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Austria

Il termine Austria ha designato, a partire dal regno dell'imperatore Ottone III, una marca creata da Carlomagno, divenuta ducato ereditario nel 1156 e possedimento degli Asburgo nel 1278; gli Asburgo hanno portato il titolo di imperatori d'Austria dal 1804 al 1918. Nel 1920 è nata la Repubblica federale d'Austria, a sua volta divenuta Repubblica d'Austria nel 1945. Le relazioni tra i Confederati e l'Austria prima degli eventi rivoluzionari sono trattate nella voce relativa agli Asburgo.

Dall'Atto di mediazione al congresso di Vienna

L'Atto di mediazione (19 febbraio 1803) e il paragrafo 29 della convenzione di Ratisbona (25 febbraio 1803, recesso della Dieta imperiale) contribuirono a chiarire i rapporti della Svizzera non solo con la Francia ma anche con una parte dell'Impero e con la casa d'Austria. Il Fricktal, che fino alla pace di Lunéville (9 febbraio 1801) aveva fatto parte dell'Austria anteriore, fu ceduto alla Francia, che a sua volta lo donò alla Confederazione; questa lo incorporò nel territorio del neocostituito canton Argovia. Come risarcimento dei suoi diritti e delle sue pretese sulle terre situate nella Svevia austriaca, la Confederazione ottenne la curia vescovile di Coira e la signoria di Tarasp. Le fu inoltre concesso il diritto di riacquistare i benefici (decime, domini, proprietà) appartenenti all'imperatore, ai principi e agli Stati dell'Impero, alle fondazioni ecclesiastiche e ai signori stranieri, situati sul suo territorio.

Mentre le maggiori potenze riconobbero rapidamente il nuovo assetto della Svizzera, l'Austria volle dapprima accertarsi che il nuovo ordine fosse stabile; l'imperatore non riconobbe ufficialmente l'Atto di mediazione e non inviò ambasciatori in Svizzera. Il Landamano della Svizzera comunicò alle autorità austriache che non riteneva opportuno abbandonare la Svizzera all'influenza esclusiva della Francia. Malgrado l'arrivo in Svizzera, alla fine del 1803, del nuovo ministro plenipotenziario austriaco, i rapporti fra i due Paesi non tardarono a deteriorarsi.

Nel 1770 Zurigo aveva acquisito dall'Austria i villaggi di Ramsen e di Dörflingen, situati sulle rive del Reno; l'Atto di mediazione li integrò al canton Sciaffusa. Il 16 febbraio 1804 un funzionario austriaco giunse a Ramsen e impose agli abitanti, che non osarono opporsi, di giurare fedeltà al suo Paese. Il Landamano protestò con vigore presso la corte di Vienna. In seguito l'Austria rivendicò l'esercizio dei diritti politici a nome della signoria di Rhäzüns, che possedeva nei Grigioni, rinnovò antiche pretese sulla contea di Kyburg, sul langraviato di Turgovia e su altri possedimenti. Nel 1804 il contenzioso fra Austria e Confederazione si accentuò a causa delle divergenze sorte attorno all'interpretazione del paragrafo 29 della convenzione di Ratisbona. Il paragrafo conteneva una clausola che definiva le indennità accordate alla Repubblica elvetica per i possedimenti in Svevia di fondazioni ecclesiastiche svizzere. Il governo austriaco ne diede un'interpretazione di parte: fece confiscare i beni mobili e immobili di comuni e conventi svizzeri e ne ordinò l'incameramento, ossia la nazionalizzazione. Quale reazione il Landamano progettò di confiscare i pochi possedimenti imperiali in Svizzera. Il conflitto si acuì ulteriormente. L'Austria, pur asserendo che né la pace di Vestfalia né quella di Lunéville avevano annullato i suoi diritti sul territorio della Confederazione, finì tuttavia per restituire i beni confiscati. La crisi non impedì la firma, il 23 ottobre 1804 a Berna, di un trattato che facilitò, peraltro in maniera assai limitata, la libertà di domicilio nei due Paesi. Il trattato fu completato con clausole aggiuntive negli anni 1821, 1836 e 1851, e nel 1875 venne adattato all'ordinamento giuridico dell'Austria-Ungheria.

La pace di Presburgo (26 dicembre 1805), che sancì il predominio francese in Europa, ebbe ripercussioni anche sulla Svizzera. L'Austria perse 3 milioni di abitanti con la cessione dello Stato di Venezia, del Tirolo, del Vorarlberg, dei principati di Brescia e di Trento, della città di Lindau e delle signorie sveve; queste ultime furono integrate nei ducati di Baviera e di Württemberg, che si costituirono in regni indipendenti. La maggior parte della Brisgovia e la città di Costanza furono annesse all'elettorato di Baden, che divenne ducato. La perdita della frontiera comune con l'Austria produsse un mutamento nella natura dei rapporti della Confederazione con i Paesi limitrofi. Con l'articolo 23 del trattato di Presburgo le parti riconobbero l'indipendenza della Svizzera, di fatto circondata dalla Francia e dai suoi satelliti. I beni, che già prima della pace di Presburgo erano stati sequestrati o incamerati dall'Austria, sfuggirono da allora in poi al controllo della Confederazione. Durante la guerra franco-austriaca del 1809 la Svizzera si trovò in una posizione delicata. All'inizio di aprile gli Austriaci entrarono in Baviera e nel Tirolo; la Confederazione adottò allora delle misure per proteggere le sue frontiere (guerre di coalizione). Con il trattato di Schönbrunn (14 ottobre 1809), che sancì la sconfitta dell'Austria, gli Asburgo cedettero direttamente a Napoleone la signoria di Rhäzüns.

Confini tra Svizzera e Austria XVIII-XX secolo
Confini tra Svizzera e Austria XVIII-XX secolo […]

Nell'ottobre del 1813 la situazione della Svizzera mutò nuovamente in seguito ai successi riportati in Germania da Austria, Russia e Prussia e all'adesione della Baviera alla coalizione antinapoleonica. Il territorio della Confederazione si trovò ormai a diretto contatto con Paesi ostili alla Francia. Visto che il conflitto pareva imminente, il Landamano notificò la neutralità della Svizzera agli Alleati e a Napoleone ed emanò alcune disposizioni atte a proteggere le frontiere. A Berna il «comitato di Waldshut», formato da reazionari bernesi e grigionesi, alcuni dei quali erano stati al servizio dell'Austria, preparava l'entrata dell'esercito alleato in Svizzera, ripromettendosi di ripristinare l'ancien régime. Il 18 dicembre 1813 il conte Friedrich Christian Ludwig von Senfft von Pilsach, presentatosi come inviato dell'Austria (già rappresentata in Svizzera da un ministro plenipotenziario e da un inviato straordinario), annunciò al comandante in capo delle truppe confederate il passaggio di contingenti alleati in Svizzera. Si recò in seguito a Berna, dove tenne lo stesso discorso e intimò alle autorità di ristabilire la situazione antecedente al 1798. Berna cedette dopo l'invasione della Svizzera ad opera degli Alleati il 21 dicembre. Le autorità cantonali dell'ancien régime furono ripristinate due giorni dopo; il 24 dicembre esse riaffermarono le loro pretese su Vaud e Argovia. Le violente reazioni suscitate in Svizzera da questa decisione costrinsero Klemens Wenzel di Metternich a sconfessare Senfft von Pilsach e a richiamarlo in Austria.

