La scoperta delle "stazioni lacustri" nel lago di Zurigo durante l'inverno 1854 fu un avvenimento fondatore della Preistoria svizzera e accadde in un momento molto particolare. Da un lato, il giovane Stato federale, fondato nel 1848, era alla ricerca di antenati comuni per affermare la propria identità. Dall'altro lato i geologi e gli storici iniziavano a mettere in discussione la teoria biblica della creazione del mondo, formulando l'ipotesi di un'apparizione molto più antica dell'uomo sulla terra.
Civiltà senza scrittura ma non senza storia
L'idea che popolazioni senza scrittura avessero potuto insediarsi nelle nostre regioni molto prima dei Celti e dei Romani divenne allora sempre più accettabile. La comparsa di rovine di villaggi e di utensili in roccia tagliata e levigata sulle sponde dei nostri laghi poteva quindi essere spiegata con l'esistenza di popoli abili, industriosi e degni di incarnare il ruolo di avi della nuova Confederazione svizzera. Non da ultimo, la ricchezza degli oggetti e dei materiali organici conservati in questi antichi villaggi sommersi appassionava i naturalisti. Ne nacque un dialogo tra storia e scienze naturali, che avrebbe poi gettato le basi per l'approccio scientifico interdisciplinare che caratterizza la ricerca preistorica moderna.
Per un riconoscimento mondiale
Dopo la loro scoperta, i villaggi lacustri o palafitticoli, come sono oggi solitamente chiamati, vennero molto rapidamente considerati una peculiarità del territorio svizzero, anche se entro breve insediamenti analoghi furono segnalati in altri Paesi attorno alle Alpi, dapprima in Germania, poi in Italia, Francia e per finire in Austria e Slovenia. Riconoscendo l'importanza di questi siti per la Svizzera e la responsabilità per la loro salvaguardia che ne deriva, dal 2004 l'Ufficio federale della cultura ha quindi coerentemente e fortemente sostenuto gli sforzi per farli inserire nella lista del patrimonio mondiale, con il duplice obiettivo di meglio conservare questi monumenti eccezionali, ma molto fragili, e di divulgarne la conoscenza.
Una visione romantica superata
La popolarità di cui hanno goduto i siti palafitticoli sin dalla loro scoperta ha tuttavia costituito un ostacolo per il loro studio e la loro interpretazione. La strumentalizzazione identitaria, politica, ma anche artistica ha rapidamente creato un ideale di "città lacustre" romantico e semplicistico. Agli archeologi specialisti di questi siti preistorici ci sono voluti decenni per tentare di rettificare questa immagine, assurta a mito, e riuscire a soppiantarla con un'interpretazione più aderente alla realtà (palafitticoli).
Proteggere testimonianze fragili
Grazie alla loro iscrizione nel patrimonio dell'umanità, oggi le premesse legali per conservare queste vestigia del Neolitico e dell'età del Bronzo sono garantite per il futuro. Tuttavia, le minacce che incombono su questi archivi di legno, materie organiche e sedimenti, testimoni dell'occupazione millenaria delle rive dei nostri laghi e delle nostre paludi, non sono scomparse. La migliore garanzia per conservare un sito archeologico poco visibile e in pericolo, per cause umane o naturali, consiste nell'approfondirne le conoscenze e diffonderne i risultati della ricerca. È questa la missione che perseguono le studiose e gli studiosi di archeologia e di Preistoria della Svizzera, ma anche degli altri cinque Paesi alpini associati a questa iscrizione.
Il ruolo divulgatore del DSS
La pubblicazione online da parte del Dizionario storico della Svizzera di voci e informazioni precise e aggiornate sulle stazioni palafitticole iscritte nel patrimonio Unesco contribuisce notevolmente alla divulgazione delle conoscenze su questi straordinari siti. Ci rallegriamo quindi molto di questa iniziativa e dell'intenzione di estendere il progetto alle stazioni nel resto della Svizzera. Strumento d'informazione rivolto agli specialisti e al largo pubblico, il dizionario online partecipa così alla conservazione di questi archivi sepolti sotto le acque dei nostri laghi e nei sedimenti delle nostre zone umide.