12.6.1913 Wila, 23.5.2011 Zurigo, riformata, di Zurigo. Insegnante e operatrice umanitaria impegnata nell'aiuto a rifugiati della guerra civile spagnola e della seconda guerra mondiale, fondatrice della Maternité Suisse di Elne.
Elisabeth Eidenbenz (soprannominata Bethli) era la terzogenita dei sei figli del pastore Johann Albrecht Eidenbenz e di Marie nata Hess. Gli uomini della famiglia Eidenbenz furono attivi dal XIX secolo come teologi, insegnanti, commercianti e artisti; le donne tradizionalmente come ostetriche, insegnanti di scuola dell'infanzia e di ordini scolastici successivi o infermiere. Anche Elisabeth Eidenbenz, che non si sposò e non ebbe figli, si formò come maestra. Frequentò la scuola femminile a Zurigo (1929-1933) e di economia domestica a Neukirch an der Thur (1934). In seguito svolse diverse supplenze come maestra elementare nei quartieri operai di Winterthur e Zurigo, per finanziarsi il proseguimento degli studi all'università popolare Danebod a Fynshav sull'isola di Als in Danimarca (1937-1938).
Tramite la sorella maggiore Johanna Eidenbenz-Frick, Eidenbenz entrò in contatto con il Servizio civile internazionale, che all'inizio del 1938 la assunse come operatrice dell'aiuto umanitario nella guerra civile spagnola. Inizialmente si prese cura dei collaboratori dell'Aiuto svizzero ai bambini spagnoli, noto come Ayuda Suiza, a Burjassot nei pressi di Valencia, poi diresse una mensa per madri e bambini a Valencia prima di ritornare a Zurigo alla fine del 1938. Nel gennaio 1939, dopo la conquista franchista della Catalogna, Eidenbenz fu chiamata nel sud della Francia per aprire a Brouilla una casa del parto e di convalescenza per le rifugiate e i loro figli (profughi). Quando nel settembre 1939 quest'ultima dovette essere sgomberata, Eidenbenz trovò nel comune vicino di Elne una dimora cadente che l'Aiuto svizzero ai bambini spagnoli acquistò e, dopo brevi lavori di ristrutturazione, trasformò nella Maternité Suisse, in cui poterono di nuovo essere accolte le rifugiate in gravidanza o in convalescenza e i bambini provenienti dai campi di internamento dei dintorni. Dall'estate 1940 l'istituto ospitò un numero crescente di madri e bambini ebrei, cui Eidenbenz cercò di accordare una protezione particolare, sottraendone numerosi alla deportazione (seconda guerra mondiale). Nel 1941 allestì a Banyuls-sur-Mer, cittadina costiera al confine con la Spagna, una casa di cura per la prima infanzia e nel 1942 predispose la ristrutturazione di due baracche del campo di internamento di Argèles-sur-Mer, nei pressi di Elne, per la presa a carico di madri e bambini.
Nel gennaio 1942 la Croce Rossa svizzera succedette nel soccorso ai bambini all'Aiuto svizzero ai bambini vittime della guerra, che come organizzazione sostituitasi all'Aiuto svizzero ai bambini spagnoli gestiva dal 1940 la Maternité Suisse. Nel contesto di una «rigorosa neutralità», proibì allora a operatrici e operatori svizzeri di soccorrere persone ebree (antisemitismo). La requisizione da parte dell'esercito tedesco dell'immobile a Elne costrinse la Maternité Suisse a trasferirsi nell'aprile 1944 a Montagnac nei pressi di Montpellier; in autunno, dopo la liberazione di questa località, Eidenbenz tornò a Zurigo. Nel 1946 fu inviata, come operatrice del Dono svizzero alle vittime della guerra, a Vienna, dove assisteva i bambini rifugiati. Insieme all'austriaca Henriette Hierhammer in pochi mesi aprì nel sobborgo di Hadersdorf l'istituto per bambini Schweizer Haus, sostenuto dall'Aiuto delle Chiese evangeliche svizzere (ACES), e lo diresse fino al suo pensionamento nel 1975. In seguito le due amiche vissero insieme a Rekawinkel nel Wienerwald. Nel 2008 Eidenbenz tornò definitivamente a Zurigo, dove morì nel 2011.
Tra il 2001 e il 2009 Eidenbenz è stata insignita di nove onorificenze, fra cui i titoli di Giusta fra le nazioni dello Yad Vashem a Gerusalemme e di cavaliere della Legion d'onore. Nel 2007 è uscito il romanzo Les enfants d'Elisabeth di Hélène Legrais e nel 2017 il lungometraggio La lumière de l'espoir di Silvia Quer. Nell'edificio un tempo occupato dalla Maternité Suisse a Elne nel 2013 è stato aperto un museo, che ricorda i quasi 600 bambini nati in questa struttura e l'impegno di Eidenbenz per salvarli.