27.12.1947 Zurigo, 5.9.2022 Zurigo, di Almens, cattolica, più tardi senza confessione. Giornalista, autrice, subì vari soprusi da parte del programma «Bambini della strada», militante per i diritti degli Jenisch in Svizzera.
Appartenente alla minoranza jenisch in Svizzera, Mariella Mehr fu sottratta dall'«Opera per i bambini della strada» di Pro Juventute alla madre, Maria Emma Mehr, che a sua volta era già stata collocata fuori dalla famiglia e internata in istituti. Il nome del padre è sconosciuto. Mehr trascorse l'infanzia in varie strutture di rieducazione e cliniche psichiatriche (istituti di rieducazione, psichiatria). Poco prima di aver compiuto 18 anni rimase incinta del suo compagno, Siro Moja, un Sinto dell'Italia; la sua tutrice, Clara Reust, succeduta al fondatore Alfred Siegfried alla testa dell'«Opera», impedì il loro matrimonio, facendo internare la sua pupilla nel penitenziario femminile di Hindelbank (internamento amministrativo). Il bambino nato nel 1966 durante l'internamento, Christian Mehr, per iniziativa della Pro Juventute fu pure collocato presso terzi (sottrazione di minori). Coniugata in prime nozze brevemente con Bernhard Wüthrich, Mariella Mehr fu poi sposata con l'ingegnere chimico Hans Ueli Ellenberger dal 1992 fino alla morte di quest'ultimo; per un periodo (1997-2014) la coppia visse in Italia.
Dopo aver lavorato nel settore della gastronomia e come operaia nella fabbrica di derrate alimentari Wander, dal 1973 Mehr fu attiva come giornalista. Scrisse contributi per testate della sinistra alternativa quali Focus o Die Wochenzeitung (WoZ), come pure per il Tages-Anzeiger Magazin (Tages-Anzeiger). Dall'uscita del romanzo Steinzeit / Silviasilviosilvana (italiano 1995, tedesco 1981), un'elaborazione letteraria delle esperienze proprie e della madre, Mehr visse come autrice indipendente. Pubblicò in particolare un volume di poesie (1983), il resoconto di un soggiorno in Spagna (Das Licht der Frau, 1984), tre pièce teatrali e un romanzo sul mondo della psichiatria (Zeus oder der Zwillingston, 1994). La sua opera principale è la cosiddetta trilogia della violenza, composta dai volumi Labambina (italiano 2006, tedesco 1995), Il marchio (italiano 2001, tedesco 1998) e Accusata (italiano 2008, tedesco 2002). Parallelamente, Mehr continuò a scrivere articoli di giornale, saggi e poesie.
Cofondatrice dell'organizzazione di autoaiuto per persone non stanziali (Radgenossenschaft der Landstrasse, 1975) e della fondazione Naschet Jenische (1986), Mehr si adoperò per la difesa dei diritti della minoranza degli Jenisch. Insieme al comitato della Radgenossenschaft, il 5 maggio 1986 fece irruzione in una conferenza stampa organizzata da Pro Juventute e chiese che la fondazione porgesse delle scuse per aver promosso la distruzione sistematica di famiglie jenisch; il presidente del consiglio di fondazione di allora ed ex Consigliere federale, Rudolf Friedrich, tuttavia, rifiutò di pronunciarle. La scenata di Mehr è entrata nella memoria collettiva. Mehr definì la persecuzione del popolo jenisch in Svizzera come tentato genocidio; così anche nel 1988 nella sua domanda (respinta) all'Università di Berna di disconoscere il titolo di dottore conferito nel 1967 a Benedikt Fontana, psichiatra grigionese, a causa delle affermazioni razziste (razzismo), degli errori documentabili e dei numerosi plagi contenuti nella sua tesi. I suoi tentativi di rendere perseguibili come fattispecie di genocidio imprescrittibili la deportazione di bambini e bambine, gli internamenti e gli impedimenti al matrimonio subiti da individui jenisch, durante la sua vita rimasero vani. Come Jan Cibula, presidente fondatore dell'Unione internazionale Rom, Mehr considerava gli Jenisch un popolo appartenente alla nazione Rom; dagli anni 1990 si autodefinì a più riprese come scrittrice rom.
Per esprimere la violenza, la marginalizzazione, la sofferenza e l'ammutolimento, Mariella Mehr ricorse a un linguaggio preciso, nitido e impietoso. Insignita di numerosi riconoscimenti per la sua opera letteraria, tra cui il premio ProLitteris (2012) e il premio di letteratura dei Grigioni (2016), il suo impegno politico le valse il premio Ida Somazzi (1988), il dottorato honoris causa dell'Università di Basilea (1998) e il premio Anna Göldi per i diritti umani (2018).