L'era Metternich

L'ingerenza delle potenze

Malgrado le garanzie fornite e la proclamazione di una Svizzera indipendente «da ogni influenza straniera», le potenze europee, capeggiate dall'Austria, non allentarono, fino al 1848, la pressione sulla Confederazione, costretta costantemente a subire i loro tentativi di ingerenza. Il 23 luglio 1816, a distanza di soli nove mesi dal riconoscimento della neutralità integrale della Svizzera, la Dieta fu invitata ad aderire alla Santa Alleanza. La proposta non fu accolta con entusiasmo dai Confederati, i quali temevano che l'articolo 1, garantendo la reciproca assistenza, rendesse possibile l'intervento di una potenza europea. Il ministro russo intervenne per dissipare questi timori. Tre quarti dei cantoni decisero allora di approvare una dichiarazione di adesione, redatta in termini estremamente prudenti, che il 3 marzo 1817 fu trasmessa all'imperatore d'Austria. Evitando di compromettersi troppo, la Svizzera riuscì così a conservare la simpatia delle potenze. Soltanto Metternich, interpretando la dichiarazione in maniera restrittiva, si sentì investito di un diritto di intervento: da quel momento le tensioni tra Austria e Svizzera si moltiplicarono, in particolare a causa della politica d'asilo praticata da alcuni cantoni.

Dopo la repressione da parte austriaca delle rivoluzioni di Napoli e di Torino (1820-1821), numerosi proscritti cercarono rifugio in Svizzera. Di fronte a questo afflusso Metternich manifestò l'intenzione di esigere dalla Confederazione il permesso per la polizia austriaca di svolgere compiti di censura e di sorveglianza sul territorio svizzero. I partecipanti al congresso di Verona (ottobre-dicembre 1822) minacciarono di occupare la Svizzera se questa non modificava la sua attitudine. Queste minacce concrete indussero la Confederazione ad adottare misure repressive nei confronti degli abusi della stampa e di maggior controllo della polizia sugli stranieri (Conclusum sulla stampa e sugli stranieri).

La fine della Restaurazione, dovuta al contraccolpo della Rivoluzione di luglio a Parigi (1830), la revisione democratica delle Costituzioni cantonali e il progetto di revisione del Patto federale irritarono Metternich, che progettò un intervento armato in Svizzera, da lui definita «la cloaca fortificata dell'Europa». Il 5 giugno 1832 l'Austria raccomandò alle altre potenze l'applicazione di misure comuni di ritorsione contro la Svizzera; Francia e Gran Bretagna non aderirono alla proposta. Nel luglio del 1834 un incidente fornì a Metternich un nuovo pretesto per intervenire nella politica interna svizzera. Un gruppo di operai tedeschi tenne un banchetto in una locanda nei pressi di Berna, durante il quale furono pronunciati discorsi ostili ai sovrani tedeschi e austriaci e venne sventolata la bandiera repubblicana. L'Austria presentò al governo di Berna una nota di protesta e ordinò ai lavoratori austriaci di lasciare la Svizzera; altri Stati tedeschi presero misure analoghe. La tensione raggiunse l'apice nel gennaio del 1835, quando Russia, Prussia, Sardegna (Savoia) e gli Stati del sud della Germania si affiancarono all'Austria. La morte nel marzo del 1835 di Francesco I diede al cantone direttore (Berna) l'occasione di felicitarsi con il nuovo imperatore per l'elezione e di allentare così la tensione. In merito all'affare Conseil (agosto-ottobre 1836), per contro, l'Austria, pur facendo sapere che biasimava l'attitudine del governo francese, adottò una posizione di rigorosa neutralità, compiacendosi per lo scontro fra Svizzera e Francia.

Il Sonderbund

Durante la crisi del Sonderbund e la guerra che ne seguì (1845-1847), l'Austria intervenne nella politica interna elvetica come non era più capitato dal 1815. Rivolgendosi il 26 ottobre 1846 all'imperatore Ferdinando I, Metternich sottolineò come il conflitto che si profilava in Svizzera concerneva anche l'Austria; era quindi necessario sostenere la frazione cattolica, dato che un eventuale annientamento della Svizzera conservatrice sarebbe stato «altamente nefasto rispetto agli interessi superiori dell'Austria». Accogliendo la richiesta di aiuto dello scoltetto di Lucerna, Metternich mise a disposizione del Sonderbund la somma di 100'000 fiorini. Quando si pose il problema del comando delle truppe, il Sonderbund tentò di ottenere un generale dall'Austria. A fine luglio l'arciduca Giovanni propose a Metternich di designare quale comandante supremo del Sonderbund il principe Friedrich von Schwarzenberg. Questi respinse l'offerta ma partecipò, a titolo personale, alla battaglia di Gisikon come aiutante di campo del generale Johann Ulrich von Salis-Soglio. L'analisi pessimistica che il principe fece della situazione militare indusse i suoi interlocutori a rivolgersi al governatore austriaco della Lombardia per ottenere aiuti materiali e rompere l'accerchiamento, in modo da assicurare l'approvvigionamento delle truppe attraverso il Ticino. Questi appelli furono però vanificati dalla rapidità con cui la Dieta mise fine alla campagna militare.

In seguito alla rivoluzione del 1848, che ebbe ripercussioni anche sull'Austria, provocando in particolare la caduta di Metternich, Vienna non fu più in grado di intervenire a sostegno dei cantoni sconfitti o di esercitare pressioni sulla Confederazione. L'insurrezione nel Lombardo-Veneto (marzo 1848-aprile 1849), che sfociò nella guerra fra l'Austria da una parte, la Sardegna e gli insorti dall'altra, obbligò la Confederazione a mobilitare truppe nei Grigioni e nel Ticino. Con grande disappunto dell'Austria queste riuscirono però solo parzialmente a impedire l'afflusso di rifugiati, il contrabbando di armi e il passaggio di simpatizzanti, accorsi in aiuto degli insorti. L'Austria fu invece riconoscente alla Svizzera per non aver accolto l'offerta di alleanza fatta da Carlo Alberto di Sardegna in occasione dell'invasione della Lombardia.

