Termine indissociabile dalla nozione di Comunismo a cui si contrappone, benché la coppia antinomica che i due concetti formano suggerisca una simmetria errata. Mentre il concetto di comunismo rimanda infatti a un programma e a una visione del mondo relativamente ben delineati e, soprattutto nel XX sec., a una serie di org. politiche ben strutturate, il termine anticomunismo è più vago, poiché non descrive un'ideologia o un insieme di obiettivi chiaramente definiti, né fa riferimento costante a una o più org. precise. L'anticomunismo, inoltre, in quanto movimento e atteggiamento difensivo, costituisce una reazione al comunismo senza tuttavia essere necessariamente in relazione diretta con il suo potere effettivo. Si tratta dunque piuttosto di una posizione intellettuale e di un'idea acquisita: da un lato, cioè, l'anticomunismo esprime un'attitudine mentale della borghesia (di destra), che sente minacciati valori sociali fondamentali quali la fam., lo Stato, la proprietà privata, la religione e il patriottismo; dall'altro esso assume la veste, non solo nello schieramento borghese ma anche negli ambienti socialisti e sindacali, di un'interpretazione del mondo, che sopravvaluta peraltro sistematicamente il presunto pericolo, perché si basa sull'idea, di fatto mito politico, di un complotto comunista.
Benché differenziati nelle motivazioni - da una parte ideologiche, dall'altra legate a una visione critica dei metodi dei comunisti sviz. e sovietici - l'anticomunismo borghese e quello espresso da ambienti socialisti e sindacali videro entrambi nel comunismo un pericolo politico, contro il quale reagirono con misure di divieto e procedure di espulsione. Gli anticomunisti militanti della destra borghese, inoltre, spec. negli anni successivi allo Sciopero generale del 1918, provvidero a costituire milizie armate di autodifesa.
Da parte borghese il timore, largamente irrazionale, del comunismo in quanto movimento sovversivo fu volutamente strumentalizzato per creare spauracchi collettivi che, in un clima di confronto politico, favorissero la stabilità interna. Esemplificativo di ciò è la transizione fluida che si stabilì tra anticomunismo e antisocialismo e che rispondeva allo scopo di screditare l'avversario politico qualificando le sue rivendicazioni come comuniste. La pratica di amalgamare tutti gli atteggiamenti di opposizione di sinistra, inoltre, agì da strumento intimidatorio contro l'insieme del Movimento operaio e produsse un'emarginazione sociale dei lavoratori. Tuttavia, quando ciò sembrò necessario, e spec. nel periodo della Guerra fredda, l'anticomunismo si mostrò perfettamente in grado di operare le differenziazioni considerate opportune, evitando di stigmatizzare l'azione di quei politici socialisti e di quei sindacalisti ritenuti sufficientemente integrati. L'obiettivo restava comunque sempre quello di togliere ogni legittimità, all'interno dello Stato democratico, alle idee comuniste, che venivano caratterizzate come tendenzialmente illegali ed erano pertanto sottoposte a una sorta di criminalizzazione preventiva. Questa strategia non mancò di produrre i suoi effetti proprio nel caso dei socialisti sviz. (Partito socialista): in parte già negli anni '20 e '30, poi soprattutto negli anni '50, essi presero posizione contro il comunismo in modo netto e a volte perfino virulento. In questo senso, date come premesse la concorrenzialità e la diversità delle concezioni in gioco, l'anticomunismo acuì le differenze già esistenti e conferì loro una carica emotiva; i Sindacati, ad esempio, dopo la prima guerra mondiale esclusero i comunisti dalle loro fila e dopo la seconda vietarono agli iscritti al Partito del lavoro l'accesso a ogni carica sindacale.
L'anticomunismo appare dunque come una nozione complessa, i cui significati dipendono strettamente dal contesto. Tuttavia, fin dal suo apparire ebbe ripercussioni concrete sul piano penale e nel quadro delle misure di protezione dello Stato. La sua prima manifestazione in Svizzera risale al 1843, quando il termine comunismo era praticamente appena nato. Johann Caspar Bluntschli, membro del governo cant. zurighese, fece imprigionare Wilhelm Weitling, protosocialista messianico, e mise sotto processo le sue idee "comuniste". Alcuni conservatori accusarono di comunismo anche esponenti della sinistra radicale, quali Johann Rudolf Schneider, membro dell'esecutivo bernese, o il Consigliere fed. Henri Druey. Nel 1889 la Conf., nominando un procuratore fed., si dotò di un organo centrale di polizia di sorveglianza (Ministero pubblico della Confederazione).
