) e dai sette Paesi dell'Associazione europea di libero scambio (AELS). Lo SEE entrò tuttavia in vigore l'1.1.1994 senza la partecipazione della Svizzera, poiché, in seguito al lancio di un referendum, il 6.12.1992 il popolo ne aveva respinto la ratifica. Dopo l'adesione di Austria, Finlandia e Svezia all'UE (1.1.1995), Islanda, Norvegia e Liechtenstein sono rimasti i soli Stati dell'AELS a far parte dello SEE.
Obiettivi dello SEE sono l'abolizione delle cosiddette frontiere tecniche per favorire la libera circolazione delle merci, dei servizi, dei capitali e delle persone (le "quattro libertà") e la cooperazione nei settori dell'ambiente, della politica sociale e della ricerca. Il trattato, caratterizzato da elementi sovranazionali (primato del diritto comunitario su quello nazionale), prevede l'istituzione di una corte di giustizia e di un'autorità di vigilanza per gli Stati dell'AELS. Gli organi che compongono lo SEE sono il Consiglio SEE e il Comitato misto SEE. Il grado di integrazione all'interno dello SEE è meno forte rispetto a quello dell'UE: per la Svizzera un'eventuale adesione non avrebbe comportato ripercussioni in materia di agricoltura e politica dei visti e d'asilo o sul sistema fiscale, il segreto bancario e la neutralità.
La campagna che precedette la votazione del 6.12.1992 fu animata e portò alle urne il 78,7% dei cittadini. L'esito fu negativo: malgrado le indicazioni del mondo politico e degli ambienti economici e sindacali, l'accordo venne respinto in maniera netta da 14 cant. e quattro semicant. (su 26); lo scarto in termini di voti espressi fu invece estremamente ridotto (50,3% no, 49,7% sì). I principali oppositori alla politica del Consiglio fed. furono Christoph Blocher, deputato dell'UDC zurighese al Consiglio nazionale, e l'Azione per una Svizzera neutrale e indipendente (ASNI). La spaccatura più netta che emerse fu quella tra la Svizzera franc., ampiamente favorevole allo SEE (oltre il 70%), e la Svizzera ted. e il cant. Ticino, dove l'accordo raccolse solo ca. il 40% dei consensi.
Il rifiuto di aderire allo SEE coincise con il più lungo periodo di stagnazione economica della seconda metà del XX sec. Nel decennio 1990-2000 la Svizzera registrò tassi di crescita del prodotto interno lordo reale inferiori dell'1-2% rispetto a quelli degli altri Stati dell'Europa occidentale, una forte crescita della disoccupazione, un netto peggioramento delle finanze pubbliche e un crollo degli investimenti diretti. Il Consiglio fed., la maggior parte degli economisti, le org. padronali e i sindacati attribuirono in parte la responsabilità di questa situazione al rifiuto di aderire allo SEE.
Poiché la mancata partecipazione allo SEE rappresentava un passo in direzione di un maggiore isolamento sul piano intern., il Consiglio fed. decise di adottare autonomamente una parte della legislazione comunitaria legata allo SEE. Nel 1994 avviò trattative lunghe e difficili con l'UE riguardanti sette settori (trasporti terrestri, trasporto aereo, libera circolazione delle persone, ricerca, appalti pubblici, ostacoli tecnici al commercio e agricoltura), che sfociarono nella conclusione degli accordi bilaterali I, approvati in votazione popolare il 21.5.2000.
Nel Liechtenstein, legato alla Conf. da un'unione doganale e altre forme di cooperazione, il popolo approvò l'accordo sullo SEE (13.12.1992, 55,8% di voti favorevoli) e l'adesione (9.4.1995, 55,9%); complessi adeguamenti legislativi hanno permesso al principato di entrare nello SEE senza rinunciare ai suoi legami privilegiati con la Svizzera.
Il rifiuto sviz. del 6 dicembre ha portato alla nascita di numerosi gruppi impegnati nel riavvicinamento all'UE (Nato il 7 dicembre 1992, Generazione Europa). Le diverse proposte tese a ridiscutere l'ingresso della Svizzera nello SEE non hanno tuttavia avuto alcun esito.