Durante la prima metà del XIX secolo i rapporti commerciali fra la Svizzera e l'Austria furono alquanto ridotti. La guerra e le sue conseguenze interruppero per lungo tempo il flusso degli scambi, peraltro già penalizzati da una rete stradale poco sviluppata. I due Paesi, che non avevano concluso trattati commerciali, praticavano inoltre tariffe doganali elevate e una rigida politica protezionistica. Va comunque rilevata l'esistenza di un commercio di sale, vino, legno, tessuti ecc. con il Vorarlberg (in particolare con le città di Lindau e Bregenz). Alcune ditte svizzere di commercio si insediarono in Austria, dove risiedeva una piccola colonia di Confederati che contava alcune centinaia di persone (artigiani, operai, meccanici e soprattutto militari).

Il regno di Francesco Giuseppe

1848-1866

Durante i primi anni del regno di Francesco Giuseppe la questione dei rifugiati provocò nuove tensioni fra Svizzera e Austria. In seguito al tentativo di insurrezione di Milano del 6 febbraio 1853, il governo austriaco accusò il canton Ticino di praticare una politica liberale nei confronti dei rifugiati lombardi e di essere diventato un focolaio di agitazione antiaustriaco. L'Austria rimproverava inoltre al Ticino di avere espulso illegalmente e senza fornire garanzie di risarcimento alcuni frati cappuccini austriaci nel novembre del 1852. Quale misura di ritorsione, il 16 febbraio 1853, tutti i Ticinesi furono espulsi dalla Lombardia e l'Austria applicò il blocco alla frontiera ticinese, aggravando la situazione economica del cantone. La crisi culminò in maggio, quando l'incaricato d'affari austriaco fu richiamato a Vienna in seguito al rifiuto del Consiglio federale di accettare le sue pretese riguardo alle garanzie che la Svizzera avrebbe dovuto fornire sul controllo dei rifugiati politici nel Ticino e nei Grigioni. Finalmente prevalse la moderazione. Pur mantenendo le sue rimostranze quanto alla responsabilità parziale del canton Ticino nell'affare di Milano, l'Austria levò il blocco e ripristinò le relazioni diplomatiche con la Svizzera il 18 marzo 1855; continuò però a collegare la questione dei cappuccini a quella dell'espulsione dei Ticinesi dalla Lombardia. Si dovette attendere la conferenza di Milano (29 marzo 1855) perché i due Paesi concludessero un accordo sul risarcimento dei religiosi.

Caricatura in riferimento alla questione dei rifugiati e all'espulsione di alcuni frati cappuccini austriaci dal Ticino nel 1853. Il ricavato dalla vendita di questa stampa andò a beneficio dei Ticinesi espulsi dalla Lombardia, secondo la didascalia (Archivio di Stato del Cantone Ticino, Bellinzona).
Caricatura in riferimento alla questione dei rifugiati e all'espulsione di alcuni frati cappuccini austriaci dal Ticino nel 1853. Il ricavato dalla vendita di questa stampa andò a beneficio dei Ticinesi espulsi dalla Lombardia, secondo la didascalia (Archivio di Stato del Cantone Ticino, Bellinzona).

Nell'affare di Neuchâtel (1856-1857) l'Austria adottò una posizione conciliante e assunse un ruolo di «onesto mediatore» fra la Prussia e la Svizzera incaricandosi della stesura, alla conferenza di Parigi, insieme a Francia, Gran Bretagna e Russia, della convenzione poi sottomessa all'approvazione della Confederazione (29 aprile 1857). Nella guerra che nel 1859 oppose la Francia e il regno di Sardegna all'Austria, la Svizzera comunicò alle potenze europee il 14 marzo 1859 la propria determinazione a mantenere con ogni mezzo una rigorosa neutralità. Il 9 giugno 1859 i soldati della guarnigione austriaca di stanza a Laveno, circondati dalle forze piemontesi, si imbarcarono su tre battelli a vapore e fuggirono sul lago Maggiore in direzione di Magadino, dove furono disarmati e internati dalle truppe svizzere. Il 14 ottobre 1859 la Confederazione acquistò dall'Austria i tre battelli. La pace tra Francia e regno sabaudo da una parte e Austria dall'altra, stipulata a Zurigo il 10 novembre 1859, sancì la presenza di una nuova potenza ai confini meridionali della Svizzera, che perdeva buona parte del tratto di confine con l'Austria. Vienna lodò l'attitudine manifestata dalla Svizzera durante il conflitto e si dichiarò disposta a risolvere la questione della frontiera con i Grigioni – delimitazione dei confini di Samnaun – e a concludere un accordo sulla correzione del corso del Reno.

1866-1914

L'Austria, sconfitta dalla Prussia nel 1866 e perciò esclusa dalla politica territoriale tedesca, raccolse le simpatie della popolazione svizzera, ormai convinta, dopo l'affare di Neuchâtel, che il vero pericolo provenisse dalla Prussia. I rapporti elvetico-austriaci andarono via via appianandosi e nei conflitti che seguirono l'Austria assunse un atteggiamento più conciliante, anche se alcuni esponenti conservatori del governo di Vienna erano inquieti per gli sforzi centralizzatori dei radicali e dei liberali svizzeri; da parte sua la Svizzera vedeva di buon occhio la liberalizzazione della monarchia danubiana. Questa atmosfera facilitò la conclusione di un trattato sulle poste e sul commercio e la soluzione, nel 1868, del contenzioso del Finstermünz sulla frontiera con il Tirolo, che durava da 100 anni. I negoziati sulla correzione del corso del Reno e sulla costruzione di strade fra i Grigioni e il Tirolo si rivelarono invece molto più laboriosi. Dopo la proclamazione dell'Impero tedesco (1871) la diplomazia austriaca divenne ancora più moderata; l'adesione dell'Austria al patto della Triplice alleanza, sottoscritto nel 1882 con Germania e Italia, provocò però in Svizzera delle inquietudini, soprattutto per il possibile passaggio, in caso di conflitto, di truppe italiane attraverso il territorio nazionale per sostenere l'alleato tedesco.