Nei decenni successivi l'immagine del nemico subì evoluzioni e cambiamenti. Se fino alla prima guerra mondiale il pericolo maggiore per l'ordine costituito veniva individuato soprattutto negli anarchici (Anarchismo), dopo l'ascesa al potere in Russia delle forze comuniste nel 1917 prese forma, nei suoi tratti essenziali, il modello antibolscevico che avrebbe dominato fino agli anni '30. I decenni successivi e che precedettero la caduta del muro di Berlino (1989) segnarono il passaggio all'anticomunismo: il sentimento di paura, periodicamente rievocato, si cristallizzò nell'immagine di un pericolo, acuto o strisciante, proveniente da est, sia sotto la forma di un'invasione dall'esterno, sia sotto quella di un sovvertimento ordito in Svizzera ma pilotato dall'estero. La virulenza dell'anticomunismo dipendeva, in genere, non tanto dalla presenza reale di una minaccia quanto da eventi politici cui era legata una forte carica simbolica e che pertanto alimentavano i timori legati all'immagine collettiva di un nemico. In questo senso, l'evento iniziale, punto ricorrente di riferimento anche nell'evocazione storiografica, è stato lo sciopero generale del 1918; altri momenti chiave si situano nella seconda metà degli anni '30, nei primi anni del secondo conflitto mondiale e durante la Guerra fredda, raggiungendo una particolare intensità nel 1948, quando i comunisti presero il potere in Cecoslovacchia, nel 1956, con la repressione della rivolta ungherese e infine, ma in misura più attenuata, nel 1968, anno dell'intervento sovietico contro la Primavera di Praga e della comparsa di una "nuova sinistra" che in parte si richiamava al comunismo storico.
Misure di difesa ispirate all'anticomunismo vennero elaborate sia dallo Stato sia, su iniziativa privata, da esponenti della destra borghese. Mentre il primo procedeva spec. sul piano giur. e poliziesco, i secondi non si limitarono ad adottare mezzi propagandistici e talvolta paramilitari (milizie), ma organizzarono a sostegno degli interventi ufficiali in difesa dello Stato dispositivi di sorveglianza non ufficiali, la cui azione era più o meno intensa a seconda della congiuntura, e crearono servizi politici informativi. Stato e privati si divisero dunque di fatto i compiti, mantenendo tra di loro per decenni una fitta rete di comunicazioni. La Federazione patriottica svizzera, ad esempio, fondata da Eugen Bircher nel 1919 e sciolta nel 1947, ebbe sempre scambi diretti o indiretti di informazioni con la polizia politica. Stretti vincoli di collaborazione esistevano anche fra la Polizia federale e il Servizio sviz. d'informazione (creato nel 1948), org. indipendente dai partiti succeduta a Esercito e Focolare. Nel 1976 provocò uno scandalo politico la notizia che l'Informationsgruppe Schweiz, org. diretta dal radicale zurighese Ernst Cincera, forniva alle autorità e a imprenditori privati informazioni sui "sovversivi", categoria in cui venivano compresi non solo i comunisti ma anche chiunque fosse etichettato come persona "di sinistra", cioè mettesse in discussione lo status quo politico. L'azione dell'anticomunismo organizzato si estese anche oltre frontiera, soprattutto nel periodo fra le due guerre; ad esempio la Federazione patriottica sviz., ma anche l'Intesa intern. contro la terza Internazionale, fondata nel 1924 da Théodore Aubert e meglio nota come Lega Aubert, o l'Azione nazionale sviz. contro il comunismo, guidata dall'ex Consigliere fed. Jean-Marie Musy, collaborarono in qualche misura con il Terzo Reich.
L'incidenza dell'azione dei numerosi e mutevoli raggruppamenti anticomunisti formatisi a partire dal 1918 è di difficile valutazione, dal momento che una parte importante delle loro attività si svolgeva in una zona ai margini della politica; tuttavia è possibile riconoscere loro un certo successo perlomeno sul piano giur. Soprattutto negli anni '30 e nei primi anni di guerra, provvedimenti volti a vietare le org. comuniste, da tempo invocati dalle ass. anticomuniste, furono adottati sia in alcuni cant. (Neuchâtel e Ginevra nel 1937, Vaud nel 1938) sia a livello fed. (1940); tali risultati vanno ascritti non solo al fatto che i leader di tali ass. erano ben integrati in ambito sociale e politico, ma anche al fatto che convinzioni e atteggiamenti anticomunisti erano tanto diffusi da raggiungere anche i massimi livelli dello Stato, come dimostrano i ripetuti tentativi di introdurre una legge sull'ordine pubblico. Un ulteriore esempio di intenso attivismo in questa direzione riguarda Jean-Marie Musy, che quando ricopriva la carica di Consigliere fed. riuscì a far vietare l'assunzione di comunisti nell'amministrazione fed. (1932). Nel 1950 fu emanata una direttiva, rimasta in vigore fino al 1990, che prevedeva il licenziamento degli impiegati fed. membri di un'org. comunista. Il cosiddetto affare delle schedature, venuto alla ribalta nel 1989, mostrò quanto fosse esteso il timore di una sovversione comunista, ed ebbe risvolti anche per quanto riguarda le misure di protezione dello Stato: grazie al rapporto di un'apposita commissione parlamentare d'inchiesta, il Paese apprese che non solo il Ministero pubblico della Conf. aveva schedato centinaia di migliaia di persone, ma anche che per ca. 10'000 cittadini, classificati come politicamente "pericolosi", era stato previsto l'internamento in caso di guerra o di crisi.