Benché il problema dei rifugiati politici e del terrorismo continuasse a suscitare le inquietudini dell'Austria, quest'ultima assunse un atteggiamento meno minaccioso di quello adottato durante l'era Metternich. In seguito ad una serie di attentati anarchici a Vienna (fine 1883-inizio 1884), l'Austria domandò alla Confederazione di considerare il regicidio o gli attentati contro i capi di Stato come crimini di diritto comune, ciò che avrebbe consentito l'estradizione dei colpevoli. Tale richiesta, rinnovata più volte, fece slittare la conclusione di un trattato sull'estradizione al novembre del 1888, quando finalmente il Consiglio federale riuscì ad imporre la propria posizione. Se non che la discussione alle Camere federale fu ritardata ulteriormente dall'affare Wohlgemuth (1888-1889), in occasione del quale la Svizzera riscosse i consensi della diplomazia e dell'opinione pubblica austriache: solo il ministro degli affari esteri austriaco sostenne le esigenze di Bismarck, ma la sua posizione fu temperata dalla benevolenza del suo ambasciatore a Berna. L'assassinio dell'imperatrice Elisabetta, perpetrato il 10 settembre 1898 a Ginevra da un anarchico, non provocò la crisi che da più parti ci si attendeva grazie all'atteggiamento conciliante assunto da Francesco Giuseppe nei confronti della Confederazione. A partire dal 19 settembre 1898 il Consiglio federale adottò misure di espulsione e di sorveglianza contro gli anarchici; nel dicembre dello stesso anno una delegazione svizzera partecipò alla conferenza internazionale di Roma e sottoscrisse le misure di collaborazione tra le polizie dei diversi Stati, peraltro facoltative, adottate nel protocollo finale.

Visita dell'imperatore Francesco Giuseppe in Svizzera il 31.8.1909. Fotografia pubblicata sulla rivista La Patrie suisse, 1909, n. 417 (Collezione privata).
Visita dell'imperatore Francesco Giuseppe in Svizzera il 31.8.1909. Fotografia pubblicata sulla rivista La Patrie suisse, 1909, n. 417 (Collezione privata). […]

Nell'affare Silvestrelli, che il 7 aprile 1902 provocò la rottura delle relazioni diplomatiche fra la Svizzera e l'Italia, l'Austria si mantenne neutrale e il suo rappresentante a Berna si mostrò conciliante. Fu quindi a giusto titolo che, in occasione della visita di Stato di Francesco Giuseppe a Rorschach il 31 agosto 1909, il vicepresidente Robert Comtesse sottolineò come, nei 61 anni di regno dell'imperatore, nessuna grave crisi aveva turbato i rapporti fra i due Paesi.

Sul piano militare, a partire dalla fine del XIX secolo, le relazioni furono eccellenti. Se, durante la costruzione della linea ferroviaria del San Gottardo (convenzione del Gottardo), le autorità elvetiche avevano previsto, per motivi economici, di non fortificare ulteriormente il territorio, a partire dal 1866, di fronte alla minaccia costituita dalla Triplice alleanza (Austria, Germania e Italia), esse dovettero rivedere la loro linea politica. L'Austria, consapevole però che l'opera di fortificazione intrapresa non era tanto diretta contro di lei, quanto piuttosto contro l'irredentismo italiano che minacciava i territori svizzeri e austriaci, non protestò. Tra il 1900 e il 1914 numerosi ufficiali austriaci assistettero alle manovre in Svizzera; gli ufficiali elvetici frequentavano invece le scuole militari austriache. Molti Svizzeri, perlopiù Grigionesi, si arruolarono nell'esercito austriaco e ricoprirono i gradi più elevati della gerarchia. La creazione, nel 1908 a Berna, di un posto di addetto militare, testimonia l'importanza data dall'Austria all'istituzione militare elvetica.

Manifesto per la mostra della Secessione viennese del 1904, realizzato da Ferdinand Hodler (Museum für Gestaltung Zürich, Plakatsammlung, Zürcher Hochschule der Künste).
Manifesto per la mostra della Secessione viennese del 1904, realizzato da Ferdinand Hodler (Museum für Gestaltung Zürich, Plakatsammlung, Zürcher Hochschule der Künste). […]

Nel decennio 1860-1870 i rapporti fra la Svizzera e l'Austria si intensificarono. Sul piano economico furono conclusi tre trattati commerciali (1868, 1891 e 1906), la cui portata fu però limitata dalle clausole restrittive in essi contenute; nel 1875 i due Paesi ratificarono un trattato che regolamentò le condizioni di soggiorno, la doppia imposizione fiscale, i fallimenti, il servizio militare, ecc. Fu però l'apertura della linea ferroviaria dell'Arlberg (1884) a dare un impulso decisivo agli scambi commerciali, che subirono una rapida accelerazione passando da 45,5 milioni di franchi di esportazioni verso l'Austria-Ungheria nel 1900 (70 milioni di importazioni) a 80 milioni nel 1910 (110 milioni di importazioni). Gli investimenti svizzeri fecero registrare un incremento regolare anche nei settori bancario, industriale e ferroviario. Questo mutamento ebbe ripercussioni anche sullo scambio di manodopera: il numero di cittadini svizzeri residenti in Austria aumentò proporzionalmente a quello degli austriaci in Svizzera (nel 1911 la colonia austriaca in Svizzera rappresentava l'8% degli stranieri), il che comportò l'apertura, nel 1872, di consolati a Zurigo e a San Gallo. Il «Tiro tedesco» di Vienna del 1868 e l'Esposizione universale del 1873, a cui la Svizzera partecipò ufficialmente, permisero di consolidare i legami economici e culturali. A partire dalla fine del XIX secolo numerosi professori e studenti elvetici frequentarono le università austriache, soprattutto quelle di Innsbruck e Vienna; gli Austriaci si recarono di preferenza in quelle di Zurigo e Friburgo.

La prima guerra mondiale

Durante tutta la durata della prima guerra mondiale i rapporti tra Svizzera e Austria non subirono crisi profonde. In occasione dell'affare dei colonnelli (1915-1916) l'Austria espresse inquietudine per le tensioni venutesi a creare all'interno della Svizzera, che avrebbero potuto compromettere la neutralità del Paese. In quel periodo l'ambasciata d'Austria-Ungheria a Berna svolse un'intensa attività di spionaggio, di organizzazione di azioni di sabotaggio in Italia, di sorveglianza dei profughi marxisti, di organizzazione di manifestazioni culturali e di contatti con la stampa, cui forniva informazioni di parte.

Sul piano economico l'importazione (61 milioni di franchi nel 1918), principalmente di materie prime, e l'esportazione (101 milioni di franchi nel 1918), per lo più di manufatti, furono oggetto di difficili negoziati con l'Austria-Ungheria e la Germania. Nel febbraio del 1916 Austria e Svizzera finirono per accordarsi.

La prima Repubblica

La dissoluzione dell'Austria-Ungheria suscitò innumerevoli problemi fra l'Austria e la Svizzera. Il 4 novembre 1918 il governo provvisorio informò il Consiglio federale della creazione di uno Stato austriaco tedesco indipendente, chiedendo che venissero stabilite relazioni diplomatiche. Se le relazioni furono instaurate de facto, il Consiglio federale decise di non riconoscere formalmente l'Austria, in quanto desiderava anzitutto ottenere garanzie sulla sua non annessione alla Germania e sul mantenimento della sua indipendenza. La dilazione del riconoscimento, pronunciato solo il 9 gennaio 1920, provocò molti risentimenti in Austria

Rimanevano in sospeso numerosi problemi di natura economica, giuridica e diplomatica. Visto che il Consiglio federale riteneva, contrariamente al progetto del trattato di Saint-Germain (1919), che gli Stati successori all'Austria-Ungheria, nel loro insieme, dovessero assumersi i debiti della doppia monarchia, fu necessario intavolare discussioni su tutta una serie di reclami e di crediti svizzeri. Tra i principali problemi vi erano la fissazione dei dividendi (1/15) attribuiti agli Svizzeri in seguito alla liquidazione della Banca nazionale austroungarica, il contenzioso sulla consegna dello zucchero pagato in anticipo dalla Svizzera nel 1917, la ripartizione del debito dello Stato austriaco e la validità dei diversi trattati diplomatici e commerciali conclusi con la monarchia, poiché la Repubblica austriaca, in questo sostenuta dalla Svizzera, si rifiutava di assumersi, da sola, la successione della monarchia. Si dovette attendere la conclusione dei trattati del 15 maggio 1925 e del 21 marzo 1927 sulla validità degli accordi giuridici e la loro applicazione, perché i rapporti austro-elvetici si normalizzassero completamente.

La presenza sul territorio elvetico dell'ex-imperatore Carlo I costituì un altro problema. Il monarca, che il 23 marzo 1919 aveva lasciato il suo Paese senza aver abdicato, fu autorizzato dal Consiglio federale a stabilirsi in Svizzera a condizione di astenersi da qualsiasi attività politica. In seguito alla sua partecipazione a due tentativi di restaurazione in Ungheria, il 25 ottobre 1921 il Consiglio federale decretò la sua espulsione definitiva. L'Anschluss, che alimentava molti timori in Svizzera, divenne il tema centrale della politica estera di quest'ultima nei confronti dell'Austria. In effetti, malgrado il trattato del 1919, tutti gli strati sociali della popolazione austriaca condividevano il desiderio di riunirsi alla Germania; in Svizzera, nonostante l'ostilità del mondo politico e della stampa, molti consideravano l'Anschluss come un avvenimento ineluttabile. Nel contempo la Svizzera dovette risolvere la questione del Vorarlberg, il cui 80% degli elettori si era pronunciato in sede referendaria a favore di un'unione alla Confederazione (11 maggio 1919). L'unificazione però non si realizzò, a causa dell'opposizione del governo austriaco e di certi ambienti elvetici riformati e francofoni che temevano uno squilibrio confessionale o linguistico – e a seguito della decisione degli Alleati di impedire un ulteriore smembramento dell'Austria.

Dal novembre del 1918 la Svizzera fu confrontata al problema della vitalità dell'Austria. Se la Confederazione auspicava un'Austria indipendente – in realtà il Consiglio federale era diviso su questo tema – doveva altresì fornirle i mezzi per sopravvivere. A partire dal novembre del 1918 beni di prima necessità furono inviati nel Vorarlberg e nel Tirolo. In dicembre fu presentata una mozione parlamentare che chiedeva la fornitura di viveri; alla fine del mese 112 vagoni furono spediti a Vienna sotto scorta militare, per essere poi venduti a prezzo d'acquisto alla municipalità. Nel contempo si formò un vasto movimento di solidarietà popolare. Furono creati comitati di aiuto all'infanzia e, fino al 1921, 56'300 bambini vennero accolti in Svizzera. Nel luglio del 1920 l'Assemblea federale decise di partecipare con una somma non superiore a 25 milioni di franchi all'azione internazionale per la raccolta di crediti destinati al risanamento dell'economia, le cui modalità erano state definite alla conferenza di Parigi (aprile 1920). La Svizzera sottoscrisse pure il prestito della Società delle Nazioni (SdN) con 20 milioni di corone oro e sostenne gli sforzi volti a riorganizzare le finanze austriache, a risanare l'economia e a mettere a disposizione del Paese consulenti tecnici (protocollo di Ginevra del 4 ottobre 1922).

Di fronte alla disfatta della democrazia austriaca e all'instaurazione del regime cattolico autoritario di Dollfuss (marzo 1933), le cui affinità con l'Italia fascista erano note, gli Svizzeri si mostrarono divisi, conformemente alle loro convinzioni ideologiche. Dopo la repressione delle milizie operaie socialiste a Vienna (febbraio 1934), la sinistra elvetica manifestò la sua indignazione e sostenne materialmente i compagni perseguitati; il Comitato internazionale della Croce Rossa (CICR) visitò i campi di prigionia e le carceri.

Dalla fine della guerra e fino al 1929, gli scambi commerciali fra Svizzera e Austria furono intensi, con importanti investimenti privati elvetici; nel 1932 i capitali e averi svizzeri fruttarono ca. 9 milioni di franchi. A partire dal 1930 la situazione subì un forte degrado a causa della crisi bancaria e monetaria austriaca. La Banca nazionale svizzera (BNS) fu costretta a firmare un accordo di clearing con la sua omologa viennese (12 novembre 1931). Dal 1932 le esportazioni svizzere verso l'Austria superarono quelle austriache verso la Svizzera (44,2 milioni di franchi contro 37,9 milioni nel 1937).

I lavori di correzione del corso del Reno previsti dal trattato di Stato del 1892 furono terminati nel 1923, ma si rivelarono ben presto insufficienti. Nel nuovo trattato concluso il 19 novembre 1924 che, attraverso una nuova rettifica del corso del fiume, ridefiniva le frontiere comuni, la Svizzera, vista la difficile situazione economica dell'Austria, le concedette un prestito senza interessi, destinato alla sua parte di finanziamento dell'opera comune; questa misura ebbe immediatamente conseguenze economiche positive sul Vorarlberg. All'inizio del 1925 l'Austria, che fino ad allora si era basata sul tariffario del 1906, aumentò considerevolmente le tariffe doganali; per difendere gli interessi dell'industria elvetica fu necessario concludere un nuovo trattato commerciale (6 gennaio 1925), in seguito rinnovato nel gennaio del 1932 a causa della situazione economica e finanziaria molto instabile dell'Austria. Da parte loro Francia, Gran Bretagna, Italia e Belgio firmarono a Losanna un protocollo (15 luglio 1932), con il quale si impegnarono a fornire al governo di Vienna i mezzi indispensabili per far fronte ai suoi impegni con l'estero e a contribuire al risanamento della sua economia. Dopo molte esitazioni la Svizzera sottoscrisse il protocollo e mise a disposizione 5 milioni di franchi, il cui utilizzo fu però subordinato all'esito del negoziato sull'industria del ricamo, attraverso cui il Consiglio federale mirava ad ottenere la distruzione parziale dei telai del Vorarlberg per proteggere la produzione della Svizzera orientale. Il trattato, che rispecchiava i desideri svizzeri, fu firmato il 18 marzo 1933.

Nel periodo tra le due guerre i rapporti culturali tra l'Austria e la Svizzera furono alquanto ridotti. Mentre in Svizzera le teorie del pedagogo viennese Otto Glöckel o di Sigmund Freud esercitavano una forte influenza, due Svizzeri, lo scrittore Gustav Renker e il giurista Carl Stooss, avevano acquisito notorietà in Austria. Nel 1931 fu creata a Innsbruck l'Alpenländische Forschungsgemeinschaft, il cui fine era di studiare i dialetti di tutti i Paesi alpini e in cui confluirono eminenti personalità svizzere. Infine, fra il 1914 e il 1945 vari scrittori e artisti austriaci (tra cui lo scrittore Robert Musil e lo scultore Fritz Wotruba) soggiornarono o emigrarono in Svizzera.

Il dominio nazionalsocialista

L'Anschluss

L'Anschluss (13 marzo 1938), pur non sorprendendo nessuno in Svizzera, provocò una nuova presa di coscienza favorevole al ritorno a una più rigorosa neutralità. Il 21 marzo 1938 il Consiglio federale e l'Assemblea federale dichiararono solennemente che il tragico destino dell'Austria costituiva un monito per la Svizzera e che quest'ultima, se voleva sopravvivere, doveva dare prova di una volontà unitaria e mostrarsi in grado di difendere la propria indipendenza. Sul piano diplomatico il Reich reclamò il riconoscimento immediato e incondizionato del fatto compiuto; il 19 marzo l'ambasciatore svizzero a Berlino annunciò al ministro degli esteri del Reich che il Consiglio federale, ponendo fine a vent'anni di politica contraria, aveva deciso di riconoscere l'annessione.

L'Anschluss ebbe una serie di conseguenze concrete per la Svizzera. Nel marzo del 1938 da 3000 a 4000 rifugiati provenienti dall'Austria – il loro numero totale salì a 5000 durante la guerra – si presentarono alle frontiere. Di questi, 2000 ottennero lo statuto di rifugiati mentre agli altri fu accordato unicamente il permesso di transito. Il primo aprile 1938 fu introdotto l'obbligo del visto per i passaporti austriaci; l'ambasciata di Vienna divenne un consolato generale. Sul piano giuridico rimasero in vigore i trattati del 1868 e del 1908 sulla delimitazione delle frontiere e quello del 1924 sulla correzione del corso del Reno. Altri accordi (sulla doppia imposizione fiscale, sull'industria del ricamo, il trattato commerciale) furono adattati al diritto tedesco. I trattati di Stato a carattere politico furono rimessi in discussione, in quanto il Reich non si riteneva il successore giuridico dell'Austria, di cui non accettava nemmeno i debiti. L'Anschluss ebbe anche ripercussioni negative sul traffico frontaliero con il Vorarlberg (industria alberghiera, commercio al dettaglio, artigianato, ecc.) e sull'industria svizzera del ricamo, poiché l'industria tedesca beneficiava del sostegno della politica di creazione di posti di lavoro del Reich. Sul piano militare, sia per l'impressione che destò nell'opinione pubblica, sia per la situazione strategicamente sfavorevole creatasi sulla frontiera orientale della Svizzera, l'Anschluss suscitò un'attitudine positiva nei confronti della difesa nazionale.

La seconda guerra mondiale

Durante la seconda guerra mondiale, e più precisamente a partire dalla dichiarazione di Mosca del primo novembre 1943, in cui gli Alleati si impegnavano a ristabilire lo Stato austriaco, la posizione della Svizzera sull'indipendenza austriaca mutò sostanzialmente. Da quel momento infatti diversi ambienti di emigrati si prepararono a questa eventualità. Un gruppo di studenti austriaci dell'Università di Zurigo fondò l'associazione Austria. Ma fu solo verso la fine del conflitto che gli emigrati ottennero il permesso di creare il Movimento libero austriaco in Svizzera (28 aprile 1945) e di pubblicare giornali. Nel giugno del 1945 si costituì a Zurigo la Società per la promozione delle relazioni culturali fra l'Austria e la Svizzera.

La seconda Repubblica

Dall'immediato dopoguerra, Svizzera e Austria intrattengono rapporti stretti e amichevoli. La seconda Repubblica austriaca accettò la sua condizione di piccola potenza, fu fermamente decisa a difendere la sua indipendenza e nel 1955 ottenne la garanzia della neutralità permanente. Repubblica parlamentare federale diventata una «piccola economia aperta» dopo i successi fatti registrare dal piano di ricostruzione, la nuova Austria offrì solide basi per una stretta collaborazione con la Svizzera, con la quale, malgrado una cultura politica molto differente, aveva alcuni punti in comune.

Il predominio di due grandi partiti – il Partito populista di tendenza conservatrice (Österreichische Volkspartei, ÖVP) e il Partito socialista (Sozialistische Partei Österreichs, SPÖ) – e la loro contrapposizione, hanno caratterizzato la vita parlamentare austriaca a partire dal 1945. L'ÖVP e la SPÖ hanno formato dei governi di grande coalizione tra il 1947 e il 1966 e dal 1987 al 2000. Dagli anni '80 sono emerse altre formazioni, quali i Verdi e il Partito liberale (Freiheitliche Partei Österreichs, FPÖ, di estrema destra) dal quale si sono staccati il Liberales Forum nel 1993 e la Bündnis Zukunft Österreich (BZÖ) nel 2005. Le relazioni tra i partner sociali sono regolate da organizzazioni mantello maggiormente centralizzate rispetto a quelle svizzere, che in alcuni casi, come la Federazione austriaca dei sindacati (Österreichischer Gewerkschaftsbund, ÖGB), detengono il monopolio della rappresentanza degli interessi dei loro membri. Le Camere degli operai e degli impiegati, le Camere dell'economia e le Camere dell'agricoltura, corporazioni di diritto pubblico che prevedono l'adesione obbligatoria, influenzano l'elaborazione delle leggi e la formazione dei salari e dei prezzi. A partire dal 1947 la commissione economica sostenne delle intese sui salari e sui prezzi favorevoli agli interessi economici generali. La commissione paritetica dei prezzi e dei salari, creata nel 1957 a livello informale, riunisce associazioni padronali, sindacati e rappresentanti del governo e discute e risolve tutte le questioni riguardanti la politica sociale ed economica. Potendo contare su un importante settore nazionalizzato e appoggiandosi sul partenariato sociale, i governi federali hanno praticato fino agli anni 1990 una forma di dirigismo economico conosciuta con il nome di «austro-keynesianesimo». Infine, il federalismo austriaco conferisce molto peso allo Stato federale, che interviene nell'elaborazione delle leggi dei Länder, fornendo loro anche la maggior parte delle risorse economiche. Con il tempo i Länder hanno assunto nuove competenze e si sono impegnati sulla via di un federalismo di cooperazione. Questa tendenza giova alle istituzioni transfrontaliere, di cui fanno parte i cantoni della Svizzera orientale (Comunità di lavoro dei Paesi alpini, Conferenza internazionale del lago di Costanza).

Le relazioni nel dopoguerra

La Svizzera fu molto interessata, soprattutto per questioni di sicurezza interna, alla restaurazione nel 1945 di uno Stato indipendente e orientato verso l'Occidente. Ciò determinò una rapida ripresa dei contatti: in un primo tempo con i rifugiati austriaci in Svizzera, in seguito con il Tirolo e il Vorarlberg e infine, ottenuto il permesso dalle autorità di occupazione, con il governo di Karl Renner, che il 27 aprile 1945 proclamò l'indipendenza dell'Austria. La Svizzera riconobbe il nuovo Stato già il 2 novembre1945, mentre tra il 1946 e il 1947 furono aperte rappresentanze diplomatiche, attive ai massimi livelli politici. Il fatto che l'Austria non fosse ancora uno Stato sovrano e fosse occupata dagli Alleati creò non poche difficoltà: tuttavia i rapporti tra i due Paesi si intensificarono rapidamente. Per l'Austria la Svizzera rappresentava una via d'accesso all'ovest. Quanto alla Svizzera, essa desiderava proteggere i suoi emigrati e ristabilire rapidamente le relazioni economiche. Le varie campagne di aiuto umanitario ebbero un ruolo importante nel rafforzamento dei rapporti di buon vicinato. Tra il 1945 e il 1948 il CICR e le maggiori organizzazioni umanitarie distribuirono non meno di 53,5 milioni di franchi raccolti dal Dono svizzero alle vittime della guerra. In particolare, oltre 27'000 bambini fecero in Svizzera dei soggiorni di cura della durata di tre mesi.

I primi accordi bilaterali atti ad agevolare le relazioni economiche fra i due Paesi furono conclusi a seguito dell'allentamento, da parte degli Alleati, del controllo sugli affari esteri dell'Austria. Accettando importanti pagamenti tramite compensazione, la Svizzera contribuì al potenziamento dei rapporti commerciali. Nel 1946 un terzo delle esportazioni austriache era diretto in Svizzera; nel 1947 questa quota era ancora superiore a un quarto del totale. L'Austria, per contro, fornendo solo l'1,2% delle sue importazioni e assorbendo lo 0,7% delle sue esportazioni, rappresentava per la Svizzera un partner assai modesto.

L'Austria, nel contesto della Guerra fredda, fu una pedina che veniva spostata sulla scacchiera internazionale in funzione della problematica tedesca. La possibilità di conferire all'Austria lo statuto di Paese non allineato fu più volte presa in esame, ma si concretizzò solo ai negoziati di Mosca, nell'aprile del 1955, nella cui dichiarazione del 15 aprile 1955 si affermava che l'Austria si sarebbe impegnata a rispettare una neutralità permanente simile a quella svizzera. Questo passaggio non fu tuttavia incluso nel testo della legge sulla neutralità del 26 ottobre 1955. Già il 22 novembre la Svizzera rispose affermativamente alla richiesta austriaca di riconoscere la sua neutralità, anche se non era pienamente soddisfatta dell'evoluzione della situazione. Nutriva infatti riserve sia nei confronti della debolezza della difesa armata austriaca, che non forniva sufficienti garanzie di sicurezza al fianco orientale svizzero, sia nei confronti della rapidità con cui Vienna aveva concepito la propria neutralità.

Sin dal 1955 le relazioni bilaterali sono caratterizzate da contatti particolarmente intensi e da una stretta collaborazione. I presidenti austriaci seguono la tradizione di recarsi in Svizzera in occasione del loro primo soggiorno ufficiale all'estero (unica eccezione Kurt Waldheim). La stessa consuetudine vale anche per i ministri degli affari esteri, svizzeri e austriaci, al momento della loro entrata in funzione. Gli scambi beneficiano inoltre di una fitta rete di trattati commerciali (più di 80 nel 2008).

La neutralità

Anche se la neutralità armata non ha lo stesso significato per i due Paesi, il sistema svizzero dell'esercito di milizia e la concezione generale della difesa hanno suscitato molto interesse in Austria. Il 13 settembre 1978 è stato concluso un accordo riguardante la cooperazione nel settore dell'armamento. Dopo un periodo di scetticismo, la concezione austriaca della neutralità armata ha trovato un'eco sempre maggiore negli ambienti militari elvetici. Contrariamente alla Svizzera, per assicurare la sua neutralità l'Austria ha posto l'accento su una politica estera attiva e su iniziative a favore della pace. Direttamente confrontata alla contrapposizione tra est e ovest, segnata dal trauma del 1938, l'Austria si è sforzata di consolidare la sua indipendenza attraverso un'assidua presenza nelle istituzioni europee e internazionali. Nel dicembre del 1955 ha aderito all'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), di cui l'austriaco Kurt Waldheim è stato segretario generale dal 1972 al 1982, e nel 1956 è entrata nel Consiglio d'Europa, sottolineando così la sua appartenenza al mondo occidentale. A partire dal 1967 ha messo a disposizione dell'ONU i caschi blu; nel 1973 e nel 1974 ha fatto parte del Consiglio di sicurezza. Sull'esempio della Svizzera, e in aperta concorrenza con essa (in particolare con Ginevra), l'Austria ha attirato a Vienna numerose organizzazioni internazionali e ha ospitato diverse conferenze. Nel 1979 la capitale austriaca è diventata, dopo New York e Ginevra, la terza sede dell'ONU, creando in alcune circostanze tensioni con Berna.

Le iniziative di Vienna, volte a gettare «ponti verso l'Est a partire dalla sponda occidentale», furono accolte con una certa diffidenza dall'opinione pubblica elvetica. L'Austria stabilì numerosi contatti diplomatici, economici e informali con l'Unione Sovietica e gli altri Paesi membri del blocco orientale; organizzò inoltre incontri al vertice (John F. Kennedy e Nikita Chruščëv nel 1961, Jimmy Carter e Leonid Brežnev nel 1979) e negoziati sul disarmo (Salt 1, riduzione degli effettivi della Nato e del Patto di Varsavia dal 1973), conferendo un profilo speciale alla sua neutralità. L'Austria e la Svizzera trovarono invece un terreno d'intesa nella loro azione in seno alla Conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa (CSCE; Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, OCSE), dove esercitarono una notevole influenza nel gruppo dei Paesi neutrali e dei Paesi non allineati. I legami storici dell'Austria con lo spazio danubiano favorirono la precoce attuazione di una cooperazione che superava l'ostacolo delle frontiere tra i due blocchi. In seguito al crollo del blocco orientale, nel 1989, e ai successivi cambiamenti politici intervenuti nei Paesi che lo componevano, l'Austria ha intensificato la sua Ostpolitik, contribuendo a dare un impulso alla politica svizzera anche in tal senso. Tuttavia, mentre l'Austria  ha svolto un ruolo molto attivo nel rapido riconoscimento degli Stati della ex Iugoslavia, la Svizzera ha assunto una posizione meno profilata.

L'integrazione europea

Anche in questo campo la politica austriaca e quella svizzera coincidono solo parzialmente. Come la Svizzera, l'Austria fu tra i membri fondatori dell'Associazione europea di libero scambio (AELS) e firmò, nel 1972, l'accordo di libero scambio tra i Paesi neutrali dell'AELS stessa (Svizzera, Austria e Svezia) e la Comunità economica europea (CEE). In virtù delle sue relazioni strette e tradizionali con il mercato tedesco, allorché la Confederazione interruppe i negoziati per l'integrazione, l'Austria chiese temporaneamente in modo autonomo di aderire alla CEE (1963). Il programma di grande mercato europeo elaborato nel 1985 suscitò in Austria un vasto dibattito sul tema dell'Europa che sfociò, nel 1989, nell'inoltro ufficiale della domanda di adesione. Nel contempo Austria e Svizzera parteciparono ai negoziati condotti dagli Stati dell'AELS per la creazione dello Spazio economico europeo (SEE), che accolse l'Austria il primo gennaio 1994. L'anno seguente questa aderì alla Comunità europea (CE; Unione europea, UE). Da allora tra Austria e Svizzera si sono create alcune tensioni, in particolare sulla ripartizione del traffico stradale tra il Brennero e il Gottardo.

Ma le relazioni tra i due Paesi sono rimaste buone. Nel 2000, ad esempio, mentre diversi Stati dell'UE esercitavano forti pressioni sull'Austria in seguito all'entrata in governo del Partito liberale di Jörg Haider, il Consiglio federale diramò un comunicato nel quale si dichiarava fiducioso. Malgrado le proteste della sinistra svizzera, il ministro austriaco degli affari esteri Benita Ferrero Waldner e in seguito il cancelliere Wolfgang Schüssel furono ricevuti a Berna. Da parte sua l'Austria è stato il primo Paese membro dell'UE a ratificare gli accordi bilaterali I; durante il suo turno di presidenza dell'UE nel 2006 si è inoltre adoperata per far avanzare i dossier dei bilaterali II.

Rapporti economici

Commercio estero della Svizzera con l'Austria 1890-2015
Commercio estero della Svizzera con l'Austria 1890-2015 […]

I rapporti economici austro-svizzeri furono soggetti a molte variazioni. Una volta terminata la ricostruzione e riacquisita la sovranità, l'Austria poté diversificare il suo commercio estero. In particolare, anche durante la Guerra fredda il volume degli scambi austriaci con il blocco orientale superò di molto quello fatto registrare dalla Svizzera; nel 1986 esso rappresentava il 10,5% delle esportazioni e l'8,5% delle importazioni (contro il 3,1% e il 2% per la Svizzera). Nel mercato mondiale la quota della Svizzera era invece molto più grande di quella dell'Austria. Negli anni immediatamente successivi alla creazione dell'AELS, gli scambi tra i due Paesi si intensificarono, ma il trattato di libero scambio del 1972 favorì l'intesa commerciale tra l'Austria e la Repubblica federale tedesca. Nel 2007 le importazioni svizzere ammontavano a ca. 8,1 miliardi di franchi, e le esportazioni a ca. 6,3 miliardi. La Svizzera occupava il quarto rango nella graduatoria delle esportazioni e delle importazioni austriache. Gli investimenti diretti austriaci nella Confederazione si sono moltiplicati fra il 2004 e il 2007 fino a giungere a quasi 58 miliardi di franchi; l'Austria si trovava quindi al terzo posto fra gli investitori stranieri dopo gli Stati Uniti e i Paesi Bassi. Gli investimenti diretti svizzeri in Austria erano pari a ca. 8 miliardi di franchi. Sempre nel 2007 in Svizzera risiedevano 33'994 immigrati austriaci e in Austria vi erano 13'904 immigrati svizzeri; tra questi ultimi, 8033 erano in possesso della doppia nazionalità.

Rapporti culturali

Manifesto per le esposizioni di arte austriaca, organizzate a Zurigo nel 1946 (Biblioteca nazionale svizzera, Berna).
Manifesto per le esposizioni di arte austriaca, organizzate a Zurigo nel 1946 (Biblioteca nazionale svizzera, Berna). […]

La Società per la promozione dei rapporti culturali tra l'Austria e la Svizzera, fondata nel giugno del 1945 e animata da Jean Rudolf von Salis, si prefiggeva di riattivare e sviluppare i legami tra i due Paesi e di contribuire alla rinascita della cultura austriaca. Essa raggiunse il suo apogeo con le esposizioni del 1946, allestite presso il Museo di belle arti e il Museo di arti applicate di Zurigo e dedicate ai capolavori austriaci. Le iniziative che seguirono furono promosse soprattutto da Vienna; l'Austria attribuisce infatti molta importanza alla cultura nell'ambito della sua politica estera. In Svizzera, dove la competenza in questa materia non spetta alla Confederazione, esposizioni, letture, concerti, conferenze sono organizzate dalle ambasciate e da Pro Helvetia. Nel 1996, in occasione del millenario della fondazione dell'Austria, il castello di Lenzburg ha ospitato un'esposizione sulla casa d'Asburgo. Molti contatti sono promossi essenzialmente grazie alle iniziative dei privati e del mondo degli affari. Per esempio gli autori austriaci vengono regolarmente invitati alle Giornate letterarie di Soletta, mentre numerosi scrittori svizzeri partecipano al concorso letterario di Klagenfurt, ottenendo spesso riconoscimenti. I rapporti in ambito scientifico (borse di studio, professori invitati) sono regolati da accordi conclusi tra il ministero austriaco della scienza e della ricerca, le università svizzere e la Confederazione. Nella coscienza collettiva, tuttavia, il perdurare di stereotipi e la concorrenza in taluni settori – in particolare quelli dello sport, del turismo e dei trasporti – danno l'immagine, usando un'espressione coniata da Hans Thalberg, di «due vicini che si voltano le spalle». L'organizzazione congiunta dei campionati europei di calcio nel 2008 non sembra aver modificato in modo sensibile questa situazione.

Riferimenti bibliografici

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Suggerimento di citazione

Jean-Jacques Langendorf; Judit Garamvölgyi: "Austria", in: Dizionario storico della Svizzera (DSS), versione del 17.05.2022(traduzione dal francese). Online: https://hls-dhs-dss.ch/it/articles/046995/2022-05-17/, consultato il 28.03.2024.